N. 27 - Marzo 2010
(LVIII)
Aldo Manuzio
pioniere dell’editoria moderna
di Michele Broccoletti
Nel
XV
secolo,
Aldo
Manuzio
veniva
considerato
come
il
maggior
tipografo
del
suo
tempo:
a
distanza
di
oltre
cinquecento
anni,
possiamo
riconoscere
in
Aldo
Manuzio
il
primo
precursore
degli
editori
moderni.
Nato nei pressi di Velletri, nell’anno 1449, Aldo Manuzio
non
ci
ha
tramandato
nessun’altra
informazione
relativa
alle
sue
origini
ed
alla
sua
famiglia.
Sappiamo
che
Manuzio
fu
un
uomo
di
grande
cultura
e si
impegnò
per
imparare
il
greco
ed
il
latino
e,
dal
1482
ebbe
come
compagno
di
studi
Giovanni
Pico,
oggi
conosciuto
semplicemente
come
Pico
della
Mirandola.
Quest’ultimo
fece
in
modo
che
Aldo
divenisse
il
tutore
di
Alberto
III
Pio
e
Lionello
Pio,
principi
di
Carpi,
nonché
nipoti
dello
stesso
Pico
della
Mirandola.
In
Alberto
Pio
possiamo,
molto
probabilmente,
riconoscere
il
finanziatore
delle
prime
stampe
di
Aldo.
È proprio verso gli anni ottanta del XV secolo, che Manuzio
maturò
quello
che
sarebbe
poi
divenuto
il
suo
progetto
editoriale,
per
mezzo
del
quale
egli
voleva
diffondere,
e
soprattutto
preservare
la
filosofia
greca
e la
letteratura
greca
e
latina
da
un
continuo
oblio,
recuperando
e
riproponendo
i
grandi
capolavori
classici,
tramite
edizioni
stampate.
Ma in che modo Manuzio si trasformò da umanista a stampatore?
È
probabile
che
egli
si
avvicinò
all’arte
della
stampa
nel
momento
in
cui
la
tecnica
venne
introdotta
in
Italia,
inizialmente
a
Subiaco
(1465)
e
poi
a
Roma
(1467).
In
queste
due
città
Manuzio
apprese
forse
i
primi
rudimenti
dell’attività
tipografica,
che
per
lui
divenne
il
completamento
naturale
degli
studi
umanistici,
inserendosi
appieno
nel
suo
contesto
sociale
e
culturale
proprio
del
Rinascimento.
Manuzio scelse Venezia come sede per la sua tipografia,
trasferendosi
attorno
al
1490
nella
Repubblica
veneta,
dove
strinse
fin
da
subito
rapporti
e
legami
amichevoli
con
letterati
ed
artisti
fuggiti
da
Bisanzio
in
seguito
alla
caduta
dell’Impero
Romano
d’Oriente.
Nel
1502,
proprio
grazie
agli
intensi
e
numerosi
rapporti
con
intellettuali
e
studiosi,
Manuzio
riuscì
a
fondare
l’Accademia
Aldina,
dedicata
allo
studio
dei
classici
greci,
che
annoverava
tra
le
sue
fila
membri
come
Erasmo
da
Rotterdam
e
Pietro
Bembo.
L’Accademia,
che
prendeva
il
nome
dal
classico
carattere
corsivo
che
Manuzio
per
primo
utilizzò
nelle
sue
edizioni
a
stampa,
aveva
anche
lo
scopo
di
accogliere
gli
stessi
letterati
scappati
da
Bisanzio
e
rifugiatisi
a
Venezia.
Manuzio, dopo un apprendistato nella tipografia di Andrea
Torresani
(del
quale
sposò
la
figlia
Maria
ed
al
quale
si
associò
nel
1508),
cominciò
la
sua
attività
di
tipografo
nel
1494,
ed
in
circa
tre
anni
pubblicò
l’opera
completa
di
Aristotele,
raccolta
in
cinque
volumi.
All’opera
di
Aristotele
seguirono
quelle
di
Tucidide,
Aristofane,
Erodoto,
Sofocle,
Euripide,
Senofonte,
Demostene
e
Platone.
Solo
con
l’avvento
del
XVI
secolo,
Manuzio
iniziò
a
dare
alle
stampe
anche
testi
classici
latini
ed
italiani.
Come è stato gia evidenziato, lo scopo principale del progetto
di
Aldo
Manuzio
era
quello
di
diffondere
la
lingua
e la
filosofia
greca.
Il
greco
era
la
lingua
usata
in
casa
di
Manuzio,
il
quale
parlava
in
greco
pure
nel
dare
le
istruzioni
a
legatori
ed
apprendisti.
Per
raggiungere
il
suo
scopo,
egli
metteva
in
secondo
piano
anche
l’aspetto
economico
del
proprio
operato,
facendo
invece
attenzione
a
mantenere
l’altissima
qualità
delle
sue
edizioni,
che
per
questo
erano
accessibili
ad
un
ristretto
pubblico
di
lettori.
Solamente in un secondo momento, a partire dal 1500, la
tipografia
di
Manuzio
inaugurò
una
collana
di
libri,
di
prezzo
e
dimensioni
ridotte,
in
cui
per
la
prima
volta
era
utilizzato
il
carattere
corsivo,
simile
alle
lettere
dei
manoscritti
greci
dai
quali
erano
copiati
i
libri
a
stampa.
Una delle pubblicazioni con le quali Manuzio riscosse maggior
successo,
fu
senza
dubbio
la
Hypnerotomachia
Poliphili,
titolo
che
letteralmente
può
essere
tradotto
come
“La
battaglia
amorosa
di
Polifilo
in
sogno”.
Si
tratta
di
un
romanzo
allegorico,
probabilmente
scritto
dal
frate
domenicano
Francesco
Colonna,
che
narra
le
avventure
amorose
del
giovane
Polifilo
che
va
alla
ricerca
dell’amata
Polia.
L’opera
venne
stampata
dalla
tipografia
di
Manuzio
nel
1499:
pubblicata
in
volgare,
si
discosta
da
quelle
che
erano
le
opere
generalmente
stampate
da
Manuzio,
ma
allo
stesso
tempo,
il
romanzo
di
Francesco
Colonna
fu
corredato
da
un
formidabile
apparato
di
splendide
xilografie,
che
lo
resero
un
vero
capolavoro
dell’arte
tipografica.
Nel 1501 Manuzio pubblicò l’opera di Virgilio, usando sempre
il
carattere
corsivo,
ma
soprattutto
introducendo
un
nuovo
formato
di
stampa:
il
volume
fu
infatti
stampato
“in
ottavo”,
ovvero
in
un
formato
molto
più
ridotto
in
confronto
ai
grandi
volumi
stampati
“in
folio”,
che
risultavano
ingombranti
e
poco
pratici
da
sfogliare.
In questa maniera, per la prima volta il libro divenne leggero,
maneggevole
e
facilmente
trasportabile:
Manuzio
fu,
in
sostanza,
l’inventore
delle
edizioni
tascabili.
I
testi
da
lui
stampati
ancora
oggi
suscitano
meraviglia
ed
interesse.
Le
opere
pubblicate
da
Manuzio
costituirono
per
molti
anni,
una
sorta
di
summa
enciclopedica
del
sapere
umanistico.
Ben presto, i volumi ed i testi stampati da Aldo Manuzio
iniziarono
ad
essere
chiamati
Aldine,
il
cui
nome
era
sinonimo
di
una
serie
di
particolari
caratteristiche,
che,
per
il
tempo
rappresentavano
delle
importanti
novità
tipografiche,
le
quali
si
diffusero
rapidamente
in
tutta
Europa,
dando
origine
ad
un
nuovo
tipo
di
libro
a
stampa.
Le Aldine, come anche tutti gli altri prodotti tipografici
di
Manuzio,
erano
contraddistinte
da
un
marchio,
ripreso
da
un’immagine
incisa
su
di
un’antica
moneta
romana,
rappresentato
da
un’ancora
con
un
delfino;
l’ancora
indicava
la
solidità,
mentre
il
delfino
la
rapidità
e la
velocità,
ed
insieme
i
due
simboli
riconducevano
a
quello
che
era
il
motto
usato
da
Manuzio:
“festina
lente”,
ovvero
“affrettati
con
calma”,
cioè
“pensa
bene,
ma
poi
agisci”.
L’impatto rivoluzionario delle Aldine appare molto evidente
se
si
paragona
l’elegante
volume
in
formato
ottavo
della
Divina
Commedia
del
1502,
stampato
in
corsivo
e
senza
commenti,
che
subito
si
dimostra
più
pratico
e
maneggevole
rispetto
agli
ingombranti
incunaboli,
dove
il
testo
di
Dante
era
sommerso
da
infinite
note
esegetiche.
L’edizione
del
1502
della
Divina
Commedia,
curata
da
Pietro
Bembo,
venne
presa
come
modello
per
tutte
le
ristampe
dell’opera
di
Dante,
per
i
tre
secoli
successivi.
Manuzio, oltre ad essere stato lui stesso autore di grammatiche
classiche,
pubblicò
anche
opere
di
Erasmo
da
Rotterdam,
Angelo
Poliziano
e
Pietro
Bembo.
Dopo
la
sua
morte,
il 5
febbraio
del
1515,
la
tipografia
continuò
ad
essere
condotta
dal
suocero,
dai
cognati
e
dai
figli.
A cinque secoli di distanza, le opere stampate da Aldo Manuzio,
oltre
ad
essere
di
grande
valore,
conservano
ancora
un
grande
fascino.
In
venti
anni
di
attività
Manuzio
riuscì
ad
introdurre
in
ambito
tipografico
delle
importanti
innovazioni,
sulle
quali
si
basa
tutt’oggi
l’editoria
moderna.
Oltre alle novità che sono già state elencate, è doveroso
ricordare
che
Manuzio
impiegò
per
primo
quella
che
diverrà
la
definitiva
sistemazione
della
punteggiatura
(il
punto,
la
virgola,
il
punto
e
virgola,
l’accento
e
l’apostrofo
vengono
usati,
per
la
prima
volta,
nella
loro
forma
odierna),
fu
il
primo
ad
editare
il
libro
con
la
numerazione
delle
pagine
su
entrambi
i
lati
(fronte-retro),
e fu
anche
il
primo
a
pubblicare
il
catalogo
delle
proprie
edizioni
che
arrivò
a
comprendere,
in
totale,
oltre
130
opere.
Perciò, se alla Germania spetta la nascita della moderna
stampa,
l’Italia,
con
Aldo
Manuzio,
ha
sicuramente
portato
ai
massimi
splendori
l’arte
della
tipografia.