Storia di un’amicizia
il rapporto tra ALBERT Einstein e Michele Besso
di
Francesco Cappellani
Nel
luglio del 2017 è stato battuto
all’asta da Christie’s a Londra un
corpus di 56 lettere scritte da
Einstein al suo amico Michele Besso
durante oltre mezzo secolo di
fraterna amicizia a partire dagli
anni a cavallo del 1900 a Zurigo
fino alla morte di Besso avvenuta a
Ginevra il 15 marzo 1955, circa un
mese prima di quella di Einstein a
Princeton.
Le
lettere coprono una grande varietà
di argomenti, sia di tipo
scientifico come gli studi sulla
relatività “una promettente teoria
dei campi”, sia politico, come
l’insorgenza del nazismo,
dell’antisemitismo e del potere di
Hitler, che più intimo e privato
come il difficile rapporto di
Einstein con la propria famiglia. In
una lettera incita Besso “a tenerlo
informato della situazione mediante
cartoline, senza troppo preoccuparsi
della continuità dei contenuti.
Nell’epoca della teoria quantistica,
questo è assolutamente permesso”.
Lo
scienziato rivela in questi scritti
oltre a una arguta autoironia,
spesso scherzando su se stesso, una
grande umiltà e un profondo ed
esclusivo amore per il suo lavoro
(“non vorrei continuare a vivere se
non avessi il mio lavoro”) e per le
sue scoperte scientifiche che gli
danno l’emozione di potersi
“avvicinare a Dio”.
Particolarmente interessante
è la lettera alla sorella Bice
Rusconi e al figlio di Michele Besso,
Vero, (“Lieber Vero und liebe
Frau Bice”), da Princeton datata
21 marzo 1955 in occasione della
dipartita del suo grande amico, che
ha realizzato all’asta la cifra di
50.000 sterline. Probabilmente è una
delle ultima lettere scritte da
Einstein prima del suo ricovero in
clinica il 13 aprile dove mancherà
cinque giorni dopo.
Scrive Einstein: «Caro
Vero e Cara Signora Bice! È stato
veramente gentile da parte vostra,
in questi giorni difficili,
raccontarmi così in dettaglio della
morte di Michele. La sua fine è
stata armoniosa a immagine di tutta
la sua vita e al suo modo di essere.
Questo dono di una vita armoniosa si
accoppia raramente con una
intelligenza così acuta come è
avvenuto nel suo caso in tale rara
misura. Ma ciò che ho ammirato di
più in Michele, come uomo, è il
fatto di essere stato capace di
vivere tanti anni con una donna non
soltanto in pace ma in continuo
accordo, un’impresa nella quale io
ho fallito piuttosto miseramente due
volte. La nostra amicizia è nata
negli anni in cui eravamo studenti a
Zurigo, dove ci incontravamo
regolarmente per le serate musicali.
Lui, più vecchio e più saggio, era
sempre di stimolo per noi. La sfera
dei suoi interessi sembrava
realmente senza limiti. In ogni caso
era molto forte l’interesse che
aveva nel campo critico-filosofico.
Più tardi ci siamo trovati insieme
nell’ufficio brevetti. Le nostre
conversazioni mentre rientravamo a
casa erano incredibilmente
congeniali, come se le ordinarie
contingenze dell’umanità non
esistessero. Tuttavia, in seguito,
avemmo più difficoltà a comprenderci
appieno per lettera. La penna non
riusciva a tenere il passo con la
sua mente così versatile, cosicché,
nella maggior parte dei casi, era
impossibile per chi riceveva lo
scritto, indovinare ciò che lui
aveva omesso di scrivere.
Anche nel congedarsi da
questo strano mondo mi ha preceduto
di poco. Questo non significa nulla.
Le persone come noi che credono
nella fisica, sanno che la
distinzione fra passato, presente e
futuro non è altro che una
persistente, cocciuta, illusione.
Vi ringrazio caramente e
invio i miei migliori auguri a tutti
voi,
Il vostro Albert».
Michele Angelo Besso nasce a
Zurigo nel 1873 da una famiglia
italiana di origini ebree sefardite.
Studia matematica e fisica a Roma
per poi trasferirsi all’ETH (Eidgenössische
Technische Hochschule), il
Politecnico Federale di Zurigo, dove
si laurea in ingegneria. Besso ha 23
anni e Einstein 17 quando si
conoscono nella casa di una anziana
signora, Selina Capriotti, durante
una delle feste che questa signora
organizzava nella sua casa sul lago.
Einstein nel 1896 si iscrive alla
facoltà di matematica e fisica
dell’ETH e Besso, che lavora in una
ditta di motori elettrici, essendo
da sempre appassionato a queste
materie, fraternizza da subito con
lo studente a cui lo legheranno in
seguito la comune passione per la
musica e per il violino che entrambi
suonano discretamente.
Allo
stesso corso si iscrive la serba
Mileva Marič, di quattro anni
maggiore di Einstein, che se ne
innamora e da cui avrà una figlia,
partorita a Novi Sad nel 1902, di
cui si perdono le tracce. La bimba
fu forse data in adozione o morì di
scarlattina nella prima infanzia.
Einstein si laurea nel 1900; nel
1903 sposa Mileva da cui avrà altri
due figli prima di separarsi e
divorziare infine da lei nel 1919.
Nel 1901 acquisisce la
cittadinanza svizzera e tenta invano
di entrare come assistente al
Politecnico.
Grazie ai buoni uffici del
papà del suo amico matematico Marcel
Grossman ottiene un posto
all’Ufficio Brevetti di Berna come
“assistente esaminatore” che viene
poi stabilizzato nel 1903. Nel 1904
Einstein si interessa per fare
assumere all’Ufficio Brevetti anche
il suo amico Besso. Dopo il lavoro,
rientrando a casa, discutono
animatamente di problemi e concetti
scientifici. Anni dopo Einstein
ricorderà queste serate così
importanti per lo sviluppo delle sue
idee e quando, nel 1905, pubblica la
sua rivoluzionaria teoria della
relatività ristretta, dirà al
biografo Carl Seelig che Besso era
stato la migliore cassa di risonanza
(sounding board) europea per
le sue idee scientifiche.
Nell’articolo originale sulla
relatività, Einstein concludeva
l’articolo affermando: «In
conclusione lasciatemi dire che il
mio amico e collega M.Besso mi è
stato costantemente accanto nel mio
lavoro sul problema qui discusso, e
che gli sono debitore per molti
suggerimenti preziosi».
Il 1905 fu l’”Annus Mirabilis”
di Einstein: il 30 aprile 1905
presenta la Tesi di Dottorato; nello
stesso anno pubblica i lavori
fondamentali sulla relatività
ristretta con l’equivalenza tra
massa ed energia, sul moto Browniano
e sull’effetto fotoelettrico che gli
varrà il premio Nobel nel 1921. È
l’inizio di una carriera che
diventerà nel tempo strepitosa
accompagnata da un cursus honorum
incredibile.
Nel 1908 viene nominato “privat
dozent” all’Università di Berna
e l’anno dopo viene istituita per
lui la cattedra di Fisica Teorica al
Politecnico di Zurigo. Dopo altre
destinazioni ritorna in Germania nel
1914 su invito di Max Planck,
iniziatore della fisica quantistica
e premio Nobel nel 1918, come
direttore del Kaiser Wilhelm
Institute e professore alla
Università Humboldt di Berlino. Con
l’avvento del nazismo, Einstein
rinuncia alla cittadinanza per
motivi politici dovuti al crescente
antisemitismo e nel 1933 emigra
negli USA. dove assume il posto di
professore di fisica teorica all’Institute
for Advanced Studies a Princeton.
Non tornerà più in Germania e
rimarrà stabilmente a Princeton fino
alla sua morte nel 1955.
Besso gli è sempre accanto,
ne diviene il confidente, il
sostenitore e l’amico più intimo
grazie a una affinità e capacità
intellettuale che gli permette di
conversare apertamente con lui sulla
relatività speciale e poi sulla
relatività generale, sulla freccia
del tempo, sull’espansione
dell’universo, sulla meccanica
quantistica e gli altri temi che la
nuova fisica del ‘900 stava
affrontando impetuosamente. Besso,
pur non esperto in fisica come
Einstein, era tuttavia in grado di
conversare con lui a un livello
molto elevato e stimolante. A questo
proposito scrisse che Einstein era
un’aquila che portava sotto la sua
ala lui, il passero, a maggiori
altezze.
A
conferma dei contributi scientifici
di Besso restano anche i 53 fogli
del cosiddetto “manoscritto
Einstein-Besso” che sono
un’emozionante prova della simbiosi
tra due cervelli che, in questo
caso, ha portato alla elaborazione
della relatività generale. In realtà
questi scritti, relativi agli anni
1912-1913, contengono calcoli
complessi che sono solo un embrione
di quegli studi. Einstein deve
ricorrere all’aiuto del suo amico
matematico Marcel Grossmann per
affrontare le complesse geometrie
non euclidee degli spazi curvi,
fondamentali per lo sviluppo della
sua teoria, appoggiandosi ai lavori
del grande matematico Carl Friedrich
Gauss per le superfici curve
bidimensionali e generalizzate a
spazi curvi a tre o più dimensioni
dal suo allievo Bernhard Riemann.
Grossmann in seguito indirizza
Einstein, a corto di strumenti
matematici più specifici e adeguati
per descrivere le sue nuove idee,
sui lavori del matematico italiano
Goffredo Ricci Curbastro il quale,
in collaborazione con Tullio
Levi-Civita, aveva scritto un
fondamentale trattato sul cosiddetto
calcolo differenziale assoluto (la
moderna geometria differenziale).
Einstein ne coglie immediatamente le
potenzialità e l’algoritmo di Ricci
diventerà il linguaggio di base, a
lungo cercato, per l’elaborazione
della relatività generale. Einstein
riconoscerà il contributo
dell’italiano e volle conoscerlo
personalmente durante un viaggio in
Italia nel 1921.
Finalmente esce, alla fine del 1915,
il suo lavoro fondamentale Die
Feldgleichungen der Gravitation
(Le equazioni di campo della
gravitazione) e nel 1916 quello
definitivo, Die Grundlagen der
algemeinen Relativitaetstheorie
negli Annalen der Physik;
così ne scrive al fisico e amico
Sommerfeld in una lettera del 28
novembre 1915: «Durante i mesi
scorsi ho passato uno dei più
eccitanti e strenui periodi della
mia vita, ma anche uno di maggiore
successo».
Nella lettera ai familiari di
Besso, Einstein accenna ai suoi
affetti familiari e al profondo
rammarico per la sua infelice vita
matrimoniale. Già in una lettera del
1916 si era lamentato con Besso del
rapporto sempre più estraneo che il
figlio Hans Albert, nato nel 1904,
aveva nei suoi confronti e quando,
come accennato all’inizio, si separa
e dopo parecchi anni divorzia nel
febbraio del 1919 dalla moglie
Mileva, che aveva correttamente
sospettato che il marito avesse una
relazione con la cugina Elsa già dal
1912, scrive che ha perso ogni
speranza di tenere con sé il figlio.
L’altro figlio Eduard, nato nel
1910, colpito da una malattia
mentale, una forma di schizofrenia,
finirà in un ospedale psichiatrico
di Zurigo. Elsa Löwenthal,
divorziata, diviene nel giugno 1919
la seconda moglie di Einstein; a lei
resterà legato fino alla morte di
Elsa nel 1936 per una grave
malattia. Scrive dell’angoscia per
gli accadimenti della sua vita
privata e delle “gioie della scienza
come un rifugio dalle dolorose
emozioni personali”.
Vari accenni di Einstein sul
senso della nostra esistenza sono
dispersi nelle lettere a Besso, ma
queste sue parole, citate nel
recente libro An Einstein
Encyclopedia (Calaprice,
Kennefick, Schulmann 2015),
chiariscono forse meglio il suo
pensiero: «Strana è la nostra
situazione qui sulla terra. Ognuno
di noi viene per una breve visita,
senza sapere perché, anche se a
volte sembra di intuirne uno scopo
(...) Riflettere interminabilmente
sulla ragione della propria
esistenza o sul significato della
vita in generale mi sembra, da un
punto di vista oggettivo, una pura
follia. Eppure ognuno ha certi
ideali che ne guidano le sue
aspirazioni e i suoi giudizi. Gli
ideali che mi hanno sempre
illuminato e mi hanno riempito di
gioia di vivere sono la bontà, la
bellezza e la verità. Avere come
obbiettivo agiatezza o felicità non
mi ha mai attratto; un sistema etico
costruito su questa base sarebbe
sufficiente solo per una mandria di
bestiame».
Nella conclusione della
lettera, Einstein riferendosi alla
morte dell’amico, scrive “mi ha
preceduto di poco”, quasi
presentisse la propria prossima fine
che avviene infatti circa un mese
più tardi. Nel 1948, all’età di 69
anni, era stato operato per un
aneurisma aortico addominale. Da
allora era consapevole della
possibilità di ricadute anche perché
all’epoca le tecniche attuali di
diagnosi, controllo e monitoraggio
(ultrasuoni etc.) non esistevano.
Nel pomeriggio del 13 aprile 1955,
mentre prepara il discorso che deve
tenere alla televisione per
commemorare il settimo anniversario
della nascita dello Stato di
Israele, ha un collasso dovuto a una
improvvisa emorragia causata dalla
rottura di un aneurisma dell’aorta
addominale.
Ricoverato al Centro Medico
Universitario di Princeton il 15
aprile, rifiuta il complesso
trattamento chirurgico proposto
dagli specialisti in consulto
dicendo ai medici: «I want to go
when I want to go. It is tasteless
to prolong life articially. I have
done my share; it is time to go. I
will do it elegantly» («Voglio
andarmene quando lo desidero. Non ha
senso prolungare la vita
artificialmente. Ho fatto la mia
parte, è tempo di andare. Lo farò
elegantemente»). Muore nel sonno
alle 1:15 a.m. del 18 aprile 1955;
poco dopo la mezzanotte l’infermiera
che lo assiste lo sente biascicare
alcune parole in tedesco, ma, non
conoscendo la lingua, non ne
comprende il significato. Aveva 76
anni.
Parlando di Einstein come
“persona”, il fisico Robert
Oppenheimer, nella lettura “in
memoriam” all’Unesco a Parigi il
13 dicembre 1965 nel decimo
anniversario della sua scomparsa e
il cinquantesimo della teoria
generale della relatività, lo ha
ricordato così: «Era quasi del
tutto privo di sofisticatezza e del
tutto privo di mondanità (...) C’era
sempre in lui una meravigliosa
purezza allo stesso tempo infantile
e profondamente ostinata».
Riferimenti bibliografici:
A.
Calaprice, D. Kennefick, R.
Schulmann, An Einstein
Encyclopedia, Princeton
University Press, 2015.