N. 107 - Novembre 2016
(CXXXVIII)
Adriano
e la
rivolta
di
Bar
Kochba
Un
imperatore
dai
mille
volti
-
PARTE
II
di
Alessia
Vanaria
Le
informazioni
che
possediamo
sulla
rivolta
giudaica
di
età
adrianea
e,
in
modo
particolare,
sulla
figura
del
suo
leader
Simon
Bar
Kochba,
provengono,
principalmente,
da
fonti
pagane
e
cristiane.
Disponiamo,
comunque,
di
notizie
dirette
che
ci
aiutano
a
comprendere
meglio
l’organizzazione
dei
rivoltosi,
e
che
ci
sono
giunte
attraverso
una
cospicua
documentazione
papirologica
e
numismatica
proveniente
dal
deserto
di
Giuda.
Dai
documenti
del
deserto
di
Giuda
sappiamo
che
il
nome
del
leader
della
rivolta
era
Simon
Bar
Kosiba.
Il
rabbi
Aquiba
lo
salutò
però
come
Bar
Kochba
che
significa
figlio
della
stella,
con
un
sottile
riferimento
all’astro
messianico
evocato
in
una
famosa
profezia
contenuta
nel
libro
dei
Numeri
(24,
17)
in
cui
si
legge
che
“una
stella
è
sorta
da
Giacobbe,
uno
scettro
regnerà
su
Israele”.
Bar
Kosiba
sarebbe,
dunque,
sorto
da
Giacobbe,
ed è
pertanto
il
re,
il
messia.
L’investitura
messianica
accreditata
da
rabbi
Aqiba
fu
tradotta
da
Bar
Kochba
in
uno
straordinario
veicolo
di
propaganda.
Egli
assunse
il
titolo
di
principe
di
Israele
e si
pose
a
guida
di
una
rivolta,
che
tutto
il
popolo
giudaico
avrebbe
dovuto
appoggiare,
al
termine
della
quale
si
sarebbe
ripristinato
il
culto
del
vero
Dio
nel
tempio
eterno
e
non
più
corruttibile.
Simone
ebbe
molto
seguito
soprattutto,
come
si è
detto,
nei
villaggi
e
nelle
campagne
e
fra
gli
strati
sociali
più
bassi
della
popolazione,
ma
anche
un
certo
numero
di
rabbi
condivise
il
suo
messaggio.
Resta
il
fatto
che
la
maggior
parte
dei
rabbi
non
si
schierò
dalla
sua
parte,
e
Peter
Schäfer
ha
cercato
di
comprenderne
le
ragioni.
Bar
Kochba
si
avvalse
del
titolo,
come
già
abbiamo
anticipato,
di
principe
di
Israele,
Nasi,e
non
di
quello
di
re,
screditato
dopo
i
successori
di
Erode.
Assume,
dunque,
un
titolo
che
non
era
mai
stato
detenuto
dai
rabbini,
e
questo
costituisce
la
prova,
secondo
Schäfer,
di
come
il
leader
giudaico
volesse
ricollegarsi
piuttosto
alle
tradizioni
“pre-70”.
È,
quindi,
un
eroe
che
riporta
in
auge
la
memoria
dei
Maccabei
e
l’ideologia
degli
Zeloti.
Per
tutte
queste
ragioni
i
Rabbini
non
appoggiarono
la
rivolta,
e ad
essi
va
senz’altro
attribuita
la
storpiatura
del
nome
in
Koziba,
vale
a
dire
“figlio
della
menzogna”,
denominazione
che
rappresentava
il
riconoscimento
del
fallimento
dell’ultima
speranza
messianica.
I
documenti
papiracei
rinvenuti
aiutano
a
far
luce
sulla
personalità
del
leader
della
rivolta.
Due
lettere,
scritte
in
greco
ed
inviate
da
Bar
Kochba
ai
suoi
luogotenenti
e si
sono
rivelate
particolarmente
rilevanti.
«Sou[mai]os
a
Yonathe
figlio
di
Beianos
e a
Masabala,
salve!
Poiché
vi
ho
mandato
Agrippa,
inviatemi
in
fretta
rami
e
limoni,
q[uanto]
potete
al
campo
dei
Giudei
e
non
agite
diversamente.
È
stata
scritta
in
greco
poiché
non
abbiamo
trovato
chi
scrivesse
in
ebraico.
Liberatelo
in
gran
fretta
a
motivo
della
festa
e
non
agite
diversamente.
Soumaios.
Salve!
Prima
di
analizzare
il
contenuto
della
lettera,
è
bene
fare
alcune
osservazioni.
Il
testo
è
scritto
sul
recto
del
papiro
in
un
corsivo
dallo
stile
piuttosto
irregolare,
poiché
le
lettere
spesso
non
sono
tracciate
alla
stessa
maniera,
e
ciò
fa
pensare
che
non
sia
stato
redatto
da
un
scriba
professionista
o,
comunque,
da
una
mano
esperta.
La
lettera
è
scritta
in
greco,
mentre
di
solito
in
questo
tipo
di
corrispondenza
era
usata
la
lingua
ebraica
o
l’aramaico,
ma
il
mittente
spiega
le
ragioni
di
tale
scelta
linguistica:
non
si è
trovato
nessuno
che
scrivesse
in
ebraico.
Risulta
evidente
dunque
che
il
mittente,
Soumaios,
conoscesse
il
greco
così
come
l’ebraico
e
fosse
in
grado
di
scrivere
lettere
nell’una
come
nell’altra
lingua.
Soumaios
sarebbe,
dunque,
la
trascrizione
greca
del
nome
del
leader
della
rivolta
giudaica,
che
è
dunque
anche
il
mittente
della
lettera.
Non
è
però,
come
avremo
modo
di
vedere,
l’unica
forma
greca
usata
per
indicare
Bar
Kochba.
Il
destinatario
è
Yoanathe,
uno
degli
uomini
a
seguito
del
protagonista
della
rivolta,
a
cui
sono
indirizzate
anche
altre
lettere
rinvenute
a
NahalHever.
Bar
Kochba
chiede
che
vengano
dati
a
questo
misterioso
personaggio
rami,
richiesti
per
costruire
le
capanne
in
cui
veniva
celebrata
la
Festa
dei
Tabernacoli,
una
delle
festività
più
importanti
dell’Ebraismo,
attraverso
cui
si
ricordava
la
vita
del
popolo
di
Israele
nel
deserto
durante
il
viaggio
verso
la
terra
promessa.
Per
la
celebrazione
della
festa
gli
Ebrei
dovevano
utilizzare
quatto
specie
di
vegetali:
il
lulav
(un
ramo
di
palma),
l’ethrog
(un
cedro),
tre
rami
di
mirto
e
due
di
salice.
Nel
testo
della
nostra
lettera
si
parla
genericamente
di
rami
e
limoni.
Seconda
lettera:
«Annanos
al
fratello
Ionathés
salve.
Poiché
Simon
figlio
di
Khosiba
ancora
una
volta
ha
scritto
di
mandare
per
i
bisogni
dei
nostri
fratelli
[…]
e
invia
queste
cose
in
sicurezza.
Annanos,
statti
bene
fratello».
Nella
lettera
viene
usato
un
altro
termine
di
notevole
importanza
“fratello”
designante
i
soldati
dell’esercito
di
Bar
Kochba.
Tali
lettere
permettono
di
conoscere
il
sistema
di
amministrazione
adottato
dai
ribelli,
la
disciplina
imposta
alle
proprie
forze
da
Bar
Kochba
e,
in
parte,
anche
l’estensione
del
territorio
sottoposto
al
suo
controllo.
Il
leader
si
mostra
molto
autoritario:
«Da
Sim’on
figlio
di
Kosibah
a
Yesua’
figlio
di
Galgula
e
agli
uomini
di
Ha-
Baruk
(o
della
fortezza),
salve!
Mi
sia
testimone
il
cielo:
se
viene
danneggiato
uno
dei
galilei
che
è
presso
di
voi
metterò
i
ceppi
ai
vostri
piedi,
come
ho
fatto
al
figlio
di
‘Aphlul.
Simon
figlio
di
Kosiba
sulla
[sua
anima]».
Fino
ad
oggi
non
sono
state
trovate
però
lettere
che
forniscano
notizie
sulle
cause
o
sul
corso
della
guerra.
Non
meno
importanti,
però,
si
sono
rivelate
le
monete,
rinvenute
per
la
maggior
parte
dopo
il
1965.
I
ribelli
controllavano,
come
abbiamo
avuto
modo
di
constatare
in
precedenza,
un
territorio
piuttosto
modesto,
che
non
includeva
probabilmente
nemmeno
Gerusalemme.
Mildenberg
pertanto,
considerando
la
piccola
estensione
del
territorio
e
l’assenza
all’interno
di
esso
di
miniere,
si è
chiesto
da
dove
il
leader
giudaico
ricavasse
l’argento
e
l’oro
per
coniare
moneta
Si è
ipotizzato
che
egli
utilizzasse
monete
romane,
riconiate
per
creare
le
proprie,
simbolo
di
uno
Stato
giudaico
indipendente.
Le
monete
sono
datate
a
partire
dall’inizio
della
rivolta,
secondo
l’anno
di
liberazione
di
Israele,
e
consentono
di
distinguere
sostanzialmente
tre
diversi
periodi.
In
esse
è
inciso
spesso
il
nome
del
leader
giudaico
ed
il
suo
titolo
ufficiale
di
“principe
di
Israele”.
Sono
molto
varie
a
livello
iconografico,
anche
se
un’immagine
che
si
trova
più
spesso
è
quella
della
facciata
del
tempio
di
Gerusalemme,
raffigurazione
simbolica
di
grande
significato,
che
mostra
come
Bar
Kochba
fosse
capace
non
solo
di
coniare
moneta,
ma
di
servirsi
di
questo
strumento,
al
pari
degli
imperatori,
per
diffondere
il
proprio
messaggio
ed i
valori
che
erano
alla
base
della
rivolta.
Oltre
al
tempio,
altro
motivo
iconografico
delle
suddette
monete
è
quello
della
palma.
Se
il
primo
è
legato
a
quelli
che
potremmo
definire
gli
obiettivi
specifici
della
rivolta,
il
secondo
invece
evoca
l’immagine
personificata
della
provincia
di
Giudea,
che
ritroviamo
su
parecchie
monete.
Questo
tipo
di
rappresentazione
con
personificazione
della
provincia
non
è
adottato
solo
per
la
Giudea,
ma
spesso
anche
per
altre
province,
soprattutto
in
età
adrianea.
Adriano
emette,
infatti,
tra
il
134
e il
138
numerose
monete
commemorative
dei
due
viaggi
da
lui
compiuti
fra
il
121
ed
il
125,
e il
128
ed
il
134,
sulle
quali
trova
posto
la
raffigurazione
di
ben
23
nationes
fra
quelle
visitate.
Nelle
monete
troviamo
raffigurate
le
diverse
province,
mentre
compiono
determinati
gesti,
indossano
un
abbigliamento
ed
un
copricapo
spesso
tipico
del
luogo,
e
sono
affiancate
da
altri
importanti
elementi
paesaggistici
Sebbene
le
immagini
in
questione
non
si
presentino
mai
inserite
in
un
vero
e
proprio
paesaggio,
è
bene
sottolineare
come
alcuni
elementi
sembrino
voler
richiamare
lo
scenario
naturale
caratteristico
del
territorio
che
le
personificazioni
rappresentano
in
modo
allegorico.
L’aspetto
paesaggistico
di
una
regione
può
essere
suggerito
semplicemente
dagli
animali,
dalle
piante
e
dalle
fronde
tenute
in
mano
o
collocate
a
fianco
delle
personificazioni.
A
proposito
della
Iudaea,
tra
gli
elementi
vegetali
non
possiamo
non
ricordare
la
palma,
che
ricorre
nella
monetazione
già
dall’età
di
Vespasiano.
L’
uso
di
queste
testimonianze
dirette
si è
rivelato
prezioso
non
per
conoscere
il
corso
della
guerra,
di
cui
non
parlano
quasi
per
nulla,
ma
la
personalità
di
Bar
Kochba.
Un
personaggio
per
certi
versi
ancora
oscuro,
che
non
ha
avuto
un
grande
fortleben
nella
cultura
moderna.
Altre
figure
che
sono
state
a
capo
di
rivolte
anche
di
poco
conto,
hanno
suscitato
l’interesse
dei
moderni
che
hanno
tratto
spesso
dalle
loro
vicende
materia
per
romanzi
e
film.
Appare
senza
dubbio
singolare
che
ciò
non
si
sia
verificato
per
un
personaggio
come
Bar
Kochba,
un
leader
che
è
stato
capace
non
solo
di
unire
un
popolo
frammentato
come
quello
giudaico
per
combattere
contro
i
Romani,
ma
che
ha
saputo
sfruttare
per
diffondere
il
proprio
messaggio
uno
dei
mezzi
di
propaganda
più
importanti
dell’epoca,
vale
a
dire
la
moneta.
Un
personaggio
che
non
si è
arreso
alle
prime
difficoltà,
ma
ha
perseguito
il
suo
obiettivo
fino
in
fondo,
pagando
con
la
morte
la
sua
determinazione.
Senza
dubbio
la
mancanza
di
notizie
sulla
sua
figura
non
ha
aiutato
fino
ad
oggi
a
fare
di
Bar
Kochba
un
“mito”.
Si
può,
dunque,
solo
sperare
che
in
futuro,
anche
a
seguito
nuovi
rinvenimenti
archeologici,
si
possa
conoscere
ancora
meglio
la
sua
personalità
e
comprendere
le
ragioni
delle
sue
scelte.
Riferimenti
bibliografici:
G.
Firpo,
Le
rivolte
giudaiche,
Laterza,
Roma
1999.
B.
Isaac
,
Roman
Colonies
in
Judaea:
The
Foundation
of
Aelia
Capitolina
in
The
Near
East
under
Roman
rule,
Leiden
Brill,
1998.
A.
Rabello,
Ebraismo
e
diritto.
Studi
sul
diritto
ebraico
e
gli
ebrei
nell’impero
romano,
Rubbettino,
2009.
P.
Schafer
The
Bar
Kokhba
war
reconsidered:
new
perspectives
on
the
Second
Jewish
Revolt
against
Rome,
Tubingen
2003.
E.M.
Smallwood,
The
Jews
under
Roman
Roman
rule
from
Pompey
to
Diocletian.
A
study
in
Political
Relations,
Leiden
Brill,
1981.