[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

184 / APRILE 2023 (CCXV)


moderna

IL CASO ANTILIA
GEOGRAFIA IMMAGINARIA NELL’ETÀ DELLE SCOPERTE

di Donato Rocco Festa

 

L’isola di Antilia, conosciuta anche come isola delle Sette Città, è stata riportata sulle mappe geografiche principali del tempo che verranno analizzate per comprendere la fondatezza e l’attendibilità di questa leggenda prendendo in considerazione gli studi di alcuni tra i ricercatori più autorevoli. Questa veniva collocata dai cartografi nell’oceano Atlantico ma le scoperte geografiche avviate a cominciare da quella del Nuovo Mondo ne rivelarono l’inesistenza; all’inizio del XV secolo i geografi del Vecchio Mondo, in particolare arabi e bizantini, studiarono la cosmografia terrestre ed esploratori spagnoli e portoghesi si avventurarono lungo nuove rotte fornendo al mondo della cartografia dati inediti che riguardavano regioni che prima di allora erano sconosciute. Fu individuata la collocazione esatta degli arcipelaghi atlantici e in questo modo le isole leggendarie, che si riteneva fossero reali, scomparvero dal panorama cosmografico facendo spazio a quelle effettivamente esistenti.

 

L’isola di Antilia è stata argomento di numerose ricerche e oggi la sua identificazione è tema di dibattito tra gli studiosi. In diverse carte geografiche del Quattrocento essa è stata rappresentata nell’Atlantico occidentale, oltre le Azzorre, con un territorio di forma quadrilatera allungata; la mitica isola compare principalmente sulle mappe italiane e portoghesi fino al Cinquecento quando l’oceano, che secondo la leggenda l’avrebbe ospitata, fu navigato in lungo e in largo. Alcuni ricercatori hanno identificato Antilia con le Antille altri invece con le Azzorre; i più audaci hanno ipotizzato una connessione con Atlantide teorizzando che il suo territorio sarebbe ciò che resta del glorioso continente descritto da Platone nei suoi dialoghi. In questo articolo cercheremo di capire quali di queste ipotesi può essere dimostrata e la ragione per la quale la mitica isola di Antilia, riportata sulle carte dalla fine del Trecento, veniva spostata dai cartografi.

 

La nascita della leggenda

 

Già diversi anni prima della scoperta dell’America Antilia era una realtà del mondo geografico. A testimoniare ciò vi è la mappa inviata nel 1474 da Toscanelli prima a Fernam Martins e poi a Colombo tratteggiando i confini dell’area occidentale del mondo conosciuto e riportando tutte le isole note; l’isola di Antilia è indicata come una terra su cui poter sostare durante il tragitto per il Cathay.

 

Sulla cartina furono realizzate, in totale, ventisei sezioni, unità di spazio-tempo utili ai fini della navigazione, ciascuna di duecentocinquanta miglia, ed era riportata una distanza di dieci di esse tra la mitica isola e Cipango (l’attuale Giappone). Anche se il navigatore genovese non raggiunse mai Antilia, essa fu molto importante nel calcolo che fece per stimare il percorso compiuto. Infatti, considerando che le linee ortogonali trasverse, che riportano la distanza da levante a ponente tra Lisbona e Antilia, sono dieci, sapendo che lo stesso numero di linee divideva quest’isola da Cipango, egli, quando ritenne di essere nei pressi di questa fantomatica regione, valutò di essere a metà del viaggio.

 

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Carta dimostrativa delle idee cosmografiche di Paolo Toscanelli

 

A quel tempo c’era grande esitazione da parte dei cartografi riguardo la raffigurazione della fantomatica isola, infatti, alcuni la collocarono sulla latitudine delle Azzorre mentre altri su quella delle Canarie o vicino all’equatore; certi studiosi, invece, la fecero coincidere con l’isola di San Brandano mentre altri, come Andrea Bianco, la situavano a sud dell’isola di Satanaxio.

 

Fernando Colombo pone l’isola di Antilia, o delle Sette Città, a duecento leghe ad ovest delle isole Canarie e delle Azzorre. Negli anni successivi al viaggio di Cristoforo Colombo fu operata un’identificazione delle isole che egli individuò con Antilia; tale comparazione sarà accettata anche da diversi esperti come Pietro Martire d’Anghiera.

 

Per quanto riguarda, invece, l’identità tra la mitica isola e quella delle Sette Città vi è come testimonianza la carta di Colombo in cui compare, per la leggendaria regione, la dicitura «Haec Septem Civitatum insula». Anche nella mappa di Ortelio, risalente al 1570, Antilia è indicata con il nome Sept Cities ed è situata tra le Azzorre, Cuba e l’isola Bermuda e perfino nella rappresentazione di Mercatore (1587) è chiamata Sept Citez.

 

Nel Periplus, Nordenskiöld riferisce che questa regione compare nei portolani del Trecento a causa di qualche nave inoltratasi nell’Atlantico e spinta dalle correnti; Martin Behaim riporta che ciò accadde ad un bastimento spagnolo del 1414 che riuscì ad oltrepassarla senza correre nessun rischio; nella circostanza ci si appressò ad essa ma non ci fu un approdo; questa notizia è importante perché diffuse la credenza che una nave era riuscita ad avvicinarla. Anche la carta di Ruysch (1508) riporta questo avvenimento anche se in modo impreciso ed affermando che l’isola era stata individuata da una nave spagnola ipotizzando anche che, probabilmente, si trattava di una riscoperta poiché re Roderico, l’ultimo sovrano goto della Spagna, l’aveva cercata per nascondersi. Le due raffigurazioni sono accomunate dal fatto che l’isola appare lontana da ogni altro territorio.

 

Le teorie iniziali

 

Pietro Martire d’Anghiera, che visse al tempo di Colombo, concepì Antilia come parte di un gruppo di isole, distaccandosi dalla concezione contemporanea e raccontando l’esplorazione di Cuba e Hispaniola egli affermò che sia questi luoghi sia gli altri isolotti vicini dovevano costituire le isole di Antillia.

 

Tra quelle a ridosso, probabilmente, aveva considerato il territorio dell’attuale Florida all’epoca conosciuta come isola di Beimini o Bimini. Se analizziamo la carta di Canerio, la cui datazione risale al 1502, in essa il raggruppamento delle Indie Occidentali è indicato con l’espressione Antilhas del Rey de Castella, denominando Isabella il territorio insulare più esteso. Vi è ancora un’altra mappa, anonima, che le raffigura con un’unica denominazione, Antilie, riportando con il nome Cuba l’isola principale. In una successiva rappresentazione si legge l’espressione Atilhas de Castela; in essa è messa in evidenza anche Tera Bimini. Occorre notare che il termine Antilia compare mutato e i cartografi lo usarono per indicare aree diverse.

 

Nel Quattrocento, sulla carta catalana compare un doppio riferimento per le Azzorre; per quelle supplementari vi sono denominazioni ricercate da svariati testi e una disposizione verso nord-ovest. Tra gli appellativi più suggestivi c’è sicuramente Attiaela perché ricorda la parola Atilae che si ritrova sulla carta di Pizigani del 1367; per quanto riguarda la registrazione di altre isole non vi è una spiegazione certa anche se quasi sicuramente possiamo ritenere che sono frutto del lavoro di diversi cartografi, che hanno scelto di disegnarle, nel corso degli anni.

 

Secondo un’altra teoria Antillia si sarebbe trovata su una regione continentale; tale considerazione risale al periodo in cui le varie esplorazioni condotte nel sud America avevano dimostrato la vastezza di questo territorio. A supportare questa ipotesi vi è la tavola Egerton MS. 2803, conservata al British Museum, in cui si può leggere la denominazione Antiglia in una circoscrizione che corrisponde all’attuale sud-est del Venezuela, nel distretto occidentale dello sbocco del Rio delle Amazzoni. Nella carta di Bianco (1436) compare l’espressione “Questo de Mar de Baga” che secondo alcuni ricercatori corrisponde al mar dei Sargassi; se tale ipotesi fosse corretta Antilia si troverebbe ad ovest di esso e di conseguenza nei pressi del Nuovo Mondo.

 

Nel corso del XIX secolo alcuni studiosi ipotizzarono un’identificazione delle isole misteriose, tra cui Antilia, riportate nelle carte del Quattrocento con quelle dei Caraibi ma ciò che rende erronea questa teoria è la collocazione di Antilia posta di fronte al territorio portoghese; ciò significa che la sua posizione corrispondeva ad una latitudine diversa rispetto alle regioni caraibiche; si tratterebbe, quindi, di un imprecisione troppo grande per i cartografi di quel periodo.

 

La cartografia

 

Antilia compare per la prima volta sul portolano di Pizzigano, nel 1367, anche se l’iscrizione è stata oggetto di diverse interpretazioni a causa del deterioramento della preziosa realizzazione. La misteriosa isola figura anche nella carta anonima custodita a Weimar e fatta risalire al 1424; da studi successivi, però, Alexander von Humboldt, geografo tedesco, capì che probabilmente doveva esserci un errore riguardo la datazione di questo reperto; in conclusione attribuì quest’opera a Conde Freducci, facendola risalire all’anno 1481. La considerazione principale che ci permette di inquadrarla alla fine del Quattrocento consiste nell’impiego del termine insule invece di insulle e di brandani piuttosto che brandany in relazione a Madeira, poiché queste parole erano utilizzate in quel secolo.

 

Tra le raffigurazioni più importanti che riportano il leggendario territorio c’è, poi, quella di Battista Beccario, del 1426; questa volta non ci sono problemi riguardo la collocazione storica ma a proposito del fatto che la tavola autentica includa o meno Antillia. La porzione che riproduce la parte occidentale non è stata trascritta, ma William Henry Babcock ritiene, in seguito a delle ricerche effettuate, che la carta del 1426 non doveva contenere la mitica isola.

 

L’opera di Beccario del 1435 si differenzia dalle altre raffigurazioni di Antilia perché è la più completa. Alcuni studiosi, però, ritengono che questa sia stata preceduta da altre rappresentazioni che sono andate perdute; tale valutazione nasce dall’analisi dei confini delle isole che appaiono troppo simili a quelli riportati dagli altri cartografi degli anni successivi per ritenere che questa sia stata la loro prima riproduzione.

 

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Sezione della tavola di Beccario, 1435

 

Antillia è il territorio più esteso dell’arcipelago, situato nella parte meridionale; secondo Babcock essa corrisponderebbe, nella carta di Beccario, alla regione dell’attuale Cuba. Si colloca tra la latitudine del Marocco a quella del nord del suolo lusitano; figura con quella che diventerà la sua forma quadrilatera abituale e stereotipata con la quale verrà indicata anche in seguito. A proposito delle sue dimensioni Humboldt ci dice che la larghezza è uguale ad un terzo della lunghezza del lato maggiore; sulla parte est ci sono quattro baie mentre ce ne sono tre a ovest e sulla parte meridionale vi è un’arcata molto vasta.

 

Anche nella tavola di Roselli risalente al 1468, molto simile a quella di Beccario l’isola di Antilia è ben definita. A differenza della raffigurazione in figura 2, in cui Antillia compare tendente a nord-est, qui è, invece, incline a nord-ovest.

 

Vi è poi la carta di Andrea Bianco che risale al 1436; è stata soggetta ad alterazione fisica ma per fortuna non sono scomparse Antillia e l’estremità inferiore di Salvagio, che Bianco denomina La Man Satanaxio che significa la mano di Satana. Nordeskiöld ipotizza, invece, una derivazione del nome da quello di sant’Anastasio.

 

Antillia compare anche sulla mappa del genovese Bartolomeo Pareto, nel 1455, insieme alle isole Reylla, che qui compare con il nome Roillo, e I in Mar, che invece è riportata senza alcuna denominazione; figurano, con un certo distacco, altre aree insulari quali San Zorzo, Collonbi, Brazil e Cabraria. Anche le mappe di Grazioso Benincasa, risalente al 1482, e del figlio Andrea Benincasa, del 1508, riportano Antilia.

 

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Carta nautica di Andrea Benincasa, Ancona, 1508, tavola XX

 

Tra le raffigurazioni della mitica isola da ricordare vi sono anche il planisfero di Laon del 1493 e la mappa di Joannes Ruysch del 1508.

 

Per quanto riguarda le carte finora analizzate ci sono delle modeste difformità per quanto riguarda le dimensioni e il posizionamento delle isole. Il variare delle latitudini può essere interpretato dall’ignoranza dell’inclinazione in direzione sud delle linee isotermiche nel percorrere l’Atlantico verso occidente. Babcock ritiene che Antillia si sviluppi a partire da una latitudine inferiore a quella del territorio di Gibilterra e che si estenda fino a superare la Spagna ma non la Francia.

 

La mitica isola verrà riportata sulle carte anche per tutto il Cinquecento fino a scomparire dopo il 1587. Nella mappa di Beccario, di Pareto e di Bianco i sette porti che caratterizzano la costa di Antilia sono indicati ognuno con una diversa denominazione: Ansalli, Ansodi, Con, Ansolli, Anseselli, Anhuib e Aira; si può ritenere che ciò faccia coincidere Antilia con la mitica terra delle Sette Città. C’è poi un’altra considerazione che ci porta alla loro identificazione; infatti in diverse mappe Antilia è compresa nelle «Insulle a novo reperte» che furono individuate nel 1341 da un’impresa guidata da Niccolosus de Recco Ianuensis il cui equipaggio era composto da spagnoli, portoghesi, genovesi e fiorentini. Boccaccio scrive una relazione a proposito di questo viaggio nel De canarie et de insulis reliquis ultra Hispaniam in oceanum noviter repertis. Possiamo concludere che dalla cooperazione tra lusitani e genovesi l’esistenza di Antilia e delle Sette Città è stata identificata in un unico territorio insulare.

 

Ci sono diverse carte del Quattrocento che per diverse ragioni non raffigurano Antillia e nemmeno le isole vicine; i vari autori come Giraldi (1426), Valsequa (1439) e Fra Mauro (1459) probabilmente non si interessarono alla rappresentazione dell’area più occidentale dell’Atlantico oppure vollero semplicemente mantenere una certa concretezza non dando molto peso ai racconti, assai incerti, a proposito di queste terre lontane. Questi dubbi furono propri di tutti i cartografi di quel periodo poiché non c’erano dati certi oppure verosimili a proposito di quelle aree perché prima di allora furono in pochi a scegliere di avventurarsi nell’oceano, oltre il confine portoghese.

 

Antilia, Antille e Hispaniola

 

Nelle mappe citate in precedenza le rappresentazioni di Antilia non variano molto, quindi, possiamo prendere in considerazione la carta di Benincasa. Oltre alla mitica isola compaiono anche delle altre più piccole tra cui Salvagio o Saluaga o Satanaxio, Royllo e Taumar; queste la attorniano formando con essa un gruppo differente dalle Canarie, dalle Azzorre e da Madeira. Per quanto riguarda i sette appellativi che si leggono sul territorio insulare, di cui cinque iniziano con An, questi potrebbero essere connessi alle Sette Città fondate dai vescovi che secondo la leggenda fuggirono dalla Spagna, al tempo dell’invasione dei Mori, nel 711 d.c., che segnò la fine del dominio dei Goti. Las Casas afferma che Cristoforo Colombo ricercò dati a proposito di Antilia, nel territorio lusitano, tanto che ne conosceva le distanze dai gruppi delle Canarie e delle Azzorre.

 

Nel 1493 Pietro d’Anghiera esaminando la tavola di Bianco sostenne che costui aveva posto Antilia nell’Atlantico occidentale in ragione del fatto che qualche navigante si era spinto fino all’area ovest delle Indie già prima del 1436 anche se non vi è nessun resoconto di viaggio che dimostri tale ipotesi. Egli affermò che le isole di Cuba e Hispaniola insieme agli altri isolotti circostanti costituivano le Antillea Insulae riportate sulle carte.

 

Questa tesi fu sostenuta anche da Antonio Galvão secondo cui le isole sulle quali erano approdati gli esploratori lusitani nel 1447, a causa delle correnti, e che essi denominarono Antilia o delle Sette Città, in realtà, dovevano essere le Antille o la Nuova Spagna. La dimostrazione dell’identità tra Antilia e i territori del Nuovo continente proverebbe che nel Quattrocento si aveva già conoscenza delle regioni americane ma non vi sono prove sufficienti che al momento ci possano permettere di ritenere effettivamente reale tale affascinante ipotesi.

 

Nelle mappe prese in considerazione mancano le Antille orientali con Haiti e Porto Rico forse perché non furono mai raggiunte; si può ipotizzare che, in un eventuale viaggio presso la Florida o Cuba, i naviganti nell’osservare le isole delle Bahamas e quelle circostanti avrebbero potuto trascurarle poiché le mappe riportavano I in Mar e quindi confonderle con essa che veniva raffigurata sempre con dimensioni ridotte rispetto al territorio di Antilia. Babcock ritiene che l’Antilia descritta nel 1435 sia identificabile con la Regina delle Antille.

 

Considerando i dati relativi alle distanze tra Antilia e i gruppi delle Azzorre e delle Canarie che equivale approssimativamente a duecento leghe, cioè milleduecentosettanta chilometri, dal lato sud-ovest e da quello nord-occidentale ne consegue, però, che la mitica isola, secondo Viviano, non sarebbe potuta essere confusa né con le Piccole Antille ma neppure con le Grandi poiché esse si trovavano ad una lontananza maggiore ed erano situate più a meridione. Allo stesso risultato si giunge esaminando la latitudine delle isole atlantiche, tra cui Antilia, impiegando le linee sui confini dell’Africa nord e dell’Ibernia sulla carta di Benincasa; le isole di Madeira hanno una latitudine di 32°30’ Nord, mentre quella riportata per le Canarie è tra i 28°00’ Nord e i 29°30’ Nord. Per quanto riguarda l’arcipelago delle Azzorre i suoi membri sono disposti da nord a sud riportando per Terceira (denominata insula de Brazil) una latitudine di 37°00’; da questi esempi si evince l’uso del confronto con i confini europei e africani. Per Antilia la latitudine del vertice nord è di 39°00’ Nord invece a sud è di 53°30’ Nord e ciò significa che sul continente americano si dispiegava dai territori di Capo Hatteras e Carolina del Nord fino alla baia di Delaware. Johnson ritiene che da ciò possiamo concludere che nessun esploratore del XV secolo avrebbe commesso uno sbaglio di tali proporzioni e quindi dal calcolo della latitudine rimane un mistero sapere quale territorio rappresentasse Antilia; occorre, allora, esaminare altre fonti e proporre altre argomentazioni.

 

Babcock difende la sua tesi da queste contestazioni ritenendo che lo spostamento di queste terre sulle mappe era da attribuire alle rudimentali attrezzature a disposizione dei cosmografi. Negli ultimi anni questa teoria è stata riesaminata perché è legata alla ragione per cui nel Quattrocento le dimensioni del globo erano sottostimate dagli studiosi; se si ammette, infatti, che a quel tempo si aveva conoscenza delle Piccole Antille ciò vuol dire che il suo meridiano avrebbe potuto essere utilizzato come riferimento in cartografia e ciò chiarirebbe la distorsione di alcune aree e il motivo per cui si sottovalutarono le dimensioni del pianeta.

 

Pietro Martire fu tra i fautori dell’opinione secondo cui Antiglia andrebbe identificata con Española o Hispaniola, la prima colonia europea fondata da Cristoforo Colombo.

 

Anche Nicolò de Canerio, nel 1502, denota le isole Isabella, Spagnola e le restanti adiacenti con la denominazione generale di Antilhas del Rey de Castella.

 

Nel 1520 Francisco Vara che era possessore di un’imbarcazione recepì da Francisco Fernández de Herrera, monaco in Santiago de la Espada di Siviglia, alcuni importanti atti che avrebbero dimostrato l’esistenza delle isole d’Antilla. Nel corso degli anni seguenti questa denominazione divenne antiquata; a metà del Cinquecento Juan de Aragón rammenta che prima della spedizione di Colombo le indie erano chiamate Antilla; dal suo scritto emerge che già a quel tempo questa parola era in disuso; da altri tesi risulta che era inconsueta, addirittura, già dalla fine del Quattrocento.

 

Nel 1503 Rodrigo de Santaella afferma che Antilla pare essere una trasformazione volgare di Antindia che si traduce con l’espressione contro l’India; ciò confermerebbe la tesi di Pietro Martire, infatti, secondo Juan Gil questo appellativo si può riferire ad Española per il suo significato linguistico. Possiamo concludere che attraverso l’analisi del termine Antilia è possibile identificare la mitica isola con Hispaniola, appartenente alle Antille. In ultima analisi è possibile affermare che la ragione per cui i cartografi collocano Antilia in diverse posizione dipende da due ragioni; la prima consiste nei limiti tecnici dell’epoca, la seconda dal fatto che l’isola veniva fatta coincidere con territori diversi.

 

 

Riferimenti bibliografici:

  

Abulafia, David. La scopertà dell’umanità: incontri atlantici nell’età di Colombo. Bologna: Il Mulino, 2010.

Almagià, Roberto. Monumenta cartographica vaticana. Volume 1, Città del Vaticano, Biblioteca apostolica vaticana, 1944.

Babcock, William Henry. Legendary islands of the Atlantic; a study in medieval geography. New York: W. L. G. Joerg, 1922.

D’Albertis, Enrico Alberto. Le costruzioni navali e l’arte della navigazione al tempo di Cristoforo Colombo. Roma: Ministero della pubblica istruzione, 1893.

Gil, Juan. Miti e utopie della scoperta: Cristoforo Colombo e il suo tempo. Milano: Garzanti Editore, 1991.

Johnson, Donald S. Isole fantasma. Torino: Edizioni Piemme, 1997.

Serra, Giandomenico. Da Altino alle Antille: appunti sulla fortuna e sul mito del nome Altilia, Attilia, Antilia. Bucarest: Imprimeria Nationala, 1935.

Viviano, Gianpiero. Isole Misteriose dell’Oceano Atlantico. Genova: Sagep Editori, 2015.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]