N. 49 - Gennaio 2012
(LXXX)
l'affondamento della corazzata roma
la ragion di stato e il "ricamo" di badoglio
di Giorgio Falchi
Leggendo
un
articolo
apparso
nel
1993
su
una
rivista
specializzata
di
storia,
mi
turbò
molto
la
sorte
infausta
degli
uomini
imbarcati
sulla
corazzata
“Roma”.
Mi
chiesi
se
fosse
stato
possibile
evitare
una
simile
tragedia.
Rilessi
il
contributo
dello
storico
Decio
Romano
e
rimasi
sconcertato
da
alcune
sue
proposizioni.
Possibile
che
la
nostra
marina
sia
stata
utilizzata
come
moneta
di
scambio
per
la
salvezza
del
Re?
Possibile
che
nella
loro
supposta
garanzia
per
la
sopravvivenza
dello
Stato,
il
re,
il
capo
del
governo
e
altri,
si
siano
venduti
la
vita
di
uomini
come
Carlo
Bergamini,
che
con
il
loro
onore,
la
loro
obbedienza
e il
loro
coraggio
hanno
ribadito
la
grandezza
dell’Italia?
Certo
è
che
questi
uomini
di
valore,
nulla
hanno
a
che
fare
con
gli
oltre
duecento
fuggiaschi
(tra
questi
figuravano
capi
di
stato
maggiore,
generali
e
altri
codardi)
assiepati
all’una
di
notte
del
10
settembre
del
1943
nel
molo
di
Ortona
in
attesa
di
potersi
imbarcare
sul
“Baionetta”
con
il
re.
Quale
onore
nel
soldato
che
nasconde
il
suo
grado
di
Ufficiale!
Quale
coraggio
in
colui
che
fugge!
In
quella
notte,
a
Ortona,
l’onore,
il
coraggio
e
l’obbedienza
erano
totalmente
assenti.
Per
poter
parlare
del
supposto
“ricamo”
di
Badoglio
e
del
perché
(sempre
che
esista
un
solo
perché!)
la
corazzata
“Roma”
sia
stata
affondata,
mi
pare
utile
una
cronologia
dettagliata
dei
fatti
che
sono
successi
nei
giorni
che
vanno
dal
2 al
20
settembre
1943.
2
settembre
Il
Capo
di
Stato
Maggiore
generale
Roatta
firma
un
documento
contenente
disposizioni
sul
comportamento
da
tenere
in
caso
di
attacco
tedesco.
Il
documento,
elaborato
dal
Comando
Supremo,
noto
come
“Memoria
44
op”
(dove
la
sigla
44
op è
il
numero
di
protocollo
del
documento),
viene
copiato
a
macchina
dal
colonnello
Mario
Torsiello
in
sole
12
copie
e
sarà
inviato
subito
dopo
ai
comandi
dislocati
sia
nel
territorio
italiano
che
fuori,
in
particolare
una
copia
sarà
inviata
al
generale
Antonio
Basso
e
una
al
generale
Giovanni
Magli
rispettivamente
comandanti
delle
Forze
Armate
in
Sardegna
e in
Corsica.
Il
documento,
una
volta
letto,
dovrà
essere
distrutto.
3
settembre
–
ore
17.15
A
Cassibile,
alla
presenza
del
generale
Eisenhower
comandante
in
capo
delle
forze
alleate
anglo-americane,
il
generale
Castellano
e il
generale
Bedell
Smith
firmano
un
documento
in
12
punti
dove
emerge
chiara
la
resa
senza
condizioni
dell’Italia,
questo
significa
la
consegna
delle
tre
armi:
esercito,
marina
e
aviazione
(quindi
non
si
tratta
di
armistizio!).
3
settembre
Il
Capo
del
Governo,
maresciallo
d’Italia
Pietro
Badoglio,
convoca
il
ministro
della
Marina,
l’ammiraglio
De
Courten,
e
gli
accenna
di
“trattative
in
corso”
per
la
conclusione
di
un
armistizio,
senza
precisare
alcun
che
su
data,
contenuti
e
avvenuta
firma.
Su
queste
trattative
impone
il
segreto
di
Stato
inibendo
qualsiasi
informativa
anche
al
sottocapo
di
stato
maggiore,
ammiraglio
Sansonetti.
3
settembre
Il
generale
Basso
riceve
la
“Memoria
44
op”.
Il
documento
è
suddiviso
in
quattro
punti:
premessa
(1),
compiti
generici
per
tutti
i
Comandi
(2),
compiti
specifici
(3)
e
prescrizioni
varie
(4).
I
compiti
generici
(2)
prevedono:
“rinforzare
la
protezione
delle
comunicazioni
e
degli
impianti;
sorvegliare
i
movimenti
germanici;
predisporre
colpi
di
mano
per
impossessarsi
dei
depositi
munizioni,
viveri,
carburanti,
materiali
vari
e
centri
di
collegamento
dei
tedeschi,
prevedendone
l’occupazione
o la
distruzione;
predisporre
colpi
di
mano
su
obiettivi
considerati
vulnerabili
per
le
forze
germaniche;
presidiare
edifici
pubblici,
depositi,
Comandi,
magazzini
e
centrali
di
collegamento
italiani”.
Tra
le
prescrizioni
varie
(4)
vi è
l’applicazione
delle
disposizioni
contenute
nel
documento,
che
si
devono
effettuare
“a
seguito
di
ordine
dello
Stato
maggiore”
oppure
“di
iniziativa
dei
comandanti
in
posto
in
relazione
alla
situazione
contingente”.
Purtroppo
non
si
conoscono
i
compiti
specifici
(3)
ma è
facile
supporre
(prendendo
spunto
dalla
“Memoria
44
op”
consegnata
al
comandante
delle
Forze
armate
in
Corsica)
che
figuri
una
specificità
del
tipo:
“nel
caso
foste
attaccati
dai
tedeschi
il
compito
dei
reparti
italiani
sarà
quello
di
far
fuori
la
90a
divisione
corazzata”.
4
settembre
Presso
il
Comando
delle
Forze
Armate
in
Corsica,
il
generale
Magli
riceve
la
“Memoria
44
op”
dove
(oltre
a
quello
che
figura
nel
documento
consegnato
nelle
mani
del
generale
Basso)
nei
compiti
specifici
(3)
risulta
che:
”nel
caso
foste
attaccati
dai
tedeschi
il
compito
dei
reparti
italiani
sarà
quello
di
far
fuori
la
Brigata
corazzata
SS
tedesca
Reichs
Fuhrer”.
5
settembre
In
riferimento
all’armistizio,
Il
diplomatico
di
professione,
Mario
Badoglio,
figlio
dell’allora
Capo
del
Governo
italiano,
confida
ad
un
amico
del
“ricamo”
del
padre:
"Un
ricamo!
Vedrai,
un
ricamo!".
6/7
settembre
Il
maggiore
Bernhard
Jope,
comandante
dei
bombardieri
del
tipo
Dornier
217
K di
stanza
a
Istres-Marsiglia
viene
convocato
dal
Comando
della
Luftwaffe
per
preparare
l'azione
contro
la
Flotta
italiana.
I
“suoi”
bimotori
sono
gli
unici
che
hanno
in
dotazione
l’arma
segreta
FX
1400:
una
bomba
radio-guidata.
L’ordine
di
procedere
all’attacco
sarà
comunicato
solo
due
ore
prima.
Durante
l’attacco
Jope
è
convinto
che
non
incontrerà
nessun
aereo
italiano
a
protezione
delle
unità
navali
in
quanto
al
Comando
non
l’avevano
informato
di
questa
eventualità.
Gli
aerei
impiegheranno
circa
1
ora
e
mezza
per
arrivare
al
bersaglio.
7
settembre
La
figlia
e la
nuora
del
Maresciallo
Badoglio
sono
a
Losanna
in
Svizzera,
mentre
il
Capo
di
Stato
Maggiore,
generale
Ambrosio,
è a
Torino
per
mettere
al
sicuro
le
sue
sostanze,
egli
sa
benissimo
che
il 3
settembre
è
stato
firmato
l’armistizio.
8
settembre
–
mattina
Eisenhower
“costringe”
Badoglio
a
dichiarare
l’armistizio
firmato
il 3
settembre:
"Se
non
coopererete
come
concordato,
farò
pubblicare
in
tutto
il
mondo
i
dettagli
di
questo
affare".
8
settembre
–
ore
16.30
Radio
New
York
anticipa
la
notizia
della
firma
dell’armistizio
con
l’Italia.
8
settembre
–
ore
17.30
Radio
Algeri
da
notizia
della
firma
dell’armistizio
e
successivamente
alle
18 è
lo
stesso
Eisenhower
a
confermarlo
con
poche
parole:
"Il
Governo
Italiano
ha
dato
ordine
alle
sue
forze
armate
di
arrendersi
senza
condizioni".
8
settembre
–
ore
18.00
In
una
riunione
al
Quirinale,
il
Re
informa
i
presenti
che
il
generale
Eisenhower,
questa
sera
stessa,
comunicherà
alla
Radio
la
notificazione
dell’Armistizio,
mentre
questo
avrebbe
dovuto
avvenire
solo
fra
qualche
giorno,
"ho
voluto
riunire
Lor
signori
per
conoscere
la
loro
opinione
su
questa
improvvisa
ed
imprevista
modifica
della
situazione",
la
risposta
dell’ammiraglio
De
Courten
è:
"Non
ho
conoscenza
che
sia
stato
concluso
un
armistizio,
né
le
sue
clausole,
né
di
una
data
fissata
per
la
sua
notificazione,
non
mi
sento
quindi
di
esprimere
un
parere
su
una
questione
della
quale
ignoro
gli
esatti
termini".
Il
Re
allora
invita
il
generale
Ambrosio
ad
illustrare
a De
Courten
la
situazione
con
in
più
il
fatto
che
la
data
indicata
dai
negoziatori
per
la
notifica
dell’armistizio
poteva
essere
il
12 o
il
13
settembre.
8
settembre
–
ore
19.45
Badoglio
con
un
messaggio
radiodiffuso,
comunica
al
Paese
che:
"il
governo
italiano,
… ha
chiesto
un
armistizio
al
generale
Eisenhower,
… La
richiesta
è
stata
accolta.
Conseguentemente,
ogni
atto
di
ostilità
contro
le
forze
anglo-americane
deve
cessare
da
parte
delle
forze
italiane
in
ogni
luogo.
Esse
però
reagiranno
ad
eventuali
attacchi
da
qualsiasi
altra
provenienza".
Le
Forze
armate,
essendo
prive
di
direttive
precise,
sono
allo
sbando.
8
settembre
–
ore
23.45
Supermarina
(il
comando
generale
della
Marina
a
Roma)
invia
un
fonogramma
all’ammiraglio
Carlo
Bergamini
(Comandante
in
Capo
delle
Forze
Navali
da
Battaglia)
con
l’ordine
di
salpare
per
La
Maddalena.
9
settembre
–
ore
03.00
La
corazzata
“Roma”
con
l'insegna
di
nave
ammiraglia
della
flotta,
salpa
per
dirigersi
a La
Maddalena,
insieme
alle
corazzate
“Vittorio
Veneto”
e “Italia”
più
altre
unità
presenti
nel
porto
di
La
Spezia.
Circa
5
ore
dopo
la
formazione
navale
diretta
a La
Maddalena
sarà
costituita
da
23
unità.
9
settembre
–
prime
ore
Badoglio,
durante
la
fuga
e
l’abbandono
di
Roma,
è
visto
con
una
valigetta
che
egli
stesso
dichiarerà
contenere
oltre
alle
sue
sostanze
anche
10
milioni
di
Lire
italiane
e 1
milione
di
Franchi
svizzeri.
Nel
dicembre
del
1944,
in
un
processo
a
carico
dell’ex
governatore
della
Banca
d’Italia
Vincenzo
Azzolini,
emergerà
il
fatto
che,
prima
della
notifica
dell’armistizio,
Badoglio
ritirò
in
quattro
distinti
prelevamenti
gran
parte
dei
24
milioni
depositati
dalla
presidenza
del
Consiglio.
I
primi
due
prelievi
finiranno
in
Svizzera,
mentre
gli
ultimi
due
si
ipotizza
che
siano
quelli
contenuti
all’interno
della
succitata
valigetta.
9
settembre
–
ore
05.40
Un
gruppo
iniziale
di 7
auto
con
22
persone
a
bordo
prende
la
via
Tiburtina
diretta
verso
Pescara:
in
esse
tra
gli
altri
si
trovano
il
re,
la
regina,
il
principe
Umberto,
Badoglio
e
suo
nipote
Valenzano,
il
duca
Acquarone
e il
colonnello
De
Buzzaccarini.
Nelle
ore
successive,
il
genero
del
Re,
Calvi
di
Bergolo,
è a
colloquio
con
il
feldmaresciallo
Albert
Kesselring
per
la
consegna
della
città
di
Roma
che
sarà
formalizzato
il
giorno
dopo.
9
settembre
–
ore
06.30
Supermarina
ordina
all'incrociatore
“Scipione
l'Africano”
e
alle
corvette
“Scimitarra”
e
“Baionetta”,
che
sono
alla
fonda
a
Taranto,
Brindisi
e
Pola,
di
accorrere
alla
massima
velocità
a
Pescara.
9
settembre
–
ore
10.30
Le 7
vetture
giungono
a
Crecchio.
Saranno
ospiti
nel
castello
dei
duchi
di
Bovino.
Durante
la
fuga
l’autocolonna
supererà
tre
posti
di
blocco
tedeschi
e
ogni
volta
De
Buzzaccarini
sporgendosi
dal
finestrino
dell’auto
dirà:
“Ufficiali
generali”
ottenendo
l’immediato
via
libera.
Si
noti
che
l’11
settembre
la
stessa
casa
che
ha
dato
ospitalità
alla
famiglia
reale
sarà
bruciata
e i
Bovino
deportati
in
Germania.
9
settembre
–
ore
10.30
4
aerei
da
caccia
del
tipo
“Macchi
MC202”
al
comando
del
capitano
Remo
Dezzani
si
alzano
in
volo
da
Vena
Fiorita
(Olbia)
per
fornire
una
scorta
aerea
a
protezione
della
“Roma”
e
delle
altre
unità
navali.
L’ordine
ricevuto
da
Superaereo
è
quello
di
individuare
le
unità
navali
tra
la
Corsica
e la
Toscana.
Supermarina
si
era
“dimenticata”
di
segnalare
a
Superaereo
la
nuova
rotta
che
era
quella
a
ovest
della
Corsica.
9
settembre
–
mattina
La
90a
Divisone
tedesca
di
stanza
in
Sardegna
chiede
al
comandante
militare
italiano
generale
Antonio
Basso,
di
transitare
da
La
Maddalena
per
evacuare
verso
la
Corsica
e di
qui
per
il
continente.
Basso
da
ordine
all’ammiraglio
Bruno
Brivonesi
(comandante
militare
marittimo
della
Sardegna
alla
Maddalena)
di
non
interferire
in
alcun
modo
nei
movimenti
dei
germanici.
Sia
Basso
che
Brivonesi
sono
a
conoscenza
dell’arrivo
di
23
navi
della
Regia
Marina.
9
settembre
–
ore
11.00
Brivonesi
informa
Supermarina
che
il
Comando
de
La
Maddalena
insieme
ad
altre
strutture
presenti
sull’isola
sono
occupate
dai
tedeschi.
Con
ciò
si
raccomanda
di
avvertire
l’ammiraglio
Bergamini.
9
settembre
–
ore
14.24
Bergamini
riceve
il
messaggio
da
Supermarina
dell’occupazione
de
La
Maddalena.
Inoltre
nel
messaggio
si
comunica
alla
flotta
di
dirigere
verso
il
porto
di
Bona
(Algeria).
9
settembre
–
ore
14.33
Supermarina
ordina
ai
cacciatorpedinieri
Vivaldi
e Da
Noli
di
"uscire
dall’estuario
della
Maddalena
verso
ponente,
affondando
durante
il
passaggio
tutti
i
mezzi
tedeschi
che
stavano
trafficando
tra
Sardegna
e
Corsica".
9
settembre
–
ore
16.11
La
corazzata
“Roma”
gravemente
danneggiata
si
capovolge
e si
spezza
in
due
tronconi
che
affondano
verticalmente.
Si
conteranno
un
totale
di
1393
morti
diretti
o
conseguenti
agli
eventi
di
quei
tragici
momenti.
L’eroe
Bergamini
è
tra
questi.
9
settembre
–
notte
Badoglio
e De
Courten
si
imbarcano
a
Pescara
sulla
corvetta
“Baionetta”
per
raggiungere
il
porto
di
Ortona.
9
settembre
–
notte
Il
Capo
di
Stato
Maggiore,
generale
Mario
Roatta,
fuggito
anche
lui
da
Roma,
incontra
gli
altri
fuggiaschi
(generali,
colonnelli
e
altri
della
corte
reale)
a
Chieti.
Si
toglie
la
divisa
e si
mette
in
abiti
borghesi
facendosi
consegnare
un
paio
di
mitra.
Questa
richiesta
la
giustifica
asserendo
che
sono
ordini
del
Re.
Inoltre
confida
ad
alcuni
ex-fascisti
che
presto
Mussolini
sarà
liberato.
10
settembre
–
ore
01.00
Porto
di
Ortona.
Il
“Baionetta”
parte
alla
volta
di
Brindisi
con
la
famiglia
reale,
Badoglio,
De
Courten,
Roatta,
ministri,
generali
e
altri
fuggiaschi.
La
corvetta
sarà
scortata
dalla
gemella
"Scimitarra"
e
dall'incrociatore
"Scipione
l'Africano".
10
settembre
–
ore
16.00
“Baionetta”,
“Scimitarra”
e
“Scipione
l’Africano”
entrano
nel
porto
di
Brindisi
dopo
una
navigazione
priva
di
imprevisti.
Durante
la
traversata
le
navi
sono
avvistate
e
sorvolate
da
aerei
tedeschi,
ma
non
subiscono
attacchi
da
parte
degli
ex
alleati.
Anzi,
un
ricognitore
Junker
88,
partito
da
Chieti
Scalo,
segue
per
l’intera
traversata
il
piccolo
convoglio
con
i
fuggiaschi
scattando
delle
fotografie
dove
si
vedono
i
reali
seduti
a
poppa.
12
settembre
–
ore
14.00
A
Campo
Imperatore,
Mussolini
viene
“liberato”
dagli
uomini
di
Harald
Mors.
L’unica
difficoltà
è
l’atterraggio
dei
9
alianti
nel
piccolo
pianoro
dove
è
l’albergo:
uno
di
questi
si
rovina
provocando
dei
feriti.
Si
noti
che
nell’aliante
in
questione
è
presente
il
capitano
delle
SS
Otto
Skorzeny
che
aveva
chiesto
al
pilota
di
scendere
in
picchiata
contravvenendo
all’ordine
del
generale
Kurt
Student.
Skorzeny
disobbedendo
agli
ordini
ed
assumendo
incarichi
di
comando
rischia
di
mandare
a
monte
la
missione
che
il
maggiore
Mors
aveva
pianificato
a
partire
dal
pomeriggio
del
giorno
precedente.
16
settembre
L’ammiraglio
Brivonesi
firma
un
accordo
che
consente
ai
tedeschi
di
imbarcarsi
per
Palau
solo
dopo
aver
abbandonato
le
posizioni
che
avevano
occupato
il 9
settembre.
20
settembre
I
tedeschi
a
Roma,
requisiscono
l’intera
riserva
aurea
della
Banca
d’Italia
(oltre
100
tonnellate
d’oro)
che
Badoglio
si
era
“dimenticato”
di
mettere
al
sicuro.
Considerando
l’ultimo
dato
cronologico,
una
perplessità
sorge
spontanea:
tra
la
data
della
firma
dell’armistizio
e la
sua
notifica
al
Paese,
sono
trascorsi
ben
5
giorni,
un
tempo
più
che
sufficiente
per
mettere
al
sicuro
l’oro
presente
all’interno
della
Banca
d’Italia,
ma
il
nostro
Capo
del
Governo
si
preoccupa
di
portare
al
sicuro
la
figlia
e la
nuora
in
Svizzera
(atto
lodevole
per
chi
sa
che
la
reazione
tedesca
potrebbe
essere
particolarmente
efferata)
inoltre
si
preoccupa
per
tempo
di
fare
4
prelevamenti
dalla
Banca
d’Italia
per
un
totale
di
circa
24
milioni
di
lire.
Solo
questi
due
fatti
sono
sufficienti
per
fare
una
supposizione:
forse
quell’oro
è
l’ultima
moneta
di
scambio
per
la
fuga
di
Badoglio
e
quella
del
Re.
Ma
l’oro
non
è
sufficiente
per
la
salvezza
dei
codardi,
infatti
occorre
far
contento
Hitler
che
vuole
l’amico
Mussolini,
anche
perché
ha
necessità
di
un
uomo
“forte”
e
“autorevole”
per
la
gestione
della
“sua”
Repubblica
Sociale
Italiana.
La
“liberazione"
sarà
festeggiata
a
Campo
Imperatore
con
un
brindisi
(a
base
di
vino)
proposto
da
Skorzeny
tra
le
sue
SS,
i
soldati
della
Wehrmacht,
i
carabinieri
e
gli
uomini
di
Giuseppe
Gueli
preposti
alla
custodia
dell’ospite.
L’operazione
apparentemente
molto
rischiosa
è
facile
nella
sua
soluzione
positiva
grazie
ai
buoni
uffici
di
Badoglio:
con
un
paragone
si
potrebbe
dire
che
è
stata
creata
una
situazione
dove
in
un’associazione
di
delinquenti
il
capo
banda
è
sorvegliato
da
un
altro
bandito
della
stessa
associazione
(Giuseppe
Gueli
oltre
che
essere
un
uomo
di
sicura
fede
fascista
è
anche
un
convinto
sostenitore
di
Mussolini).
Ma
forse
Badoglio
“ricama”
anche
su
un’altra
“merce”
in
cambio
della
salvezza
del
Re e
della
propria:
la
consegna
della
città
di
Roma
ai
tedeschi.
Nella
notte
tra
l’8
e il
9
settembre
del
1943
la
città
di
Roma
è
caratterizzata
da
un
“esodo”
massiccio
di
“graduati”
italiani
verso
Chieti
e di
“graduati”
tedeschi
verso
Firenze:
i
primi
perché
timorosi
della
rappresaglia
dei
tedeschi,
i
secondi
perché
convinti
che
ci
sarebbe
stato
un
grande
sbarco
delle
forze
anglo-americane
sulle
coste
laziali.
L’unico
che
rimane
a
Roma
è
Kesselring
con
“sole”
due
divisioni.
Questo
fatto
mi
suggerisce
una
ipotesi:
è
un’esclusiva
di
Kesselring
(grazie
a
Badoglio)
sapere
che
non
ci
sarà
nessun
aviosbarco
delle
forze
americane
a
sud
di
Roma,
inoltre
solo
Kesselring
è in
grado
di
fornire
la
parola
d’ordine
(“ufficiali
generali”)
che
sarebbe
occorsa
per
la
fuga
del
Re,
Badoglio
e
una
dozzina
di
generali
lungo
la
via
Tiburtina
lasciando
senza
comandi
i
vertici
militari
di
Roma
e
quindi
procedendo
di
fatto
alla
consegna
della
città
in
mano
ai
tedeschi.
Per
dare
un’idea
di
quanto
insulsa
fosse
la
presenza
dei
vertici
di
comando
posti
a
difesa
della
città
di
Roma
cito
un
fatto
poco
conosciuto:
circa
24
ore
dopo
la
notifica
dell’armistizio,
alla
presenza
dei
generali
Giacomo
Carboni
(comandante
del
corpo
d'armata
motocorazzato
posto
a
difesa
di
Roma)
e
Calvi
di
Bergolo
(genero
del
Re)
da
una
parte
e il
feldmaresciallo
Albert
Kesselring
dall’altra,
era
stata
apposta
una
firma
ad
un
documento
umiliante
e
disonorevole
(che
non
venne
mai
reso
pubblico)
in
cui
si
chiedeva,
tra
l’altro,
ai
soldati
italiani
di
passare
sotto
le
bandiere
tedesche,
giurando
fedeltà
ad
Hitler
e
con
ciò
a
sentirsene
onorati.
Ovviamente
il
documento
in
questione
venne
firmato
da
un
tenente
colonnello,
Leandro
Giaccone,
che
davanti
a
Kesselring
affermò
“giuridicamente
la
mia
firma,
essendo
io
di
grado
inferiore,
non
ha
nessun
valore”.
Il
documento
in
questione
lo
si
può
trovare
in
“Due
anni
di
storia
1943-1945”
un
libro
scritto
da
Attilio
Tamaro.
Anche
per
la
flotta
italiana
è
possibile
ipotizzare
uno
scambio:
sacrificare
una
parte
delle
unità
navali
in
cambio
della
fuga
del
Re,
Badoglio
e
affini.
Si
consideri
che
al
più
tardi
il 7
settembre
il
maggiore
Jope
era
stato
posto
sull’avviso
di
un’azione
contro
la
flotta
italiana.
Ma a
quella
data
eravamo
ufficialmente
ancora
alleati
dei
tedeschi.
Nemmeno
De
Courten
sapeva
dell’avvenuta
firma
del
3
settembre
e
men
che
mai
l’ammiraglio
Bergamini
che
fino
alla
sera
del
giorno
8
era
convinto
di
salpare
contro
gli
angloamericani.
Un
altro
aspetto
importante
è
l’atteggiamento
della
Luftwaffe:
nel
Tirreno
bombardava
le
nostre
unità
navali
mentre
in
Adriatico
quasi
le
proteggeva.
Infine
Supermarina
che
stranamente
si
dimentica
di
informare
Superaereo
che
le
unità
navali
sono
a
ovest
della
Corsica.
Non
potrebbe
essere
altrimenti
visto
e
considerato
che,
durante
l’attacco
il
comandante
della
squadriglia
di
bombardieri,
maggiore
Jope,
è
convinto
che
non
incontrerà
nessun
aereo
italiano
a
protezione
delle
unità
navali
in
quanto
non
l’avevano
informato
di
questa
eventualità.
Gli
elementi
per
azzardare
l’ennesima
ipotesi
di
una
trama
ordita
da
Badoglio
ci
sono
tutti.
Però
arrivati
a
questo
punto
della
storia
è
opportuno
focalizzare
l’attenzione
sui
fatti
che
hanno
portato
al
cambio
d’ordine
dato
a
Bergamini
di
non
dirigersi
più
alla
Maddalena.
Il
generale
Antonio
Basso
riceve
una
richiesta
da
parte
del
comando
della
90a
divisione
tedesca
e
cioè
quella
di
transitare
da
La
Maddalena
per
evacuare
verso
la
Corsica
e di
qui
per
il
continente.
Basso
acconsente
ordinando
all’ammiraglio
Bruno
Brivonesi
di
non
ostacolare
i
movimenti
dei
germanici.
Ora
entrambi
sanno
bene
che
stanno
per
arrivare
23
unità
della
Regia
Marina.
Qui
voglio
sottolineare
solo
la
manifesta
incapacità
del
generale
Basso
che
al
fine
di
evitare
la
guerra
in
Sardegna
si
accordò
con
il
generale
Lungerhausen
(quest’ultimo
il
23
agosto,
su
iniziativa
di
Hitler,
consegnerà
al
nostro
comandante
delle
forze
armate
l’onorificenza
della
croce
di
ferro)
per
l’esodo
dei
soldati
tedeschi
verso
la
Corsica
fino
a
fornire
anche
i
mezzi
per
il
trasporto
delle
truppe;
l’idea
di
far
proprio
il
motto
“ponti
d’oro
al
nemico
che
fugge”
funziona
fino
a
quando
non
si
trasforma
in
quest’altro,
“braghe
abbassate
al
nemico
che
ti
fotte”:
con
l’occupazione
da
parte
dei
tedeschi
dell’isola
di
La
Maddalena
è
successo
proprio
questo.
Non
mi
intendo
di
strategie,
ma
per
andare
in
Corsica
penso
sia
preferibile
passare
per
Santa
Teresa
e
non
per
la
Maddalena
in
quanto
le
opportunità
di
evitare
eventuali
attacchi
aerei
su
un
autocolonna
che
si
muove
sul
terreno
sono
superiori
a
quelle
in
mare,
quindi
meno
tempo
si
trascorre
in
mare
meglio
è
per
la
propria
sopravvivenza
e
infatti
il
16
settembre
i
soldati
tedeschi
lasciano
l’isola
di
La
Maddalena
passando
per
Palau
e
non
direttamente
via
mare
per
Bonifacio.
Voglio
credere
che
a
questo
il
generale
Basso
non
ci
abbia
pensato
e
che
abbia
agito
in
assoluta
buona
fede.
Piuttosto
balza
agli
occhi
la
perfetta
scelta
temporale
della
richiesta
da
parte
dei
tedeschi
di
transitare
per
l’isola.
Si
dice
che
a
pensar
male
si
fa
peccato,
ma
quasi
sempre
ci
si
azzecca:
chi
ha
dato
l’informazione
ai
tedeschi
del
previsto
arrivo
delle
23
unità
navali?
Prima
di
concludere
vorrei
porre
in
evidenza
il
modo
di
agire
del
comandante
delle
forze
armate
in
Corsica,
generale
Giovanni
Magli
pensando
al
comportamento
del
generale
Antonio
Basso.
Dopo
i
fatti
del
25
luglio
del
1943
(arresto
di
Mussolini)
il
generale
Frido
Von
Senger
und
Etterlin
comandante
della
brigata
corazzata
delle
SS
di
stanza
in
Corsica,
proporrà
a
Magli
di
inserire
le
sue
truppe
tra
quelle
italiane
ed
inoltre
l’artiglieria
tedesca
tra
le
batterie
costiere
italiane.
Magli
non
accetterà.
Questa
sua
decisione
si
rivelerà
saggia
e
lungimirante
in
considerazione
del
proclama
di
Badoglio
dell’8
settembre.
Una
volta
appresa
la
notizia
dell’armistizio,
il
comandante
delle
forze
armate
italiane
in
Corsica
convoca
tutti
i
suoi
sottoposti
ordinando
loro
che:
"ove
mai
si
attentasse
da
parte
di
chicchessia
ad
esprimere
atti
che
possano
offendere
il
nostro
sentimento
di
italiani
e di
soldati,
la
reazione
deve
essere
immediata",
mentre
a
Von
Senger
comunica
che
da
quel
momento
le
forze
italiane
non
avrebbero
più
potuto
fornire
alcuna
assistenza
a
quelle
tedesche.
Questi
rassicura
Magli
che
i
tedeschi
se
ne
andranno
pacificamente.
Ma
il
comandante
tedesco
come
il
nostro
capo
del
governo
o il
sovrano,
non
sono
campioni
di
lealtà.
Non
erano
trascorse
che
poche
ore,
quando
la
notizia
dell’occupazione
del
porto
di
Bastia
da
parte
dei
tedeschi
costringe
Magli
ad
agire
con
fermezza
riprendendosi
il
porto
a
cannonate.
Von
Senger
si
scusa
attribuendo
la
responsabilità
dell’accaduto
ad
alcuni
suoi
sottoposti.
Ma
il
nostro
comandante
gli
comunica
che
"non
sarà
tollerato
alcun
atto
di
ostilità
nei
riguardi
delle
truppe
italiane;
alla
forza
si
risponde
con
la
forza;
al
fuoco
col
fuoco",
lo
stesso
comunicato
sarà
diramato
immediatamente
a
tutti
i
reparti
italiani
presenti
in
Corsica.
Ho
voluto
scrivere
di
questi
fatti
perché
penso
che
questo
è il
comportamento
che
un
comandante
avrebbe
dovuto
tenere
nel
territorio
di
sua
competenza.
La
battaglia
in
Corsica
la
vincemmo
anche
grazie
alla
collaborazione
dei
francesi:
Bastia,
distrutta
dai
bombardamenti,
sarà
ripresa
il 4
ottobre
dai
bersaglieri
che
devono
cedere
questo
onore
ai
francesi.
Da
parte
sua
il
generale
De
Gaulle
si
rifiuterà
di
stringere
la
mano
al
generale
Magli,
il
vero
liberatore
della
Corsica.
L’isola
sarà
il
primo
dipartimento
liberato
di
Francia.
Un
ultima
provocazione:
ad
oggi
non
mi
risulta
che
Bastia
o
altre
città
della
Corsica
abbiano
una
via
o
piazza
dedicata
al
generale
italiano
Giovanni
Magli,
mentre
dal
dicembre
del
2009
la
città
di
Cagliari
ha
una
piazza
dedicata
al
generale
Antonio
Basso;
se
la
proposta
di
una
via
o
piazza
venisse
fatta
nella
mia
città,
Porto
Torres,
mi
auguro
che
la
scelta
cada
su
uomini
come
il
ventiduenne
cagliaritano
Stanislao
Palomba
sottotenente
di
vascello
sulla
“Roma”
e
deceduto
in
seguito
al
bombardamento
tedesco.