[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

175 / LUGLIO 2022 (CCVI)


moderna

Amaro Pargo
Sulle TRACCE del “corsaro di Dio”
di Enrico Targa

 

Amaro Rodríguez-Felipe y Tejera Machado (3 maggio 1678 - 4 ottobre 1747), meglio conosciuto come Amaro Pargo, era un famoso corsaro spagnolo. Fu uno dei corsari più rinomati in Spagna dell’età d’oro della pirateria; era noto per le sue attività commerciali e per le sue frequenti donazioni religiose e per l’aiuto ai poveri. Nel suo ruolo di corsaro, dominò la rotta tra Cadice e i Caraibi, attaccando in più occasioni le navi dei nemici della Corona Spagnola (principalmente Inghilterra e Olanda), guadagnandosi il riconoscimento ai suoi tempi di eroe e venendo a essere considerato l’equivalente spagnolo di Francis Drake.

 

In virtù dei suoi servigi prestati alla corona e al Paese spagnolo, fu dichiarato Caballero hidalgo nel 1725 e ottenne la certificazione di nobiltà e le armi reali nel 1727. Amaro Pargonacque a San Cristóbal de La Laguna, nell’isola di Tenerife (Isole Canarie) il 3 maggio 1678 e ricevette il battesimo dal sacerdote Manuel Hurtado Mendoza nella chiesa de Los Remedios (Chiesa di Nostra Signora di Los Remedios, oggi cattedrale della città, il suo padrino fu Amaro López).

 

Figlio di Juan Rodríguez Felipe e Beatriz Tejera Machado ebbe sette fratelli: tre sorelle entrarono nel Convento di Santa Catalina de Siena in città; i primi anni di vita, Amaro li trascorse presso la residenza familiare in Plaza de San Cristóbal a La Laguna (chiamata anche “Plaza Tanque de Abajo”) apprese così ad amministrare i patrimoni fondiari e immobiliari del padre e della madre, esperienza che gli sarà utile durante le sue spedizioni che non si limiteranno al solo abbordaggio delle navi nemiche ma consentiranno il commercio il commercio prodotti provenienti dai patrimoni fondiari di sua proprietà nel Nuovo Mondo (in particolare la malvasia molto presente nelle Canarie).

 

Nel 1701 si imbarcò come sottotenente su una nave, l’Ave María, soprannominata La Chata (La Chiatta), sulla quale si imbarcarono anche molti pirati (la nave era una galea del re di Spagna allora sulla rotta tra i Caraibi e Cadice). Durante il primo contro un vascello nemico, Amaro utilizzò lo stesso stratagemma fino ad allora usato dai nemici della Spagna ovvero consigliò al capitano di fingere di arrendersi per poi dare inizio all’abbordaggio della nave nemica. La strategia funzionò e in segno di gratitudine, il capitano diede ad Amaro il comando della sua prima nave e con essa iniziò la sua attività imprenditoriale, compresa la partecipazione alla tratta degli schiavi africani in America Latina; a tal fine ottenne una lettera di marca dal re Filippo V di Spagna (il triste e famoso Asiento).

 

La partecipazione di Amaro Pargo alla flotta delle Indie Occidentali ebbe inizio tra il 1703 e il 1705, e dai documenti giunti in nostro possesso viene menzionato come “capitano” e “maestro” della fregata Ave María y Las Ánimas in servizio tra il porto di Santa Cruz de Tenerife e l’Avana, e i documenti attestano altre navi in suo possesso; Nuestra Señora de Los Remedios, Santo Domingo e Santa Águeda (quest’ultima soprannominata El Gavilán).

 

Successivamente, nel 1737, viene menzionato come proprietario di El Mercader de Canarias, capitanato da John Plunket, e comproprietario insieme a Don Pedro Dujardin di un’altra nave mercantile di La Laguna. Le navi di cui era proprietario consentirono ad Amaro Pargo di trasportare il vino di Malvasía (che proveniva dai suoi stessi raccolti), il brandy (sempre di usa produzione), che vendette all’Avana e in Guyana, tessuti e noci. Lungo la rotta, attaccò tutte le navi dei nemici della corona spagnola, principalmente inglesi e olandesi, fuggendo con il bottino, che in seguito riportò in Spagna; tra i suoi nemici figurava anche il noto Barbanera (Edward Teach, 1680 – 1718).

 

Nel 1712 Pargo si rese protagonista di un episodio molto sgradevole da parte delle stesse autorità spagnole: dopo aver catturato una nave inglese, la Saint Joseph, che doveva giungere a Dublino (Irlanda) al comando del capitano inglese Alexander Westher, Amaro fu accusato di non aver agito con rigore nei confronti dei suoi corsari. Questo perché Pargo, dopo che i suoi uomini avevano saccheggiato la nave e sequestrato i beni che trasportava, presero in ostaggio il comandante Alexander Westher (speravano di ricavare molto denaro dal suo riscatto) costringendolo a seguirli fino al porto di Santa Cruz de Tenerife, pena l’affondamento della suddetta nave inglese.

 

Tuttavia, la cattura di una nave inglese era considerata legittima perché l’Inghilterra era una potenza nemica della Corona spagnola e il monarca spagnolo Filippo V non solo intervenne per scagionare il corsaro canario ma tramite un regio decreto concesso a San Lorenzo de El Escorial il 24 ottobre 1719, autorizzò Pargo a costruire una nave a Campeche; questa nave era un mercantile armato con 58 cannoni e 64 cubiti di lunghezza (la misura del cubito era di circa mezzo metro e corrispondeva idealmente alla lunghezza dell’avambraccio, a partire dal gomito fino alla punta del dito medio) e 56 chiglia. Secondo gli studi attuali la nave entrò a far parte della Marina Militare nel 1723, ma appena un anno prima saccheggiò una nave olandese, la Duyvelant, e si ritiene che fosse già capitanata da Pargo.

 

Il saccheggio sistematico delle navi nemiche a volte sfociava in battaglia; è documentato che una volta Pargo salì a bordo di una grande nave proveniente dalla Giamaica innescando uno scontro tra il corsaro Snapper e il capitano della nave con sciabole e pistole e che si concluse con il capitano gravemente ferito e Pargo con solo un taglio alle dita (combatté anche contro i pirati barbareschi nelle acque al largo delle Isole Canarie).

 

Per quanto riguarda la vita privata, Pargo ebbe una relazione sentimentale con la cubana Josefa María del Valdespino, dalla quale ebbe un figlio illegittimo, ma non si sposò mai; detto figlio si chiamava Manuel de la Trinidad Rodríguez. Un altro figlio illegittimo fu Juan Rodríguez Felipe nato a Santa Cruz de Tenerife e che sarebbe stato sepolto nella parrocchia di San Marco a Tegueste. La madre di Juan Rodríguez era una donna sposata che aveva conosciuto la famiglia di Amaro fin dall’infanzia, secondo i documenti dell’epoca. Questa prole, tuttavia, sarebbe stata allevata dalla madre di Amaro Pargo, la signora Beatriz Tejera.

 

Pargo si distinse anche per le opere devozionali e caritatevoli: fondò una cappellania per i bisognosi e destinò 3.000 reales ai poveri nelle carceri, a tanto ammontano le donazioni dell’uomo più ricco delle Isole Canarie che ai suoi tempi ebbe la stessa reputazione e popolarità di Barbanera e Francis Drake (come Drake e Morgan ottenne il titolo nobiliare).

 

Inoltre in virtù della sua fede di fervente cattolico commissionò importanti opere di carità per chiese, istituzioni religiose e per la parrocchia de Nuestra Señora de Los Remedios (Chiesa Parrocchiale di Nostra Signora di Los Remedios), ora Catedral de San Cristóbal de La Laguna (Cattedrale di La Laguna). Iniziò una profonda amicizia con la Suor Maria di Gesù (1643-1731), una suora laica domenicana spagnola, mistica e visionaria, conosciuta popolarmente come “La Siervita”, la piccola serva, che diede consigli spirituali al corsaro. Dopo la sua morte nel 1731, Amaro pagò lo stravagante sarcofago in cui ora riposa il corpo incorrotto e vi iscrisse le sue iniziali. Il corsaro attribuì molte delle sue gesta all’intervento miracoloso della suora, compreso un episodio in cui la suora gli salvò la vita a Cuba, senza che il suo corpo lasciasse il convento, cioè attraverso il fenomeno della bilocazione.

 

Amaro Pargo morì il 4 ottobre 1747, nella sua città natale; secondo le cronache, il suo funerale fu “molto solenne” e durante il corteo funebre che trasferì la salma al luogo della sua sepoltura furono effettuate otto soste per strada, rallentate dalla folla che accompagnava il corteo. Fu sepolto nel Convento di Santo Domingo de Guzmán a La Laguna, in una tomba di famiglia. Nella lapide di marmo è inciso lo scudo di famiglia, e sotto di esso un teschio che ammicca all’occhio destro con due ossa incrociate.

 

Come in ogni vicenda legata alla pirateria non poteva mancare il mistero del tesoro segreto: Pargo scrisse nel suo testamento di possedere una cassa contenente argento, gioielli, perle, pietre preziose, porcellane, tessuti pregiati, oro e dipinti, aggiungendo che in essa venne collocato anche un libro in pergamena, contrassegnato con la lettera “D”. L’ubicazione della cassa e del libro rimase però sconosciuta e, nonostante gli sforzi e le ripetute ricerche, essi non furono mai trovati. La sua casa a Machado, nel comune di El Rosario, è stata oggetto di saccheggi negli anni da Parte dei cacciatori di tesori. È stato anche suggerito che il tesoro si trovi nella cosiddetta Grotta di San Mateo a Punta del Hidalgo a nord-est di Tenerife, una grotta che serviva per nascondere il loro bottino. Nonostante tutti questi sforzi, questo tesoro non è stato ancora individuato.

 

A novembre 2013, un gruppo di archeologi ed esperti forensi dell’Università Autonoma di Madrid esumò i resti di Pargo, con finanziamenti dalla casa videoludica Ubisoft, al fine di realizzare uno studio sul pirata, tra cui test del DNA e la sua ricostruzione facciale. La ricerca scoprì che insieme a Pargo erano stati sepolti i suoi genitori e un servitore nero. Inoltre sono stati scoperti i resti di altri sei bambini. Si ritiene che essi fossero probabilmente nipoti e pronipoti di Amaro Pargo, anche se si sa oggi che, per una vecchia consuetudine consolidata nella Spagna del XVII secolo, era abitudine seppellire i bambini morti senza Battesimo assieme a un adulto nella convinzione che ciò li avrebbe aiutati a innalzarsi verso il cielo.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

B. Pallés Darias, Amaro Pargo. Caballero de losmares, Le Canarien Ediciones, 2016;

F. Macías Martín, El corsario de Dios. Documentos sobreelcorsario Amaro Rodríguez Felipe (1678–1747), Viceconsejería de Cultura y Deportes del Gobierno de Canarias, 2015;

P. Reina Moreno, El Sarcófago de las tres llaves. La leyenda del tesoro del corsario Amaro Pargo, Idea, 2013.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]