N. 16 - Aprile 2009
(XLVII)
anarchismo
americano
ipotesi di
ricerca
di Marco Perez
L’errore più comune a cui
si potrebbe andare incontro, trattando di anarchismo,
sarebbe quello di confondere l’anarchismo europeo con
quello nato e sviluppatosi negli Stati Uniti.
Nell’immaginario collettivo, in particolare in Europa,
gli anarchici risultano essere dei gruppi di sbandati,
nemici dello Stato più per ragioni esistenziali che
teoriche.
Nel vecchio continente, le
caratteristiche dell'associazionismo anarchico, presto
messo in ombra dai più potenti movimenti marxisti, hanno
spesso assecondato questi stereotipi. Bisogna tuttavia
sottolineare che, sia pure per un periodo non lungo
della storia del movimento operaio, l’anarchismo aveva
trovato una vasta diffusione, ricoprendo, nell’Italia di
fine Ottocento e nella rivoluzione spagnola (1936-1939),
il ruolo di protagonista.
In Europa, gli anarchici puntarono a costruire una forma
di comunismo libertario, collocandosi a sinistra della
sinistra marxista. Anche sotto questo aspetto può
risultare sorprendente conoscere la storia
dell’anarchismo liberale americano.
Ma cosa contraddistingue la corrente anarchica degli
Stati Uniti? Dove nasce? Ma anche, quali sono stati i
rapporti tra anarchici americani ed anarchici europei?
La tradizione libertaria americana era nata
precedentemente a quella europea (verso gli anni
quaranta dell’Ottocento) e trovava le sue origini in
alcune caratteristiche specifiche del territorio e della
cultura degli Stati Uniti.
Da un punto di vista
ideologico le differenze tra anarchismo americano ed
europeo erano simili a quelle che dividevano la cultura
liberale da quella socialista. Il primo possedeva una
matrice liberale, era individualista e credeva nella
proprietà privata, nel senso che riconosceva
all’individuo il diritto di essere padrone del proprio
lavoro. Rispetto agli anarchici europei, essi
rifiutavano qualsiasi forma di violenza e promuovevano,
sul piano economico, il più completo liberismo.
In Europa, invece, il movimento anarchico era nato come
frazione dell’Internazionale Socialista. Nel 1872, i
socialisti anti-autoritari capeggiati dal radicale russo
Michail Bakunin (1814-1876), fondarono a Saint-Imier la
cosiddetta Internazionale anti-autoritaria. Verso la
fine degli anni settanta dell’Ottocento i socialisti
anti-autoritari di Saint-Imier cominciarono a
riconoscersi come anarchici.
La maggioranza di essi
continuò a pensare però che anarchia e socialismo
potessero essere quasi sinonimi e che senza un sistema
di tipo socialista l’anarchia sarebbe stata
irrealizzabile. Mentre gli anarchici europei
combattevano così lo Stato, l’autorità, ma anche la
proprietà privata, una posizione molto diversa era
sostenuta dai libertari americani, che vedevano
nell’esistenza di un libero mercato un fattore
indispensabile per la libertà dell’individuo.
Tali differenze erano dovute al fatto che l’anarchismo
degli Stati Uniti possedeva una forte relazione con la
cultura liberale americana; gli anarchici sottolineavano
come i principi della rivoluzione (1776-1783) e della
Dichiarazione d’Indipendenza del 1776 fossero già
rivolti a limitare l’azione del governo (di qualsiasi
governo) sull’individuo.
L’anarchico americano
Benjamin Tucker (1854-1939) amava ripetere che “se
Thomas Jefferson fosse ancora in vita oggi si sarebbe
senz’altro definito anarchico”. Veniva così respinta la
presunta estraneità della filosofia anarchica rispetto
alla tradizione americana. Per C. L. James (1846-1911)
risultava “sbagliato considerare l’anarchismo una
peculiarità degli stranieri, verso i quali si nutrono
assurdi pregiudizi. L’anarchismo è figlio delle nostre
istituzioni e come tali esse devono allevarlo”.
In questo senso, essi
considerarono la propria opera come una sorta di
completamento ed estensione della cultura liberale
americana, respingendo l’esistenza di qualsiasi Stato,
organizzazione o società (ma anche di qualsiasi morale),
esterni al consenso del singolo individuo.
Differentemente dagli anarchici europei, rifiutavano
l'impostazione classista. Il concetto di «classe
sociale» era per essi una semplice astrazione,
all'interno della quale l'individuo avrebbe perso la
propria identità e libertà. Non si trattava dell'unica
ragione per cui veniva rifiutata la “lotta di classe”.
L'anarchismo americano
respingeva l'uso della forza poiché riconosceva in essa
una manifestazione di potere. Alla violenza
rivoluzionaria si preferì la disobbedienza civile
all'autorità e la libertà doveva essere in primo luogo
il risultato di una libera e spontanea presa di
coscienza dell'individuo.
In pratica, si trattava di
rendere l'individuo indipendente dallo Stato e dalla
società e non di asservirlo ad un processo
rivoluzionario ideologico e di parte.
Gli anarchici americani respingeranno il
rivoluzionarismo dell’anarchismo europeo, senza peraltro
aderire ad una posizione intransigentemente pacifista.
Se per gli europei la
rivoluzione era un avvenimento futuro, ipotetico; per
quelli americani la rivoluzione c’era già stata ed il
loro pensiero pretendeva essere il naturale compimento
della dichiarazione d’indipendenza americana.
In questo modo,
l’anarchismo americano, più che anti-rivoluzionario era
post-rivoluzionario. Per la sua natura liberal,
pluralista ed aclassista l’anarchismo era principalmente
una scelta di vita, piuttosto che un rimedio
taumaturgico per l’umanità.
Una notevole differenza tra le due tradizioni culturali
era costituita dalle tematiche riguardanti i diritti
civili. Nell’anarchismo americano si può individuare,
fin dalle origini, una peculiare sensibilità femminista.
All’interno di Modern Times, nel 1851, i principi
dell’“amore libero” erano considerati una logica
estensione della sovranità individuale.
La “morale dominante” era
invece una violenza sociale ai danni dell'individuo. La
religione e l'ideologia politica risultavano essere, per
i libertari americani, il prodotto culturale di un certo
numero di individui, viventi o del passato. Ma il
singolo individuo rimaneva padrone delle proprie scelte
morali senza l'arbitrario condizionamento di un'etica
esterna al suo consenso ed alla sua volontà.
Una tale considerazione della morale, come imposizione
culturale della maggioranza, fu una delle
caratteristiche tipiche del pensiero anarchico
americano. Anche sotto questo aspetto si spiegano molte
incomprensioni tra le due correnti di pensiero.
Nel movimento europeo le
problematiche concernenti i “tiranni invisibili” delle
donne (la morale religiosa, la famiglia, il matrimonio)
erano pressoché assenti. Se, infatti, nell'anarchismo
europeo la questione femminile si risolveva
principalmente su un piano economico (la parità nel
mondo del lavoro e nel campo dei diritti sociali), per
quello americano la questione riguardava la singola
donna, in antagonismo con la morale della società
patriarcale.
I rapporti tra anarchici americani ed europei furono
all’inizio di natura polemica, cosa non sorprendente
viste le differenze teoriche e metodologiche che li
separavano.
A partire dagli anni
ottanta dell’Ottocento l'anarchismo degli Stati Uniti si
raccolse prevalentemente attorno a “Liberty” (Boston,
1881-1908), la rivista anarchica individualista fondata
da Benjamin Tucker. Le raccolte di “Liberty”
costituiscono uno strumento fondamentale per comprendere
le caratteristiche e l’evoluzione storica del movimento
libertario americano.
Se gli individualisti di “Liberty” respingevano
qualsiasi relazione con la tradizione europea, ci fu
anche chi credette vi potesse essere un incontro, sul
piano teorico, tra le due correnti di pensiero.
In questo senso può essere
citata la rivista “Mother Earth” (New York, 1906-1917),
fondata dall’anarchica di origine lituana Emma Goldman
(1869-1940). Gli anarchici di “Mother Earth” pensavano
che le due tradizioni potessero completarsi a vicenda o
comunque ritrovarsi su alcuni punti comuni (l’avversione
per lo Stato, per l’autorità, ecc…).
Unitamente a “Liberty”,
anche “Mother Earth” costituisce un documento
bibliografico di fondamentale importanza, sia per
l’influenza esercitata nel movimento libertario degli
Stati Uniti, sia sul piano qualitativo degli articoli
che vi sono raccolti.
Per una storia esaustiva sull’anarchismo americano non
bisognerà trascurare così due questioni essenziali. La
prima concerne il fatto che il movimento libertario
negli Stati Uniti nacque precedentemente a quello
europeo e con un’impostazione teorica sensibilmente
differente dalla tradizione internazionalista. La
seconda riguarda invece la graduale contaminazione tra
anarchici americani ed europei.
Da un lato, i libertari europei immigrati negli Stati
Uniti andarono incontro ad una progressiva “mutazione
genetica” nell’ambito teorico, abbandonando il
socialismo anarchico per abbracciare l’impostazione
laica e liberale della tradizione americana. Dall’altro
lato i radicali americani, a partire dall’esperienza di
“Mother Earth”, cercarono di adeguare la propria
tradizione culturale con quella europea.
Essi non rinunciarono a
considerare l’anarchismo come l’estensione massima del
pensiero liberale, ma accettarono l’idea che il
movimento fosse unico, comprensivo quindi
dell’esperienza europea. Essi riconobbero al pensiero
anarchico una “funzione sociale”, accettando così
un’impostazione tipica del movimento europeo.
Questa graduale
contaminazione si può riscontrare sia nelle riviste
dirette dagli anarchici di origine europea, quali
l’italo-americana “L’Adunata dei Refrattari” (New York,
1922-1971) e l’ebreo-americana “Fraye Arbeter Shtime”
(New York, 1890-1977), sia in quelle innestate sulla
tradizione liberale, come “Road To Freedom” (Stelton,
1924-1932) e “Retort” (Bearsville, 1942-1951).
Tale svolta introdusse, sul piano critico, un fattore
d’ambiguità. Per molto tempo la storiografia anarchica
europea (o comunque quella più vicina alla tradizione
socialista) assegnò uno spazio marginale alla tradizione
liberale.
In ordine di importanza si
può citare l’opera di Max Nettlau (1865-1944), forse il
maggiore storico anarchico della prima parte del XX
secolo, che nel 1935 pubblicò La anarquia a travès de
los tiempos (1935). Ancora più categorica fu la
chiusura dello storico canadese George Woodcock
(1912-1995), autore del celebre e citato manuale
Anarchism: A History of Libertarian Ideas and Movements
(1962), secondo cui la tradizione individualista si era
chiusa con la fine di “Liberty”.
In Europa, la conoscenza di un anarchismo di ispirazione
liberale era rimasta appannaggio della minoranza
individualista del movimento. In Italia, un contributo
in questa direzione era venuto da Ettore Zoccoli, autore
del saggio I gruppi anarchici negli Stati Uniti e
l’opera di Max Stirner (1901) e del manuale
sull’anarchismo, L’anarchia: i fatti, gli agitatori,
le idee (1907).
In Inghilterra ed in
Germania, l’anarchismo liberale era stato propagandato
dallo scozzese naturalizzato tedesco John Henry McKay
(1864-1933), amico e traduttore di Benjamin Tucker,
oltrechè autore di diversi saggi di tendenza anarchica
individualista.
Solo dopo la seconda guerra mondiale si afferma una
storiografia meno militante e più attenta sul piano
metodologico. Nel 1949 il teorico e storico
dell’anarchismo Rudolf Rocker (1873-1958) scrisse negli
Stati Uniti, dove si era trasferito dal 1933,
Pioneers of American Freedom (1949).
Il testo si presentava
come un manuale specifico sul pensiero anarchico
liberale americano. In questo modo, Rocker scelse di non
considerare congiuntamente le due tradizioni,
sottolineandone le forti differenze teoriche e
metodologiche.
Questa linea fu ripresa
anche dall’importante e spesso citato saggio di Martin
J. James (1916-2004), Men Against the State
(1953).
Gli studi critici del
pensiero politico prediligeranno, in genere, le correnti
europee dell’anarchismo.
Un interessante contributo
verrà offerto dal saggio di Gian Mario Bravo, inserito
nella collana diretta da Luigi Firpo (1915-1989) di
Storia delle idee politiche economiche e sociali
(1971), che tratterà l’esperienza anarchica americana
nelle sue linee essenziali.
A partire dagli anni settanta la tradizione americana
del XIX sec. venne riscoperta da un gruppo di
intellettuali provenienti dalla vecchia destra liberale
e facenti capo a Murray Rothbard (1926-1995).
Nel 1976 questo gruppo di
studiosi ed economisti diede vita al partito libertario,
alla nascita del quale si deve il forte impegno critico
a riscoprire e far conoscere la storia, quasi
dimenticata, dell’anarchismo americano.
Un importante contributo venne offerto negli anni
settanta dall’opera di William Reichert, Partisans of
Freedom: A Study in American Anarchism (1976) e
soprattutto dal saggio di David De Leon, The American
as Anarchist: Reflections on Indigenous Radicalism
(1978), al quale va il merito di aver avviato una
riflessione di largo respiro sulla storia
dell’anarchismo americano, comprensivo delle nuove
correnti neo-libertarie (riferibili al pensiero di
Rothbard).
Un contributo notevole è
stato dato negli anni settanta e ottanta dallo storico e
saggista Paul Avrich (1931-2006) che percorse alcuni
aspetti considerati marginali dalla storiografia. In
questo senso si può citare l’impegno a riscoprire
l’opera e la figura dell’anarchica Voltairine de Cleyre(1866-1912)
o lo studio sull’influenza, negli Stati Uniti, della
pedagogia libertaria di Francisco Ferrer (1859-1909).
Nell’opera di Avrich si riscontra un interesse generale
per il movimento americano, prescindendo dalle sue
diverse correnti.
Maggiormente disposti a praticare una divisione tra le
due tradizioni si dimostrarono i pensatori vicini al
neo-libertarismo (o anarco-capitalismo); mentre negli
ultimi anni vanno citati gli studi di Wendy McElroy, che
è anche una delle principali esponenti del movimento
femminista negli Stati Uniti.
All’impegno della McElroy
va attribuito un indice generale della principale
rivista anarchica americana, Liberty 1881-1908: A
Comprehensive Index (1982) ed uno studio sulle origini
del femminismo individualista degli Stati Uniti:
Individualist Feminism of the Nineteenth Century:
Collected Writings and Biographical Profiles (2001).
Notevole fu infine l’impegno della McElroy nel campo
della saggistica, dove vennero valutati i diversi
aspetti della tradizione anarchica americana, anche in
merito al confronto con quella europea.
La riscoperta dell'anarchismo liberale, avvenuta negli
Stati Uniti verso la fine degli anni settanta, comportò
un maggiore interesse critico anche in Europa, seppure
la conoscenza di questa corrente di pensiero sia rimasta
trascurabile. Del resto continuava a persistere, seppure
ridimensionata, una tradizione libertaria di ispirazione
socialista, che ignorava o combatteva le caratteristiche
liberali, laiche e nonviolente di quella americana.
In Francia Ronald Creagh, storico e docente
all’Università di Montpellier, dedicò all’anarchismo
americano il manuale Histoire de L’anarchisme aux
Etats-Unis d’Amerique (1981), nel quale veniva
considerata l’evoluzione del movimento libertario degli
Stati Uniti nel suo complesso, comprensiva
dell’esperienza di quegli europei che negli Stati Uniti
si riconobbero nelle impostazioni del radicalismo
americano; argomento trattato da Creagh anche nel saggio
Socialistes, adieu! L’évolution culturelle et
stratégique des anarchistes aux Etats-Unis
(1880-1980) (1988).
Creagh scrisse anche una
postfazione all’edizione italiana di Pioneers of
Freedom di Rudolf Rocker e Laboratoires de
l’Utopie. Les communautés libertaires aux
Etats-Unis (1983), dedicato alle numerose esperienze
di ispirazione comunista e spirituale sorte negli Stati
Uniti nella prima metà del XIX secolo.
In Italia, il pensiero anarchico liberale rimase
praticamente sconosciuto ed ignorato, se si esclude
l’isolato impegno critico, all’inizio del XX secolo, di
Ettore Zoccoli.
Per questa ragione risulta
particolarmente apprezzabile l’opera di un gruppo di
americanisti dell’Università di Lecce, impegnati a far
conoscere la storia e le caratteristiche del pensiero
anarchico americano. Tra i principali promotori di
questo progetto può essere citato Antonio Donno, al cui
impegno si possono ascrivere due raccolte di saggi:
La sovranità dell’individuo: Tre saggi sull’anarchismo
negli Stati Uniti (1987) ed America anarchica
(1850-1930) (1990).
Un contributo significativo è stato offerto dal
minoritario mondo del libertarismo italiano, formatosi
nel solco delle opere di Bruno Leoni (1913-1967) e di
Riccardo La Conca. A tale corrente di pensiero si sono
variamente ispirati studiosi del liberalismo e
dell'anarchismo americano, quali Luigi Marco Bassani,
Nicola Iannello e Guglielmo Piombini. A quest ultimo si
deve la pubblicazione italiana dei principali scritti di
Benjamin Tucker.
Risulta però evidente che la limitata conoscenza nel
nostro paese delle caratteristiche teoriche
dell’anarchismo liberale originario degli Stati Uniti,
pone difficoltà conoscitive e divulgative a qualsiasi
ricerca in questa direzione.
Ancora più complesso potrà
risultare, di conseguenza, un approfondimento sul
confronto e la parziale contaminazione tra anarchismo
americano ed anarchismo europeo.
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