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N. 4 - Aprile 2008 (XXXV)

ali (non ancora) spezzate

La voce di un viaggiatore
di Arturo Capasso

Sta diventando un tormentone.

Ogni mattina ci sono proclami, comunicati, attacchi. Le parole più ripetute: commissariamento, cordata, sindacati.

Si dimentica di ascoltare il parere di chi per decenni è stato un indiretto collaboratore, contribuendo con l’acquisto del biglietto.

Si dimentica di ascoltare l’anonimo umile passeggero e i suoi pensieri.

Per tutti i cieli del mondo ogni giorno ci sono pezzi dell’Italia che volano.

Infatti, secondo il Diritto Internazionale, l’aeromobile è territorio del Paese di bandiera, anche se sta in un altro continente.

Vado a New York, a Mosca, a Pechino, ma rimango fino all’ultimo momento sul suolo italiano e fino a quel momento nessuno mi può toccare.

Salgo sull’aereo della cara Alitalia e trovo lo stesso calore di casa mia, il saluto cordiale, il pacco di giornali, la colazione o il pranzo secondo la tradizione di sapori e colori.

Cento, mille piccole Italie in volo. Si parla italiano, anche se le hostess parlano benissimo altre lingue. Sali su un vettore straniero e trovi pacchi di giornali tedeschi, anglo americani, francesi. Se non conosci un paio di lingue, sei subito in difficoltà. E le cose vanno sempre peggiorando, con equipaggi che sono fiondati da tutta Europa.

Negli anni sessanta andavo spesso nei Paesi dell’Est. La “mazzata” in fronte, l’incubo che si ripeteva sempre, era il cambio di vettore. I Paesi del Patto di Varsavia, membri del Comecon, avevano aerei piccoli, traballanti, pieni di guardie attente, silenziose, fredde.

Avevi subito sentore di essere già oltre la cortina di ferro e dovevi stare attento a parlare, leggere, pensare.

Ho fatto lunghi, lunghissimi viaggi, con Alitalia. Ricordo un viaggio negli Stati Uniti, con la nostra figliola di quattro anni. Le hostess facevano a gara a farla distrarre e ad aiutarla nei numerosi disegni e nella lettura di giornaletti.

Sempre, in Alitalia, trovavi uno stile tutto italiano, un modo di muoversi, colloquiare , di piccole grandi attenzioni.

Un patrimonio che si vuole buttare dall’oblò di uno dei mille cieli solcati dalla nostra gloriosa compagnia.

La cosa penosa è che continueranno a bisticciarsi e a fare sceneggiate, dimenticando – forse – la figura più importante di tutta la vicenda: l’anonimo umile passeggero, il vero costruttore – coi suoi soldi – della giusta grande posizione mondiale Alitalia.

 

 

 

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