N. 77 - Maggio 2014
(CVIII)
AL-SHABAB, UNA VISIONE D’INSIEMe
Parte III - LE CORTI ISLAMICHE:
DALLA NASCITA ALLO SCONTRO
CON IL GOVERNO DI TRANSIZIONE
di Filippo Petrocelli
Parallelamente
ai
tentativi
di
strutturazione
di
un
potere
centrale
reale,
è
cresciuta
sempre
di
più
l’influenza
delle
cosiddette
Corti
Islamiche.
Nate
inizialmente
come
strutture
territoriali
di
autogoverno
e
risoluzione
dei
conflitti
locali
e
strutturatesi
successivamente
anche
su
un
piano
militare,
questa
rete
islamica
di
associazioni
è
divenuta
gradualmente
l’unico
strumento
di
interposizione
fra
i
signori
della
guerra
e le
popolazioni
locali.
Le
Corti
Islamiche
non
solo
difendevano
queste
ultime
dagli
abusi
diffusi
ma
rispondevano
sul
campo
al
crescente
stato
di
caos,
offrendo
servizi
e
mostrandosi
alternativi
all’autorità
del
governo
di
transizione.
Il
2006
è un
altro
anno
centrale
per
i
destini
della
Somalia:
l’antagonista
fra
governo
centrale
e
Corti
Islamiche
è
diventata
una
battaglia
aperta
e
una
coalizione
di
signori
delle
guerra,
espressione
del
GTF
e
appoggiato
da
Kenya
e
Etiopia,
dichiara
una
guerra
senza
quartiere
all’islamismo
ed
al
terrorismo.
Le
Corti
Islamiche
hanno
però
ulteriormente
rafforzato
i
propri
ranghi,
federandosi
e
allargando
il
bacino
delle
loro
alleanze,
hanno
creato
una
vasta
coalizione
islamica
riunita
sotto
il
nome
di
Unione
delle
Corti
Islamiche
(UCI),
che
controlla
ormai
oltre
metà
del
paese
e
che
entra
vincente
a
Mogadiscio
nel
giugno
del
2006,
accolta
con
favore
dalla
popolazione.
Tuttavia
il
successo
dura
appena
un
anno
e
soprattutto
grazie
all’intervento
militare
etiope
e
dell’AMISOM
(African
Union
Mission
to
Somalia),
il
GTF
ripristina
almeno
formalmente
la
sua
autorità,
costringendo
la
coalizione
islamica
al
ritiro.
L’islamismo
somalo
da
al-hittihad
al
islami
alle
corti
islamiche
Sebbene
l’islam
più
diffuso
in
Somalia
sia
quello
delle
confraternite
sufi,
l’esperienza
delle
UCI
non
è
stato
il
primo
tentativo
di
fondere
islam
e
azione
politica.
Il
primo
gruppo
dichiaratamente
islamista
è
al-Hittihad
al-islami
(Unity
of
Islam),
fondato
a
metà
degli
anni
Ottanta
sull’ondata
dell’esperienza
afghana
e
attivo
nella
resistenza
contro
Barre.
Questa
organizzazione
sponsorizzata
generosamente
dalle
petromonarchie
del
golfo
aveva
un
carattere
nazionalista
ma
abbracciava
una
visione
dell’islam
wahabita,
che
compariva
per
la
prima
volta
nello
scenario
del
paese.
Composto
da
reduci
del
jihad
afghano,
questo
gruppo
può
essere
visto
come
il
punto
di
partenza
per
la
generale
diffusione
dell’islamismo
in
Somalia
e il
pilastro
su
cui
si è
formata
l’esperienza
delle
Corti
Islamiche.
A
sostegno
di
questa
idea
troviamo
un
sottile
filo
rosso
che
lega
l’esperienza
di
al-Hittihad
a
quello
dell’UCI
e
al-Shabab
attraverso
una
generale
osmosi
di
militanti
fra
le
organizzazioni.
Centrale
in
questo
scambio
umano
di
esperienze
è la
figura
di
sheik
Hassan
Dahir
Aweys,
che
ha
transitato
nei
tre
gruppi
ricoprendo
incarichi
di
primo
piano
e
diventando
il
leader
spirituale
de
facto
della
Somalia
islamica.
Oppure
l’importante
figura
di
sheik
Ayrow,
fondatore
sia
di
al-Shabab
e
che
di
al-Hittiad.
Non
sembra
sbagliato
quindi
affermare
che
la
matrice
dell’islamismo
somalo,
soprattutto
nella
sua
declinazione
jihadista
possa
essere
individuata
proprio
in
questo
gruppo
che
è
servito
alle
successive
esperienze
come
vera
palestra
di
militanza.
Inizialmente
marginale,
questo
partito
ha
saputo
costruire
un
discorso
egemonico
fondendo
nazionalismo
e
religione,
emancipazione
della
Somalia
in
nome
di
Allah
e
del
suo
profeta.