L’amore dei romani per
il cinema e il loro tripudio ad Artaud, la sua
critica all’America “popolo guerrigliero”, la
condanna ai capitalisti, il suicidio della società,
la vita e l’odore di stupro, l’inerzia borghese.
L’anarchia di Artaud,
la pazzia cronica.
Gance e il cinema:
“alfabeto per gli occhi stanchi di pensare”.
La lucciola e l’Arco
di Costantino, che l’insetto non lascia durante
tutte le quattro ore; la lucciola e lo schermo dalle
immagini in bianco e nero.
L’ufficialità
dell’esterno e l’intimità di una coperta.
Avere il capo coperto
dal cappuccio di una felpa, come i giovani ribelli
in Pakistan, a piedi nudi.
La destituzione di
Carteaux. Montezemolo. La promessa di una guerra
senza cannoni e baionette.
Una rivoluzione se
esce dall’Europa viene chiamata solo terrore.
Il vecchio Harif
nelle montagne d’Oman.
La cannella e il
petrolio; il coltivatore di rose e l’ispettore
dell’acqua.
A Nisva le donne hanno
il viso scoperto ma non possono avvicinare gli
uomini.
Il mercato del venerdì
e le maschere nere.
Maceti che grondano
sangue, non più per la strada. Sangue negli stadi.
Lavarsi per cinque
volte al giorno nel deserto che è cinque volte più
esteso dell’Italia.
Jebel, l’odore di
caffè e acqua di rose; Mosul odore di carne e gomma
bruciata.
È lo stesso Islam.
Sabbia e sangue.
Il compagno
dell’oceano dimentica come me l’ora del suo
matrimonio, perso dietro alle sue carte.
Il Circo Massimo a
viso coperto; Roma un po’ prostituta e un po’ diva.
Tra un gruppo di ragazzi e l’altro odore di erba.
Zoccola velina!
Eretica!
Padova, l’università.
Davide. Profumo di erba.
Bologna e i raduni
freak.
Marsilio Ficino e gli
eretici di Padova. Mattia Corvino e i carpentieri
italiani alla sua corte.
Davide e la sua tavola
a Boduhithi, il suo presagio delle bombe anche sugli
atolli, anni prima, quando potevamo comunicare solo
via fax.
Brigitte Mohnhaupt e
la seconda generazione di combattenti; Offensive
77.
Le borchie di
Bacillario in via Laurina e poco più avanti il caffè
Canova.
Il ’68 e Venezia; il
sindaco ostaggio dentro una toilette; Gregoretti e
Pasolini che cercano di dialogare con i tabaccai
fascistoidi.
David Sylvian e la
pace del cuore. Gli occhi iniettati di sangue.
Il rosso addosso e le
labbra sporche di sangue, su cui cade la pioggia.
La terreur e
la testa di Saint-Just; Yangon e la repressione:
spari, cariche e internet imbavagliato.
Il mangiatore di carta
e gli ordini di esecuzione di Robespierre; Kengtung
e il divieto di parola.
Un telegiornale su ARD
del 27 settembre 1987: traffico illecito di armi
verso l’Iran; Tunisia, un tribunale si pronuncia per
la colpevolezza di alcuni fondamentalisti islamici;
Kabul e le prime ingerenze statunitensi.
L’Afghanistan, il
Vietnam dell’Unione sovietica e il fallimento
dell’ambizioso progetto di parità strategica con gli
USA.
Il cacciatore di
stelle, il temporale e la convivenza forzata con
l’umanità.
Viviamo in una
democrazia che ha paura di conoscere la verità.
La politica che non si
interessa più della gente, che rivendica solo adesso
il controllo sulla rappresentanza politica.
Le processioni del
sabato notte su via Appia, quando vorresti uscire
dalla macchina e gridare: - Fate i sacrifici per
quelli che chiamate “fratelli bisognosi” e non per
il vostro dio che non può provare nulla, che non può
amare!
Quell’entità che
assurgete a perfezione perché siete incapaci di
farvi inebriare dalle infinite imperfezioni che
attraversano l’uomo.