N. 64 - Aprile 2013
(XCV)
OPEN
confessioni di un campione
di Massimo Manzo
Andre
Agassi
è
stato
uno
dei
tennisti
più
talentuosi
e
brillanti
degli
ultimi
trent’anni
e
nel
corso
della
sua
lunghissima
carriera
-
costellata
da
record
e
successi
-
egli
ha
influenzato
non
solo
lo
stile
di
gioco,
ma
anche
l’atteggiamento
e il
look
di
intere
generazioni
di
giovani
giocatori
di
tennis,
qualunque
fosse
la
loro
età
o il
loro
livello.
Il
percorso
che
ha
portato
Agassi
a
diventare
un’icona
non
è
stato
privo
di
ostacoli.
I
vent’anni
in
cui
ha
occupato
le
scene
del
tennis
professionistico,
insieme
a
strabilianti
vittorie
e
momenti
esaltanti,
lo
hanno
costretto
spesso
ad
affrontare
crisi
profonde,
periodi
di
depressione
e di
smarrimento.
Nella
sua
autobiografia,
“Open”,
l’ex
tennista
di
Las
Vegas
si
mette
a
nudo
senza
reticenze
o
imbarazzi
di
sorta.
Con
uno
stile
diretto
e
incalzante,
che
assomiglia
incredibilmente
al
tennis
che
esprimeva
sul
campo,
Agassi
racconta
la
sua
straordinaria
esperienza,
comunicando
ai
lettori
le
stesse
emozioni
che
riusciva
a
trasmettere
agli
spettatori
durante
i
suoi
match:
stupore,
sofferenza,
divertimento,
ammirazione.
Sfogliando
il
libro
non
si
può
fare
a
meno
che
riflettere
sull’estrema
superficialità
con
la
quale
i
media
hanno
dipinto
Agassi,
indulgendo
sul
personaggio
e
dimenticando
la
persona.
Descritto
come
un
punk
ribelle
negli
anni
giovanili,
e
con
la
stessa
facilità
esaltato
nelle
vittorie
e
abbandonato
nelle
sconfitte.
Dietro
questa
immagine
pubblica
trasgressiva
e
mutevole
si
celava
in
realtà
un
atleta
alla
continua
ricerca
di
sé,
imprigionato
fin
dalla
tenera
età
dentro
un
destino
forse
non
completamente
suo.
Una
delle
prime
confessioni
di
Agassi
svela
subito
l’abissale
differenza
tra
la
persona
e il
personaggio
pubblico:
“odio
il
tennis,
l’ho
sempre
odiato”,
afferma
il
campione
all’inizio
del
libro.
Un’affermazione
schock
per
il
lettore,
inspiegabile
se
fatta
da
un
tennista
con
una
delle
carriere
più
longeve
di
sempre.
Eppure,
andando
avanti
nella
narrazione,
la
contraddizione
si
attenua,
fino
a
divenire
perfettamente
logica,
quasi
lineare.
Esiste
infatti
una
forza
che
come
una
calamita
invisibile
lo
spinge
verso
questo
sport,
a
prescindere
dalla
sua
volontà.
La
descrizione
della
prima
giovinezza
è
uno
dei
punti
chiave
per
comprendere
nel
profondo
la
complessa
personalità
di
Agassi.
A
partire
dall’infanzia,
violentata
da
un
padre
fanatico
che
con
estenuanti
allenamenti
vuole
a
tutti
costi
renderlo
un
campione,
più
per
egoismo
che
per
amore
paterno,
fino
agli
anni
della
Bollettieri
Academy,
descritta
come
una
vero
e
proprio
campo
di
prigionia:
“la
Nick
Bollettieri
Tennis
Academy,
costruita
nell’area
di
un’ex
fabbrica
di
conserve,
non
è
niente
di
eccezionale,
soltanto
alcuni
edifici
staccati
che
ricordano
i
bracci
di
una
prigione.
Anche
il
nome
è
simile:
Edificio
B,
Edificio
C.
Mi
guardo
intorno,
aspettandomi
quasi
di
trovarvi
una
torretta
di
guardia
e
del
filo
spinato.
In
lontananza
scorgo
invece
qualcosa
di
più
sinistro:
file
e
file
di
campi
da
tennis”.
Le
parole
che
Agassi
riserva
all’Accademia
di
tennis
più
prestigiosa
del
mondo,
vivaio
di
atleti
formidabili,
gettano
una
luce
sinistra
sulla
difficile
vita
dei
giovani
tennisti,
allevati
a
costo
di
enormi
sacrifici
nella
speranza
di
raggiungere
prima
o
poi
i
vertici
delle
classifiche
mondiali:
“ ci
alziamo
all’alba
e
andiamo
a
letto
subito
dopo
cena.
Usciamo
di
rado
e
abbiamo
pochi
contatti
con
l’esterno.
Come
la
maggior
parte
dei
galeotti
non
facciamo
altro
che
dormire
e
lavorare,
e le
pietre
più
grosse
che
spacchiamo
sono
gli
allenamenti
[…]
a
volte
ci
sentiamo
come
gladiatori
che
si
preparano
nei
sotterranei
del
Colosseo.
Di
sicuro
i
trentacinque
istruttori
che
ci
abbaiano
contro
durante
gli
allenamenti
si
credono
guardiani
di
schiavi”.
Nonostante
la
sofferenza
di
quel
periodo,
il
giovane
Agassi
dimostra
subito
un
talento
innato.
Diventa
numero
25
al
mondo
a
soli
17
anni.
Dal
1986
al
2006,
data
del
suo
ritiro,
conduce
una
carriera
sotto
i
riflettori
che
lo
porta,
tra
vette,
cadute
e
risalite,
nell’Olimpo
del
tennis
per
titoli
e
primati.
In
”Open”
però,
il
tennista
americano
non
parla
solo
del
difficile
rapporto
con
lo
sport,
ma
affronta
anche
la
sua
vita
sentimentale.
Che
parli
del
fallimento
del
suo
primo
matrimonio
con
l’attrice
Brooke
Shields
o
della
storia
d’amore
con
attuale
moglie,
Steffi
Graf,
Agassi
come
sempre
è di
una
sincerità
disarmante,
a
tratti
commuovente
quando
parla
del
rapporto
con
i
figli.
Se
tutti
questi
elementi
rendono
“Open”
un’autobiografia
accattivante
anche
per
chi
non
s’intende
di
tennis,
essa
assume
un
valore
prezioso
per
gli
appassionati
di
questo
sport.
Attraversare
vent’anni
di
tornei
e
competizioni
con
gli
occhi
di
Agassi
significa
infatti
conoscere
senza
il
filtro
dei
media
stuoli
di
campioni,
osservando
da
vicino
la
loro
reale
natura.
Si
scoprono
così
aspetti
inediti
del
carattere,
oltre
che
descrizioni
impeccabili
di
tecnica
e
psicologia
tennistica,
provenienti
direttamente
da
un
avversario,
e
non
da
un
qualsiasi
giornalista
sportivo.
D’altronde,
nella
sua
vita,
Agassi
ha
conosciuto
vere
e
proprie
leggende:
da
Jimmy
Connors
a
Lendl,
da
Becker
a
Sampras,
fino
ai
nuovi
astri
degli
anni
2000
Federer
e
Nadal.
Ognuno
viene
dipinto
in
modo
diverso;
che
sia
uno
schizzo
o un
ritratto
più
definito,
però,
tutti
rimangono
vividissimi
nella
memoria
del
lettore.
Insomma,
si
tratta
di
un
libro
pieno
di
sorprese
il
cui
grande
successo
è
pienamente
meritato.
Leggerlo
è
come
guardare
un
vecchio
match
di
Andre:
non
ci
si
annoia
mai.