[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

187 / LUGLIO 2023 (CCXVIII)


contemporanea

ALAN TURING
IL geniale CRITTOGRAFO CHE SCONFISSE HITLER

di Pietro Mina

 

La pioggia non sembrava voler cessare di cadere quella notte del 1940 in Inghilterra. Il vento muoveva i rami degli alberi e spostava le foglie cadute a terra nei giorni prima. I soldati di guardia ai cancelli di Bletchley Park, nonostante il freddo e la pioggia, rimanevano a sorvegliare l’entrata, nessuno, senza un’autorizzazione del governo, sarebbe potuto entrare. All’interno, in una delle baracche si stava combattendo una guerra contro il tempo per salvare quante più vite possibile dalla morsa dei nazisti. Le lancette dell’orologio a pendolo, appeso alla parete di una di esse segnavano le 11:57 di sera. Un uomo camminava avanti e indietro per la baracca senza trovare pace. Nella mano destra stringeva un orologio da tasca e, come se stesse aspettando che qualcosa accadesse da un momento all’altro, continuava freneticamente a guardarlo.

 

«Non abbiamo più tempo, tanto vale arrendersi» disse.

 

L’uomo non era da solo, seduto su una scrivania poco più avanti, un’altra persona stava lavorando. Non alzava mai la testa dai suoi fogli, prendeva i documenti impilati sulla destra e li confrontava con quelli che erano sulla sinistra.

 

«Continua a lavorare, non fermarti!» gli rispose.

 

«Fra tre minuti il codice cambierà e tutto il lavoro di oggi andrà perso. Alan ascoltami, non ha più senso continuare a quest’ora della notte».

 

«Gordon ti capisco ma ora non ho tempo di stare a sentire le tue lamentele, svelto portami le comunicazioni intercettate questa mattina!».

 

I secondi parevano scorrere più velocemente in quel clima di agitazione che come ogni sera aleggiava nella Baracca numero 8 di Bletchley Park. Proprio mentre Gordon stava passando i fogli al suo collega le lancette dell’orologio appeso al muro segnarono la mezzanotte in punto e i rintocchi delle campane davano inizio a un nuovo giorno.

 

«Maledizione!» – esclamò Gordon facendo cadere i fogli a terra – «Alan, io non ce la faccio più. Questa missione è destinata a fallire, dovremmo rassegnarci e comunicare al generale che Enigma è indecifrabile», disse prendendo la sua giacca appesa all’appendiabiti vicino al muro. Fatto ciò tentò di uscire, ma Alan che aveva inteso le intenzioni dell’amico cercò di fermarlo. Joan, amica fidata e collega di Alan, che fino a qual momento non era intervenuta nella discussione dei due, prese per il braccio quest’ultimo e gli disse: «Non ne vale la pena Alan, lascialo andare».

 

Alan avrebbe voluto controbattere alle parole di Gordon, ma in fin dei conti non aveva tutti i torti, erano mesi che il gruppo di crittografi della Baracca 8 lavoravano alla decifrazione del codice nazista Enigma ma non avevano ancora immaginato una possibile soluzione.

 

Enigma, strumento usato dai nazisti per segnalare attacchi, posizionamenti delle basi avversarie ed eventuali imboscate nemiche, aveva l’aspetto di una macchina da scrivere, ma al suo interno nascondeva ingranaggi e cavi elettrici in grado di criptare le comunicazioni. Era composto da una tastiera nella parte inferiore e da una seconda tastiera in quella superiore con la differenza che quest’ultima poteva illuminarsi.

 

Ogni qualvolta veniva premuta una lettera sulla prima tastiera, automaticamente se ne illuminava una sulla tastiera superiore grazie a dei collegamenti elettrici che facevano sì che la lettera cambiasse innumerevoli volte prima di uscire definitivamente. In questo modo a ogni lettera ne veniva associata una seconda. Venivano così scritti dei codici cifrati che, una volta recapitati, il mittente sarebbe stato in grado di decifrare solamente se in possesso di un’altra macchina Enigma settata sulle impostazioni di decriptazione del sistema cifrato di quel particolare giorno e solo i tedeschi erano a conoscenza di questi codici.

 

I nazisti cambiavano il sistema cifrato tutti i giorni a mezzanotte e perciò i crittografi di Bletchley Park avevano le ore contate per trovare una soluzione, era un lavoro apparentemente impossibile. Se entro mezzanotte non riuscivano a decifrarlo, tutto il lavoro di una giornata andava in fumo e così anche le speranze di accorciare la guerra.

 

Con lo scoppio della seconda guerra mondiale e l’ingresso in guerra dell’Inghilterra, la vita di Alan cambiò radicalmente. Venne reclutato come crittografo nell’esercito britannico a Bletchley Park, una base militare segreta meglio nota al tempo come Stazione X. La funzione della base era quella di decifrare i messaggi dei tedeschi che venivano intercettati durante la Seconda guerra mondiale.

 

Alan venne messo a capo di una squadra di crittografi, il cui compito era quello di riuscire a decriptare il sistema cifrato di Enigma. Lui e la sua squadra potevano studiare il funzionamento della macchina direttamente dalla loro base poiché mesi prima l’esercito polacco era riuscito a impadronirsi del congegno e a inviarlo agli inglesi ma ciò serviva a poco, senza le impostazioni del giorno su cui settare la macchina, Enigma era solo una scatola di metallo con tanti fili all’interno.

 

Ma ora riavvolgiamo il nastro e ricostruiamo il percorso che portò Alan Turing a diventare uno dei migliori matematici e crittografi del tempo.

 

Alan Turing nacque in Gran Bretagna nel 1912 e già nei primi mesi di vita diede prova di essere un bambino prodigio e questa sua predisposizione alla genialità lo rese noto negli anni a venire. Amava la matematica e la fisica e a seguito di queste sue passioni era mal visto dai professori della St. Michael: ormai da tempo la scuola aveva fatto delle materie classiche il proprio cavallo di battaglia, perciò è facile comprendere l’inadeguatezza che il giovane Alan provava nello stare in quella scuola. Le lezioni di latino e teologia lo annoiavano molto tant’è vero che, quando era lontano dai banchi della sua classe, si dedicava alla lettura di saggi sulla teoria della relatività, al calcolo astronomico, alla chimica e alla scienza ma quello che lo affascinava più di tutto era il gioco degli scacchi.

 

Finalmente, all’età di diciannove anni, Alan fu ammesso all’Università di Cambridge dove poté dedicarsi alle sue passioni senza l’occhio indiscreto dei suoi vecchi professori. Lì approfondì la meccanica quantistica, la logica, la teoria della probabilità e negli anni a seguire entrò in contatto con la crittografia, una branca che da subito lo incuriosì e lo spinse a fare ricerche su di essa diventando così uno dei migliori crittografi dell’Inghilterra. La crittografia era (e continua a essere) una delle branche della scienza più complicate ed enigmatiche, tratta delle cosiddette “scritture nascoste”, ovvero degli stratagemmi per rendere un messaggio incomprensibile a tutti coloro che non sarebbero autorizzati a leggerlo.

 

Nel 1934 il giovane Turing si laureò in Matematica all’Università di Cambridge e due anni più tardi pubblicò un articolo che cambiò la logica della matematica, il titolo era Sui numeri computabili con un’applicazione al problema della decisione, e in esso spiegava il concetto di algoritmo e mostrava al mondo i concetti fondamentali del suo nuovo apparecchio di calcolo che presto sarebbe stato conosciuto come la Macchina di Turing.

 

Fu così che assieme al suo amico e compagno di ricerca Gordon Welchman tra la fine del 1939 e la metà del 1940, Turing costruì una macchina che battezzò The Bombe. Alan comprese che il funzionamento di Enigma consisteva nell’inviare messaggi cifrati alterati nella forma ma non nel contenuto, questo perché anche se il nemico avesse intercettato il messaggio non sarebbe stato in grado di comprenderlo. Bombe era in grado di fornire così agli alleati le combinazioni di Enigma in uso in quel determinato giorno in modo tale da poterle inserire nella macchina e decifrare i messaggi. In questo modo una volta intercettate le comunicazioni tedesche venivano prontamente inserite nella macchina la quale confrontandoli con i codici Enigma scartava numerose possibilità. Per ogni possibile combinazione il dispositivo attivava una serie di deduzioni logiche in grado di arrivare a una conclusione verosimile. In questo modo era possibile scoprire la presenza di una contraddizione e scartare la combinazione corrispondente.

 

Passarono i mesi e all’inizio del 1942 Bombe aveva decifrato più di quarantamila messaggi, raggiungendo nei mesi a seguire un totale di quasi due messaggi decriptati al minuto. Secondo il Primo Ministro britannico Wiston Churchill, il lavoro di Alan Turing accorciò la guerra in Europa dai due ai quattro anni salvando in questo modo più di quattordici milioni di vite umane.

 

Una volta terminata la guerra il governo Britannico impose a Turing e a tutti coloro che lavorarono con lui il divieto di divulgare o scrivere qualsiasi testo sulle ricerche portate a termine nella Stazione X. Questo divieto proibì ad Alan e ai suoi collaboratori un meritatissimo riconoscimento. Nonostante questo divieto le prime indiscrezioni sul lavoro portato a termine da Turing e dai suoi compagni iniziarono a circolare nel 1974, quando però ormai Alan era già morto insieme a molti dei suoi colleghi.

 

La polvere ricopriva ormai da anni i vecchi e malconci mobili che arredavano la casa di Alan Turing. Di fianco alla poltrona del salone una pila di libri aspettava invano di essere risistemata sugli scaffali. Una flebile luce filtrava dalle finestre e illuminava quello che poteva della casa. I vicini di Alan si chiedevano cosa stesse succedendo in quella casa, nessuno lo vedeva più da molto tempo, era come se fosse sparito o peggio... morto. La scrivania era ricolma di attrezzi e di invenzioni mai terminate. L’orologio appeso alla parete aveva smesso di funzionare tempo fa ed era come se il tempo avesse smesso di passare in quelle stretta e angusta casa. Improvvisamente il campanello suonò, cosa piuttosto strana, nessuno dalla fine della guerra era più andato a fargli visita. Alan perciò si diresse verso la porta e una volta apertala non poté credere ai suoi occhi: sulla soglia, con un ombrello chiuso tra le mani, stava Joan, vecchia amica e collega di Alan a Bletchley Park.

 

«Joan, cosa ci fai qui?».

«Ho saputo delle accuse, sono venuta por vedere come stavi».

 

«Sto bene è solo questa maledetta terapia che…» non fece in tempo a finire la frase che una fitta lancinante alla testa lo costrinse ad accasciarsi al suolo. Joan lo aiutò a rialzarsi, lo riaccompagnò in casa e lo fece sedere.

 

«Santo Dio Alan questa casa è un disastro, va messa a posto non puoi vivere in queste condizioni».

 

«Avessi abbastanza forze per farlo lo avrei già fatto da tempo».

 

Mentre diceva ciò cercò di rialzarsi, ma uno spasmo lo costrinse a risedersi, non si reggeva più in piedi e i continui spasmi di cui soffriva gli impedivano di fare qualsiasi cosa. Joan non voleva credere che quell’uomo davanti a lui fosse davvero Alan; avevano passato così tanti bei momenti insieme e ora tutto sembrava essere svanito. Notò che sul tavolo accanto a dove Alan era seduto vi era un giornale aperto sulla pagina di un cruciverba.

 

«Guarda Alan, un cruciverba, ti piaceva molto farli a Bletchley, qui c’è anche una matita, perché non ne fai uno mentre io metto un po’ a posto qui attorno?».

 

Joan provò a dargli il cruciverba ma Alan non si mosse, rimase immobile a fissare il vuoto. Una lacrima le cadde dagli occhi e con la mano gli accarezzò il volto.

 

«Questa mattina ho comprato un biglietto da una persona che non esisterebbe senza di te, il treno è passato da un paese di cui oggi rimarrebbero solo le macerie se non fosse per te. Sono fiera di aver lavorato al tuo fianco e per quanto la gente ti possa considerare una persona strana è proprio questo a renderti speciale Alan, il mondo è un posto migliore proprio perché tu non sei normale» disse Joan commuovendosi.

 

Alan la guardò, sorrise e disse: «Lo pensi davvero?».

 

«Io penso che a volte sono le persone che nessuno immagina che possano fare certe cose, quelle che fanno cose che nessuno può immaginare».

 

Joan per non lasciarlo solo, più di quanto lo fosse già, gli raccontò la sua vita dopo aver lasciato Bletchley Park; una volta calato il sole Joan si alzò, lo baciò sulla fronte e dirigendosi verso l’uscita lo guardò per un’ultima volta: il matematico che salvò milioni di persone ore con il sorriso sul volto stava seduto a fissare il vuoto aspettando che la morte lo venisse a prendere.

 

Passarono così anche i giorni a seguire fino a quando una mattina di giugno del 1954 il suo corpo venne trovato senza vita sul letto. Il verdetto delle indagini confermava la morte per suicidio: da mesi ormai ad Alan era stata ordinata una terapia che prevedeva la castrazione chimica dopo esser stato accusato di “indecenza grave e perversione sessuale”. Al tempo in Inghilterra l’omosessualità era illegale e per sfuggire dal carcere, che non gli avrebbe permesso di lavorare, Alan firmò la sua condanna a morte con la terapia.

 

Reggendosi alle pareti della casa, Alan si fece strada verso il letto passando per il salone ma il suo sguardo fu catturato dal cruciverba che Joan aveva provato a fargli fare qualche giorno fa, lo prese tra le mani e si ricordò di quanto gli piacesse passare il tempo a risolvere quei semplici indovinelli e si chiedeva come mai certe persone trovassero quel gioco difficile e noioso. Sorrise, lo posò sulla scrivania e prese la matita che Joan aveva lasciato proprio lì di fianco. Cominciò a riempire gli spazi vuoti, uno dopo l’altro fino a che non finirono. Finito si alzò, si guardò un’ultima volta attorno, spense le luci girando l’interruttore e si coricò a letto.

 

Ora l’oscurità lo avvolgeva e come facevano i condannati a morte espresse le sue ultime parole sussurrandole a bassa voce: «A volte sono le persone che nessuno immagina che possano fare certe cose, quelle che fanno cose che nessuno può immaginare». Poi prese la mela che aveva ricoperto di cianuro e posato sul comodino poco tempo prima, la morsicò e si lasciò morire sicuro che nessuno lo avrebbe più ricordato... ma non fu così.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]