N. 75 - Marzo 2014
(CVI)
AL-SHABAB, UNA VISIONE D’INSIEMe
Parte
I -
ARRIVA
SIAD
BARRE
di Filippo Petrocelli
Il
movimento
al-Shabab
“i
giovani”
o
più
correttamentamente
Harakat
al-Shabab
“movimento
dei
giovani”,
è
arrivato
all’attenzione
del
mondo
occidentale
dopo
i
cruenti
attacchi
di
Nairobi
del
settembre
2013.
In
realtà
questo
gruppo
è
attivo
da
quasi
un
decennio
ed
ha
una
genesi
intimamente
legata
alle
vicende
della
Somalia
contemporanea.
Non
ci
sarebbero
infatti
stati
i
“giovani”
di
al-Shabab
se
quel
paese
incastonato
al
centro
del
Corno
d’Africa,
affacciato
sul
golfo
di
Aden
e
sull’Oceano
Indiano,
non
avesse
conosciuto
altro
che
distruzione
e
guerra
negli
ultimi
vent’anni.
Sebbene
sia
un
paese
abbastanza
omogeneo
dal
punto
di
vista
etnico
e
religioso,
tutt’altro
che
un
miscuglio
di
genti
e
lingue,
la
Somalia
è un
triste
monumento
all’instabilità,
alla
frammentazione
ed
alla
ingovernabilità.
Considerata
dalla
geopolitica
come
il
classico
esempio
di
stato
fallito,
mostra
a
cent’anni
dallo
scramble
for
Africa
l’insensatezza
delle
politiche
coloniali,
sottolineando
ancora
una
volta
quanto
queste
siano
state
determinanti
nell’impedire
ai
paesi
dell’Africa
una
vita
politica
normale.
Contesa
fra
Italia
e
Gran
Bretagna,
la
Somalia
è
arrivata
all’indipendenza
solo
nel
1960,
più
tardi
rispetto
ai
suoi
vicini.
Come
in
molti
paesi
africani
inoltre
anche
il
processo
di
decolonizzazione
non
è
stato
indolore:
dopo
l’indipendenza
il
potere
centrale
ha
faticato
ad
affermarsi
ed è
rimasto
ostaggio
delle
varie
fazioni
in
lotta,
senza
mai
riuscire
ad
imporsi
su
larga
scala,
anche
a
cause
delle
ingerenze
delle
vecchie
“madre
patria”.
In
un
decennio
di
governi
fantoccio
e
sull’orlo
di
una
guerra
civile,
il
colpo
di
stato
del
maresciallo
Siad
Barre
del
1969
è
stato
benedetto
da
molti
somali
come
una
seconda
indipendenza.
Inizialmente
alleato
dell’Unione
Sovietica,
successivamente
satrapo
amico
degli
americani,
questo
dittatore
ha
mostrato
una
realpolitik
spregiudicata
che
lo
ha
reso
padrone
incontrastato
della
Somalia
e
unico
leader
capace
di
dare
a
questo
territorio
almeno
unità
politico-amministrativa.
Invasato
da
un
culto
della
personalità
esagerato,
negli
anni
finali
del
suo
dominio
ha
progressivamente
accentuato
i
suoi
caratteri
autoritari
e
dittatoriali
mostrando
comportamenti
sempre
più
deliranti.
All’inizio
degli
anni
Ottanta
la
situazione
della
Somalia
era
prossima
al
punto
di
rottura:
il
dissenso
interno
cresceva,
non
senza
scatenare
una
feroce
repressione,
soprattutto
come
espressione
del
malcontento
generale
verso
le
politiche
del
dittatore
che
si
mostrava
sempre
di
più
come
un
autocrate
incompetente.
Con
il
pugno
di
ferro,
Siad
Barre
ha
orchestrato
per
trent’anni
una
catastrofe
che
ha
lasciato
il
paese
sull’orlo
del
baratro,
spianando
la
strada
alla
guerra
civile
ed a
vent’anni
di
distruzione.
Nel
gennaio
del
1991,
un’insurrezione
popolare
determinata
da
problemi
interni
ed
una
situazione
economica
semi-primitiva,
che
aveva
generato
una
lacerante
carestia,
ha
portato
alla
caduta
– ma
sarebbe
più
corretto
dire
all’implosione
–
dell’autorità
di
Siad
Barre.
Diversi
sono
stati
i
tentativi
di
restaurazione
ma
poco
più
di
un
anno
dopo,
il
dittatore
ha
definitivamente
lasciato
il
paese.