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> Diritti umani e civili

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N. 10 - Marzo 2006

IL MIO PAESE E IL MONDO

Il pensiero di Andrej Sacharov

di Stefano De Luca

Il premio Nobel Andrej Sacharov, scienziato dissidente, è una delle icone moderne della libertà. Nato in Unione Sovietica, subì l'influsso della cultura occidentale. Il padre Dimitrij era un fisico molto stimato, docente dell'istituto di pedagogia Lenin. Nel 1941, quando la Germania attaccò l'Unione Sovietica, Andrej Sacharov, al terzo anno di studi alla Facoltà di Fisica dell'Università di Mosca, venne esonerato dal servizio militare. Laureatosi l'anno successivo, venne inviato come ingegnere presso una fabbrica di prodotti bellici sul Volga.

Nel 1945 cominciò il dottorato presso l’Istituto di Fisica ‘Lebedev’ dell’Accademia delle Scienze dell’URSS. Nel 1947 venne unito assieme ad altri brillanti fisici al ‘gruppo Tamm’, una equipe di scienziati che doveva risalire lo svantaggio con gli Stati Uniti nel campo della ricerca atomica. “Da allora e per quasi un decennio”, il nome di Sacharov “scomparve”: non fu pubblicato più nessuno scritto del giovane fisico. Sacharov lavorò con  Igor’ Tamm (in seguito insignito del premio Nobel per la Fisica) nel più profondo segreto e silenzio, in quanto il progetto era considerato di importanza ‘strategica’ per l’Unione Sovietica: la bomba termo-nucleare.

“Non avevo alcun dubbio”, spiegherà Sacharov nel 1974, “che la creazione di una super-arma sovietica fosse di importanza vitale per il nostro Paese e per l’equilibrio della potenza mondiale”. Nel 1950 Tamm e Sacharov misero a punto la bomba-H, a reazione termo-nucleare, che risultava qualitativamente più avanzata rispetto alla produzione statunitense. Sacharov si sentiva nel giusto in quanto, garantendo la parità strategica tra le due super-potenze, il mondo poteva mantenere un suo equilibrio, un equilibrio del ‘terrore’.

 

Insignito del premio Stalin e di ben tre Ordini del Lavoro socialista (la massima onorificenza civile), nel 1953 divenne Dottore delle Scienze presso l’Accademia delle Scienze sovietica e poté contare su un compenso elevatissimo (2000 rubli, al cambio circa 27000 dollari) e su molti altri privilegio, ma Sacharov divenne infine un dissidente. Harrison Salisbury sostiene che come Einstein cominciò a lottare per i problemi della guerra dopo aver elaborato la teoria della relatività e come Oppenheimer passò dall’elaborazione della bomba atomica alla riflessione sul ruolo dello scienziato nella società, similmente Sacharov passò dall’elaborazione della bomba-H all’impegno in nome della pace e della difesa dei diritti civili in Unione Sovietica. “A partire dal 1957”, racconta Sacharov, “mi sentii responsabile del problema della contaminazione radioattiva causata dalle esplosioni nucleari”, in quanto “ogni megaton di tali esplosioni significa migliaia di vittime senza nome […] ogni serie di esperimenti nucleari, fatti da USA, URSS, Gran Bretagna, Francia e Cina, coinvolge decine di megaton e quindi decine di migliaia di vittime”. Nel 1962 Sacharov protestò con Chruscev per una nuova serie di esperimenti atomici che riteneva ingiustificati e non necessari, ma non venne ascoltato. “Da allora”, racconta il fisico, “ruppi col mio ambiente: fu una rottura radicale”.

 

Nel 1963, a Mosca, Chruščëv ed il Presidente statunitense John Kennedy stipularono il ‘Trattato per la messa al bando degli esperimenti atomici nell’atmosfera’. Sacharov, che si era battuto presso le autorità politiche del suo Paese per eliminare gli esperimenti nell’atmosfera, nello spazio e nei mari, che erano causa della contaminazione radioattiva, trovò una ‘parziale’ soddisfazione alle proprie istanze.

Nel 1964 Sacharov parlò degli errori delle teorie di Lysenko ad una conferenza dell’Accademia delle Scienze sovietica. Entrò in contatto col biologo Žores Medevedev e col fratello di questi, Roj, che lo ‘introdussero’ negli ambienti del dissenso. Nel 1966 fu tra i firmatari della lettera sul ‘culto’ della personalità di Stalin inviata al XXIII Congresso del PCUS e protestò presso il Soviet Supremo per l’introduzione di nuovi articoli nel Codice Penale. Nel 1968 scrisse una lettera a Breznev in difesa di Ginzburg e Galanskov, per la quale il ministro del dipartimento per cui lavorava lo definì “un eminente scienziato, ma uno stupido come politico”.

 

Le convinzioni che spinsero Sacharov a porsi su una linea di dissenso dalle politiche del Partito, consapevole per questo di dover rinunciare ai privilegi ‘materiali’ di cui godeva, sono sintetizzate da lui stesso nel suo saggio del 1968 Considerazioni sul progresso, la coesistenza pacifica e la libertà intellettuale. Dal momento che in sede istituzionale i suoi appelli non avevano efficacia, decise di servirsi del samizdat (le auto-edizioni clandestine) per rendere conoscibili i propri convincimenti. Il suo obbiettivo era quello di poter comunicare al numero più ampio di persone, tanto in Unione Sovietica quanto all’estero, le convinzioni per le quali aveva deciso di battersi. “In sostanza”, spiegherà Sacharov, “si tratta degli stessi temi che sette anni e mezzo più tardi si ritrovano nel titolo del mio discorso per il conferimento del Premio Nobel: Pace, progresso e diritti dell’Uomo”.

 

Il suo pensiero non era rivolto soltanto alla risoluzione dei problemi sovietici, ma all’umanità nel suo insieme. Pronte già nel mese di aprile del 1968, le Considerazioni cominciarono a circolare tra i dissidenti, mentre il 6 luglio ne fu data notizia in un giornale olandese. Da quel momento, il nome di Sacharov andò ufficialmente ad arricchire il movimento del dissenso sovietico. L’opera fu un successo planetario. “Secondo i dati forniti dall’Associazione libraria internazionale”, ricorda l’accademico, “la tiratura complessiva dell’opera negli anni 1968-1969 raggiunse i 18 milioni di esemplari”.

Il saggio del 1968 di Sacharov si divide in due parti: ‘i pericoli’ e ‘la base della speranza’. Nella prima parte l’accademico esponeva i rischi che a suo vedere correva l’umanità, mentre nella seconda tentava di offrire una possibile soluzione, per certi versi ‘utopica’, degli stessi.

 

Il primo pericolo era la guerra termo-nucleare, dalla quale nessuno sarebbe uscito vincitore in quanto le superpotenze Usa e Urss possedevano un numero elevato di testate e ad un eventuale attacco dell’una sarebbe conseguita l’inevitabile risposta dell’altra: nessuno poteva sperare di annientare il nemico al primo colpo e l’attaccato avrebbe avuto la possibilità di replicare con le proprie testate atomiche. La conseguenza di una guerra atomica tra Stati Uniti ed Unione Sovietica sarebbe stata la distruzione della vita terrestre.

L’accademico passava poi al problema della fame, dovuto all’ineguale distribuzione dei beni tra i Paesi ricchi e quelli poveri, ed a quello dell’inquinamento, facendo riferimento alla drammatica situazione ambientale del lago Bajkal, distrutto da scarichi di sostanze tossiche e di scorie radioattive.

L’altro problema, molto sentito dall’autore, era quello della libertà intellettuale, che in Unione Sovietica veniva palesemente violata. Sacharov, dopo aver criticato le “dittature poliziesche di Mao, Stalin ed Hitler”, finisce per accusare l’Unione Sovietica di Brežnev, nella quale venivano perseguiti i firmatari di lettere ed appelli in difesa di persone ingiustamente arrestate dalle autorità. “Non è forse una vergogna”, ammoniva l’accademico, “l’ennesima ricomparsa dell’antisemitismo nella politica di reclutamento tra i quadri […], la limitazione dei diritti civili dei tatari di Crimea […], i tentativi di riabilitare Stalin?”.

Se a livello internazionale era necessario “intensificare lo scambio di informazioni” tra Est e Ovest (il dialogo in sostanza), in Unione Sovietica un grosso problema per la libertà intellettuale era costituito dalla censura, che andava secondo lui abolita. Queste cose le avevano capite per primi in Cecoslovacchia e Sacharov sentiva il dovere di sostenere la loro “coraggiosa iniziativa, preziosissima per il destino del socialismo e dell’intera umanità”.

Nella seconda parte delle Considerazioni, Sacharov tentava di definire lo scenario di una possibile soluzione dei problemi globali, tale da garantire la coesistenza  pacifica. Quello che ne viene fuori, è un mondo che esiste solo nelle idee, ma per il quale l’accademico decise di combattere con tutte le forze.

Lo spirito che lo animava, era quello della ‘distensione’ tra le due superpotenze. Sacharov però si spinse ben oltre i limiti reali della ‘distensione’ tra i blocchi, giungendo ad ipotizzare una fusione tra gli stessi, che avrebbe preso gli aspetti migliori di ciascuno, cancellando quelli funesti. In Unione Sovietica si appellava, per la realizzazione del suo progetto, alla classe operaia e all’intelligencija progressista, mentre in Occidente all’ala riformista della borghesia, impersonata dall’ex presidente Roosevelt e da John Kennedy.

Secondo Sacharov la «convergenza» si sarebbe realizzata in quattro tappe cronologicamente asimmetriche. Nella prima tappa (1968-1980) prevedeva “il rafforzamento della democrazia e la diffusione della riforma economica” in Unione Sovietica. Nella seconda (1972-1985) teorizzava “un programma di riforme sociali” da attuarsi negli USA e in Occidente con l’appoggio delle forze progressiste interne. Nella terza tappa (1972-1990) USA e URSS, una volta avviata la «convergenza», si sarebbero impegnate a salvare “la parte più povera del globo”, grazie “ad una tassa del 20% sul reddito nazionale dei Paesi sviluppati”, allo “sfruttamento delle risorse del mare” ed all’uso civile della tecnologia nucleare. Sempre in questa fase, si sarebbe completato il disarmo completo. Nella quarta tappa (1968-2000), appianate le divergenze nazionali, si sarebbe giunti ad un governo mondiale. Nello stesso periodo, l’accademico prevedeva lo sviluppo dei voli cosmici che “obbligherà necessariamente parecchie migliaia di persone a vivere o lavorare ininterrottamente su altri pianeti e sulla luna, su satelliti artificiali della terra e su asteroidi le cui orbite verranno modificate grazie ad esplosioni nucleari”.

Visto che il mondo avrebbe compiuto, negli anni a venire, una “rivoluzione tecnico-scientifica” di proporzioni sensibili, questa non sarebbe risultata pericolosa soltanto a patto che vi fosse una grandissima previdenza e cautela scientifica, nonché una sensibile attenzione ai valori umani sia a livello etico, che sul piano personale. Quest’ultima affermazione di Sacharov è, ancor oggi, estremamente attuale ed importante: l’accademico metteva in guardia dai “pericoli di uno sconsiderato uso «burocratico» della rivoluzione tecnico-scientifica”, in quanto aveva potuto osservarne di persona gli effetti nel suo Paese.

Possiamo notare come le varie tappe della «convergenza» si sovrappongano temporalmente tra loro, ma anche come il primo punto del piano fosse la democratizzazione in Unione Sovietica (1968-1980), mentre la riforma negli Stati Uniti costituiva la seconda tappa (1972-1985), in quanto generata “dall’esempio dei Paesi socialisti”. Quindi, l’Unione Sovietica era la prima a doversi muovere.

Anche se le tappe della «convergenza» e la «convergenza» stessa sembrano una teoria con scarsi risvolti pratici, i problemi che Sacharov individuava nel suo saggio (la ricerca della pace, la coesistenza ed il rispetto dei diritti civili) erano reali e coincidenti con quelli per i quali nel ’68 ci fu una prima, seppur parziale, mobilitazione globale. Ancor oggi è estremamente attuale il tema riguardante il «corretto utilizzo» delle nuove conoscenze tecniche. Esso riguardava vari campi: un uso sconsiderato di materiali combustibili che avrebbe “modificato le proprietà di riverberazione del calore dell’atmosfera”, fenomeno che prima o poi avrebbe assunto “proporzioni minacciose” ; i pesticidi usati in agricoltura per combattere i parassiti, che “si insinuano nel corpo dell’uomo causando gravi danni al cervello, al sistema nervoso, al fegato e ad altri organi”; l’energia nucleare, che andava sfruttata per usi civili e non politici.

Le Considerazioni sembrano figlie del ’68, o almeno di una tendenza delineatasi in quel controverso periodo, viste le richieste ‘universali’ dell’opera. Sacharov non limitò la sua analisi all’Unione Sovietica, ma la allargò all’Occidente in quanto consapevole dell’esistenza non di singole nazioni, ma di una umanità intera che andava difesa nel suo insieme. Le Considerazioni erano senza dubbio un elemento analitico utile nel perseguimento della ‘distensione’ tra i blocchi e per certi versi foriero del processo di ‘globalizzazione’.

Anche  Sacharov, a seguito della pubblicazione in Occidente delle Considerazioni, cominciò a subire in prima persona le rappresaglie del regime. Immediatamente escluso dai progetti segreti, fu messo nell’impossibilità pratica di esercitare la sua professione. Nel 1969 l’accademico venne declassato a lavorare all’Istituto di Fisica nel quale aveva fatto il dottorato, perdendo tutti i privilegi di membro della nomenklatura sovietica.

Sacharov cominciò sempre più ad addentrarsi nel movimento del dissenso, trovando al suo interno una serie di persone con le quali condivideva aspirazioni e programmi. Proprio alla fine degli anni Sessanta, in seguito alla scomparsa della prima moglie Klavdija Vichireva, Sacharov si legò ad Elena Bonner, di origine armena ed ebraica, figlia di una donna che aveva trascorso sedici anni nei lager staliniani. Esposte al mondo intellettuale del dissenso, le capacità analitiche di Sacharov si sarebbero sempre più chiaramente orientate verso la risoluzione dei problemi legati alla realtà politico-economico-sociale dell’Unione Sovietica, tralasciando (suo malgrado) la ricerca scientifica.. 

 

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