N. 117 - Settembre 2017
(CXLVIII)
anna comnena
La principessa letterata alla corte di Costantinopoli - parte iI
di Gilda Galesi
Alessio,
ormai
avanti
negli
anni,
vedeva
avvicinarsi
il
momento
di
prendere
una
decisione
in
merito
alla
successione.
Convinto
che
la
stabilità
dello
Stato
potesse
derivare
solo
dalla
continuità
di
un’unica
dinastia,
propendeva
totalmente
per
Giovanni.
Niceta
Coniata
ci
rivela
che
Irene,
invece,
ritenendo
Giovanni
inadatto
al
governo
e
adorando
Niceforo
e
Anna,
non
faceva
altro
che
screditare
il
figlio
presso
l’imperatore
per
indurlo
a
nominare
il
genero
suo
erede.
Alessio
a
volte
preferiva
non
ascoltare,
altre
volte
si
lasciava
scappare
la
promessa
di
prendere
in
considerazione
la
proposta,
ma
più
spesso
rimproverava
la
moglie
dicendo
che
se
avesse
lasciato
il
regno
a
Niceforo,
pur
avendo
un
figlio
naturale,
sarebbe
scaduto
nel
ridicolo.
L’imperatore,
tuttavia,
non
prese
subito
una
decisione,
perché,
essendo
malato,
aveva
bisogno
dell’aiuto
della
moglie,
che
doveva
seguirlo
anche
durante
le
campagne
militari.
Fu
così
che
Irene
ottenne,
se
non
la
nomina
di
Niceforo,
almeno
il
ritardo
della
nomina
di
Giovanni.
Alessio
soffriva
di
un’affezione
podalgica,
di
cui
Anna
ci
fornisce
spiegazioni,
facendo
però
attenzione
a
non
intaccare
l’immagine
idealizzata
che
voleva
fornire
di
Alessio.
Ella
dà
del
male
modalità
e
cause,
descrivendolo
come
evento
accidentale,
in
maniera
tale
che
non
sembrasse
frutto
di
una
tara
ereditaria
o di
una
condotta
smodata.
In
questo
frangente
Anna
dimostra
anche
la
sua
competenza
in
campo
medico.
L’affezione
podalgica
che
tormentò
il
sovrano
ebbe
inizio
quando
un
suo
amico,
mentre
giocavano
a
palla,
cadde
da
cavallo
finendo
sopra
Alessio,
che
da
quel
momento
in
poi
accusò
dolori
alla
rotula
e al
piede,
aggravatisi
nel
tempo
a
causa
del
fatto
che
inizialmente
vennero
dal
sovrano
sottovalutati
e
minimizzati
per
ricomparire
ancora
più
forti
qualche
tempo
dopo
(Alessiade
XIV,
4,
2).
La
situazione
tracimò
all’inizio
del
1118,
di
ritorno
dalla
spedizione
militare
contro
i
Turchi.
Alessio
fu
trasportato
al
palazzo
dei
Mangani,
dove
era
un
ospedale.
Peggiorava
di
giorno
in
giorno
e
non
era
più
solo
la
gotta
o un
reumatismo
o
l’artrite
a
minare
la
salute
dell’imperatore.
In
base
alla
testimonianza
di
Anna,
che
ci
riporta
il
parere
dei
medici
(Alessiade
XV,
11,
5),
il
male
mostrava
tutti
i
sintomi
di
quello
che
oggi
chiameremmo
tumore.
Tutti
accorsero
al
capezzale
di
Alessio.
La
sua
infermità
aveva
provocato
un
pericoloso
vuoto
di
potere
e
Irene
non
era
ancora
riuscita
a
ottenere
dal
marito
il
consenso
per
la
successione
di
Niceforo.
Secondo
Coniata,
Giovanni,
di
nascosto
dalla
madre,
si
inginocchiò
al
capezzale
del
padre
morente
e
tolse
dalla
mano
di
lui
l’anello
col
sigillo.
Secondo
quanto
ci
testimonia
Zonaras,
invece,
nella
sua
Epitome
historiarum,
Alessio
era
d’accordo:
quello
di
Giovanni
non
fu
un
colpo
di
stato.
È
ancora
Coniata
a
raccontarci
dei
tentativi
di
Irene
di
porre
rimedio
all’ascesa
del
figlio.
In
un
primo
momento
Irene
tentò
di
convincere
Giovanni
a
tornare
sui
propri
passi,
ma
il
figlio
si
rifiutò.
Esortò
quindi
Briennio
a
impadronirsi
del
potere,
ma
anche
il
genero
non
se
la
sentì
di
accondiscendere
a un
tale
incitamento.
Infine
l’imperatrice
tentò
di
convincere
Alessio
a
condannare
il
gesto
del
figlio,
ma
anche
questo
tentativo
non
trovò
riscontro.
Tra
il
15 e
il
16
agosto
del
1118
Alessio
morì.
Anna
non
riuscì
mai
a
farsi
una
ragione
della
morte
del
padre,
tanto
da
chiedersi
come
fosse
possibile
che
non
si
fosse
data
la
morte
dopo
tanto
dolore
(Alessiade
XV,
11,
21),
il
giorno
in
cui
si
era
spento
“Alessio
il
Grande,
fiaccola
del
mondo”
(Alessiade
XV,
11,
21),
il
giorno
in
cui
era
“tramontato
il
suo
sole”
(Alessiade
XV,
11,
20).
Le
ultime
pagine
dell’Alessiade
ci
mostrano
un’Anna
veramente
addolorata
al
ricordo
della
morte
del
padre.
Nel
racconto
vengono
omessi
gli
intrighi
e le
ambizioni
che
aleggiavano
attorno
al
capezzale
del
padre.
Vi è
solo
un
accenno
alla
fretta
di
Giovanni
di
lasciare
il
letto
del
padre
morente
per
andare
a
impossessarsi
del
palazzo
imperiale.
Niceta
Coniata
ci
riferisce
inoltre
che
Giovanni,
consapevole
della
scarsa
solidità
del
suo
potere,
non
partecipò
ai
funerali
per
presidiare
il
palazzo.
Subito
dopo
il
nuovo
imperatore
assegnò
le
cariche
più
importanti
a
quei
famigliari
che
erano
sempre
stati
dalla
sua
parte.
Probabilmente
lasciò
Anna
e
Niceforo
nella
loro
posizione,
se
Niceta
continua
a
chiamare
kaisarissa
la
principessa.
In
Anna
però
cominciò
a
maturare
la
decisione
del
colpo
di
stato.
Non
era
passato
neanche
un
anno
che,
con
l’appoggio
di
una
parte
della
famiglia,
Anna
cominciò
a
tramare
contro
il
fratello
Giovanni.
Anna,
Irene,
Niceforo
e
Andronico,
fratello
di
Anna,
riunirono
attorno
a sé
un
gruppo
di
congiurati.
Essi
avrebbero
dovuto
uccidere
Giovanni,
che
in
quel
momento
si
trovava
nel
ritiro
di
caccia
del
Philopation.
Dopo
aver
corrotto
il
comandante
della
guardia
imperiale,
avrebbero
proceduto
col
piano
che
sarebbe
culminato
nella
proclamazione
a
imperatore
di
Niceforo
Briennio.
Tuttavia,
Niceforo,
che
non
era
per
nulla
incline
agli
intrighi,
si
tirò
indietro:
non
era
per
nulla
ambizioso
e
nutriva
non
pochi
dubbi
sulla
legittimità
delle
pretese
della
moglie,
anzi
avrebbe
dichiarato
che
il
cognato
aveva
tutti
i
diritti
al
trono.
A
causa
della
defezione
di
Niceforo,
la
congiura
fallì
e fu
anche
scoperta.
In
quel
frangente,
la
kaisarissa
maledisse
la
natura
rimproverandola
di
avere
fatto
a
lei
il
sesso
diviso
e
incavato
e al
marito
il
membro
eretto
e
stondato.
Anna
non
rimproverò
Briennio
per
la
sua
indolenza,
ma
solo
la
natura
per
aver
dato
a
lei
il
disagio
di
avere
uno
spirito
virile
in
un
corpo
di
donna,
l’impotenza
e la
rabbia
che
ne
derivavano.
Anna
non
ci
lascia
traccia
nella
sua
opera
di
questi
avvenimenti,
né
dell’atteggiamento
ambiguo
del
marito,
di
cui
lascerà
un’immagine
più
che
positiva.
È
Niceta
che
ci
riferisce
sia
della
congiura
che
della
reazione
di
Anna
alla
defezione
del
marito,
nonché
della
reazione
dell’imperatore.
I
congiurati
avrebbero
potuto
incorrere
nella
pena
di
morte,
ma
Giovanni
volle
compiacersi
di
essere
clemente:
comminò
ai
congiurati
la
sola
confisca
dei
beni.
L’odio
che
Anna
nutriva
nei
confronti
del
fratello
non
fu
da
lui
ricambiato:
le
restituì
i
beni,
lasciò
a
Briennio
le
sue
importanti
cariche
e
trattò
con
benevolenza
i
suoi
figli.
Nonostante
Coniata
taccia
la
notizia,
Giovanni
rinchiuse
Anna
e
Irene
nel
monastero
della
Theotòkos
Kecharitomène,
per
mettersi
al
riparo
da
altri
loro
eventuali
tentativi
di
usurpazione.
Per
lo
stesso
motivo
fu
vietato
loro
qualsiasi
contatto
col
mondo
esterno.
Anna
aveva
solo
trentasei
anni.
Nella
solitudine
della
clausura
Anna
sentì
l’esigenza
di
dare
sfogo
alle
proprie
malinconie
e ai
propri
ricordi,
sentì
l’esigenza
di
riscattare
la
propria
esistenza
e
quella
dei
propri
cari,
esigenza
dalla
quale
scaturirà
l’Alessiade.
È
infatti
in
monastero
che
Anna
iniziò
a
scrivere
la
sua
opera,
in
alcuni
passi
della
quale
ci
testimonia
di
questo
periodo
di
clausura.
La
principessa,
ormai
avanti
negli
anni,
ricorda
gli
anni
felici
della
sua
giovinezza,
le
sue
speranze
imperiali,
opponendo
a
tutto
ciò
la
tristezza
del
presente.
Al
giovane
Costantino,
al
glorioso
Alessio,
alla
madre
Irene,
all’amato
marito
oppone
i
vecchi
amici
che
ora
l’avevano
abbandonata
e i
parenti
che
la
odiavano.
Tuttavia,
il
nipote
Manuele,
nel
momento
in
cui
divenne
imperatore,
le
restituì
la
possibilità
di
ricevere
visite
e
una
certa
libertà
nelle
uscite,
senza
la
quale
non
avrebbe
potuto
raccogliere
documenti
e
testimonianze
sugli
avvenimenti
di
cui
andava
scrivendo.
L’opera
di
Anna
si
configura
come
la
biografia
di
Alessio,
di
cui
elogia
virtù
militari
e
politiche,
nonché
l’impegno
che
profuse
nella
restaurazione
dell’impero.
La
kaisarissa
mostra
finissima
capacità
di
analisi
dei
più
svariati
aspetti
della
vita
e
della
civiltà
bizantina.
La
sua
preparazione
risulta
veramente
eclettica
e
rende
l’opera
una
vera
miniera
di
informazioni.
Una
delle
cose
che
più
ci
stupisce
di
quest’opera
è
l’estrema
competenza
di
Anna
in
argomenti
militari.
L’Alessiade
fornisce
una
miriade
di
informazioni
sull’esercito
e la
marina
imperiale.
L’opera
è
una
preziosa
fonte
di
informazioni
sulla
prima
crociata,
avvenimento
che
Anna
visse
in
prima
persona
e
sul
quale
volle
soffermarsi,
permettendoci
così
di
analizzare
quell’interessante
fenomeno
che
è
l’incontro
di
popoli
diversi,
così
come
lei
lo
visse.
Inutile
dire
che
i
suoi
giudizi
su
quelle
genti
rispecchiano
l’opinione
che
l’élite
aristocratica
bizantina
aveva
degli
Occidentali.
In
effetti,
a
partire
dalla
metà
dell’XI
e
fino
alla
caduta
di
Costantinopoli,
i
rapporti
tra
mondo
bizantino
e
mondo
latino
si
fecero
sempre
più
stretti.
Visto
il
disinteresse
dimostrato
dai
contemporanei
di
Anna
nei
confronti
dell’Europa
Occidentale,
l’Alessiade
è
una
preziosa
fonte
per
gli
avvenimenti
determinati
da
questo
avvicinamento.
Le
fonti
di
Anna,
in
un
primo
momento,
durante
il
regno
di
Giovanni,
furono
costituite
esclusivamente
dai
suoi
ricordi
e da
quelli
della
madre.
Con
l’avvento
al
trono
di
Manuele,
invece,
poté
consultare
gli
archivi
dell’impero
e
interrogare
parenti
e
amici,
che
le
fornirono
testimonianze
preziose,
anche
scritte.
Anna
non
cita
mai
il
marito
come
fonte,
ma
dovette
ricordare
i
colloqui
che
avevano
avuto
durante
la
loro
vita
coniugale.
L’Alessiade,
pur
essendo
scritta
in
prosa,
si
presenta
strutturalmente
come
poema
epico
in
quindici
libri.
Nei
libri
I –
IX
Anna
prende
le
mosse
dalla
giovinezza
di
Alessio
per
proseguire
con
gli
avvenimenti
che
portarono
all’ascesa
al
potere
dei
Comneni.
Si
parla
quindi
del
colpo
di
stato
e
dei
primi
atti
di
governo
di
Alessio,
nonché
della
serie
di
guerre
che
segnarono
gli
anni
dal
1081
al
1091
contro
Normanni,
Turchi
e
Peceneghi.
I
libri
X –
XIII
sono
dedicati
al
racconto
della
prima
crociata:
preparazione
e
passaggio
dei
crociati
per
Costantinopoli,
lotte
sostenute
da
Alessio
per
imporre
la
propria
autorità
ai
principi
crociati
di
Antiochia.
Nel
libro
XIV
Anna
descrive
la
genesi
dell’opera
e
difende
la
propria
imparzialità.
Nel
libro
XV
riporta
le
ultime
campagne
militari
del
padre
contro
i
Turchi,
i
Franchi
e la
setta
eretica
dei
Bogomili.
L’opera
si
chiude
con
la
narrazione
dell’agonia
e
della
morte
di
Alessio.
L’impianto
elogiativo
dell’opera
mina
l’obiettività
di
Anna.
Infatti,
nonostante
nel
libro
XIV
difenda
la
propria
imparzialità,
molto
spesso
la
kaisarissa
tace
gli
avvenimenti
che
avrebbero
potuto
offuscare
la
fama
di
Alessio.
Tace
gli
intrighi
orditi
da
lei
stessa
prima
e
dopo
la
morte
di
Alessio
per
raggiungere
il
potere;
fornisce
una
versione
parziale
del
colpo
di
stato
attuato
da
Alessio,
attribuendo
agli
incontri
tra
Comneni
e
Dukas
un
carattere
assolutamente
fortuito;
descrive
il
legame
tra
Alessio
e
Maria
d’Alania
come
puramente
platonico.
Tuttavia,
se è
vero
che
la
parzialità
di
Anna
riduce
un
po’
il
valore
storico
dell’opera,
è
anche
vero
che
non
ne
diminuisce
l’interesse.
La
principessa
facilmente
si
lascia
andare
al
bello
stile
e
all’eleganza
del
fraseggio
–
caratteri
comuni
alla
letteratura
bizantina
“alta”.
In
monastero,
dunque,
Anna
iniziò
la
lunga
fine
della
sua
esistenza,
durante
la
quale
le
lettere
furono
la
suprema
consolazione
del
suo
ritiro.
Solo
grazie
a
esse
riuscì
a
reagire
al
crollo
delle
sue
ambizioni.
La
sua
prorompente
personalità
non
poteva
però
restare
nell’ombra:
era
destinata
a
grandi
cose.
Fu
così
che
riversò
le
sue
ambizioni
nella
narrazione
delle
gesta
del
padre.
Scrittrice
erudita,
si
cimentò
anche
nella
ricerca
di
uno
stile
elegante.
Rese
così
se
stessa
immortale
e
consegnò
il
suo
tempo
in
eredità
ai
posteri.
Ella
riuscì
a
contrapporre
la
scienza
storica
all’inesorabile
trascorrere
del
tempo,
come
dice
lei
stessa
nel
prologo
alla
sua
opera:
«Il
Tempo,
nel
suo
scorrere
perpetuo
e
irresistibile,
trascina
via
con
sé
tutte
le
cose
create,
e le
sprofonda
negli
abissi
dell’oscurità,
siano
esse
azioni
di
nessun
conto
o,
al
contrario,
azioni
grandi
e
degne
di
essere
celebrate,
e
pertanto,
come
dice
il
grande
poeta
tragico,
“porta
alla
luce
ciò
che
era
nascosto
e
avvolge
nell’oscurità
ciò
che
è
manifesto
[Sofocle]”.
Ma
il
racconto
dell’indagine
storiografica
è un
valido
argine
contro
il
fluire
del
tempo,
e in
certo
modo
costituisce
un
ostacolo
al
suo
flusso
irresistibile,
e
afferrando
con
una
salda
presa
quante
più
cose
galleggiano
sulla
sua
superficie,
impedisce
che
scivolino
via
e si
perdano
nell’abisso
dell’Oblio»
(Alessiade,
Prooimion
I,
1).
Questo
il
grande
lascito
di
questa
donna
d’eccezione.
Riferimenti
bibliografici:
G.
CAVALLO
(a
cura
di),
L’uomo
bizantino,
Laterza,
Bari
2005.
C.
DIEHL,
Figure
bizantine,
Einaudi,
Torino
2007.
P.
MORELLI
– S.
SAULLE,
Anna.
La
poetessa,
Jaca
Book,
Milano
1998.
E.
NARDI,
Né
sole
né
luna,
Olschki,
Verona
2002.
E.
R.
A.
SEWTER,
The
Alexiad
of
Anna
Comnena,
Harmondsworth,
1969.
Annae
Comnenae
Alexias,
recensuerunt
D.
R.
REINSCH
et
A.
KAMBYLIS,
W.
De
Gruyter,
Berolini
et
Novi
Eboraci
2001.
Georges
et
Dèmètrios
Tornikès:
Lettres
et
discours,
ed.
J.
DARROUZÈS,
Èditions
du
Centre
National
de
la
Recherche
Scientifique,
Paris
1970.
Niceta
Coniata,
Grandezza
e
catastrofe
di
Bisanzio:
narrazione
cronologica,
testo
critico
e
commento
a
cura
di
R.
MAISANO,
traduzione
di
A.
PONTANI,
Fondazione
Lorenzo
Valla,
Mondadori,
1994.