N. 24 - Maggio 2007
ALESSANDRO
MAGNO. ALESSANDRO III DI MACEDONIA
Morte di un eroe
- Parte XX
di Antonio Montesanti
Sembra che Alessandro non si sarebbe dovuto avvicinare a
quella che stava per divenire ufficialmente
la nuova capitale imperiale. La sua fine, a
detta dei racconti, venne presagita ed
addirittura prevista.
Dopo aver svernato nella piana Nisea, e aver dato ascolto
alle numerose ambascerie, aver predisposto i
piani d’invasione in Arabia, nella
primavera del 323 a.C. il Re raggiungeva
la vista di Babilonia.
Le fonti unanimemente ci hanno tramandato che i sacerdoti
caldei, probabilmente gli stessi astrologi
dell’E-sagila, avvertirono indirettamente il
Re dei funesti presagi, intimandogli di non
entrare in città. A parte questa convergenza
annalistica, le cause su un avvertimento del
genere si perdono nelle più disparate
interpretazioni.
Diodoro scrive che il cupo destino riservato al Monarca si
sarebbe potuto evitare se avesse seguito il
consiglio dei sacerdoti che richiedevano la
ricostruzione del complesso templare ma solo
dopo aver compiuto uno strano giro
propiziatorio intorno a Babilonia. Tolomeo
invece, con buona probabilità fonte di
Arriano, assicura che quella caldea era un
espediente affinchè i religiosi babilonesi
prolungassero l’inizio delle lavorazioni di
rifacimento e restauro per poter godere
della rendita, altrimenti destinata alle
lavorazioni.
L’avvertimento raggiunse l’orecchio di Alessandro, il quale
seguì le indicazioni, secondo quello che ci
tramanda Aristobulo: sarebbe dovuto entrare
dalla parte est di babilonia, evitando
assolutamente di accostarsi da occidente.
Per questo motivo, dopo aver risalito la
corrente dell’Eufrate prolungò il viaggio
verso nord per poi ridiscendere verso i
sobborghi orientali. Tuttavia come gran
parte delle città mesopotamiche bagnate dai
due fiumi, Babilonia godeva di un sistema
difensivo basato su una parte acquitrinosa
che ne impediva l’accesso per metà. Giunto
nel periodo maggiore di scioglimento delle
nevi anatoliche, da cui l’Eufrate è
alimentato, nel pieno della primavera del
323 a.C., il Principe trovò impossibile
entrare da quel lato pur avendoci provato
dopo essersi addentrato nel bel mezzo
dell’area paludosa con un battello, pur di
seguire le indicazioni. A quel punto non gli
fu più possibile seguire gli ammonimenti dei
del clero caldeo.
Non conosciamo, né notizia né interpretazione, dei rapporti
che intercorrevano tra il Macedone e gli
ecclesiastici babilonesi, ma sembra che
l’unico dato ricavabile sia che gli
astrologi volessero tenerlo lontano dalla
città o per lo meno ritardarne il suo
arrivo.
L’unico dato concreto sta nel rapporto intercorso tra il
tempio di Babilonia e Alessandro all’epoca
del primo ingresso del Conquistatore nella
città, quando non mise mano al rifacimento
dell’E-sagila e ai piani di ricostruzione
che avrebbe voluto affrontare 9 anni più
tardi.
Sappiamo, infatti, dai progetti resi pubblici da Perdicca
nei mesi a venire che la ricostruzione del
tempio prevedeva un ampliamento imponente
oltre ogni immaginazione: le fondazioni
avrebbero costituito la base all'urna di
Efestione, al di sopra vi sarebbe stato
costruito il tempio vero e proprio che
sarebbe stato in assoluto il più grande mai
costruito il cui solo progetto prevedeva la
demolizione sistematica di un’ampia parte
delle splendide mura di difesa.
Il ritardare l’inizio dei lavori sembra fosse lo scopo
principale dei sacerdoti-astronomi di
Babilonia.
Le notizie ufficiali sugli ultimi dieci mesi di vita di
Alessandro vennero tratte da Arriano
(Tolomeo) e da Plutarco direttamente dal
documento chiamato ‘Diario Reale’ che
narrava quotidianamente la descrizione
sintetica, effettuata da Eumene di Cardia,
primo segretario e a un certo Diodoto di
Eritre, di ogni giornata del Monarca dal
primo del mese di Dion del 324 a.C. fino al
18 del mese di Desio del 323 a.C.
Negli ultimi giorni di maggio l’ambasciata inviata a Siwah per
richiedere il culto eroico ufficiale di
Efestione approvato da Ammone, rientrava a
Babilonia. Per l’arrivo del Re e per il
giubilo dovuto alla risposta positiva
vennero organizzati una serie di
festeggiamenti seguiti da sacrifici e agoi
sportivi a cui partecipava anche l’esercito
con distribuzioni di cibo e bevande in
abbondanza.
Per pochi intimi invece venne organizzato un banchetto privato
da Medeio di Larissa, con poche persone come
commensali, non più di venti persone:
tra questi dignitari del Regno appaiono:
Meleagro, Pitone, Leonnato, Cassandro,
Peuceste, Nearco, Eraclide, Stasanore,
Perdicca, Tolemeo, Olcia, Lisimaco, Eumene e
Asandro.
Durante questo fastosissimo banchetto
partecipò in maniera smodata, come
era suo uso, ad una gara di bevute dalle
quali non si tirava mai indietro. Il
coppiere del banchetto era Iolao, figlio di
Antiurto e fratello di Cassandro.
I fatti narrati da Diodoro e Giustino,
integrati con il "Romanzo di Alessandro"
dello Pseudo-Callistene ci dicono che quella
notte
il Re medesimo bevve fino a tardi insieme
agli amici
ubriacandosi completamente, e che fu colto
da una fitta dolorosa nel bel mezzo della
serata.
Alessandro nel percepire le prime fitte di
dolore credette che si trattasse di
indigestione, cercò di rimettere il cibo,
solleticandosi il palato con una piuma che
normalmente i coppieri tenevano a
disposizione degli invitati per far si da
rigettare il troppo alcool.
L'eccedenza vinaria portò il Signore ad un collasso alcolico,
sottolineato da un violento spasmo, pari per
intensità e dolore ad un colpo tremendo
subito
dopo avere terminato, in una gara a tempo un
intera anfora di vino, più
di cinque litri di vino non diluito,
detta Coppa di Eracle.
Risultò subito chiaro a tutti gli invitati
che lo spasmo che lo aveva colpito aveva
irrimediabilmente compromesso le sue
condizioni di salute. Tuttavia con una certa
incredulità degli altri partecipanti la
serata giunse a termine.
Le notizie plutarchee ed arrianee derivate dal Diario Reale ci
danno un resoconto scarno ma preciso di
quello che accadde nei dodici giorni
successivi a quella notte
con il decorso della ‘malattia’ del Monarca,
fino alla morte, giunta proprio al termine
di tale periodo.
Sera del 18 del mese di Desio (3 giugno del 323 a.C.): viene
tenuto il banchetto con Medio al termine del
quale Alessandro era gia febbricitante o
comunque aveva dei sintomi di malore, dopo
essere andato a fare il bagno per la
stanchezza rimase a dormire nella sala da
bagno.
19 del mese di Desio (4 giugno del 323 a.C.): in seguito al
malore, all’alcool e alla stanchezza,
Alessandro è costretto ad un giorno di
convalescenza forzata.
dal 20 al 23 del mese di Desio (5-8 giugno del 323 a.C.):
nonostante sia febbricitante Alessandro
riprende le normali attività: sacrifica agli
dei all’alba e inizia la mattinata con delle
riunioni-fiume con i suoi generali ed
ufficiali per pianificare la conquista
dell’Arabia, la sera si reca puntualmente da
Meido e si continua ad ubriacare.
24 del mese di Desio (9 giugno del 323 a.C.):
la febbre si alza in maniera anomala e
piuttosto elevata, Alessandro è costretto a
letto nel palazzo di Nabucodonosor; i
generali e gli amici del suo entourage
comprendono che la situazione e grave e a
turno vegliano su di lui, soprattutto la
notte. Non essendoci disposizioni né sulla
successione, né sulla reggenza i suoi
collaboratori iniziano un’opera pressante di
richiesta del nome di chi avrebbe ereditato
la guida dell'impero.
Alessandro non aveva designato successori
e quando tutti gli amici si riunironoinsieme
per porre al re ancora cosciente la domanda
" a chi lasci il Regno?" , Alessandro
rispose che lo lasciava
l'impero
"al migliore" tra essi.
25 del mese di Desio (10 giugno del 323 a.C.): le condizioni
di Alessandro si aggravano inesorabilmente,
uno dei sintomi dell’aggravamento è la
perdita dell'uso della parola; col passare
delle ore la situazione acquisisce toni
disperati.
26 del mese di Desio (11 giugno del 323 a.C.): le voci di una
morte improvvisa del re raggiungono la
truppa: i soldati, certi della sua morte,
chiedono e ottengono, forzando la
situazione, di entrare nella camera dove
giace Alessandro. Vedendolo incapace di
parlare ma ancora cosciente, i militi
sfilano davanti al loro Re, presagendo il
peggio.
27 del mese di Desio (12 giugno del 323 a.C.): Alessandro
entra in uno stato di coma e poco prima di
questo stadio
si toglie l’anello e lo consegna a Perdicca,
amico e collaboratore tra i più fidati tra
quelli presenti a Babilonia, vista la
mancanza di Efestione e l’assenza di Cratero.
28 del mese di Desio (13 giugno del 323 a.C.): in serata
Alessandro muore.
Nei quattro giorni successivi l’intera città di Babilonia
rimase in silenzio straziata per il dolore
solamente dai gemiti di coloro che
piangevano il loro Signore.
Sette tra gli ufficiali superiori avrebbero tenuto in
incubazione il corpo di Alessandro nel
santuario di Serapide, e quindi in mano di
sacerdoti esperti nell’imbalsamazione, per
condurre delle indagini sulla sua morte: una
specie di autopsia.
Il suo corpo fu portato ad Alessandria in Egitto, dove fu
seppellito.
La serie piuttosto particolare delle
coincidenze, che ad una prima impressione
non sono neanche evidenti, lasciarono
pensare anticamente che la morte di
Alessandro non fu dovuta propriamente a
cause naturali.
Certamente le ferite rimediate in dieci anni di guerre, il
lavoro intenso ed estremamente stressante, i
dolori di corte, indebolirono la tempra del
Monarca che probabilmente venne fiaccato da
una qualche malattia.
Quello che si può definire da un punto di
vista scientifico è il decorso della
malattia o comunque dei sintomi, che hanno
indotto molti studiosi a liquidare la
vicenda, con la considerazione che vide la
morte di Alessandro legata a delle generiche
febbri.
Da questo sintomo e dal tipo di decorso si è
giunti ad ipotizzare che la morte del Re sia
avvenuta in seguito ad una presunta malattia
polmonare contratta in seguito alla tremenda
ferita, che gli aveva intaccato anche gli
alveoli respiratori, che aveva ricevuto
nella campagna contro i malli in India.
Altri ancora hanno pensato che la grave
febbre che colpì Alessandro sia stata dovuta
all’attraversamento delle zone palustri
peribabilonesi e ad un attacco malarico
dalla lunga incubazione e dal brevissimo
decorso.
Altri ancora ritengono che Alessandro in
seguito alle eccessive bevute alle quali
sembra ricorresse sempre piu spesso per
dimenticare i dolore e i rimorsi, abbia
superato l’ecedenza alcolica sopportabile
dal corpo umano proprio con quell’ultima
bevuta nell’ingurgitare i 5 litri di vino
della Coppa di Eracle ed entrando
inesorabilmente in un coma alcolico.
Ma è necessario tenere in considerazione
anche le iIlazioni sulla sua morte.
Nell’intera trattazione portata avanti fino
a questo momento ci si è occupti
esclusivamente di trattare la storia così
come questa era avvenuta e così soprattutto
come questa era stata trattata, ma questo
capitolo, l’ultimo, della storia di
Alessandro il Grande è quello che può
racchiudere al suo interno la chiave di
lettura dell’intera vita del più grande eroe
realmente esistito di tutti i tempi.
L’ipotesi dell’omicidio già avanzata in
antico deve essere comunque tenuta in grande
considerazione poiché non si tratta di
singole tracce, di elementi sfusi e di
singole ipotesi, più di una serie di
considerazioni lasciano pensare, portandolo
alla ribalta per esmpio anche in contesti
cinematografici, all’ipotesi del complotto
per l’eliminazione del Re.
che sono state fatte. presagi dei sacerdoti
babilonesi, le questioni interne alla sua
corte, i sintomi e il decorso piuttosto
particolari della malattia sollevarono, già
all’epoca e ancora tutt’oggi,diversi
sospetti sulla sua morte.
Diodoro, Giustino-TRogo e soprattutto lo
Pseudo-Callistene nel suo “Romanzo di
Alessandro" avanzano delle ipotesi che
posteriormente al decesso sembrano essere
supportate da prove piuttosto eclatanti.
Gli antefatti vanno ricercati nel richiamo
ufficiale fatto da Alessandro ad Antipatro,
quando il primo richiese le nuove reclute e
la sua presenza al secondo, così come
racconta Arriano: una volta raggiunta
Babilonia, lo stratego d'Europa, sarebbe
stato rimpiazzato da Cratero al comando dei
veterani macedoni, ormai alla volta della
Macedonia.
Sia Antipatro che Alessndro in un qualche
odo avevano terminato probabilmente, la loro
fiducia reciproca: se il primo era in
pessimi rapporti con la regina d’europa e
madre d’alessandro, Olimpiade sulle
questioni determinate dalla reggenza se non
altro della macedonia medesima, e lamentate
dalla regina.madre nelle missive al figlio,
dall’altra parte il Re teneva a corte i
figli del satrapo d’Europa, Cassandro e
Iolao, quasi alla stregua di ostaggi velati.
Le stesse fonti antiche riportano le ipotesi di complotto
sull’avvelenamento del re ideato e voluto da
Antiprato e inaspettatamente compito dai
suoi figli.
Il piano inoltre avrebbe avuto anche numerosi complici che
avrebbero ideato il piano per attuarlo la
notte del banchetto presso Meido di Larissa,
gli accusati del complotto e del fatto che
ne fossero a conoscenza sembra che fossero
Meleagro, Pitone, Leonnato, Cassandro,
Peuceste, Nearco, Eraclide, Stasanore,
mentre gli altri sei invitati, Perdicca,
Tolemeo, Olcia, Lisimaco, Eumene e Asandro,
vengono scaglionati dallo Pseudo-Callistene.
La fonte narra che Iolao, dopo aver
nascosto il veleno in uno zoccolo di un
asino, in un attimo di distrazione riusciì a
confondere il Re e a fornirgli la coppa
avvelenata durante il banchetto.
In realtà sembra che Alessandro riuscì ad
intuire il pericolo, quando si accorse delle
prime fitte, insomma che avesse intuito che
si trattava di avvelenamento piuttosto che
d’indigestione, e che cercò immediatamente
di rimettere il cibo tramite una piuma che
però gli porse lo stesso coppiere che aveva
accuratamente pensato già ad intingere
abbondantemente nello stesso veleno, che
moltiplicò gli effetti negativi della prima
dose in maniera esponenziale.
Poco dopo la sua morte i sospetti su Antipatro in quanto
mandante dell’omicidio furono veementi; e se
i sospetti possono non contenere una certa
realtà intrinseca, i fatti di quello o che
accadde dopo lascia numerosi dubbi sugli
accadimenti: gli ateniesi votarono decreti e
tributarono onori al coppiere Iolao; la cui
tomba verrà profanata nel 317 da Olimpiade,
dopo la sua occupazione armata della
Macedonia, per vendicare la morte del
figlio.
Cassandro fu l'unico diadoco che non onorò
mai la memoria di Alessandro e sarà proprio
lui a mettere fine alla casa argeade con
l’omicidio di nel 310 a.C. dell’ultimo
figlio di Alessandro.
Nonostante i sospetti, le accuse i tentativi di falsare la
realtà, le fonti divergono in maniera totale
le une dalle altre sulla causa, se si sia
trattato di febbre da infezione polmonare
provocata dalla ferita al petto subita
presso la città dei malli, da febbre
malarica causata dall’infestamento delle
zanzare nell’area mesopotamica, da coma
alcolico dovuto ai continui banchetti che si
svolgevano a corte o da avvelenamento per
mano di Cassandro e Iolao. Siamo piuttosto
certi del decorso lento ma progressivo del
male e/o della malattia fino al momento in
cui la febbre si intensificò fino a
raggiungere uno stadio comatico
nell’accelerazione terminale dei 12 giorni.
Vero è che come ultima ipotesi è che una tremenda febbre
debilitante di vario genere potrebbe essere
stata aggravata dalle continue feste
notturne fino ad uno stadio di indebolimento
totale, momento in cui si sarebbe sfruttata
l’occasione per realizzare i piani criminosi
che si trovavano nella mente di Antipatro
già da tempo.
Comunque non si saprà mai la verità a riguardo, a meno che
nuove prove non verranno alla luce in
futuro.
|