[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

180 / DICEMBRE 2022 (CCXI)


contemporanea

I DIAVOLI DI LOUDUN

UN’ODISSEA TRA GRAZIA E ISTERIA FIRMATA ALDOUS HUXLEY

di Alessio Guglielmini

 

Avventurarsi tra le pagine di I diavoli di Loudun di Aldous Huxley non è un’operazione semplice. La vicenda realmente avvenuta, di per sé, è perfetta per essere romanzata.

 

Urbain Grandier, parroco gesuita ambizioso e libertino, sconvolge la vita della cittadina di Loudun. Prima, intraprendendo una serie di relazioni illecite con vedove e figlie eccellenti dei dignitari locali, poi finendo coinvolto in un celebre episodio di possessione demoniaca. Viene infatti accusato di aver traviato, attraverso l’evocazione delle forze diaboliche, le monache del convento delle Orsoline. Sono le allucinazioni notturne delle suore e di Jeanne des Anges, priora del convento, istericamente ossessionata da Grandier, insieme alle inimicizie che il prete si procura da anni, a portare al rogo di quest’ultimo, il 18 agosto 1634.

 

Huxley non drammatizza oltre il lecito i fatti, a cui aggiungepassaggi di fantasia, adottando l’approccio più del saggista e dello storico che del romanziere, intrattenendosi con le materie etiche e politiche che la società del tempo offre al ricercatore postumo. La più affascinante concerne il rapporto tra fede e sessualità.

 

Annota Huxley nelle prime pagine, introducendo uno dei temi portanti della narrazione, scrive: «La sessualità si mescola facilmente con la religione e la loro fusione emana uno di quegli aromi leggermente ripugnanti eppure squisiti e penetranti che eccitano il palato come una rivelazione: di che? Questa è proprio la questione».

 

Grandier è esemplare nel riunire queste due energie antitetiche: seduce per gioco Philippe Trincant, figlia del pubblico ministero di Loudun, ma forse si innamora seriamente di Madeleine de Brou, che sposa in gran segreto con una funzione autocelebrata, tutta da verificare dal punto di vista del diritto canonico. In questo secondo legame pare subentrare un che di mistico e provvidenziale: per un libertino come Grandier, eleggere una donna sull’altare dell’amore sembra quasi un atto religioso.

 

Ovviamente, non la pensano così i divulgatori dell’epoca e gli antagonisti di Grandier: Huxley indugia lungo le teorie di coloro che vedono nella coercizione degli appetiti della carne la chiave della redenzione. È il caso di un grande gesuita contemplativo, Louis Lallemant, che per breve tempo a Rouen, nel 1629, è istruttore di Jean-Joseph Surin, l’esorcista che andrà a “liberare” Jeanne des Anges, quando ormai le ceneri di Grandier sono già state sparse. Le tecniche di Lallemant si riassumono in una sistematica mortificazione “dell’uomo naturale”. Da questo punto di vista, spiega Huxley: «Lallemant era un rigorista e aveva un’opinione molto severa e agostiniana circa la completa depravazione della natura decaduta».

 

Questo accenno ad Agostino d’Ippona, nella descrizione del portamento di un gesuita, è degno di rilievo, dal momento che stabilisce un contatto tra i grandi contendenti teologici della Francia di Grandier e Surin: i giansenisti e, per l’appunto, la Compagnia di Gesù. Secondo i seguaci dell’olandese Giansenio (1585-1638), che si rifanno alla dottrina di Agostino, l’essere umano nasce irrimediabilmente corrotto e solo alcuni sono predestinati alla salvezza, per intervento provvidenziale della grazia divina. I gesuiti, facendo leva sul credo di Luis de Molina (1535-1600), ribattono che la volontà umana è fondamentale nel procacciarsi l’azione salvifica della grazia, negando quindi l’assunto della predestinazione.

 

Huxley cita nelle sue digressioni anche il più famoso “amico” dei giansenisti, Blaise Pascal. Le Lettere Provinciali appaiono oltre vent’anni dopo la morte di Grandier, inserendosi nella contesa fatidica. Huxley prende le distanze dalle inclinazioni religiose di Pascal, preferendogli il genio della sua esposizione: «Il piacere che ci procurano le esibizioni di Pascal è tale da renderci ciechi al fatto che, nella polemica tra gesuiti e giansenisti, il nostro impareggiabile virtuoso combatteva per quella che, in sostanza, era la causa peggiore».

 

Huxley la definisce tale per l’illimitato puritanesimo della fazione giansenista che, a ogni modo, non risparmia nemmenol’approccio di gesuiti implacabili come padre Lallemant. È proprio un membro della Compagnia di Gesù, il già menzionato Surin, che per qualche tempo si è abbeverato del pensiero di Lallemant, a essere chiamato a Loudun per esaminare il caso della priora posseduta. Il generale dell’Ordine, Vitelleschi, non gradisce questo coinvolgimento, ma le pressioni di Richelieu sono più forti di ogni ritegno.

 

Surin, che ai tempi del Collegio di Bordeaux si è verosimilmente imbattuto nell’intrigante Grandier, giunge a Loudun il 15 dicembre 1634. Ha 34 anni e, stando a Huxley, mostra un rigorismo pessimista, quasi più agostiniano che molinista. Inoltre, è incline ad assecondare le manifestazioni di estasi presso il gentil sesso: recentemente haseguito due penitenti degne d’interesse, nella città portuale di Marennes.

 

Una di esse è madame du Verger, moglie di un facoltoso mercante e soggetta a visioni. Ma perché preoccuparsi, si chiede Huxley, delle grazie straordinarie che non si sa mai se possono provenire “da Dio, dall’immaginazione, da frode deliberata o dal demonio?”.

 

La stessa pasta di Surin pare suscettibile alla confusione e alla manipolazione. Huxley gli attribuisce una mente debole, facilmente suggestionabile, indotta a credere al reiterato intervento del soprannaturale nelle maglie della storia. A differenza di numerosi colleghi, Surin sottoscrive la possessione delle Orsoline di Loudun. Jeanne des Anges, in cui il confine tra recitazione, plagio e isteria è particolarmente intricato, non accetta di buon grado la venuta di Surin. Prima dell’arrivo dello zelante gesuita, si informa su di lui, sui casi che ha seguito a Marennes, per potersi preparare al meglio.

 

Uno dei demoni che la comanda, Isacaaron, ride delle buone intenzioni del gesuita: «Soeur Jeanne lo interrompeva con scoppi di riso, barzellette (…), rutti clamorosi, frammenti di canzoni, imitazioni di porci che mangiano».

 

Surin, falliti i primi tentativi, chiede di sobbarcarsi il delirio che la priora sta subendo, per poterla alleggerire del peso. Il 19 gennaio 1635 inizia un degrado psicologico che a maggio descrive in questo modo al confratello d’Attichy: «Per gli ultimi tre mesi e mezzo non sono mai stato senza un diavolo di turno. La situazione è diventata tale (per i miei peccati, penso) che Dio ha permesso (…)  ai diavoli di uscire dal corpo della persona indemoniata e di entrare nel mio, di assalirmi, di buttarmi a terra, di tormentarmi in modo che tutti possano vedere, possedendomi per diverse ore di seguito come un indemoniato».

 

Surin dichiara di avereal suo interno “due anime”, un secondo “me” che è intruso, tanto che due spiriti si danno battaglia nel suo corpo. Da una parte vige una pace assoluta, una benevolenza massima ispirata da Dio, dall’altra preme una forza odiosa e terribile che si ribella contro l’Onnipotente. Purtroppo per Surin, d’Attichy non mantiene la discrezione e la lettera viene diffusa tra i gesuiti, facendo di Surin oggetto di “divertimento”.

 

Se non altro, i progressi con la priora sono tangibili, benché Huxley alluda per lei a una nuova parte da recitare: da posseduta a illuminata, attraverso un faticoso training di punizioni: «Abolì il materasso di piume per dormire sulle tavole nude; preparò decotti di assenzio da versare sui cibi invece della salsa; indossò un cilicio e una cintura cosparsa di chiodi; si percuoteva con una frusta almeno tre volte al giorno».

 

Nel corso dell’estate, Jeanne va in estasi mentre medita sulla passione di Cristo. Quando si risveglia ammette di “essere arrivata così vicino a Dio da ricevere, per così dire, un bacio dalle sue labbra”. La tensione erotica, di nuovo, si fonde alla rivelazione divina, producendo “uno di quegli aromi leggermente ripugnanti eppure squisiti e penetranti” su cui Huxley ha ammonito in apertura.

 

Malgrado l’esposizione del caso e le pressioni del padre provinciale dei gesuiti per riportare Surin a Bordeaux, l’esorcista riesce a scacciare quasi tutti i demoni che turbano la salute della monaca. Dopo un breve intermezzo di padre Ressès, Surin torna a Loudun dove viene stabilito un accordo con l’ultimo demone: lui e Jeanne si recheranno insieme in pellegrinaggio sulla tomba di San Francesco di Sales ad Annecy e l’entità diabolica si leverà di torno. Per evitare ulteriore scandalo, si decide che Jeanne e Surin si trovino direttamentead Annecy, viaggiando per strade separate. A fine ottobre del 1636, Surin ha concluso la sua faticosa missione.

 

Per Jeanne si inaugura, viceversa, un periodo di grande visibilità: in qualità di santa vivente, è ricevuta in pompa magna da arcivescovi, dallo stesso Richelieu e dai reali di Francia. Nel 1644 comincia a redigere le sue memorie. Il suo “salvatore”, di contro, tra il 1637 e il 1638, inizia a dare segni di annichilimento. Huxley registra dal 1639 al 1657 un vuoto totale nella sua corrispondenza, “un analfabetismo patologico” che lo rende incapace di scrivere e di leggere. Per lunghi anni Surin si convince di essere inevitabilmente destinato alla dannazione, aderendo di fatto alla dottrina giansenista.

 

Il 17 maggio 1645 tenta il suicidio. È la simpatia affettuosa di padre Bastide, nominato rettore del collegio di Saintes nel 1648, a riportare Surin sulla via della redenzione: nel 1651, Surin inizia a dettare a un amanuense le composizioni che daranno vita al suo Le catéchisme spirituel. Le opere successive le scriverà di suo pugno, così come sarà in grado di tenere una qualche corrispondenza con Jeanne.

 

Più che Grandier e Jeanne, è forse Surin il protagonista della vicenda dipinta da Huxley. È lui a vivere più intensamente la crisi controriformistica nella Francia post editto di Nantes, nell’indecisione tra libero arbitrio e predestinazione, tra estasi e illusione isterica, tra salvezza e dannazione. Un’incertezza fisiologica di cui la cittadina di Loudun, pullulante di ugonotti e preda ambita delle istanze accentratrici di Richelieu, è insieme ispiratrice e vittima.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

A. Huxley, I diavoli di Loudun, Mondadori, Milano 1998.

B. Pascal, Opere complete, Bompiani, Milano 2020.

F.M. Sirignano, Gesuiti e Giansenisti. Modelli e metodi educativi a confronto, Liguori, Napoli 2013.  

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]