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N. 73 - Gennaio 2014 (CIV)

L’amore nella casa di ringhiera
autori da leggere: Vito Caporaso

di Cesaremaria Glori

 

Vito Caporaso è uno scrittore alla sua settima prova, ma possiamo affermare con serena obiettività, che l’ultima sua fatica letteraria lo pone decisamente all’attenzione del mondo culturale italiano. Quest’ultima fatica porta un titolo assai promettente di sapidi racconti: “L’amore nella casa di ringhiera”, edito da Ginevra Bentivoglio EditoriA (GBE) di Roma.

 

Il titolo potrebbe lasciar supporre che si tratti di una storia sentimentale vissuta in uno di quegli ambienti sociali ove il popolo minuto vive da anni in situazioni di precarietà e di conflitto sociale. Ma non è questo il caso e per due motivi.

 

Primo, non si tratta di una storia sentimentale di una coppia; secondo, le abitazioni dei caseggiati di ringhiera non sono più appannaggio esclusivo di gente povera. I poveri oggi vivono in borgate cresciute a ridosso delle metropoli ove, sovente, mancano quelle strutture sociali che rendono più sopportabile la vita cittadina.

 

Le case di ringhiera sono divenute al giorno d’oggi appannaggio di singoli individui non più appartenenti alle classi marginali della società e, riunendo alloggi contigui, possono costituire una sistemazione più che decente per gruppi famigliari. Si tenga poi conto che le case di ringhiera, per la maggior parte, non hanno più il servizio comune in fondo al corridoio comune, divenuto ormai soltanto un ricordo del passato, ma sono tutte munite di almeno un servizio per alloggio e la loro relativa vicinanza al centro storico le ha valorizzate sostanziosamente.

 

Ciò detto, il libro di Caporaso, pur essendo formato da venti racconti, si presenta come la storia di una comunità di ringhiera ove più nuclei famigliari danno vita a un racconto corale che ha come protagonista la comunità stessa.

 

Alla fine della lettura ciò che rimane impresso nella memoria non sono soltanto i singoli personaggi, ma la comunità di ringhiera nel suo complesso, come se si trattasse del racconto di un piccolo paese o di un intero condominio cittadino ove, però, i singoli nuclei non vivono separati e spesso sconosciuti fra loro, ma tutti insieme collaborano a dar vita a una comunità intimamente collegata da rapporti di familiarità e di interdipendenza.

 

Una visione quasi idilliaca di comunità condominiale, forse frutto della fervida mente immaginifica dell’autore, resa plausibile da una serie di circostanze favorevoli che possono costituire un esempio per volenterosi apostoli della pace sociale in ambito condominiale, notoriamente uno dei più refrattari a una armoniosa vita di comunità.

 

Alcuni dei venti episodi possono far pensare a Guareschi perché uniscono alla comicità delle situazioni la disponibilità all’aiuto reciproco che emerge spontanea dalla compassione verso il proprio vicino o dall’amicizia cementata da anni di comune vita lavorativa.

 

Non mancano sapide e argute parti del racconto ove le situazioni sentimentali e i desideri sensuali dei personaggi lasciano intravvedere chissà quali boccacceschi esiti che, invece, finiscono per essere soltanto accennati e lasciati all’immaginazione del lettore o terminano bruscamente così come inaspettatamente erano iniziati. Sembra quasi che l’autore si diverta a mettere in risalto la debolezza dei suoi personaggi quando costoro sono alle prese con le pene d’amore.

 

Egli scorge in esse sempre il lato comico, quasi che l’aspetto puramente fisiologico del rapporto amoroso rappresenti la parte meno nobile della persona umana.

 

Atteggiamento che solitamente hanno quegli autori che guardano ai rapporti amorosi con sguardo disincantato e quasi divertito.

 

Ho accennato a Guareschi a ragion veduta, perché Caporaso sa unire l’aspetto comico a quello serio della esistenza umana e cogliere l’obiettivo di una realtà che è composta immancabilmente di egoismo e di altruismo, una mistura che fa apparire questo mondo sempre alla ricerca di un equilibrio in perenne affanno.

 

In sintesi si tratta di un bel libro che si legge di un fiato e che lascia sereni, ottimisti direi; il che, al giorno d’oggi, è un’autentica rarità.



 

 

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