[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

174 / GIUGNO 2022 (CCV)


contemporanea

LA DEMOCRAZIA IN AMERICA

SULL'OPERA DI ALEXIS DE TOCQUEVILLE / PARTE I

di Letizia Magnolfi

 

«Io so, senza che il Creatore elevi la voce,

che gli astri seguono nello spazio le traiettorie

che il Suo dito ha tracciato».

Alexis de Tocqueville

 

L’opera Il primo ringraziamento della pittrice americana Jenny Brownscombe (1850-1936) è diventato un simbolo tra i più rappresentativi ed emblematici della storia dei Pilgrim Fathers in America: un gruppo di padri appena giunti nel Nuovo Mondo si riunisce in preghiera per ringraziare Dio della salvezza raggiunta nella “Terra promessa” dopo il lungo viaggio dall’Europa, terra dell’intolleranza e delle persecuzioni religiose.

 

Questo dipinto ben rappresenta la retorica, la simbologia e l’insieme delle ritualità celebrative che costituiscono il processo di formazione degli Stati Uniti, nati sulla dichiarazione di indipendenza dalla corona inglese; simbologia, retorica, ma anche insieme di costumi, tradizioni che sono parte inscindibile del processo culturale e della “forma mentis” di questo paese, o almeno di quella parte che fonda le radici della sua storia direttamente nelle peregrinazioni dei primi perseguitati religiosi.

 

Lo storico che tra i primi si è occupato di offrire un quadro completo dell’America dell’epoca, quella cioè che da poche decine di anni si era auto-fondata sulla base di una nuova costituzione democratica, è stato un europeo. Aristocratico di nascita, legato per radici familiari alla dinastia borbonica, convinto cattolico, avverso agli esiti in seno all’Europa e soprattutto alla Francia, della Rivoluzione Francese, il visconte Alexis Henri Charles de Clérel de Tocqueville, meglio noto come Alexis de Tocqueville, è considerato tra gli storici-sociologi di maggior valore che si sono occupati del caso americano nel XIX secolo.

 

La sua opera più importante, La Democratie en Amerique è una base di studio nonché nutrito insieme di spunti di riflessione politici, morali e sociali, per capire e approfondire taluni aspetti che hanno caratterizzato il dibattito dell’età moderna e poi contemporanea, ma che sono di Antica memoria: i concetti di Libertà, Democrazia e Uguaglianza.

 

La Democrazia in America è il resoconto del viaggio attuato nel 1831 con l’amico Gustave de Beaumont, dopo che il governo francese aveva incaricato i due di svolgere delle indagini sul sistema penitenziario americano. I due storici non furono tanto colpiti dal suddetto sistema, sui cui peraltro Tocqueville redasse puntualmente una relazione per il governo, ma dall’insieme dei costumi, delle abitudini della popolazione americana e soprattutto dall’importanza della religione e come essa aveva preso campo nella società.

 

Tocqueville intende mostrare, con l’esempio dell’America e dei suoi costumi, come un popolo possa essere libero, o almeno di mostrare una possibile forma di modello politico nuovo per l’Europa nel quale l’uomo possa sentirsi tale.

 

 

La Religione come trait d’union morale tra Libertà e Democrazia

 

Per usare le stesse parole di Candeloro, che nell’edizione di Rizzoli cura l’Introduzione all’opera, «”La Democrazia in America” è al tempo stesso uno studio sull’ordinamento degli Stati Uniti e una ricerca sulle istituzioni e le tendenze generali della democrazia nel campo politico, sociale, culturale e morale». Tocqueville è il primo studioso ad aver intuito lo stretto legame, nell’America dell’epoca esisteva, tra libertà repubblicana, democrazia e religione.

 

Dalla lettura di quest’opera si possono avanzare ipotesi che rimandano all’interpretazione in chiave politica delle Sacre Scritture, quindi all’influenza che esse hanno avuto sul sistema politico americano. In particolare la politeia biblica, cioè la creazione di modelli politici sulla base di quanto scritto nella Bibbia, è stata determinante nella formazione della democrazia americana: secondo Maria Teresa Picchetto il popolo americano, profondamente attaccato alla religione puritana, tende a identificarsi con il popolo eletto da Dio, gli Ebrei, cercando continuamente rassomiglianze tra il proprio destino e quello israelita, per giustificare in questo modo il senso della libertà ricercata nel Nuovo Mondo e la fuga come atto di ribellione. I sermoni recitati a quel tempo cercavano, non a caso, di interpretare i fatti e le circostanze del presente citando direttamente i passi della Bibbia.

 

Secondo un altro storico contemporaneo, Michael Walzer, che nel saggio Esodo e Rivoluzione si è occupato di questi temi, la parola della Bibbia, attraverso il paradigma dell’Esodo, è al tempo stesso sia un modello di ispirazione di un moto di resistenza di un Popolo, sia uno strumento il cui linguaggio usato e mutuato in termini politici, legittima e conferisce spessore ai modelli politico istituzionali nati sulle basi dei principi prima esposti: resistenza, liberazione dall’oppressione, ricerca della libertà.

 

In tema di Liberazione, per usare un termine biblico, ma per riferirci più a un’accezione politica, parla anche Tocqueville, quando racconta di una riunione pubblica tenuta in una non precisata città del Nuovo Mondo, in difesa dei polacchi europei. L’episodio si riferisce al moto indipendentista di alcuni polacchi – per lo più militari e intellettuali – avvenuto nel 1831 contro la Russia, di cui la Polonia era diventata uno stato satellite, sull’onda dei successi francesi che avevano scacciato Carlo X: «Dio onnipotente! Dio degli eserciti! Tu che hai dato coraggio e hai sostenuto il braccio dei nostri padri, quando difendevano i sacri diritti della loro indipendenza nazionale; tu che li hai fatti trionfare su un’odiosa oppressione e hai accordato al nostro popolo i benefici della pace e della libertà, o Signore volgi un occhio benigno verso l’altro emisfero e abbi pietà di un popolo eroico che oggi lotta, come noi già lottammo, per difendere gli stessi diritti! Signore, tu che hai creato gli uomini su uno stesso modello, non permettere che il dispotismo deformi la tua opera e conserva sulla terra l’eguaglianza».

 

Questa retorica storico-culturale che caratterizzò alla nascita la formazione degli Stati Uniti d’America, è inestricabilmente connessa a una cultura religiosa che affonda le sue origini nel cristianesimo protestante, ed è avverso quasi per Natura al Potere concepito non solo in senso dispotico, ma anche monarchico, peculiarità tutta americana.

 

 

Il substrato religioso delle istituzioni politiche americane

 

«Al mio arrivo negli Stati Uniti fui colpito

anzitutto dall’aspetto religioso del paese.

Via via che prolungavo il mio soggiorno,

scorgevo le grandi conseguenze politiche di questo fatto».

Alexis de Tocqueville

 

La storica contrapposizione che Tocqueville cerca di risolvere nella sua opera è quella che sussiste tra spirito di religione e spirito di libertà. Cercando di oltrepassare l’antitesi, Tocqueville concilia Cristianesimo, Libertà e Democrazia affermando che un libero Stato non può sussistere se non esistono all’interno di esso autentiche passioni religiose.

 

La riflessione a cui giunge Tocqueville osservando la civiltà americana, è che in questi stati la religione occupa una posizione importantissima e - fatto fondamentale - non è presente una commistione tra politica e religione per quanto riguarda la Legge che disciplina l’organizzazione delle Istituzioni. Anzi, al contrario la presenza della religione contribuisce a rafforzare la lealtà alle istituzioni stesse. A tal proposito scrive Tocqueville: «La maggior parte dell’America inglese è stata popolata da uomini, che dopo essersi sottratti all’autorità del papa, non si erano sottomessi ad alcuna autorità religiosa; essi portarono nel nuovo mondo un cristianesimo che non saprei definire meglio che democratico e repubblicano. Questo fatto favorì grandemente lo stabilirsi della repubblica e della memoria nella politica».

 

La popolazione americana in termini religiosi rifiuta quindi l’autorità papale e si riconosce, in maggioranza, nella religione protestate, che non prevede intermediari tra l’individuo e l’interpretazione delle Sacre Scritture. Si rigetta poi l’autorità monarchica come istituzione (e non solo come dittatura quale sua possibile degenerazione) in favore di un’istituzione democratica e repubblicana, sancita con la dichiarazione di indipendenza del 1776.

 

Detta dichiarazione rappresentò l’atto ufficiale di ribellione verso il residuo del rapporto di obbedienza e devozione all’Europa anglosassone e al suo Sovrano. Già prima di questa storica data, in America si era sviluppata una retorica intorno ai modi e alle possibilità di costruire una nazione indipendente.

 

Franklin aveva anticipato queste idee nel 1749 a Philadelphia, in un discorso che riguardava le proposte relative all’educazione delle giovani generazioni, Proposal relating to the Education of Youth in Pennsylvania, sostenendo che era indispensabile una “religione pubblica”; soprattutto sottolineava l’eccellenza della religione cristiana nel contesto della vita pubblica e privata.

 

Nel 1774 Jefferson, tra i padri fondatori della Costituzione, riepilogava i diritti dei coloni americani in A summary View of British America. Contro la gestione governativa della Gran Bretagna, e per giustificare il rifiuto del pagamento delle tasse senza una rappresentazione in Parlamento, citava le discendenze sassoni della stessa Gran Bretagna: prima ancora degli inglesi emigranti verso il Nuovo Mondo erano stati gli antenati inglesi, cioè i Sassoni, a cercare nuove terre per riappropriarsi di quel diritto di Natura che le terre selvagge del Nord non permettevano di soddisfare. Quelle terre in cui poi è stato stabilito un sistema di leggi che ha fatto la storia e l’origine della Gran Bretagna.

 

Qualche decennio dopo la rivoluzione avvenuta, John Quincy Adams, nel 1818, affermava che essa era avvenuta addirittura prima del 1776, nelle “menti” e nelle anime delle persone, e oltre che a un cambiamento politico, era “a change in their religious sentiments of their duties and obligations”, un cambiamento di natura religiosa degli obblighi e dei doveri dei coloni americani. Con chi è verso chi allora gli americani stringevano un nuovo patto di governo?

 

Così come gli Ebrei prima di Samuele avevano stipulato un patto con Dio che in questo modo era diventato il loro unico Re, anche i puritani americani avevano con il divino stipulato un patto, la Costituzione; per questo motivo essi ritenevano giusto staccarsi dal sovrano terreno, come afferma la Picchetto in questo estratto: «Questa influenza [l’eredità di Israele] portò nel XVIII secolo, e soprattutto nelle menti dei rivoluzionari, l’idea, originariamente elaborata nei sermoni e nei trattati del periodo dell’insediamento (settlement), che la colonizzazione dell’America per mezzo dei puritani, nuovo popolo eletto, era stato un evento voluto dalla mano di Dio per soddisfare i suoi scopi ultimi: quindi l’America godeva di un posto speciale nell’architettura dei disegni di Dio».

 

La componente religiosa è dunque una parte essenziale, caratterizzante il sentimento patriottico, fattore sostanziale dello spirito civico americano, strumento di edificazione sociale e nazionale. Potere politico e forza della religione, ricordando che questo non attiene alla normatività delle istituzioni, sono vicendevolmente in osmosi quando si tratta di legittimarsi e rafforzarsi, l’una garantisce l’altra.

 

La conferma di questo dato è data dallo stesso Tocqueville, che non manca di riportare la posizione dei rappresentanti religiosi circa l’importanza della difesa delle istituzioni repubblicane:

 

«Voi pensate che questi uomini agiscano unicamente in considerazione dell’altra vita, ma vi sbagliate; l’eternità non è una delle loro cure. Se interrogate questi missionari della civiltà cristiana, resterete sorpresi nel sentirli parlare tanto spesso dei beni di questo mondo e nel trovare dei politici dove credevate di trovare dei religiosi: “tutte le repubbliche americane”, vi diranno “sono solidali le une con le altre; se le repubbliche dell’Ovest cadessero nell’anarchia o subissero o correrebbero un grave pericolo; abbiamo dunque interesse che i nuovi stati siano religiosi, affinché essi ci permettano di restare liberi».

 

Nello specifico caso americano il ruolo della religione sembra rafforzato sia dalla forma che il Cristianesimo si è dato – Tocqueville parla più in termine di libere Chiese in libero Stato che di una sola singola credenza – sia dalla struttura dello Stato: democratico, repubblicano e federale. Tocqueville dunque non è un difensore del potere pubblico soggetto alla Fede religiosa ma d’altronde ritiene che un libero Stato non potrebbe fiorire se non fosse nutrito dell’Essenza del Cristianesimo.

 

La convinzione di Tocqueville circa il fatto che la libertà in America sia indubbiamente garantita dalla presenza della Religione sotto forma di più diramazioni che fanno comunque riferimento al Cristianesimo, è ribadita quando parla delle “innumerevoli” fazioni religiose: ogni gruppo religioso ha le sue regole, ma tutti professano tutte la stessa morale e obbediscono allo stesso Dio:

 

«I sacerdoti americani si pronunciano in generale in favore della libertà politica, senza eccezione di quegli stessi che non ammettono affatto la libertà religiosa; tuttavia essi non oppongono in particolare nessun sistema politico. […] Non si può dire dunque che negli Stati Uniti la religione eserciti un’influenza sulle leggi né sui particolari delle opinioni politiche. Essa dirige i costumi e, regolando la famiglia, lavora a regolare lo Stato».

 

Anche nelle istituzioni religiose si trova quindi un’organizzazione similare a quella politica di forma repubblicana: il Potere è equamente distribuito tra forze che si controllano vicendevolmente, ubbidendo alle medesime leggi.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

A. de Tocqueville, La Democrazia in America, Bur – Biblioteca Universale Rizzoli, Milano, 1999.

A. de Tocqueville, Selected letters on politics and society, Edited by Roger Boesche, University of California Press, 1985.

Politeia Biblica, a cura di Lea Campos Boralevi e Diego Quaglioni, Leo S. Olschki Editore, giugno 2003.

N. Matteucci, Alexis de Tocqueville. Tre esercizi di lettura, Il Mulino, Bologna 1990.

A.M. Battista, Studi su Tocqueville, introduzione di Francesco De Sanctis, Centro Editoriale Toscano, 1989.

S. Petrucciani, Modelli di Filosofia politica, Piccola Biblioteca Einaudi, Torino, 2003.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]