N. 107 - Novembre 2016
(CXXXVIII)
LE
AMAZZONI
NEL
MEDIOEVO
OCCIDENTALE
FIGURE
DELL’IMMAGINARIO
-
PARTE
II
di
Stefano
Andres
Alcuni
degli
attributi
tradizionali
delle
Amazzoni
subiscono
distorsioni
ancor
più
significative
in
testi
elaborati
non
in
area
mediterranea
bensì
nelle
regioni
di
tradizione
celtica,
ultime
acquisite
alla
cultura
classica.
Si
tratta
di
opere
che
indistintamente
attingono
tanto
alla
sfera
dotta
quanto
al
folklore
locale.
Appartiene
all’area
insulare
– o
forse
ad
uno
scrittore
di
area
insulare
– la
Cosmographia
detta
di
Aetico
Istro.
Nonostante
la
sicura
attribuzione
dei
manoscritti,
quello
che
noi
conserviamo
sarebbe
in
realtà
un’epitome.
Nel
testo,
infatti,
il
misterioso
autore
dice
di
riassumere
gli
insegnamenti
ed i
resoconti
di
viaggio
del
non
meglio
precisato
filosofo
danubiano
Aetico
Istro.
Sulla
base
di
tali
pretesti
letterari,
vengono
descritte
le
regioni
reali
e
fantastiche
della
terra,
compreso
il
regno
delle
Amazzoni.
La
storia
delle
donne
guerriere
è
tracciata
sul
solco
della
tradizione
trogiana.
Colpisce
tuttavia
in
questa
rielaborazione
della
saga
la
descrizione
compiaciuta
di
particolari
truculenti.
L’autore
insiste
sulle
stragi
e
gli
omicidi
compiuti
dalle
Amazzoni,
sull’uccisione
dei
figli
maschi
e,
staccandosi
dalla
tradizione,
accenna
alla
loro
abitudine
di
ricoprire
gli
scudi
con
il
sangue
dei
piccoli
uccisi,
misto
a
bitume.
L’idea
che
emerge
da
questi
tratti
circa
le
donne
guerriere
è
inquietante;
esse
appaiono
come
bestiali
assassine,
il
cui
unico
loro
contributo
all’umanità
consiste
nell’invenzione
di
nuovi
armi
e di
nuove
tecniche
di
combattimento
(Cosmog.,
MGH
pp.
178-182).
Altre
fonti
coeve
si
spinsero
addirittura
oltre
in
questo
processo
di
ferinizzazione
del
popolo
delle
donne.
Sono
in
proposito
testimoni
interessanti
l’Epistola
de
rebus
in
Oriente
mirabilibus
(XXI,
p.
209
Faral;
XXI,
p.
356
Faral)
ed
il
Liber
Monstruorum
(I
22),
operette
di
mirabilia
risalenti
probabilmente
all’VIII
secolo
e
tra
loro
collegate,
cataloghi
accurati
di
esseri
mostruosi
creduti
esistenti
o
esistiti.
Si
descrivono
donne
che
abitano
presso
il
Mar
Rosso
o
sui
monti
dell’Armenia,
vestite
di
pelli
e a
cui
cresce
la
barba
fino
al
petto.
Quando
vanno
a
caccia
esse
sono
accompagnate,
anziché
da
cani,
da
tigri
e
leopardi
addomesticati.
Le
femmine
barbute
incarnano
la
deformazione
e la
degenerazione
fisica
delle
Amazzoni
della
tradizione
classica.
La
barba
simboleggia
non
solo
la
natura
ferina
ma
anche
la
mascolinità
che
le
donne
guerriere
usualmente
incarnano.
ADAMO
DI
BREMA
E LA
TERRA
FEMINARUM
Procedendo
nel
tempo
e
passando
di
nuovo
all’area
germanica,
l’attenzione
si
sposta
sulla
descrizione
e
sulla
localizzazione
nordica
delle
Amazzoni
fornita
da
Adamo
di
Brema
(+1085
c.a.)
nella
sua
cronaca
sugli
arcivescovi
di
Amburgo-Brema
(Gesta
Hammaburgensis
ecclesiae
pontificum),
che
rappresenta
una
novità
assoluta
rispetto
alla
tradizione
precedente.
In
via
preliminare
si
nota
che
Adamo,
così
come
le
sue
fonti,
non
era
in
grado
di
determinare,
nemmeno
in
modo
approssimativo,
le
dimensioni
del
mar
Baltico.
D’altro
canto,
sulla
base
dell’esperienza,
era
ben
nota
l’esistenza
di
un
collegamento
acquatico
tra
il
mar
Nero
ed
il
Baltico
stesso.
Egli,
evidentemente
ignorando
-
almeno
nella
loro
interezza
-
l’esistenza
dei
grandi
fiumi
che
permettevano
di
navigare
tra
questi
due
mari,
è
quindi
costretto
a
forzare
i
dati
in
suo
possesso
per
fare
chiarezza
sulla
geografia
di
tali
luoghi..
Così,
nella
sua
congetturale
visione
geografica,
la
Scizia
(come
visto
tradizionale
sede
delle
Amazzoni)
viene
ulteriormente
a
dilatarsi,
tanto
da
ricomprendere
perfino
le
coste
settentrionali
della
Russia
e la
Scandinavia.
Su
queste
basi,
il
mar
Baltico
assume
una
forma
molto
allungata
verso
oriente,
tanto
da
congiungersi
con
il
mar
d’Azov
ed
il
mar
Nero.
Le
Amazzoni
di
Adamo
sono
quindi
risucchiate
in
questo
processo
di
allargamento
del
contenitore
scitico
verso
la
zona
baltico-scandinava.
Seguendo
il
destino
di
altri
popoli
e
dati
geografici
posti
dalla
tradizione
antica
in
area
scitica
e
presso
il
mar
Nero,
anche
le
sedi
delle
donne
guerriere
vengono
quindi
spostate
sul
Baltico.
Dislocato
all’interno
della
grande
Scizia
(Schol.
123
(119)),
esse
vivono
in
un’ampia
regione
delimitata
ad
ovest
dalla
Sveonia
(Svezia)
e
dai
suoi
ultimi
avamposti,
le
città
di
Birka
e
Sigtuna
(IV
14;
IV
17)
e a
sud
dalle
coste
del
mar
Baltico
(IV
14;
IV
19).
Prospiciente
a
tali
coste
si
trova
l’isola
di
Estland
(Ösel-Saaremaa
(IV
17).
Adamo
è
più
vago
a
proposito
dei
confini
settentrionali
della
terra
delle
donne.
Si
può
immaginare
che
il
loro
territorio
dovesse
estendersi
nell’interno
fino
alle
pendici
delle
montagne
che
tracciano
il
confine
con
la
Norvegia,
che
lo
scrittore
chiama
-
sulla
scorta
delle
fonti
classiche
-
Monti
Rifei
(IV
25).
Le
Amazzoni
si
trovano
lì
in
mezzo;
da
un
lato
la
popolazione
degli
Esti
e
altri
popoli
inafferrabili:
Vizzi,
Mirri,
Lami,
Scuti
e
Turchi,
dall’altro
i
mostri:
i
Cinocefali,
i
Ciclopi,
gli
Imantopodi..
Esse
quindi
abitano
zone
remote
e
quasi
inaccessibili,
ubi
deserta
ingentia,
nives
altissimae,
ubi
monstruosi
hominum
greges
ultra
prohibent
accessum
(IV
25).
Tuttavia,
anche
in
questo
caso,
come
tutti
i
luoghi
meravigliosi,
la
terra
feminarum
non
è
totalmente
inaccessibile
agli
uomini
civili:
i
viaggi
avventurosi
di
marinai
e
mercanti
e
una
sfortunata
spedizione
militare
degli
Sveoni
(III
16
(15);
Schol.
123
(119))
lo
testimoniano.
Le
Amazzoni
di
Adamo
sono
una
comunità
di
sole
donne
dedite
ad
attività
maschili,
prima
tra
tutte
la
guerra.
Come
gli
animali,
si
accoppiano
con
chi
capita
e, a
quanto
si
dice,
addirittura
con
mostri
tout
court.
La
loro
stessa
natura
fisiologica
non
è
immune
da
anomalie:
esse
infatti
possono
rimanere
incinte
anche
solo
bevendo
acqua,
per
poi
partorire
femmine
bellissime
o
ripugnanti
uomini
dalla
testa
di
cane.
Il
problema
delle
fonti
orali
con
cui
egli
integrò
le
proprie
conoscenze
letterarie
è, a
sua
volta,
strettamente
connesso
a
quello
dell’identificazione
delle
Amazzoni
della
tradizione
classica
con
le
donne
che
abitano
questa
indefinita
regione
ai
confini
della
Sveonia.
Non
è
del
tutto
chiaro
se
le
sue
fonti
parlavano
espressamente
di
Amazzoni,
oppure
se
si
limitavano
a
mettere
lo
scrittore
a
conoscenza
dell’esistenza
di
un
popolo
di
sole
donne
nello
sperduto
settentrione.
In
questo
modo,
sarebbe
stato
lo
scrittore
a
fare
l’equazione.
Una
serrata
analisi
testuale
induce
tuttavia
a
credere
che
sarebbe
stato
lo
stesso
Adamo
a
identificare
le
Amazzoni
classiche
con
il
popolo
di
donne
che
viveva
nel
nord
(III
16
(15);
IV
19).
In
ogni
modo,
Adamo
non
mostra
alcun
dubbio
intorno
a
questa
identificazione.
Da
tale
angolatura
traspare
chiaramente
il
diverso
approccio
alla
saga
amazzonica
rispetto
a
Paolo
Diacono.
Quest’ultimo,
con
argomentazioni
lucide
e
razionali,
si
era
sforzato
di
tentare
di
conciliare
le
Amazzoni
classiche
con
tribù
matrifocali,
ancora
ai
suoi
tempi,
viventi
nel
cuore
della
Germania;
Adamo
invece,
come
in
altre
circostanze
incapace
di
celare
il
proprio
personale
gusto
per
i
mirabilia,
si
lascia
trascinare
dai
collegamenti
più
incredibili
e
dalle
notizie
più
suggestive.
In
ogni
modo
la
suggestiva
testimonianza
dello
storico
bremese
ebbe
scarsa
influenza
sugli
scrittori
successivi;
la
Historia
Norwegie
(sec.
XII),
ad
esempio,
eccezionalmente
appena
accenna
alla
terra
virginum
di
Adamo,
senza
fornire
ulteriori
particolari
(I
9).
LETTURA
IN
CHIAVE
MORALISTA
DEL
“MITO”
AMAZZONICO
Come
noto,
la
cultura
ecclesiastica
non
era
completamente
indifferente
all’antica
mitologia;
veniva
passata
al
vaglio
sotto
il
profilo
etico,
per
elogiare
o
censurare
la
condotta
degli
eroi
e
degli
dèi
ormai
umanizzati,
o,
più
semplicemente,
poteva
essere
utilizzata
in
chiave
metaforica
o
per
scopi
esemplificativi.
Conosciamo,
in
tal
senso,
alcune
precoci
testimonianze
di
reimpiego
moralistico-teologico
del
mito
amazzonico.
Alcuni
– si
pensi
all’autore
delle
Ricognitiones
attribuite
a
papa
Clemente
I (+
95),
IX
24,
2, o
al
Liber
Legum
Regionum
[595]
dello
gnostico
Bardesane
(+
222)
–
citavano
asetticamente
gli
usi
sessuali
delle
Amazzoni
per
dimostrare
che
ogni
popolo,
grazie
al
libero
arbitrio,
stabilisce
le
proprie
leggi.
L’allusione
di
Lattanzio
(+
317
c.a.)
alle
donne
guerriere
si
pone
invece
in
un
contesto
retorico
teso
a
stigmatizzare
la
degradazione
morale
di
Eracle.
Le
sue
imprese
contro
le
Amazzoni
e la
regina
Ippolita,
al
pari
delle
altre
celebri
fatiche,
non
sono
reputate
degne
di
pregio,
in
quanto
non
controbilanciano
la
depravazione
e la
condotta
viziosa
dell’eroe
(Div.
Inst.,
I 9
5).
Girolamo
(+
420),
vedeva
invece
nelle
Amazzoni
un
esempio
paradigmatico
di
lussuria:
esse,
con
le
loro
nudità,
provocano
gli
uomini
e
insidiano
la
loro
virtù
(Adv.
Iov.,
II
37,
382;
ib.,
In
Ier.
proph.,
III
16).
Per
Agostino
(+
430),
il
fatto
che
esse
svolgano
ruoli
maschili
è
assolutamente
contro
natura.
Quello
amazzonico
è
stato
un
episodio
unico
nella
storia
dell’umanità
che
peraltro
si
verificò
in
Scizia,
ai
confini
del
mondo
(De
mir.
sacr.
Scrip.,
PL
XXXV
§
de
fato
CXV,
col.
2357).
Su
questa
scia
si
poneva
pure
il
suo
discepolo
Orosio,
secondo
cui
l’epopea
delle
Amazzoni
costituisce
un
esempio
storico
della
follia
umana
(Hist.,
I
16,
1),
e il
cosiddetto
Ambrosiaster
(ignoto
autore
forse
del
secolo
IV),
il
quale
-
come
Agostino
- a
chiare
lettere
definisce
contro
natura
le
loro
gesta
(In
epist.
B.
Paul.
ad
Coloss.,
PL
XVII,
col.
436).
Predicatori,
teologi
e
poligrafi
medievali,
sulla
scia
dei
Padri
della
Chiesa,
continuarono
saltuariamente
ad
indagare
l’aspetto
morale
del
mito
amazzonico,
sebbene,
talvolta,
addirittura
con
esiti
opposti.
Le
meditazioni
sull’epopea
delle
Amazzoni
si
inseriscono
quindi
nella
ben
più
ampia
letteratura
sulla
donna,
ora
filogina,
ora
misogina.
Così,
mentre
Pietro
il
Venerabile
(+
1156;
Ep.,
I
115),
in
prospettiva
cristiana,
apprezza
la
virtù
e
Jacques
di
Vitry
(+
1240;
Hist.
Orient.,
XCII)
la
castità
delle
donne
guerriere
che
vivono
senza
stare
a
contatto
con
il
sesso
maschile,
Giordano
da
Pisa
(+1311;
Esempi,
118)
continua
invece
a
vedere
nelle
Amazzoni
un
esempio
storico
di
forzata
degenerazione
della
natura
femminile,
di
per
sé
portata
ad
un
tipo
di
vita
pacifica.
LE
AMAZZONI
DI
PENTESILEA
ALLA
GUERRA
DI
TROIA
NEI
ROMANZI
CORTESI
A
partire
dal
secolo
XII
la
saga
delle
Amazzoni
assunse
nuove
sfaccettature
grazie
alla
letteratura
cortese
ed
ai
romanzi
di
gusto
classicheggiante
incentrati
sul
ciclo
troiano.
Le
vicende
delle
Amazzoni
e
della
loro
regina
Pentesilea,
che
nell’ultima
fase
della
guerra
di
Troia
furono
tragiche
protagoniste,
vennero
diffusamente
trattate
nel
primo
romanzo
‘troiano’,
il
Roman
de
Troie
di
Benoît
de
Sainte-Maure
(1160
c.a.;
in
particolare,
IV
23357-23780;
23979-24148;
24169-76;
24209-24461),
di
ben
trentamila
ottosillabi,
e,
successivamente,
in
numerosi
rifacimenti
e
ramificazioni
(in
prosa
e in
versi)
quali,
in
particolare,
l’Historia
destructionis
Troiae
(1280
c.a.;
XVIII,
p.
211-225)
del
messinese
Guido
delle
Colonne
ed
il
Libro
de
la
storia
di
Troia
del
toscano
Binduccio
dello
Scelto
(1300
c.a.;
CDLX-CDXC).
In
queste
opere,
spesso
artisticamente
mediocri,
caratterizzate
dall’amplificatio
e
dalla
dispersione,
la
materia
troiana
-
filtrata
attraverso
i
tardi
resoconti
romanzeschi
di
Ditti
Cretese
(IV
sec.)
e
Darete
Frigio
(VI
sec.)
-
risulta
alquanto
trasfigurata.
Al
di
là
della
forma
e
della
lingua,
prevale
il
gusto
dell’esotico
e
del
meraviglioso
e
trovano
ampio
spazio
la
passione
e la
psicologia
amorosa
nonché
le
regole
del
codice
cavalleresco:
ogni
gesto
eroico
è
compiuto
sempre
in
funzione
dell’amore.
Gli
autori,
prima
di
celebrare
le
gesta
delle
Amazzoni
sotto
le
mura
di
Troia,
spesso
indugiano
nel
riportare
le
tradizionali
notizie
relative
agli
usi
e
costumi
delle
donne
guerriere,
nonché
gli
episodi
più
salienti
della
loro
storia.
Prendendo
spunto
soprattutto
dall’opera
di
Darete
Frigio,
viene
riproposta
una
versione
della
guerra
più
favorevole
ai
Troiani
ed
ai
loro
alleati,
quali
appunto
Pentesilea.
Eccettuata
la
bellicosità,
le
donne
guerriere
perdono
nel
contempo
i
caratteri
virili
e
barbarici
attribuiti
loro
dalla
tradizione
classica,
come
la
mutilazione
del
seno,
l’androginia
e
l’uccisione
dei
figli
maschi,
subendo
una
profonda
metamorfosi
che
le
femminilizza
(si
tratta
di
una
femminilità
irreale,
quasi
onirica)
e le
rende
sensibili
all’amore,
vissuto
nel
pieno
rispetto
dei
codici
cortesi.
Attraverso
le
Amazzoni
viene
quindi
costruito
un
nuovo
tipo
femminile,
assolutamente
originale;
in
antitesi
al
topos
epico
e
maschile
fortitudo-sapientia,
esse
incarnano
un
anti
topos
costituito
da
fortitudo-pulchritudo-pudicitia.
In
particolare
la
regina
Pentesilea
dei
romanzi
cortesi
continua,
in
ossequio
alla
tradizione
precedente,
ad
essere
fiera,
coraggiosa
e
bellicosa
e in
più
assume
i
caratteri
del
cavaliere
ideale.
Siamo
di
fronte
ad
una
radicale
trasformazione
letteraria
del
personaggio:
ella
si
rende
protagonista
di
memorabili
duelli
contro
i
massimi
guerrieri
greci,
mostra
un
forte
senso
dell’onore,
una
spiccata
magnanimità,
è
capace
di
provare
ammirazione
e
rispetto
per
altri
cavalieri
e
anche
di
innamorarsi,
pur
senza
intaccare
il
proprio
status
virginale,
particolare
questo
che
la
tradizione
romanzesca
medievale
non
eccede
d’altronde
nel
sottolineare.
Proprio
per
conquistare
il
cuore
di
Ettore,
che
ella
amava
smisuratamente,
nonché
ovviamente
per
guadagnarsi
fama
e
onore,
Pentesilea
si
sarebbe
decisa
a
soccorrere
i
Troiani
in
guerra
con
i
Greci,
accompagnata
dalle
migliori
damigelle.
Le
versioni
romanzate
indugiano
nel
descrivere
l’equipaggiamento
di
Pentesilea.
Senza
paura
affronta
cruenti
battaglie,
sconfiggendo
in
duello
avversari
del
calibro
di
Ulisse,
Diomede,
Aiace
Telamonio.
A
seguito
di
queste
iniziali
prodezze
Pentesilea
e le
sue
damigelle
vengono
superbamente
onorate
e
omaggiate
di
doni
dagli
alleati,
rinfrancati
dal
loro
arrivo.
Lei,
savia
e
valente,
non
manca
di
confortare
il
vecchio
Priamo
per
la
morte
in
battaglia
di
alcuni
dei
suoi
figli.
In
modo
pressoché
unanime
in
questo
ciclo
romanzesco
viene
accolta
la
versione,
nota
soprattutto
attraverso
Darete
Frigio,
secondo
cui
Pentesilea
sarebbe
stata
uccisa
sotto
le
mura
di
Troia
non
da
Achille
ma
dal
di
lui
figlio
Neottolemo/Pirro,
dopo
un
cruento
e
drammatico
duello
(l’arrivo
dell’Amazzone
a
Troia
è
quindi
successivo
alla
morte
del
Pelide).
Il
cadavere
dell’Amazzone
sarebbe
stato
recuperato
dopo
molte
insistenze
dal
troiano
Antenore
e
quindi
imbalsamato,
mentre
le
poche
guerriere
superstiti
avrebbero
fatto
ritorno
in
patria.
La
tradizione
medievale
sembra
invece
ignorare
il
lato
più
truculento
della
storia
di
Pentesilea,
l’incontinenza
dell’eroe
vincitore
(in
realtà
Achille)
sul
cadavere
dell’Amazzone,
dettaglio
peraltro
esplicitamente
attestato
in
fonti
greche
ancora
ignote
in
Occidente
in
quei
secoli.
Il
recupero
e la
rivisitazione,
tramite
tali
romanzi,
di
Pentesilea
fece
sì
che
essa
divenisse
un
vero
e
proprio
modello,
un
termine
di
paragone
per
le
virago
medievali
di
cui,
a
partire
dal
secolo
XI,
le
cronache
registrano
le
gesta.
Così
Orderico
Vitale
associa
a
Pentesilea
Isabella
di
Conches-Toesny,
figlia
di
Simone
I di
Montfort,
solita
partecipare
alle
spedizioni
militari
cavalcando
in
assetto
di
guerra,
al
pari
dei
cavalieri
maschi.
Di
Eleonora
d’Aquitania,
celebre
ispiratrice
della
letteratura
cortese,
si
dice
fosse
stata
lei
stessa
a
paragonarsi
alla
regina
Amazzone.
ALESSANDRO
MAGNO
E LE
AMAZZONI
L’epopea
di
Alessandro
Magno
costituì
un
altro
importante
canale
di
diffusione
della
saga
amazzonica
medievale.
Già
nell’antichità,
sopra
l’altra
faccia
della
letteratura
fiorita
intorno
alla
figura
del
condottiero
macedone,
quella
retorica
e
romanzesca
che
si
opponeva
a
quella
ufficiale
e
attendibile,
era
germogliato
l’episodio
relativo
al
presunto
incontro
tra
le
donne
guerriere
e il
giovane
re
in
marcia
verso
Oriente.
Una
regina
delle
Amazzoni
di
nome
Talestri
avrebbe
raggiunto
il
sovrano
chiedendogli
di
generare
dei
figli,
ritenendosi
degna
di
divenire
madre
degli
eredi
del
suo
impero:
lui
era
il
più
valoroso
degli
uomini,
lei
delle
donne.
Avrebbero
applicato
le
consuetudini
che
in
questi
casi
usano
le
Amazzoni:
se
fosse
nato
un
maschio
l’avrebbe
consegnato
al
padre,
se
invece
una
femmina
l’avrebbe
tenuta
con
sé
per
allevarla
secondo
il
costume
della
sua
gente.
Alessandro,
per
accontentarla,
concesse
una
sosta
ai
suoi.
Dopo
alcuni
giorni,
Talestri,
quando
credette
di
essere
rimasta
incinta,
si
allontanò
per
tornare
nelle
proprie
terre
non
senza
aver
ricevuto
splendidi
doni
dall’ospite.
Nessuna
fonte
ci
dice
tuttavia
cosa
sia
successo
in
seguito
a
Talestri,
e
soprattutto
se
un
figlio
nacque
da
quell’unione.
E’
comunque
probabile
che
dietro
all’aneddoto
si
celi
un
dato
reale:
l’incontro
con
una
delle
tante
società
matrifocali
che
vivevano
nelle
steppe
asiatiche,
le
cui
donne,
al
pari
degli
uomini,
cavalcavano,
si
tatuavano
simboli
clanici
e
partecipavano
alla
caccia
e
alla
guerra
(quanto
meno
alle
operazioni
difensive).
Anche
nel
celebre
Romanzo
di
Alessandro,
una
raccolta
di
racconti
leggendari
sulla
vita
del
condottiero
macedone
risalente
al
III
secolo
d.C.,
il
sovrano
intrecciava
le
proprie
vicende
con
quelle
delle
Amazzoni
ma
in
un
contesto
assolutamente
innovativo
rispetto
alla
tradizione
più
antica,
tramite
l’espediente
di
un
lungo
scambio
epistolare.
Si
legge
infatti
nel
terzo
libro
che
il
re
avvicinatosi
al
loro
paese,
inviò
loro
una
lettera
informandole
delle
sue
vittorie
e
chiedendo
di
poter
esplorare
i
loro
territori
pacificamente.
Esse
gli
risposero
descrivendo
le
proprie
terre,
culti
e
costumi,
compresi
quelli
legati
alla
vita
militare,
e lo
minacciarono
rivendicando
la
loro
autonomia.
Alessandro
lesse
la
lettera
e
sorrise.
Ne
scrisse
una
seconda
minacciandole
a
sua
volta
e
obbligandole
a
presentarsi
innanzi
a
lui.
Se
non
avessero
ubbidito
avrebbe
mosso
contro
di
loro.
Le
invitò
poi
a
lasciargli
alcune
guerriere
da
inquadrare,
dietro
alti
compensi,
nell’esercito.
Le
Amazzoni
gli
risposero
di
nuovo
ma
questa
volta
in
modo
più
amichevole
e lo
invitarono
a
venire
nei
loro
territori.
Promisero
di
versare
un
tributo
di
cento
talenti
d’oro
e
l’invio
di
cinquecento
guerriere
che
ogni
anno
sarebbero
state
sostituite
da
altre
cinquecento,
considerandolo
fin
da
quel
momento
loro
signore
(Rom.
Alex.,
III
25-26).
Nel
romanzo
la
vicenda
finisce
quindi
col
divenire
una
descrizione
delle
Amazzoni
stesse,
le
quali
diventano
uno
dei
tanti
mirabilia
che
Alessandro,
novello
Odisseo,
più
esploratore
che
condottiero,
incontra
nella
sua
marcia
verso
i
confini
del
mondo.
Entrambi
i
filoni
continuarono
ad
essere
assai
diffusi
nel
corso
dell’età
di
mezzo
(tra
l’altro
il
Romanzo
ebbe
una
grande
fortuna
grazie
a
numerose
traduzioni,
versioni
e
revisioni)
e
furono
pure
rivisti
nell’ambito
della
tradizione
cortese.
Infatti,
tra
i
romanzi
che
rivisitarono
il
mito
amazzonico
vi
furono
non
solo
quelli
legati
alla
materia
troiana,
ma
anche
quelli
che
rielaborarono
la
saga
di
Alessandro
Magno.
Siamo
a
conoscenza
di
un
grande
numero
di
rimaneggiamenti
diversi
ma,
ai
nostri
fini,
si
segnalano
le
versioni
del
secolo
XII
del
normanno
Alexandre
de
Bernay
(Roman
d’Alexandre,
Br.
III
7226-7711)
e di
Gualtiero
di
Châtillon
(Alexandreis,
VIII
1-48),
in
cui
l’incontro
tra
il
macedone
e le
Amazzoni
viene
riproposto
in
toni
decisamente
cortesi.
Gualtiero
di
Châtillon,
sulla
scorta
della
storiografia
antica
–
segnatamente
di
Curzio
Rufo
–
senza
significative
variazioni
narrative,
ripropone
l’episodio
della
regina
Talestri,
che
raggiunge
Alessandro
in
Ircania
attratto
dalla
sua
fama,
decisa
ad
avere
dei
figli
da
lui.
Alexandre
de
Bernay
è
invece
largamente
debitore
del
Romanzo
di
Alessandro
ma
non
si
esime
dall’arricchire
l’episodio.
Mentre
il
condottiero
si
apprestava
ad
essere
incoronato
in
Babilonia
come
sovrano
del
mondo,
gli
venne
fatto
presente
che
ancora
il
regno
delle
donne
guerriere
prosperava
libero
dal
suo
giogo.
A
capo
del
suo
esercito,
il
re
si
reca
quindi
presso
la
terra
delle
Amazzoni,
circondata
dal
fiume
Mehothedie
(Meotide),
al
fine
di
sottometterla.
Nel
frattempo
la
regina
Amable,
consigliata
in
sogno,
decide
di
non
resistere
con
le
armi
ma
di
pagare
un
tributo
al
macedone.
Verrà
quindi
stretta
un’alleanza
dopo
grandi
scambi
di
gentilezze
e
galanterie.
Saranno
perfino
officiati
dei
matrimoni
tra
due
Amazzoni
(Floré
e
Biauté)
e
due
cavalieri
di
Alessandro
(Clins
e
Aristés).
L’atmosfera
cortese
che
ammanta
il
poema
ingentilisce
profondamente
i
tratti
delle
donne
guerriere;
ben
poco
rimane
qui
della
tradizione
amazzonica
più
antica,
se
non
la
valentia
nell’uso
delle
armi
ed
il
peculiare
regime
sessuale,
peraltro,
come
dimostrano
i
matrimoni
celebrati,
facilmente
derogabile.