IL CASO ANTILIA
GEOGRAFIA IMMAGINARIA NELL’ETÀ DELLE
SCOPERTE
di Donato Rocco Festa
L’isola di Antilia, conosciuta anche
come isola delle Sette Città, è
stata riportata sulle mappe
geografiche principali del tempo che
verranno analizzate per comprendere
la fondatezza e l’attendibilità di
questa leggenda prendendo in
considerazione gli studi di alcuni
tra i ricercatori più autorevoli.
Questa veniva collocata dai
cartografi nell’oceano Atlantico ma
le scoperte geografiche avviate a
cominciare da quella del Nuovo Mondo
ne rivelarono l’inesistenza;
all’inizio del XV secolo i geografi
del Vecchio Mondo, in particolare
arabi e bizantini, studiarono la
cosmografia terrestre ed esploratori
spagnoli e portoghesi si
avventurarono lungo nuove rotte
fornendo al mondo della cartografia
dati inediti che riguardavano
regioni che prima di allora erano
sconosciute. Fu individuata la
collocazione esatta degli
arcipelaghi atlantici e in questo
modo le isole leggendarie, che si
riteneva fossero reali, scomparvero
dal panorama cosmografico facendo
spazio a quelle effettivamente
esistenti.
L’isola di Antilia è
stata argomento di numerose ricerche
e oggi la sua identificazione è tema
di dibattito tra gli studiosi. In
diverse carte geografiche del
Quattrocento essa è stata
rappresentata nell’Atlantico
occidentale, oltre le Azzorre, con
un territorio di forma quadrilatera
allungata; la mitica isola compare
principalmente sulle mappe italiane
e portoghesi fino al Cinquecento
quando l’oceano, che secondo la
leggenda l’avrebbe ospitata, fu
navigato in lungo e in largo. Alcuni
ricercatori hanno identificato
Antilia con le Antille altri invece
con le Azzorre; i più audaci hanno
ipotizzato una connessione con
Atlantide teorizzando che il suo
territorio sarebbe ciò che resta del
glorioso continente descritto da
Platone nei suoi dialoghi. In questo
articolo cercheremo di capire quali
di queste ipotesi può essere
dimostrata e la ragione per la quale
la mitica isola di Antilia,
riportata sulle carte dalla fine del
Trecento, veniva spostata dai
cartografi.
La nascita della leggenda
Già diversi anni prima della
scoperta dell’America Antilia era
una realtà del mondo geografico. A
testimoniare ciò vi è la mappa
inviata nel 1474 da Toscanelli prima
a Fernam Martins e poi a Colombo
tratteggiando i confini dell’area
occidentale del mondo conosciuto e
riportando tutte le isole note;
l’isola di Antilia è indicata come
una terra su cui poter sostare
durante il tragitto per il Cathay.
Sulla cartina furono realizzate, in
totale, ventisei sezioni, unità di
spazio-tempo utili ai fini della
navigazione, ciascuna di
duecentocinquanta miglia, ed era
riportata una distanza di dieci di
esse tra la mitica isola e Cipango
(l’attuale Giappone). Anche se il
navigatore genovese non raggiunse
mai Antilia, essa fu molto
importante nel calcolo che fece per
stimare il percorso compiuto.
Infatti, considerando che le linee
ortogonali trasverse, che riportano
la distanza da levante a ponente tra
Lisbona e Antilia, sono dieci,
sapendo che lo stesso numero di
linee divideva quest’isola da
Cipango, egli, quando ritenne di
essere nei pressi di questa
fantomatica regione, valutò di
essere a metà del viaggio.
.
Carta dimostrativa delle
idee cosmografiche di Paolo
Toscanelli
A quel tempo c’era grande esitazione
da parte dei cartografi riguardo la
raffigurazione della fantomatica
isola, infatti, alcuni la
collocarono sulla latitudine delle
Azzorre mentre altri su quella delle
Canarie o vicino all’equatore; certi
studiosi, invece, la fecero
coincidere con l’isola di San
Brandano mentre altri, come Andrea
Bianco, la situavano a sud
dell’isola di Satanaxio.
Fernando Colombo pone l’isola di
Antilia, o delle Sette Città, a
duecento leghe ad ovest delle isole
Canarie e delle Azzorre. Negli anni
successivi al viaggio di Cristoforo
Colombo fu operata
un’identificazione delle isole che
egli individuò con Antilia; tale
comparazione sarà accettata anche da
diversi esperti come Pietro Martire
d’Anghiera.
Per quanto riguarda, invece,
l’identità tra la mitica isola e
quella delle Sette Città vi è come
testimonianza la carta di Colombo in
cui compare, per la leggendaria
regione, la dicitura «Haec Septem
Civitatum insula». Anche nella mappa
di Ortelio, risalente al 1570,
Antilia è indicata con il nome Sept
Cities ed è situata tra le Azzorre,
Cuba e l’isola Bermuda e perfino
nella rappresentazione di Mercatore
(1587) è chiamata Sept Citez.
Nel Periplus, Nordenskiöld riferisce
che questa regione compare nei
portolani del Trecento a causa di
qualche nave inoltratasi
nell’Atlantico e spinta dalle
correnti; Martin Behaim riporta che
ciò accadde ad un bastimento
spagnolo del 1414 che riuscì ad
oltrepassarla senza correre nessun
rischio; nella circostanza ci si
appressò ad essa ma non ci fu un
approdo; questa notizia è importante
perché diffuse la credenza che una
nave era riuscita ad avvicinarla.
Anche la carta di Ruysch (1508)
riporta questo avvenimento anche se
in modo impreciso ed affermando che
l’isola era stata individuata da una
nave spagnola ipotizzando anche che,
probabilmente, si trattava di una
riscoperta poiché re Roderico,
l’ultimo sovrano goto della Spagna,
l’aveva cercata per nascondersi. Le
due raffigurazioni sono accomunate
dal fatto che l’isola appare lontana
da ogni altro territorio.
Le teorie iniziali
Pietro Martire d’Anghiera, che visse
al tempo di Colombo, concepì Antilia
come parte di un gruppo di isole,
distaccandosi dalla concezione
contemporanea e raccontando
l’esplorazione di Cuba e Hispaniola
egli affermò che sia questi luoghi
sia gli altri isolotti vicini
dovevano costituire le isole di
Antillia.
Tra quelle a ridosso, probabilmente,
aveva considerato il territorio
dell’attuale Florida all’epoca
conosciuta come isola di Beimini o
Bimini. Se analizziamo la carta di
Canerio, la cui datazione risale al
1502, in essa il raggruppamento
delle Indie Occidentali è indicato
con l’espressione Antilhas del Rey
de Castella, denominando Isabella il
territorio insulare più esteso. Vi è
ancora un’altra mappa, anonima, che
le raffigura con un’unica
denominazione, Antilie, riportando
con il nome Cuba l’isola principale.
In una successiva rappresentazione
si legge l’espressione Atilhas de
Castela; in essa è messa in evidenza
anche Tera Bimini. Occorre notare
che il termine Antilia compare
mutato e i cartografi lo usarono per
indicare aree diverse.
Nel Quattrocento, sulla carta
catalana compare un doppio
riferimento per le Azzorre; per
quelle supplementari vi sono
denominazioni ricercate da svariati
testi e una disposizione verso
nord-ovest. Tra gli appellativi più
suggestivi c’è sicuramente Attiaela
perché ricorda la parola Atilae che
si ritrova sulla carta di Pizigani
del 1367; per quanto riguarda la
registrazione di altre isole non vi
è una spiegazione certa anche se
quasi sicuramente possiamo ritenere
che sono frutto del lavoro di
diversi cartografi, che hanno scelto
di disegnarle, nel corso degli anni.
Secondo un’altra teoria Antillia si
sarebbe trovata su una regione
continentale; tale considerazione
risale al periodo in cui le varie
esplorazioni condotte nel sud
America avevano dimostrato la
vastezza di questo territorio. A
supportare questa ipotesi vi è la
tavola Egerton MS. 2803, conservata
al British Museum, in cui si può
leggere la denominazione Antiglia in
una circoscrizione che corrisponde
all’attuale sud-est del Venezuela,
nel distretto occidentale dello
sbocco del Rio delle Amazzoni. Nella
carta di Bianco (1436) compare
l’espressione “Questo de Mar de
Baga” che secondo alcuni ricercatori
corrisponde al mar dei Sargassi; se
tale ipotesi fosse corretta Antilia
si troverebbe ad ovest di esso e di
conseguenza nei pressi del Nuovo
Mondo.
Nel corso del XIX secolo alcuni
studiosi ipotizzarono
un’identificazione delle isole
misteriose, tra cui Antilia,
riportate nelle carte del
Quattrocento con quelle dei Caraibi
ma ciò che rende erronea questa
teoria è la collocazione di Antilia
posta di fronte al territorio
portoghese; ciò significa che la sua
posizione corrispondeva ad una
latitudine diversa rispetto alle
regioni caraibiche; si tratterebbe,
quindi, di un imprecisione troppo
grande per i cartografi di quel
periodo.
La cartografia
Antilia compare per la prima volta
sul portolano di Pizzigano, nel
1367, anche se l’iscrizione è stata
oggetto di diverse interpretazioni a
causa del deterioramento della
preziosa realizzazione. La
misteriosa isola figura anche nella
carta anonima custodita a Weimar e
fatta risalire al 1424; da studi
successivi, però, Alexander von
Humboldt, geografo tedesco, capì che
probabilmente doveva esserci un
errore riguardo la datazione di
questo reperto; in conclusione
attribuì quest’opera a Conde
Freducci, facendola risalire
all’anno 1481. La considerazione
principale che ci permette di
inquadrarla alla fine del
Quattrocento consiste nell’impiego
del termine insule invece di insulle
e di brandani piuttosto che brandany
in relazione a Madeira, poiché
queste parole erano utilizzate in
quel secolo.
Tra le raffigurazioni più importanti
che riportano il leggendario
territorio c’è, poi, quella di
Battista Beccario, del 1426; questa
volta non ci sono problemi riguardo
la collocazione storica ma a
proposito del fatto che la tavola
autentica includa o meno Antillia.
La porzione che riproduce la parte
occidentale non è stata trascritta,
ma William Henry Babcock ritiene, in
seguito a delle ricerche effettuate,
che la carta del 1426 non doveva
contenere la mitica isola.
L’opera di Beccario del 1435 si
differenzia dalle altre
raffigurazioni di Antilia perché è
la più completa. Alcuni studiosi,
però, ritengono che questa sia stata
preceduta da altre rappresentazioni
che sono andate perdute; tale
valutazione nasce dall’analisi dei
confini delle isole che appaiono
troppo simili a quelli riportati
dagli altri cartografi degli anni
successivi per ritenere che questa
sia stata la loro prima
riproduzione.
.
Sezione della tavola di
Beccario, 1435
Antillia è il territorio più esteso
dell’arcipelago, situato nella parte
meridionale; secondo Babcock essa
corrisponderebbe, nella carta di
Beccario, alla regione dell’attuale
Cuba. Si colloca tra la latitudine
del Marocco a quella del nord del
suolo lusitano; figura con quella
che diventerà la sua forma
quadrilatera abituale e stereotipata
con la quale verrà indicata anche in
seguito. A proposito delle sue
dimensioni Humboldt ci dice che la
larghezza è uguale ad un terzo della
lunghezza del lato maggiore; sulla
parte est ci sono quattro baie
mentre ce ne sono tre a ovest e
sulla parte meridionale vi è
un’arcata molto vasta.
Anche nella tavola di Roselli
risalente al 1468, molto simile a
quella di Beccario l’isola di
Antilia è ben definita. A differenza
della raffigurazione in figura 2, in
cui Antillia compare tendente a
nord-est, qui è, invece, incline a
nord-ovest.
Vi è poi la carta di Andrea Bianco
che risale al 1436; è stata soggetta
ad alterazione fisica ma per fortuna
non sono scomparse Antillia e
l’estremità inferiore di Salvagio,
che Bianco denomina La Man Satanaxio
che significa la mano di Satana.
Nordeskiöld ipotizza, invece, una
derivazione del nome da quello di
sant’Anastasio.
Antillia compare anche sulla mappa
del genovese Bartolomeo Pareto, nel
1455, insieme alle isole Reylla, che
qui compare con il nome Roillo, e I
in Mar, che invece è riportata senza
alcuna denominazione; figurano, con
un certo distacco, altre aree
insulari quali San Zorzo, Collonbi,
Brazil e Cabraria.
Anche le mappe di Grazioso
Benincasa, risalente al 1482, e del
figlio Andrea Benincasa, del 1508,
riportano Antilia.
.
Carta nautica di Andrea
Benincasa, Ancona, 1508, tavola XX
Tra le raffigurazioni della mitica
isola da ricordare vi sono anche il
planisfero di Laon del 1493 e la
mappa di Joannes Ruysch del 1508.
Per quanto riguarda le carte finora
analizzate ci sono delle modeste
difformità per quanto riguarda le
dimensioni e il posizionamento delle
isole. Il variare delle latitudini
può essere interpretato
dall’ignoranza dell’inclinazione in
direzione sud delle linee
isotermiche nel percorrere
l’Atlantico verso occidente. Babcock
ritiene che Antillia si sviluppi a
partire da una latitudine inferiore
a quella del territorio di
Gibilterra e che si estenda fino a
superare la Spagna ma non la
Francia.
La mitica isola verrà
riportata sulle carte anche per
tutto il Cinquecento fino a
scomparire dopo il 1587. Nella mappa
di Beccario, di Pareto e di Bianco i
sette porti che caratterizzano la
costa di Antilia sono indicati
ognuno con una diversa
denominazione: Ansalli, Ansodi, Con,
Ansolli, Anseselli, Anhuib e Aira;
si può ritenere che ciò faccia
coincidere Antilia con la mitica
terra delle Sette Città. C’è poi
un’altra considerazione che ci porta
alla loro identificazione; infatti
in diverse mappe Antilia è compresa
nelle «Insulle a novo reperte» che
furono individuate nel 1341 da
un’impresa guidata da Niccolosus de
Recco Ianuensis il cui equipaggio
era composto da spagnoli,
portoghesi, genovesi e fiorentini.
Boccaccio scrive una relazione a
proposito di questo viaggio nel De
canarie et de insulis reliquis ultra
Hispaniam in oceanum noviter
repertis. Possiamo concludere che
dalla cooperazione tra lusitani e
genovesi l’esistenza di Antilia e
delle Sette Città è stata
identificata in un unico territorio
insulare.
Ci sono diverse carte del
Quattrocento che per diverse ragioni
non raffigurano Antillia e nemmeno
le isole vicine; i vari autori come
Giraldi (1426), Valsequa (1439) e
Fra Mauro (1459) probabilmente non
si interessarono alla
rappresentazione dell’area più
occidentale dell’Atlantico oppure
vollero semplicemente mantenere una
certa concretezza non dando molto
peso ai racconti, assai incerti, a
proposito di queste terre lontane.
Questi dubbi furono propri di tutti
i cartografi di quel periodo poiché
non c’erano dati certi oppure
verosimili a proposito di quelle
aree perché prima di allora furono
in pochi a scegliere di avventurarsi
nell’oceano, oltre il confine
portoghese.
Antilia, Antille e Hispaniola
Nelle mappe citate in precedenza le
rappresentazioni di Antilia non
variano molto, quindi, possiamo
prendere in considerazione la carta
di Benincasa. Oltre alla mitica
isola compaiono anche delle altre
più piccole tra cui Salvagio o
Saluaga o Satanaxio, Royllo e
Taumar; queste la attorniano
formando con essa un gruppo
differente dalle Canarie, dalle
Azzorre e da Madeira. Per quanto
riguarda i sette appellativi che si
leggono sul territorio insulare, di
cui cinque iniziano con An, questi
potrebbero essere connessi alle
Sette Città fondate dai vescovi che
secondo la leggenda fuggirono dalla
Spagna, al tempo dell’invasione dei
Mori, nel 711 d.c., che segnò la
fine del dominio dei Goti. Las Casas
afferma che Cristoforo Colombo
ricercò dati a proposito di Antilia,
nel territorio lusitano, tanto che
ne conosceva le distanze dai gruppi
delle Canarie e delle Azzorre.
Nel 1493 Pietro d’Anghiera
esaminando la tavola di Bianco
sostenne che costui aveva posto
Antilia nell’Atlantico occidentale
in ragione del fatto che qualche
navigante si era spinto fino
all’area ovest delle Indie già prima
del 1436 anche se non vi è nessun
resoconto di viaggio che dimostri
tale ipotesi. Egli affermò che le
isole di Cuba e Hispaniola insieme
agli altri isolotti circostanti
costituivano le Antillea Insulae
riportate sulle carte.
Questa tesi fu sostenuta anche da
Antonio Galvão secondo cui le isole
sulle quali erano approdati gli
esploratori lusitani nel 1447, a
causa delle correnti, e che essi
denominarono Antilia o delle Sette
Città, in realtà, dovevano essere le
Antille o la Nuova Spagna. La
dimostrazione dell’identità tra
Antilia e i territori del Nuovo
continente proverebbe che nel
Quattrocento si aveva già conoscenza
delle regioni americane ma non vi
sono prove sufficienti che al
momento ci possano permettere di
ritenere effettivamente reale tale
affascinante ipotesi.
Nelle mappe prese in considerazione
mancano le Antille orientali con
Haiti e Porto Rico forse perché non
furono mai raggiunte; si può
ipotizzare che, in un eventuale
viaggio presso la Florida o Cuba, i
naviganti nell’osservare le isole
delle Bahamas e quelle circostanti
avrebbero potuto trascurarle poiché
le mappe riportavano I in Mar e
quindi confonderle con essa che
veniva raffigurata sempre con
dimensioni ridotte rispetto al
territorio di Antilia. Babcock
ritiene che l’Antilia descritta nel
1435 sia identificabile con la
Regina delle Antille.
Considerando i dati relativi alle
distanze tra Antilia e i gruppi
delle Azzorre e delle Canarie che
equivale approssimativamente a
duecento leghe, cioè
milleduecentosettanta chilometri,
dal lato sud-ovest e da quello
nord-occidentale ne consegue, però,
che la mitica isola, secondo
Viviano, non sarebbe potuta essere
confusa né con le Piccole Antille ma
neppure con le Grandi poiché esse si
trovavano ad una lontananza maggiore
ed erano situate più a meridione.
Allo stesso risultato si giunge
esaminando la latitudine delle isole
atlantiche, tra cui Antilia,
impiegando le linee sui confini
dell’Africa nord e dell’Ibernia
sulla carta di Benincasa; le isole
di Madeira hanno una latitudine di
32°30’ Nord, mentre quella riportata
per le Canarie è tra i 28°00’ Nord e
i 29°30’ Nord. Per quanto riguarda
l’arcipelago delle Azzorre i suoi
membri sono disposti da nord a sud
riportando per Terceira (denominata
insula de Brazil) una latitudine di
37°00’; da questi esempi si evince
l’uso del confronto con i confini
europei e africani. Per Antilia la
latitudine del vertice nord è di
39°00’ Nord invece a sud è di 53°30’
Nord e ciò significa che sul
continente americano si dispiegava
dai territori di Capo Hatteras e
Carolina del Nord fino alla baia di
Delaware. Johnson ritiene che da ciò
possiamo concludere che nessun
esploratore del XV secolo avrebbe
commesso uno sbaglio di tali
proporzioni e quindi dal calcolo
della latitudine rimane un mistero
sapere quale territorio
rappresentasse Antilia; occorre,
allora, esaminare altre fonti e
proporre altre argomentazioni.
Babcock difende la sua tesi da
queste contestazioni ritenendo che
lo spostamento di queste terre sulle
mappe era da attribuire alle
rudimentali attrezzature a
disposizione dei cosmografi. Negli
ultimi anni questa teoria è stata
riesaminata perché è legata alla
ragione per cui nel Quattrocento le
dimensioni del globo erano
sottostimate dagli studiosi; se si
ammette, infatti, che a quel tempo
si aveva conoscenza delle Piccole
Antille ciò vuol dire che il suo
meridiano avrebbe potuto essere
utilizzato come riferimento in
cartografia e ciò chiarirebbe la
distorsione di alcune aree e il
motivo per cui si sottovalutarono le
dimensioni del pianeta.
Pietro Martire fu tra i fautori
dell’opinione secondo cui Antiglia
andrebbe identificata con Española o
Hispaniola, la prima colonia europea
fondata da Cristoforo Colombo.
Anche Nicolò de Canerio, nel 1502,
denota le isole Isabella, Spagnola e
le restanti adiacenti con la
denominazione generale di Antilhas
del Rey de Castella.
Nel 1520 Francisco Vara che era
possessore di un’imbarcazione recepì
da Francisco Fernández de Herrera,
monaco in Santiago de la Espada di
Siviglia, alcuni importanti atti che
avrebbero dimostrato l’esistenza
delle isole d’Antilla. Nel corso
degli anni seguenti questa
denominazione divenne antiquata; a
metà del Cinquecento Juan de Aragón
rammenta che prima della spedizione
di Colombo le indie erano chiamate
Antilla; dal suo scritto emerge che
già a quel tempo questa parola era
in disuso; da altri tesi risulta che
era inconsueta, addirittura, già
dalla fine del Quattrocento.
Nel
1503 Rodrigo de Santaella afferma
che Antilla pare essere una
trasformazione volgare di Antindia
che si traduce con l’espressione
contro l’India; ciò confermerebbe la
tesi di Pietro Martire, infatti,
secondo Juan Gil questo appellativo
si può riferire ad Española per il
suo significato linguistico.
Possiamo concludere che attraverso
l’analisi del termine Antilia è
possibile identificare la mitica
isola con Hispaniola, appartenente
alle Antille. In ultima analisi è
possibile affermare che la ragione
per cui i cartografi collocano
Antilia in diverse posizione dipende
da due ragioni; la prima consiste
nei limiti tecnici dell’epoca, la
seconda dal fatto che l’isola veniva
fatta coincidere con territori
diversi.
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