SULL'aldilà norreno
ALLA morte CORRISPONDEVA davvero la
fine?
di Fortunato Pio Nunnari
Quando il dio Baldr ebbe
funeste visioni di morte, tutti gli
dèi di Asgard si riunirono in
consiglio e Frigg, madre di Baldr,
decise di chiedere ad ogni essere
animato e inanimato del mondo il
giuramento che mai avrebbe ferito
suo figlio. Al dio Loki,
però, ciò non piacque affatto.
Trasformandosi in una tenera
vecchietta, si recò presso Frigg e
le chiese se tutti gli esseri
avessero giurato fedeltà a Baldr.
La dea così rispose: “Cresce una
piccola pianticella ad ovest nella Valhöll che
ha nome vischio; mi sembrava troppo
giovane per pretenderne il
giuramento”.
Soddisfatto, il dio dell’inganno
corse immediatamente presso la
pianticella, la strappò e torno
all’assemblea degli dèi. Lì un dio
di nome Hödr se ne stava
isolato poiché era cieco. Loki gli
si avvicinò e gli chiese come mai
non scagliasse qualcosa contro Baldr.
Consuetudine, infatti, che per
verificare il giuramento di tutti
gli esseri del mondo ogni dio
scagliasse qualcosa contro Baldr.
Così Loki diede il bastoncino
di vischio a Hödr e gli
indicò il bersaglio. La freccia
sibiliò nell’aria e il dio immortale
cadde a terra esanime, raggiungendo Helheimr.
Questa vicenda, tratta dall’Edda
in prosa di Snorri Sturluson,
mostra un lato interessante della
cultura norrena: perfino un dio
come Baldr, considerato
immortale, può morire. La morte e
l’aldilà hanno un ruolo molto
importante nel mondo norreno.
Numerosi tumuli, pire, barche
funerarie ed epigrafi dimostrano
l’accuratezza con cui i norreni
trattavano il tema della morte.
Essi, infatti, non avevano un
concetto unico di aldilà, ma i vari
luoghi a cui un norreno poteva
essere destinato post mortem
certamente condizionavano il suo
stile di vita.
Il dio Baldr, ucciso da una
freccia di vischio, fu condotto ad Hellheimr,
una terra fredda e desolata
presieduta da Hel, la dea che
accoglie tutti i malati di
vecchiaia, di malattia, o di una
morte poco onorevole. Dunque, Helheimr era
il luogo ove la gente comune veniva
accolta, non potendo ambire ad un
luogo più confortevole come il Valhalla.
I malfattori, i ladri, i disonesti e
coloro che avevano condotto una vita
disonesta finivano a Niflher,
un luogo oscuro posto al di sotto
delle radici di Yggdrasill,
l’albero del mondo. Tra tutti i
mondi, Niflher era quello
posto più in basso.
Un altro luogo di destinazione per i
norreni dopo il passaggio
nell’aldilà era un’enorme sala di Asgard,
dimora degli dèi, presieduta dall’allfǫðr (padre
di tutti gli dèi), Odino. La
sala, il cui tetto era composto da
lance, le cui mura erano fatte di
scudi, era chiamata Valhöll (Valhalla)
ed era il luogo dove venivano
accolti tutti i caduti in battaglia.
Accompagnati presso le porte del
Valhalla dalle valchirie, leggiadre
guerriere figlie di Odino, i
caduti venivano accolti nel
banchetto eterno degli dèi e
diventavano enherjar, soldati
dell’esercito che Odino avrebbe
guidato nel Ragnarok contro
le forze del Male. Nel Valhalla gli enherjar trascorrevano
le giornate combattendo tra di loro
di giorno e banchettando al fianco
degli dèi di notte. Non tutti i
caduti in battaglia, però, finivano
nel Valhalla, ma solo una metà. La
restante parte veniva scelta dalla
dea Freya e condotta nel Fólkvangr,
i campi della dea.
Alcuni racconti medievali raccontano
dell’esistenza di altre sale
presiedute dai dèi norreni, come
quella di Thor. Da ciò si
evince che i norreni avessero delle
idee piuttosto differenti di
“aldilà”. Probabilmente la pluralità
dei mondi ultraterreni norreni era
dovuta alla diversificazione
sociale, etnica e culturale di
questa popolazione.
Nella mitologia norrena sono
presenti delle figure simili agli
zombie. Erano i corpi dei vichinghi
morti e venivano chiamati draugr,
esseri non morti con una forza
sovrumana che uscivano dalle tombe
per uccidere chiunque si trovasse
sul loro cammino, uomini e animali.
La crescente paura che un morto
potesse diventare un draugr spingeva
le persone a cercare delle possibili
soluzioni quali tagliare la testa
del defunto, bruciarlo o porre sopra
il cadavere dei pesanti macigni,
così da non poter farlo alzare.
Nell’immaginario collettivo quando
si parla delle valchirie si pensa a
delle guerriere che cavalcano il
cielo in sella a cavalli alati,
proprio come nei film. Proprio le
pellicole cinematografiche hanno
contribuito a creare questa falsa
immagine delle valchirie. Ma
com’erano davvero le valchirie?
Innanzitutto, non cavalcavano
destrieri alati, né indossavano elmi
cornuti o portavano in capelli
raccolti nelle trecce. Poi le
valchirie non sceglievano chi moriva
in battaglia, ruolo assegnato alle
tre Norne che decidevano il destino
del mondo, ma sceglievano chi tra i
caduti meritasse il Valhalla. Un
poemetto di nome Grímnismál attribuisce
un’altra funzione alle valchirie,
quella di occuparsi delle
vettovaglie e del banchetto della
sala dei caduti. In questa duplice
funzione si intravede perfettamente
la concezione vichinga della
femminilità: abili guerriere di
giorno e servitrici di notte.