N. 71 - Novembre 2013
(CII)
LA VOCE DELLA RIVOLUZIONE
L’AMI DU PEUPLE
di Christian Vannozzi
La
voce
del
popolo
parigino
e,
in
qualche
modo,
di
tutta
la
Francia
iniziò
a
farsi
sentire
attraverso
i
giornali
nati
nei
cafè
della
capitale
francese,
dove
intellettuali,
avvocati,
professionisti,
e
giornalisti
si
riunivano,
discutevano
e
mettevano
su
carta
le
loro
idee
rivoluzionarie.
Naturalmente
i
gendarmi
dell’antico
regime
mal
vedevano
questa
nuova
usanza
di
far
circolare
le
idee
per
iscritto,
specialmente
perché
queste
si
scontravano
con
le
loro
idee
retrograde
e
schiaviste
con
le
quali
avevano
dominato
da
secoli
una
nazione,
che
ormai
stufa
dei
soprusi
e
ridotta
in
rovina
era
pronta
a
riversare
contro
gli
oppressori
una
rabbia
celata
da
secoli
e
secoli
di
schiavitù.
L’Ami
du
peuple,
l’amico
del
popolo,
fu
il
principale
di
questi
giornali,
anche
perché
fondato
dal
leader
rivoluzionario
Jean
Paul
Marat
nel
settembre
1789
in
piena
Rivoluzione
Francese.
Dopo
la
caduta
della
Bastiglia
il
14
luglio
del
1789,
Marat,
tornato
dall’Inghilterra
e
impressionato
dalla
portata
nazionale
dell’evento
che
stava
scardinando
le
fondamenta
dell’antico
regime
che
duravano
ormai
da
millenni,
decise
di
prendere
parte
attivamente
alla
rivoluzione
anche
attraverso
la
stampa.
Per
questa
ragione
sorge
l’Ami
du
peuple,
in
un
seminterrato
che
serviva
sia
come
redazione
giornalistica
che
come
stamperia
ubicato
nel
distretto
dei
Cordiglieri,
dove
si
riunivano
i
giacobini
e
coloro
che
avevano
le
idee
più
rivoluzionarie.
Il
quotidiano
iniziò
ad
avere
un
enorme
successo,
sicuramente
più
di
quello
che
si
era
preventivato
lo
stesso
redattore
capo,
nelle
giornate
di
inizio
ottobre
quando
le
donne
di
Parigi,
ormai
esauste
e
logorate
dalla
fame
e
con
in
mente
gli
occhi
dei
loro
bambini
piangenti
a
causa
della
scarsità
di
cibo,
vistesi
impotenti
contro
al
fame
decisero
di
marciare
come
un
esercito
contro
la
corte
di
Versailles
esigendo
il
trasferimento
della
famiglia
reale
formata
da
Luigi
XVI,
Maria
Antonietta
e i
figli
a
Parigi,
in
modo
che
potessero
realmente
rendersi
conto
delle
condizioni
misere
e
pietose
del
loro
popolo
e
condividerne
gli
affanni.
Il
giornale
era
composto
da 8
pagine
che
alcune
giornate
particolari
divenivano
16,
e
veniva
venduto
all’alba
per
un
soldo,
aveva
uno
stile
accattivante
e
rigidamente
giacobino
tanto
da
denunciare
senza
false
righe
i
soprusi
che
ancora
esistevano
nella
nazione
e
l’atteggiamento
troppo
accondiscendente
dei
moderati
che
venivano
duramente
attaccati
e
bollati
come
nemici
del
popolo
e
della
Francia.
Questo
spinse
il
comandante
della
Guardia
Nazionale,
nonché
eroe
della
Guerra
di
Indipendenza
Americana,
il
marchese
di
La
Fayette
ad
ordinare
l’arresto
del
direttore
del
giornale
e la
chiusura
di
questo
inviando
ben
3.000
uomini
armati
la
mattina
del
22
gennaio
del
1790.
In
quella
occasione
Marat
riuscì
a
fuggire
protetto
dall’intero
distretto
dei
cordiglieri
che
essendo
tutti
rivoluzionari
radicali
e
nemici
dei
moderati,
riuscirono
a
contrastare
la
Guardia
Nazionale.
L’attività
del
giornale
continuò
fino
alla
dichiarazione
della
repubblica,
avendo
con
questa
raggiunto
il
suo
scopo,
e
cioè
quello
di
vedere
una
Francia
governata
dai
francesi
e
non
da
una
famiglia
reale
e
dai
una
casta
di
nobili
che
non
avevano
assolutamente
a
cuore
le
sorti
del
proprio
popolo
come
un
allevatore
non
ha a
cuore
le
sorti
delle
proprie
galline,
utili
per
fare
le
uova
come
il
popolo
era
utile
per
pagare
le
tasse,
ma
inutili
e
quindi
di
epso
quando
questo
non
era
più
possibile.
Tra
i
redattori
dell’Ami
du
peuple
Marat
fu
senza
dubbio
il
più
prolifico,
studiando
e
riflettendo
sulle
teorie
dell’inglese
Locke
e
dei
francesi
Montesquieu
e
Rosseau,
considerati
dal
giornalista
parigino
le
menti
più
eccelse
in
campo
di
dottrina
politica
e
diritti
dell’uomo,
tanto
che
grazie
al
suo
giornale
le
loro
idee,
per
quanto
potessero
essere
riservate
a
dei
lettori
colti
furono
messe
a
disposizione
dell’intera
popolazione,
che
da
quel
momento
iniziò
a
conoscere
e ad
apprezzare
le
idee
di
Libertà,
Uguaglianza
e
Fraternità,
che
ancora
oggi
si
trovano
scritte,
almeno
a
parole,
sulle
monete
della
Repubblica
Francese.
L’Ami
du
peuple
fu
per
l’appunto
la
voce,
senza
censure
e
senza
mezze
parole,
della
rivoluzione,
un
evento
che
cambiò
i
connotati
di
un
epoca
facendo
uscire
l’Europa
da
un
modo
di
privilegi
e
soprusi
per
portarla
in
un
altro
dove
forse
sarebbero
continuati
a
esistere
privilegi
e
soprusi
ma
dove
si
era
capito
che
questi
non
erano
la
regola,
ma
solo
la
conseguenza
derivanti
di
qualcosa
di
sbagliato
che
doveva
essere
combattuta
e
estirpata.
La
voce
ormai
non
poteva
più
tacere,
ma
doveva
gridare,
e
aiutare
ogni
singolo
parigino
a
rompere
il
suo
giogo
in
nome
di
una
libertà
che
poteva
essere
richiesta
e di
conseguenza
raggiunta.
Causa
della
Rivoluzione
non
furono
poi
soprattutto
le
tasse,
esorbitanti
tanto
da
divenire
delle
vere
e
proprie
razzie
da
parte
di
Versailles
contro
il
suo
stesso
popolo
che
in
pratica
doveva
lavorare
per
pagare
i
lussi
e i
fasti
della
corte,
dei
nobili,
dei
cortigiani
e
della
famiglia
reale.
Maria
Antonietta
in
primis
non
faceva
altro
che
spendere
capitali
immensi
di
denaro
pubblico
in
cose
futili,
tanto
che
il
malcontento
popolare
la
prese
come
capro
espiatorio
dando
a
lei
gran
parte
della
colpa
di
una
crisi
economica
che
non
cessava
e
che
continuava
a
dilaniare
il
popolo
di
tutta
la
Francia.
In
realtà
la
crisi
era
dovuta
alle
numerose
guerre
combattute
dal
Paese
nel
corso
del
XVII
secolo
e
alla
scarsità
dei
raccolti
degli
ultimi
anni.
Purtroppo
i
sovrani
e i
nobili
non
fecero
assolutamente
nulla
per
contrastarla
e
continuarono
solo
a
farla
pesare
sul
popolo
continuando,
a
volte
con
maggior
vigore,
a
sperperare
il
denaro
pubblico.
L’esempio
della
Francia
rivoluzionaria
fu
esportato
in
tutta
Europa,
che
fu
pervasa
dalle
lotte
contro
le
ingiustizie,
per
questa
ragione
le
armate
rivoluzionarie
prima
e
quelle
di
Napoleone
poi
riuscirono
nel
loro
intento,
almeno
all’inizio,
di
invasione
dell’intera
Europa.
I
giornali
ebbero
l’importante
compito
di
portare
in
seguito
la
Rivoluzione
fuori
dal
territorio
francese,
preparando
la
strada
alle
armate
che
in
nome
della
libertà,
dell’uguaglianza
e
della
fraternità,
imperversarono
in
Italia,
Polonia,
Austria
e
Germania.