N°
173
/ MAGGIO 2022 (CCIV)
contemporanea
A PROPOSITO DI AMBROSE BIERCE
DALLA GUERRA CIVILE AMERICANA A CARCOSA
di Lorenzo Lena
La città maledetta di Carcosa, luogo iconico della
narrativa horror, è stata portata al grande pubblico
dalla produzione HBO True Detectice, nel
2014, rappresentata come una sconvolgente struttura
immersa nella boscaglia, costruita con ossa umane e
tronchi d’albero, dove l’omicida seriale Errol
Childress dà sfogo alle sue peggiori devianze.
Ultima rivisitazione, in ordine di tempo, data alla
fantasia dello scrittore, giornalista, militare e
avventuriero Ambrose Gwinnett Bierce. Da decenni
ispiratore di opere letterarie e cinematografiche
infine approdato al filone dei serial televisivi.
Discendente del puritano William Bradford,
protagonista del viaggio della Mayflower nel
Seicento, Ambrose Bierce nacque decimo di tredici
figli in una famiglia che gli trasmise l’amore per
la letteratura ma anche una severa etica religiosa,
dalla quale finì per rifuggire completamente fino a
lasciare la casa a quindici anni. Trovò un posto
come apprendista presso la testata abolizionista
Northern Indianan, primo contatto con il mondo
del giornalismo e della produzione letteraria.
Grazie a uno zio frequentò, senza brillare, il
Kentucky Military Institute, dove apprese la
cartografia abbastanza per entrare in servizio come
topografo nel Nono reggimento di fanteria
dell’Indiana allo scoppio della Guerra di
Secessione. Raggiunto il grado di tenente, ricoprì
anche incarichi di staff e dovette distinguersi, se
il generale William Sherman ne sostenne l’ammissione
a West Point. La sua carriera fu però stroncata da
una grave ferita alla testa e, eccetto un incarico
ispettivo nell’ovest durante il 1866, la vita
militare di Ambrose Bierce poté dirsi conclusa nel
gennaio 1865.
Il bagaglio di orrori cui aveva assistito,
soprattutto alla battaglia di Shiloh nel 1862
costata quasi trentamila morti, unito alla personale
repulsione per l’ambiente religioso che lo
caratterizzava rendendolo straniato alla società
americana dell’Ottocento, costituiranno la base
cinica e grottesca delle sue opere dissacranti e dei
suoi racconti fantastici.
Caratteristiche che si ritrovano nella sua opera più
famosa, Il dizionario del diavolo, pubblicato
a inizio Novecento anche con il titolo Il
dizionario del cinico. Una serie di aforismi e
definizioni scandalistiche per la morale dell’epoca,
con cui Bierce condannò l’ipocrisia da cui si
sentiva circondato. La pace è un periodo di inganni
reciproci tra due guerre, l’amore una follia
temporanea curabile con il matrimonio, il giorno un
periodo di ventiquattr’ore in gran parte sprecate.
Sorprende, con un simile carattere, che il
matrimonio con Mary Day sia durato quasi trent’anni,
metà trascorsi da separati, mentre la sua nuova
carriera come giornalista a San Francisco continuava
tra controversie e polemiche. Visse alcuni anni in
Inghilterra, sempre come giornalista, si reinventò
senza successo come direttore minerario nel
Territorio del Dakota, infine tornò a San Francisco.
In un rapporto complicato con il magnate della
stampa William Randolph Hearst (ispiratore del
protagonista di Quarto potere di Orson
Welles) aumentò la sua fama scoperchiando la
collusione tra politica e compagnie ferroviarie. Il
rapporto con Hearst andò peggiorando per
l’opposizione di Bierce alla guerra con la Spagna,
conflitto che Hearst contribuì invece largamente a
scatenare con una campagna sui giornali dopo
l’affondamento della USS Maine nel
porto dell’Avana.
Pochi anni dopo Hearst si ritrovò coinvolto in una
polemica per uno scritto di Bierce sull’omicidio del
governatore del Kentucky William Goebel (1900), a
posteriori accusato di aver incitato all’omicidio
del presidente William McKinley avvenuto l’anno
successivo. La reputazione di Bierce, ormai guardato
con timore per la sua penna incontrollabile, lo fece
soprannominare “l’uomo più perfido di San
Francisco”.
Nel 1913, ormai settantenne e non più associato a
Hearst ma intenzionato, secondo le sue parole, a
“non morire nel suo letto”, raggiunse il Messico
sconvolto dalla rivoluzione del 1910 (sarebbe durata
fino al 1920) e si unì alle forze di Pancho Villa,
nome di fantasia di José Doroteo Arango Arambula,
come osservatore. Inviò la sua ultima lettera a fine
dicembre, dalla regione del Chihuahua, poi scomparve
nel nulla, aprendo uno dei più grandi misteri della
letteratura americana.
La teoria più probabile, e meno affascinante, è che
sia morto negli scontri tra villisti e
federales a Ojinaga, nel gennaio 1914, e il
corpo non sia stato riconosciuto. Un’altra teoria è
che sia stato fucilato (sorte che lui stesso aveva
definito eccellente eutanasia, preferibile alla
vecchiaia) dai governativi perché trovato nei ranghi
dei rivoluzionari, o dai rivoluzionari stessi perché
sospettato di spionaggio. L’ambasciata degli Stati
Uniti aprì un’inchiesta senza approdare a niente.
Altre teorie sostengono che sia in realtà
sopravvissuto, tornando negli USA e lavorando con lo
pseudonimo di B. Tavern, autore mai identificato
attivo negli anni Venti, alcuni aggiungono che si
sia poi suicidato o abbia raggiunto il Sud America
come sembra fosse sua intenzione quando entrò in
Messico.
La sua produzione letteraria fu ovviamente
influenzata dalla Guerra Civile, fulcro della
raccolta del 1892 Tales of Soldiers and Civilians,
dove si incontrano bambini testimoni di stragi,
ufficiali impegnati in cariche suicide e esecuzioni
capitali. Ogni racconto è segnato da scene
grottesche, dove a dominare sono la paura e
l’illusione, che Bierce spezza in conclusione di
racconto.
Un esempio è l’uomo che sta per essere impiccato ma
fugge e torna a casa, salvo risvegliarsi appeso al
cappio e capire che era stata tutta un’illusione
dovuta all’agonia (An Occurrence at Owl Creek
Bridge) oppure l’abitante di Carcosa che,
ritrovatosi improvvisamente a vagare in una città
sconosciuta, capisce infine di essere morto e che
quelle sono le rovine della sua città (An
Inhabitant of Carcosa).
Nel 1893 viene pubblicata la raccolta Can Such
Things Be?, che riprende le sue storie più
soprannaturali in cui compare tra l’altro l’essere
immaginario Hastur, una sorta di divinità poi
ripresa in varie forme da Robert Chambers, autore di
The King in Yellow largamente ispiratosi alle
opere di Bierce, e dal maestro americano del
fantastico Howard P. Lovecraft, che lo inserisce nel
filone dei Grandi Antichi. Più vicino nel tempo,
anche Stephen King ha citato Hastur in un suo
racconto.
Numerosi racconti hanno avuto trasposizione
cinematografica e così la scomparsa in Messico,
romanzata nel Gringo Viejo di Carlos Fuentes,
poi un film con Gregory Peck nel ruolo di Bierce. La
dimensione soprannaturale dei temi di Ambrose Bierce
ha ovviamente avuto un certo successo, con l’autore
immaginato a combattere vampiri in Messico (From
Dusk Till Dawn 3, film del 2000) o collegato ai
Grandi Antichi di Lovecraft nella serie a fumetti
Dampyr della Sergio Bonelli Editore. Nel 2014,
infine, Carcosa subisce l’ennesima mutazione
stilistica in rifugio per maniaci dentro una trama
poliziesca.
A oltre un secolo dalla scomparsa, il tormentato
scrittore Ambrose Bierce, il “diavolo che ride” – un
altro dei suoi soprannomi – in realtà veterano
sconvolto anche dalla prematura morte dei figli,
continua dunque a vedersi allungare il filone di
opere derivate, in ogni forma della rappresentazione
culturale. Di lui rimane anche un aforisma
straordinariamente attuale, ottima conclusione della
sua biografia: “Dio usa le guerre per insegnare la
geografia alla gente”.