Amaro Pargo
Sulle TRACCE del “corsaro di Dio”
di Enrico Targa
Amaro Rodríguez-Felipe y Tejera
Machado (3 maggio 1678 - 4 ottobre
1747), meglio conosciuto come Amaro
Pargo, era un famoso corsaro
spagnolo. Fu uno dei corsari più
rinomati in Spagna dell’età d’oro
della pirateria; era noto per le sue
attività commerciali e per le sue
frequenti donazioni religiose e per
l’aiuto ai poveri. Nel suo ruolo di
corsaro, dominò la rotta tra Cadice
e i Caraibi, attaccando in più
occasioni le navi dei nemici della
Corona Spagnola (principalmente
Inghilterra e Olanda), guadagnandosi
il riconoscimento ai suoi tempi di
eroe e venendo a essere considerato
l’equivalente spagnolo di Francis
Drake.
In virtù dei suoi servigi prestati
alla corona e al Paese spagnolo, fu
dichiarato Caballero hidalgo nel
1725 e ottenne la certificazione di
nobiltà e le armi reali nel 1727.
Amaro Pargonacque a San Cristóbal de
La Laguna, nell’isola di Tenerife
(Isole Canarie) il 3 maggio 1678 e
ricevette il battesimo dal sacerdote
Manuel Hurtado Mendoza nella chiesa
de Los Remedios (Chiesa di Nostra
Signora di Los Remedios, oggi
cattedrale della città, il suo
padrino fu Amaro López).
Figlio di Juan Rodríguez Felipe e
Beatriz Tejera Machado ebbe sette
fratelli: tre sorelle entrarono nel
Convento di Santa Catalina de Siena
in città; i primi anni di vita,
Amaro li trascorse presso la
residenza familiare in Plaza de San
Cristóbal a La Laguna (chiamata
anche “Plaza Tanque de Abajo”)
apprese così ad amministrare i
patrimoni fondiari e immobiliari del
padre e della madre, esperienza che
gli sarà utile durante le sue
spedizioni che non si limiteranno al
solo abbordaggio delle navi nemiche
ma consentiranno il commercio il
commercio prodotti provenienti dai
patrimoni fondiari di sua proprietà
nel Nuovo Mondo (in particolare la
malvasia molto presente nelle
Canarie).
Nel 1701 si imbarcò come
sottotenente su una nave, l’Ave
María, soprannominata La Chata (La
Chiatta), sulla quale si imbarcarono
anche molti pirati (la nave era una
galea del re di Spagna allora sulla
rotta tra i Caraibi e Cadice).
Durante il primo contro un vascello
nemico, Amaro utilizzò lo stesso
stratagemma fino ad allora usato dai
nemici della Spagna ovvero consigliò
al capitano di fingere di arrendersi
per poi dare inizio all’abbordaggio
della nave nemica. La strategia
funzionò e in segno di gratitudine,
il capitano diede ad Amaro il
comando della sua prima nave e con
essa iniziò la sua attività
imprenditoriale, compresa la
partecipazione alla tratta degli
schiavi africani in America Latina;
a tal fine ottenne una lettera di
marca dal re Filippo V di Spagna (il
triste e famoso Asiento).
La partecipazione di Amaro Pargo
alla flotta delle Indie Occidentali
ebbe inizio tra il 1703 e il 1705, e
dai documenti giunti in nostro
possesso viene menzionato come
“capitano” e “maestro” della fregata
Ave María y Las Ánimas in servizio
tra il porto di Santa Cruz de
Tenerife e l’Avana, e i documenti
attestano altre navi in suo
possesso; Nuestra Señora de Los
Remedios, Santo Domingo e Santa
Águeda (quest’ultima soprannominata
El Gavilán).
Successivamente, nel 1737, viene
menzionato come proprietario di El
Mercader de Canarias, capitanato da
John Plunket, e comproprietario
insieme a Don Pedro Dujardin di
un’altra nave mercantile di La
Laguna. Le navi di cui era
proprietario consentirono ad Amaro
Pargo di trasportare il vino di
Malvasía (che proveniva dai suoi
stessi raccolti), il brandy (sempre
di usa produzione), che vendette
all’Avana e in Guyana, tessuti e
noci. Lungo la rotta, attaccò tutte
le navi dei nemici della corona
spagnola, principalmente inglesi e
olandesi, fuggendo con il bottino,
che in seguito riportò in Spagna;
tra i suoi nemici figurava anche il
noto Barbanera (Edward Teach, 1680 –
1718).
Nel 1712 Pargo si rese protagonista
di un episodio molto sgradevole da
parte delle stesse autorità
spagnole: dopo aver catturato una
nave inglese, la Saint Joseph, che
doveva giungere a Dublino (Irlanda)
al comando del capitano inglese
Alexander Westher, Amaro fu accusato
di non aver agito con rigore nei
confronti dei suoi corsari. Questo
perché Pargo, dopo che i suoi uomini
avevano saccheggiato la nave e
sequestrato i beni che trasportava,
presero in ostaggio il comandante
Alexander Westher (speravano di
ricavare molto denaro dal suo
riscatto) costringendolo a seguirli
fino al porto di Santa Cruz de
Tenerife, pena l’affondamento della
suddetta nave inglese.
Tuttavia, la cattura di una nave
inglese era considerata legittima
perché l’Inghilterra era una potenza
nemica della Corona spagnola e il
monarca spagnolo Filippo V non solo
intervenne per scagionare il corsaro
canario ma tramite un regio decreto
concesso a San Lorenzo de El
Escorial il 24 ottobre 1719,
autorizzò Pargo a costruire una nave
a Campeche; questa nave era un
mercantile armato con 58 cannoni e
64 cubiti di lunghezza (la misura
del cubito era di circa mezzo metro
e corrispondeva idealmente alla
lunghezza dell’avambraccio, a
partire dal gomito fino alla punta
del dito medio) e 56 chiglia.
Secondo gli studi attuali la nave
entrò a far parte della Marina
Militare nel 1723, ma appena un anno
prima saccheggiò una nave olandese,
la Duyvelant, e si ritiene che fosse
già capitanata da Pargo.
Il saccheggio sistematico delle navi
nemiche a volte sfociava in
battaglia; è documentato che una
volta Pargo salì a bordo di una
grande nave proveniente dalla
Giamaica innescando uno scontro tra
il corsaro Snapper e il capitano
della nave con sciabole e pistole e
che si concluse con il capitano
gravemente ferito e Pargo con solo
un taglio alle dita (combatté anche
contro i pirati barbareschi nelle
acque al largo delle Isole Canarie).
Per quanto riguarda la vita privata,
Pargo ebbe una relazione
sentimentale con la cubana Josefa
María del Valdespino, dalla quale
ebbe un figlio illegittimo, ma non
si sposò mai; detto figlio si
chiamava Manuel de la Trinidad
Rodríguez. Un altro figlio
illegittimo fu Juan Rodríguez Felipe
nato a Santa Cruz de Tenerife e che
sarebbe stato sepolto nella
parrocchia di San Marco a Tegueste.
La madre di Juan Rodríguez era una
donna sposata che aveva conosciuto
la famiglia di Amaro fin
dall’infanzia, secondo i documenti
dell’epoca. Questa prole, tuttavia,
sarebbe stata allevata dalla madre
di Amaro Pargo, la signora Beatriz
Tejera.
Pargo si distinse anche per le opere
devozionali e caritatevoli: fondò
una cappellania per i bisognosi e
destinò 3.000 reales ai poveri nelle
carceri, a tanto ammontano le
donazioni dell’uomo più ricco delle
Isole Canarie che ai suoi tempi ebbe
la stessa reputazione e popolarità
di Barbanera e Francis Drake (come
Drake e Morgan ottenne il titolo
nobiliare).
Inoltre in virtù della sua fede di
fervente cattolico commissionò
importanti opere di carità per
chiese, istituzioni religiose e per
la parrocchia de Nuestra Señora de
Los Remedios (Chiesa Parrocchiale di
Nostra Signora di Los Remedios), ora
Catedral de San Cristóbal de La
Laguna (Cattedrale di La Laguna).
Iniziò una profonda amicizia con la
Suor Maria di Gesù (1643-1731), una
suora laica domenicana spagnola,
mistica e visionaria, conosciuta
popolarmente come “La Siervita”, la
piccola serva, che diede consigli
spirituali al corsaro. Dopo la sua
morte nel 1731, Amaro pagò lo
stravagante sarcofago in cui ora
riposa il corpo incorrotto e vi
iscrisse le sue iniziali. Il corsaro
attribuì molte delle sue gesta
all’intervento miracoloso della
suora, compreso un episodio in cui
la suora gli salvò la vita a Cuba,
senza che il suo corpo lasciasse il
convento, cioè attraverso il
fenomeno della bilocazione.
Amaro Pargo morì il 4 ottobre 1747,
nella sua città natale; secondo le
cronache, il suo funerale fu “molto
solenne” e durante il corteo funebre
che trasferì la salma al luogo della
sua sepoltura furono effettuate otto
soste per strada, rallentate dalla
folla che accompagnava il corteo. Fu
sepolto nel Convento di Santo
Domingo de Guzmán a La Laguna, in
una tomba di famiglia. Nella lapide
di marmo è inciso lo scudo di
famiglia, e sotto di esso un teschio
che ammicca all’occhio destro con
due ossa incrociate.
Come in ogni vicenda legata alla
pirateria non poteva mancare il
mistero del tesoro segreto: Pargo
scrisse nel suo testamento di
possedere una cassa contenente
argento, gioielli, perle, pietre
preziose, porcellane, tessuti
pregiati, oro e dipinti, aggiungendo
che in essa venne collocato anche un
libro in pergamena, contrassegnato
con la lettera “D”. L’ubicazione
della cassa e del libro rimase però
sconosciuta e, nonostante gli sforzi
e le ripetute ricerche, essi non
furono mai trovati. La sua casa a
Machado, nel comune di El Rosario, è
stata oggetto di saccheggi negli
anni da Parte dei cacciatori di
tesori. È stato anche suggerito che
il tesoro si trovi nella cosiddetta
Grotta di San Mateo a Punta del
Hidalgo a nord-est di Tenerife, una
grotta che serviva per nascondere il
loro bottino. Nonostante tutti
questi sforzi, questo tesoro non è
stato ancora individuato.
A novembre 2013, un gruppo di
archeologi ed esperti forensi
dell’Università Autonoma di Madrid
esumò i resti di Pargo, con
finanziamenti dalla casa videoludica
Ubisoft, al fine di realizzare uno
studio sul pirata, tra cui test del
DNA e la sua ricostruzione facciale.
La ricerca scoprì che insieme a
Pargo erano stati sepolti i suoi
genitori e un servitore nero.
Inoltre sono stati scoperti i resti
di altri sei bambini. Si ritiene che
essi fossero probabilmente nipoti e
pronipoti di Amaro Pargo, anche se
si sa oggi che, per una vecchia
consuetudine consolidata nella
Spagna del XVII secolo, era
abitudine seppellire i bambini morti
senza Battesimo assieme a un adulto
nella convinzione che ciò li avrebbe
aiutati a innalzarsi verso il cielo.
Riferimenti bibliografici:
B. Pallés Darias, Amaro Pargo.
Caballero de losmares, Le
Canarien Ediciones, 2016;
F. Macías Martín, El corsario de
Dios. Documentos sobreelcorsario
Amaro Rodríguez Felipe (1678–1747),
Viceconsejería de Cultura y Deportes
del Gobierno de Canarias, 2015;
P. Reina Moreno, El Sarcófago de
las tres llaves. La leyenda del
tesoro del corsario Amaro Pargo,
Idea, 2013.