[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

175 / LUGLIO 2022 (CCVI)


contemporanea

LA DEMOCRAZIA IN AMERICA

SULL'OPERA DI ALEXIS DE TOCQUEVILLE / PARTE II

di Letizia Magnolfi

 

Conquistata la Sovranità, in America è cominciato quel fenomeno storico che lo studioso francese definisce come un processo ineludibile verso l’Uguaglianza, attraverso l’abbassamento e il conseguente livellamento del censo.

 

Il popolo americano, scrive Tocqueville, regna sovrano come sovrano regna “Iddio nell’universo”, poiché esso è il principio e la fine di tutto, la base stessa della democrazia.

È il popolo che regna sovrano in America; lo è nella forma delle istituzioni e nei modi con cui porta avanti interessi, opinioni, passioni.

 

Nel capitolo III della Democrazia I Tocqueville afferma che “per conoscere la legislazione e i costumi di un popolo occorre cominciare con lo studiare il suo stato sociale”.

Stato sociale che corrisponde a “egualità nello stato delle condizioni”. Secondo lo storico francese ha poco senso opporsi alla democrazia: essa sembra quasi frutto di un disegno provvidenziale, sembra cioè un processo ineluttabile della Storia, a cui perciò diventa difficile opporsi. Invece che tentare di ostacolarla, si deve piuttosto discutere sul suo funzionamento, analizzare le sue caratteristiche peculiari e i suoi possibili sviluppi.

Come risolve Tocqueville la questione che lega il concetto politico di Uguaglianza con le radici che di questa si possono individuare nella religiosità cristiana?

 

Il concetto astratto Eguaglianza funge come punto di convergenza tra le due sfere, quella politica e quella religiosa. La democrazia si sposa per sua natura con l’eguaglianza; “Il governo democratico”, dice Tocqueville dà l’idea dei diritti politici anche all’ultimo dei cittadini”;

Nicola Matteucci, analizzando il pensiero dello storico francese, afferma che la religione e la forza della fede conferiscono ordine laddove altrimenti regnerebbe il caos della “soggettività”, lo “spirito che avanza nelle tenebre”: sembra quasi, dice Matteucci

 

«che con la “morte di Dio”, tutto è permesso; e questo rende comprensibile la sua [di Tocqueville] drastica affermazione: “sono incline a pensare che [l’individuo] se non ha fede, bisogna che serva, e, se è libero, che creda».

 

Ma il processo che conduce all’Eguaglianza, ammonisce Tocqueville, nasconde dei pericoli: esso “si verifica con la scomparsa in seno alla società di certi stabili fondati su prerogative ereditarie, di classi stratificate, di corporazioni e di quei nessi che collegavano stabilmente nella ‘società aristocratica’ gli individui tra loro e realizza quindi una diversa composizione del corpo sociale di tipo atomistico”.

 

La convinzione di Tocqueville è che il processo verso standard egualitari in senso alla società, debba essere comunque posto sotto il controllo dei precetti morali, che nel caso dell’America sono quelli religiosi; il principale compito della religione è quello di “purificare, regolare, moderare l’amore troppo ardente e troppo esclusivo del benessere che gli uomini sentono nel tempo di uguaglianza e di lottare con successo contro lo spirito di indipendenza individuale, che è per essa, il più pericoloso di tutti.”

 

Merita a tal proposito fare un accenno circa l’idea avanzata da Tocqueville sulla proprietà privata, come questa in particolare subisca un pericoloso assestamento in senso egualitario nella società americana. Il punto di vista è quello di un aristocratico, anche se Tocqueville, pur non definendosi mai democratico, si sentiva un “liberale di tipo nuovo”, come amava lui stesso chiamarsi.

La legge sulle successioni in America permette l’eguale divsione del patrimonio tra tutti i figli. Questo fatto provoca due conseguenze, entrambe negative. Alla successione dei beni equamente suddivisa segue un cambiamento rivoluzionario nella natura della proprietà, che si divide senza in frazioni sempre più piccole.

 

Inoltre, la legge che permette l’eguale divisione delle fortune esercita una sua influenza anche “sull’animo dei proprietari” e“chiama in aiuto le loro passioni”. Secondo Tocqueville così si distrugge il senso reale dell’Istituto della Famiglia, il cui spirito si materializza in un certo senso nella terra, nel possesso territoriale:

 

«La famiglia rappresenta la terra, la terra rappresenta la famiglia; essa perpetua il nome, l’origine, la gloria, la potenza, la virtù. È un testimonio imperituro del passato e un pegno sicuro dell’avvenire».

 

Laddove lo spirito familiare finisce, avanza l’egoismo individuale, ognuno si concentra al suo utile, al suo interesse presente.

Sempre analizzando le conseguenze del processo egualitario sulla proprietà privata. Tocqueville non nasconde di nutrire serie preoccupazioni che riguardano la degenerazione del potere democratico in una forma di “tirannide della maggioranza”:

 

«Quando i cittadini sono tutti uguali diviene loro assai difficile difendere l’indipendenza contro gli attentati del potere».

 

Utili a capire il pensiero di Tocqueville su questo punto sono le corrispondenze epistolari che lo storico ebbe con Joseph Arthur conte di Gobineu, segretario al ministero degli Esteri dello stesso Tocqueville nel 1849, durante la presidenza di Luigi Napoleone.

 

La sua opera Saggio sulla diseguaglianza delle razze non è famosa quando quella dell’amico e collega di studi, ma è comunque importante perché sulle teorie lì esposte si sviluppa la discussione tra i due. Secondo Gobineau esistono degli Stati che si affermano e si espandono ma poi raggiungono anche la strada del declino; la ragione di tutto ciò, sempre per Gobienau, risiede nella “degenerazione dei popoli”, che si verifica quando un popolo mischia il suo sangue con un altro.

Affermazione dura, intransigente, oggi diremmo razzista con pochi margini di dubbio.

In che modo Tocqueville affronta una posizione così distante dalla propria?

Quali obiezioni presenta che anche lui ritiene estrema?

In una lettera del 24 gennaio 1857 Tocqueville non nasconde all’amico di rimanere sorpreso del fatto che, allo stesso tempo, si professi cristiano e costruisca una teoria con pretese di scientificità basata sul principio di diseguaglianza.

 

Cosa c’è di più chiaro, controbatte Tocqueville nella Genesi se non l’unità dell’Umanità e la solidarietà che regola il rapporto tra gli uomini? E per quanto riguarda il Cristianesimo, aggiunge Tocqueville, non è un suo tratto distintivo l’aver abolito ogni distinzione di razza per fare della specie umana una unica? Il Cristianesimo tende per sua Natura a fare tutti gli uomini legati dal principio naturale di Uguaglianza, dunque la maggior parte delle forme di cristianesimo presenti nel mondo non possono conciliarsi con la dottrina esposta da Gobienau.

E, riprendendo le parole di Petrucciani, non potrebbe essere altrimenti, dato

 

«il carattere rivoluzionario del messaggio cristiano, [che] è da vedersi innanzitutto nel fatto che in esso il tema dell’uguaglianza di tutti gli uomini, che già era stato posto dallo stoicismo, si tra svaluta in quello del valore infinito di ogni singolo individuo, in quanto creato da Dio».

 

Differenze tra Vecchio e Nuovo Mondo. La decadenza europea degli antichi Mores

 

Tocqueville attua un’analisi comparata tra fenomeno religioso in America e fenomeno religioso in Europa, la quale secondo l’aristocratico francese sta subendo una crisi di valori quasi inesorabile. Il timore, che emerge con tutto il suo pessimismo, è che in Europa si sta a mano a mano affievolendo quell’anelito verso la libertà che invece caratterizza in parecchie forme l’America degli Stati dell’Unione. Egli afferma provocatoriamente che in un tempo in cui esisteva il dispotismo in Europa, perlomeno esso contribuiva a “mantenere negli spiriti l’amore della libertà (…) [e] le opinioni e i costumi elevavano intorno al potere regio delle barriere note ma non meno potenti”.

 

«la religione, l’amore dei sudditi, la bontà del principe, l’onore, lo spirito di famiglia, pregiudizi di provincia, il costume, e l’opinione pubblica limitavano il potere del re e chiudevano in un cerchio ristretto la loro autorità».

 

L’Europa che vive Tocqueville è un paese tormentato dalla crisi dei valori morali, dal decadimento dei costumi, incapaci di essere punto di riferimento sia per quanto riguarda la moralità dei singoli, che per quanto riguarda la moralità delle istituzioni. Che, minate dai (nefasti) esiti delle rivoluzioni - quando cioè “il prestigio della regalità è svanito in mezzo al tumulto delle rivoluzioni” - sono stati lasciati in balia di sovrani che “possono oramai abbandonarsi senza timore al delirio del potere”.

 

Nonostante nella democrazia americana si insinuino striscianti pericoli che portano il nome di “assuefazione”, “graduale perdita all’affezione e partecipazione politica”, “perdita dello spirito civico”, “deriva atomistica della società”, “eguaglianza come appiattimento delle singole diversità”, ed infine “tirannide della maggioranza” come naturale conseguenza dei fattori precedenti, sembra invece l’Europa dello stesso tempo presagire gli esiti che Tocqueville paventa per il Nuovo Mondo.

 

Inoltre, a differenza della rivoluzione francese, quella americana non ha demolito un’istituzione precedente, ma è stata quella che ha legittimato e posto in essere la Volontà comune del popolo dell’Unione, di fatto sancendo uno dei cardini del concetto di Rappresentanza in età Moderna: la rappresentanza del Popolo, di una Nazione come Volontà generale.

Dall’altra parte dell’oceano invece, la Franca è dominata ancora dalle consuetudini che più che pitturare una nuova società, sembrano più essere conseguenza di una transizione politica e sociale mai compiuta; un Paese

 

«dove invece la religione è ancora abituata a sentirsi legata al potere politico, sia quando lo sostiene, sia quando lo osteggia; dove non c’è la democrazia ma un suffragio elettorale assai ristretto e insieme una rivoluzione democratica impersonata da partiti ad alta carica ideologica».

 

La deriva europea verso un dispotismo nato sull’onda delle rivoluzioni è per Tocqueville antitetica alle ambizioni di ricerca di una società basata sul principio di Eguaglianza, anzi: essa è frutto di una distorsione del senso vero di Democrazia.

In questa critica si inserisce anche quella nei confronti del socialismo, il quale è in radicale antitesi con la democrazia liberale. La più grande colpa del socialismo, dice Tocqueville, è quella di volere l’eguaglianza in una “condizione di servitù”, mentre la democrazia vuole l’eguaglianza in una “condizione di libertà”. A conferma di quanto detto il socialismo nutre così sfiducia nella libertà, che predilige un stato paternalista, e si fa unico proprietario di ogni cosa; così facendo, seppure in termini diversi dal dispotismo antico, si assume un potere onnipotente sul popolo e “per” il popolo.

 

Sul Dispotismo. Una nuova forma di oppressione politica

 

Il dispotismo che può sorgere da una degenerazione delle democrazie è una forma che si distacca totalmente da quelle antiche.

A differenza dei secoli passati la nuova forma di dispotismo si caratterizza per gravare non solo su dei singoli, ma su un’intera maggioranza:

 

«Al tempo della massima potenza dei Cesari, i diversi popoli che abitavano il mondo romano avevano conservato ancora usi e costumi diversi: la maggior parte delle province, benché sottoposte allo stesso monarca, erano amministrate a parte; in esse fiorivano municipi potenti e attivi e sebbene il governo dell’impero fosse accentrato nelle mani dell’imperatore, il quale era sempre all’occorrenza arbitro di ogni cosa, i particolari della vita sociale e dell’esistenza individuale sfuggivano generalmente al suo controllo».

 

In tempi in cui l’eguaglianza delle condizioni sta sempre più prendendo campo, Tocqueville dubita circa il fatto che possa ripetersi una simile condizione di potere, ma crede che una nuova forma di oppressione possa caratterizzarsi in un potere tutelare, paternalistico, a tratti “regolare, previdente e mite”, ma che in sostanza mira a una società formata da uomini non attivi politicamente, fermi a uno stato infantile del loro impegno civico. Si parla di un potere che è legittimo, non un potere tirannico ex parte exercitii; il pericolo maggiore sta nell’essere sommersi dalla coltre del conformismo, dell’indifferenza e dell’apatia:

 

Così ogni giorno esso rende meno necessario e più raro l’uso del libero arbitrio, restringe l’azione della volontà in più piccolo spazio e toglie a poco a poco a ogni cittadino perfino l’uso di se stesso. L’eguaglianza ha preparato gli uomini a tutte queste cose, li ha disposti a sopportarle e spesso anche a considerarle come un beneficio.

 

Conclusioni

 

Con La Democrazia in America Tocqueville ha aperto uno scenario di dibattito, che iniziato al suo tempo, continua ad essere di stretta attualità, dal momento che i temi, che vanno dall’analisi del sistema politico, passando per la trattazione della posizione occupata dalla religione nella società, dell’importanza dei mores, fino alla questione, anche se in quest’opera solo accennata, della schiavitù, costituiscono ancora oggi il fulcro delle grandi problematiche connesse alla storia dell’Occidente.

 

Tocqueville è un uomo dei suoi tempi: un aristocratico le cui radici inevitabilmente influiscono sulle sue convinzioni, un uomo che ha vissuto sulla propria pelle gli sconvolgimenti della Rivoluzione (tanti furono gli amici e i parenti caduti sotto la lama della ghigliottina). Conseguentemente la sua opinione nei confronti di ciò che è avvenuto in Europa non può che essere negativa.

 

Come del resto però deprecabile da parte sua è la tendenza verso una preoccupante decadenza dei costumi tradizionali, sui cui l’Europa di un tempo poteva sorreggersi: la famiglia, l’istituto monarchico, i privilegi legati ad uno status di condizione in cui le fortune proprie non erano detestabili, ma rappresentavano il segno tangibile di una storia che si tramandava nel tempo.

Il popolo, dice Tocqueville, ha così “conservato la maggior parte dei pregiudizi degli avi senza conservarne la fede; l’ignoranza senza le virtù; ha preso come regola delle sue azioni la dottrina dell’interesse senza conoscerne la scienza, e il suo egoismo è sprovvisto di discernimento come era un tempo la sua devozione.

 

Avverso profondamente a un sistema costruito sulle ceneri della monarchia, Tocqueville giunge in America e, con sua inimmaginabile sorpresa, scopre un “nuovo mondo” in cui la Libertà, di cui in Europa si è perso il vero senso, si concretizza in un terreno di Democrazia.

Durante il suo soggiorno Tocqueville si interroga, giungendo alla conclusione che sussiste una tendenza generale dei popoli verso questo stato che non è solo politico ma anche sociale, in altre parole lo “sviluppo graduale dell’uguaglianza delle condizioni”, è un fatto provvidenziale … universale, duraturo, [che] sfugge alla potenza dell’uomo”.

 

Tocqueville non si prefigge lo scopo di indicare agli Europei la Via più giusta per stabilire un sistema civile e sociale più equo, ma presenta una possibilità, una via praticabile che l’America ha portato avanti e la sottopone al giudizio degli altri con la sua opera. Nondimeno sottolinea che la democrazia degli stati dell’Unione è da considerarsi “il solo mezzo per essere liberi che…resta” e, per Tocqueville, ci si deve persuadere ad adottare essa “come il più pratico e il più onesto rimedio che si possa apporre ai modi presenti della società”.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Alexis de Tocqueville, La Democrazia in America, Bur – Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1999.

Alexis de Tocqueville, Selected letters on politics and society, Edited by Roger Boesche, University of California Press, 1985.

Politeia Biblica, a cura di Lea Campos Boralevi e Diego Quaglioni, Leo S. Olschki Editore, giugno 2003.

Nicola Matteucci, Alexis de Tocqueville. Tre esercizi di lettura, Il Mulino, Bologna 1990.

Anna Maria Battista, Studi su Tocqueville, introduzione di Francesco De Sanctis, Centro Editoriale Toscano, 1989.

Stefano Petrucciani, Modelli di Filosofia politica, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 2003.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]