[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

192 / DICEMBRE 2023 (CCXXIII)


contemporanea

Storia di unamicizia

il rapporto tra ALBERT Einstein e Michele Besso

di Francesco Cappellani

 

Nel luglio del 2017 è stato battuto all’asta da Christie’s a Londra un corpus di 56 lettere scritte da Einstein al suo amico Michele Besso durante oltre mezzo secolo di fraterna amicizia a partire dagli anni a cavallo del 1900 a Zurigo fino alla morte di Besso avvenuta a Ginevra il 15 marzo 1955, circa un mese prima di quella di Einstein a Princeton.

 

Le lettere coprono una grande varietà di argomenti, sia di tipo scientifico come gli studi sulla relatività “una promettente teoria dei campi”, sia politico, come l’insorgenza del nazismo, dell’antisemitismo e del potere di Hitler, che più intimo e privato come il difficile rapporto di Einstein con la propria famiglia. In una lettera incita Besso “a tenerlo informato della situazione mediante cartoline, senza troppo preoccuparsi della continuità dei contenuti. Nell’epoca della teoria quantistica, questo è assolutamente permesso”.

 

Lo scienziato rivela in questi scritti oltre a una arguta autoironia, spesso scherzando su se stesso, una grande umiltà e un profondo ed esclusivo amore per il suo lavoro (“non vorrei continuare a vivere se non avessi il mio lavoro”) e per le sue scoperte scientifiche che gli danno l’emozione di potersi “avvicinare a Dio”.


Particolarmente interessante è la lettera alla sorella Bice Rusconi e al figlio di Michele Besso, Vero, (“Lieber Vero und liebe Frau Bice”), da Princeton datata 21 marzo 1955 in occasione della dipartita del suo grande amico, che ha realizzato all’asta la cifra di 50.000 sterline. Probabilmente è una delle ultima lettere scritte da Einstein prima del suo ricovero in clinica il 13 aprile dove mancherà cinque giorni dopo.


Scrive Einstein: «Caro Vero e Cara Signora Bice! È stato veramente gentile da parte vostra, in questi giorni difficili, raccontarmi così in dettaglio della morte di Michele. La sua fine è stata armoniosa a immagine di tutta la sua vita e al suo modo di essere. Questo dono di una vita armoniosa si accoppia raramente con una intelligenza così acuta come è avvenuto nel suo caso in tale rara misura. Ma ciò che ho ammirato di più in Michele, come uomo, è il fatto di essere stato capace di vivere tanti anni con una donna non soltanto in pace ma in continuo accordo, un’impresa nella quale io ho fallito piuttosto miseramente due volte. La nostra amicizia è nata negli anni in cui eravamo studenti a Zurigo, dove ci incontravamo regolarmente per le serate musicali. Lui, più vecchio e più saggio, era sempre di stimolo per noi. La sfera dei suoi interessi sembrava realmente senza limiti. In ogni caso era molto forte l’interesse che aveva nel campo critico-filosofico. Più tardi ci siamo trovati insieme nell’ufficio brevetti. Le nostre conversazioni mentre rientravamo a casa erano incredibilmente congeniali, come se le ordinarie contingenze dell’umanità non esistessero. Tuttavia, in seguito, avemmo più difficoltà a comprenderci appieno per lettera. La penna non riusciva a tenere il passo con la sua mente così versatile, cosicché, nella maggior parte dei casi, era impossibile per chi riceveva lo scritto, indovinare ciò che lui aveva omesso di scrivere. Anche nel congedarsi da questo strano mondo mi ha preceduto di poco. Questo non significa nulla. Le persone come noi che credono nella fisica, sanno che la distinzione fra passato, presente e futuro non è altro che una persistente, cocciuta, illusione. Vi ringrazio caramente e invio i miei migliori auguri a tutti voi,
Il vostro Albert
».

Michele Angelo Besso nasce a Zurigo nel 1873 da una famiglia italiana di origini ebree sefardite. Studia matematica e fisica a Roma per poi trasferirsi all’ETH (Eidgenössische Technische Hochschule), il Politecnico Federale di Zurigo, dove si laurea in ingegneria. Besso ha 23 anni e Einstein 17 quando si conoscono nella casa di una anziana signora, Selina Capriotti, durante una delle feste che questa signora organizzava nella sua casa sul lago. Einstein nel 1896 si iscrive alla facoltà di matematica e fisica dell’ETH e Besso, che lavora in una ditta di motori elettrici, essendo da sempre appassionato a queste materie, fraternizza da subito con lo studente a cui lo legheranno in seguito la comune passione per la musica e per il violino che entrambi suonano discretamente.

 

Allo stesso corso si iscrive la serba Mileva Marič, di quattro anni maggiore di Einstein, che se ne innamora e da cui avrà una figlia, partorita a Novi Sad nel 1902, di cui si perdono le tracce. La bimba fu forse data in adozione o morì di scarlattina nella prima infanzia. Einstein si laurea nel 1900; nel 1903 sposa Mileva da cui avrà altri due figli prima di separarsi e divorziare infine da lei nel 1919. Nel 1901 acquisisce la cittadinanza svizzera e tenta invano di entrare come assistente al Politecnico.


Grazie ai buoni uffici del papà del suo amico matematico Marcel Grossman ottiene un posto all’Ufficio Brevetti di Berna come “assistente esaminatore” che viene poi stabilizzato nel 1903. Nel 1904 Einstein si interessa per fare assumere all’Ufficio Brevetti anche il suo amico Besso. Dopo il lavoro, rientrando a casa, discutono animatamente di problemi e concetti scientifici. Anni dopo Einstein ricorderà queste serate così importanti per lo sviluppo delle sue idee e quando, nel 1905, pubblica la sua rivoluzionaria teoria della relatività ristretta, dirà al biografo Carl Seelig che Besso era stato la migliore cassa di risonanza (sounding board) europea per le sue idee scientifiche. Nell’articolo originale sulla relatività, Einstein concludeva l’articolo affermando: «In conclusione lasciatemi dire che il mio amico e collega M.Besso mi è stato costantemente accanto nel mio lavoro sul problema qui discusso, e che gli sono debitore per molti suggerimenti preziosi».


Il 1905 fu l’”Annus Mirabilis” di Einstein: il 30 aprile 1905 presenta la Tesi di Dottorato; nello stesso anno pubblica i lavori fondamentali sulla relatività ristretta con l’equivalenza tra massa ed energia, sul moto Browniano e sull’effetto fotoelettrico che gli varrà il premio Nobel nel 1921. È l’inizio di una carriera che diventerà nel tempo strepitosa accompagnata da un cursus honorum incredibile.


Nel 1908 viene nominato “privat dozent” all’Università di Berna e l’anno dopo viene istituita per lui la cattedra di Fisica Teorica al Politecnico di Zurigo. Dopo altre destinazioni ritorna in Germania nel 1914 su invito di Max Planck, iniziatore della fisica quantistica e premio Nobel nel 1918, come direttore del Kaiser Wilhelm Institute e professore alla Università Humboldt di Berlino. Con l’avvento del nazismo, Einstein rinuncia alla cittadinanza per motivi politici dovuti al crescente antisemitismo e nel 1933 emigra negli USA. dove assume il posto di professore di fisica teorica all’Institute for Advanced Studies a Princeton. Non tornerà più in Germania e rimarrà stabilmente a Princeton fino alla sua morte nel 1955.


Besso gli è sempre accanto, ne diviene il confidente, il sostenitore e l’amico più intimo grazie a una affinità e capacità intellettuale che gli permette di conversare apertamente con lui sulla relatività speciale e poi sulla relatività generale, sulla freccia del tempo, sull’espansione dell’universo, sulla meccanica quantistica e gli altri temi che la nuova fisica del ‘900 stava affrontando impetuosamente. Besso, pur non esperto in fisica come Einstein, era tuttavia in grado di conversare con lui a un livello molto elevato e stimolante. A questo proposito scrisse che Einstein era un’aquila che portava sotto la sua ala lui, il passero, a maggiori altezze.

 

A conferma dei contributi scientifici di Besso restano anche i 53 fogli del cosiddetto “manoscritto Einstein-Besso” che sono un’emozionante prova della simbiosi tra due cervelli che, in questo caso, ha portato alla elaborazione della relatività generale. In realtà questi scritti, relativi agli anni 1912-1913, contengono calcoli complessi che sono solo un embrione di quegli studi. Einstein deve ricorrere all’aiuto del suo amico matematico Marcel Grossmann per affrontare le complesse geometrie non euclidee degli spazi curvi, fondamentali per lo sviluppo della sua teoria, appoggiandosi ai lavori del grande matematico Carl Friedrich Gauss per le superfici curve bidimensionali e generalizzate a spazi curvi a tre o più dimensioni dal suo allievo Bernhard Riemann.

 

Grossmann in seguito indirizza Einstein, a corto di strumenti matematici più specifici e adeguati per descrivere le sue nuove idee, sui lavori del matematico italiano Goffredo Ricci Curbastro il quale, in collaborazione con Tullio Levi-Civita, aveva scritto un fondamentale trattato sul cosiddetto calcolo differenziale assoluto (la moderna geometria differenziale). Einstein ne coglie immediatamente le potenzialità e l’algoritmo di Ricci diventerà il linguaggio di base, a lungo cercato, per l’elaborazione della relatività generale. Einstein riconoscerà il contributo dell’italiano e volle conoscerlo personalmente durante un viaggio in Italia nel 1921.

 

Finalmente esce, alla fine del 1915, il suo lavoro fondamentale Die Feldgleichungen der Gravitation (Le equazioni di campo della gravitazione) e nel 1916 quello definitivo, Die Grundlagen der algemeinen Relativitaetstheorie negli Annalen der Physik; così ne scrive al fisico e amico Sommerfeld in una lettera del 28 novembre 1915: «Durante i mesi scorsi ho passato uno dei più eccitanti e strenui periodi della mia vita, ma anche uno di maggiore successo».

Nella lettera ai familiari di Besso, Einstein accenna ai suoi affetti familiari e al profondo rammarico per la sua infelice vita matrimoniale. Già in una lettera del 1916 si era lamentato con Besso del rapporto sempre più estraneo che il figlio Hans Albert, nato nel 1904, aveva nei suoi confronti e quando, come accennato all’inizio, si separa e dopo parecchi anni divorzia nel febbraio del 1919 dalla moglie Mileva, che aveva correttamente sospettato che il marito avesse una relazione con la cugina Elsa già dal 1912, scrive che ha perso ogni speranza di tenere con sé il figlio. L’altro figlio Eduard, nato nel 1910, colpito da una malattia mentale, una forma di schizofrenia, finirà in un ospedale psichiatrico di Zurigo. Elsa Löwenthal, divorziata, diviene nel giugno 1919 la seconda moglie di Einstein; a lei resterà legato fino alla morte di Elsa nel 1936 per una grave malattia. Scrive dell’angoscia per gli accadimenti della sua vita privata e delle “gioie della scienza come un rifugio dalle dolorose emozioni personali”.


Vari accenni di Einstein sul senso della nostra esistenza sono dispersi nelle lettere a Besso, ma queste sue parole, citate nel recente libro An Einstein Encyclopedia (Calaprice, Kennefick, Schulmann 2015), chiariscono forse meglio il suo pensiero: «Strana è la nostra situazione qui sulla terra. Ognuno di noi viene per una breve visita, senza sapere perché, anche se a volte sembra di intuirne uno scopo (...) Riflettere interminabilmente sulla ragione della propria esistenza o sul significato della vita in generale mi sembra, da un punto di vista oggettivo, una pura follia. Eppure ognuno ha certi ideali che ne guidano le sue aspirazioni e i suoi giudizi. Gli ideali che mi hanno sempre illuminato e mi hanno riempito di gioia di vivere sono la bontà, la bellezza e la verità. Avere come obbiettivo agiatezza o felicità non mi ha mai attratto; un sistema etico costruito su questa base sarebbe sufficiente solo per una mandria di bestiame».

Nella conclusione della lettera, Einstein riferendosi alla morte dell’amico, scrive “mi ha preceduto di poco”, quasi presentisse la propria prossima fine che avviene infatti circa un mese più tardi. Nel 1948, all’età di 69 anni, era stato operato per un aneurisma aortico addominale. Da allora era consapevole della possibilità di ricadute anche perché all’epoca le tecniche attuali di diagnosi, controllo e monitoraggio (ultrasuoni etc.) non esistevano. Nel pomeriggio del 13 aprile 1955, mentre prepara il discorso che deve tenere alla televisione per commemorare il settimo anniversario della nascita dello Stato di Israele, ha un collasso dovuto a una improvvisa emorragia causata dalla rottura di un aneurisma dell’aorta addominale.

 

Ricoverato al Centro Medico Universitario di Princeton il 15 aprile, rifiuta il complesso trattamento chirurgico proposto dagli specialisti in consulto dicendo ai medici: «I want to go when I want to go. It is tasteless to prolong life articially. I have done my share; it is time to go. I will do it elegantly» («Voglio andarmene quando lo desidero. Non ha senso prolungare la vita artificialmente. Ho fatto la mia parte, è tempo di andare. Lo farò elegantemente»). Muore nel sonno alle 1:15 a.m. del 18 aprile 1955; poco dopo la mezzanotte l’infermiera che lo assiste lo sente biascicare alcune parole in tedesco, ma, non conoscendo la lingua, non ne comprende il significato. Aveva 76 anni.

Parlando di Einstein come “persona”, il fisico Robert Oppenheimer, nella lettura “in memoriam” all’Unesco a Parigi il 13 dicembre 1965 nel decimo anniversario della sua scomparsa e il cinquantesimo della teoria generale della relatività, lo ha ricordato così: «Era quasi del tutto privo di sofisticatezza e del tutto privo di mondanità (...) C’era sempre in lui una meravigliosa purezza allo stesso tempo infantile e profondamente ostinata».

 

 

Riferimenti bibliografici:

A. Calaprice, D. Kennefick, R. Schulmann, An Einstein Encyclopedia, Princeton University Press, 2015.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]