N. 78 - Giugno 2014
(CIX)
L’ABATE RAYNAL
IL TRIONFO DELL’ILLUMINISMO
di Matteo Romano
Guillaume
Thomas
François
Raynal
(1713
–
1796)
fu
una
delle
personalità
più
attive
e
controverse
dell’Illuminismo
francese
e
dell’epoca
pre
e
post
Rivoluzione.
Oltre
che
come
uomo
religioso,
si
segnalò
come
poligrafo,
intellettuale
e
polemista.
Fu
ordinato
sacerdote
nella
Compagnia
di
Gesù
nel
1743
per
poi
essere
assegnato
nel
1746
alla
parrocchia
parigina
di
Saint
Sulpice,
da
cui
fu
espulso
solo
tre
anni
dopo
con
l’accusa
di
simonia,
e
con
l’infamia
di
aver
acconsentito
alla
sepoltura
di
alcuni
protestanti
dopo
averli
fatti
passare
per
cattolici.
Costretto
all’abbandono
della
carriera
ecclesiastica,
l’abbé
cominciò
a
essere
assiduo
frequentatore
di
salotti
intellettuali
come
quelli
del
Barone
d’Holbach
(1723-1789)
e a
essere
autore
di
alcune
importanti
opere
come
l’Histoire
du
Stadhoudèrat
(1747)
e l’Histoire
du
Parlamente
d’Angleterre
(1748).
Nel
1762,
il
duca
de
Choiseul
(1719-1785),
ministro
degli
Esteri
di
Luigi
XV,
affidò
all’abate
il
compito
di
scrivere
una
sorta
di
manuale
d’arte
militare,
Ecole
militare.
La
sua
fama
rimane
comunque
legata
alla
produzione
di
una
delle
opere
più
rilevanti
del
XVIII
secolo:
l’Histoire
philosophique
et
politique
des
établissements
et
du
commerce
des
Européens
dans
les
deux
Indes.
L’opera
uscì
in
ben
quattro
edizioni;
la
prima
fu
stampata
clandestinamente,
senza
il
titolo
né
il
nome
dell’autore
nel
1770,
la
seconda,
visto
il
grande
successo
nel
1774.
La
terza
e la
quarta
edizione
dell’opera
furono
invece
stampate
nel
1780
e
nel
1820.
L’opera
venne
elaborata
con
l’aiuto
di
uno
dei
più
importanti
philosophes
francesi:
Denis
Diderot
(1713
-1784),
che
collaborò
alla
stesura
in
ampie
parti,
intessendo
gli
spunti
più
dinamici
e
polemici
dell’Histoire,
alcuni
anche
in
aperta
opposizione
col
pensiero
di
Raynal.
L’Histoire,
divisa
in
quattro
sezioni
(Asia,
Messico
e
America
meridionale,
America
centrale
e
Antille,
America
settentrionale
e
Europa),
segna
la
denuncia
del
colonialismo,
dello
schiavismo
e
del
dispotismo,
e
inoltre
condanna
le
storture
commesse
dagli
Europei
nella
colonizzazione
delle
due
Indie.
Essa
è
alquanto
differente
dai
resoconti
di
viaggio,
dalle
storie
naturali
e
politiche
delle
colonie.
Problematizza
infatti
questioni
proprie
dell’Età
dei
Lumi,
dal
problema
del
diverso,
ai
limiti
del
potere,
ai
rapporti
antropologici.
Nell’Histoire
la
narrazione
storica
è
frammista
all’utilizzo
di
altri
registri
di
critica:
la
geologia,
la
zoologia,
l’antropologia,
l’economia,
la
politica
e la
riflessione
filosofica.
Un’opera
davvero
“moderna”
quindi,
che
rimane
però
intrisa
di
pregiudizi
e
contraddizioni:
errori
vari,
luoghi
comuni,
esagerazioni
e
manipolazione
delle
fonti
utilizzate.
Inoltre
pregiudizi,
come
contro
le
donne
e
l’omosessualità,
oppure
con
l’impiego
di
paradigmi
genealogici
come
lo
schema
biblico
della
successione
delle
ere
geologiche
a
partire
dal
diluvio.
Questa
febbrile
attività
consentì
comunque
a
Raynal
di
stringere
rapporti
con
molti
uomini
di
lettere,
e
ciò
gli
valse
l’ammissione
all’Accademia
delle
Scienze
di
Berlino
e
alla
Royal
Society.
Il
suo
vigore
intellettuale
lo
portò
a
schierarsi
a
favore
delle
istanze
rivoluzionarie.
Partecipò
alla
redazione
dei
Cahiers
de
doléance
nella
regione
di
Marsiglia,
e
nella
primavera
del
1789
fu
eletto
deputato
del
terzo
stato
con
uno
straordinario
numero
di
voti.
Non
partecipò
agli
Stati
Generali
e
infine,
l’“apostolo
della
libertà”
–
com’era
appellato,
passò
ad
assumere
posizioni
nettamente
ostili
a
quelle
rivoluzionarie.
Il
31
maggio
del
1791
nell’Assemblea
nazionale
fu
pronunciato
il
suo
Adresse,
in
cui,
nello
stupore
generale,
l’abate
Raynal
sviluppava
una
requisitoria
contro
il
corso
preso
dalla
Rivoluzione
e
avanzava
una
serie
di
richieste
apertamente
reazionarie.
Egli
richiedeva
il
ripristino
del
potere
esecutivo
del
sovrano
e
invocava
la
conclusione
delle
sedizioni
e
dei
disordini
perpetrati
dai
rivoluzionari.
Quest’episodio
pesò
fortemente
sul
giudizio
della
figura
di
Raynal
e
della
sua
Storia
delle
Indie.
Addirittura
fu
messo
in
dubbio
che
l’abbè
fosse
stato
il
reale
artefice
dell’opera.
Marat
arrivò
a
dire
che
l’autore
dell’Addresse
non
poteva
certo
essere
quello
dell’Histoire.
Altri
lo
valutarono
come
un
semplice
frequentatore
della
nobiltà
privo
di
senso
della
realtà,
altri,
come
ormai
affetto
da
demenza
senile.
Tutto
ciò
portò
Raynal
ad
allontanarsi
sempre
più
dalla
vita
politica
della
Francia;
malgrado
ciò,
le
sue
riflessioni
sopravvissero,
e
costituiscono
uno
dei
più
importanti
lasciti
dell’Illuminismo.
Infine,
l’abate,
giunto
all’età
di
83
anni,
morì,
il 6
maggio
del
1796.
Le
alterne
fortune
che
caratterizzarono
la
vita
del
gesuita
transalpino,
non
causarono
un
totale
oblio
della
sua
opera;
anzi,
il
suo
scritto
influenzò
il
dibattito
europeo
dell’epoca,
e
venne
letto
dalle
più
importanti
menti
attive
tra
fine
700
e
inizio
800.
Venne
infatti
studiato
e
commentato
da
intellettuali
del
calibro
di Condorcet,
Herder,
Burke,
Washington,
Paine
e
Jefferson.
Addirittura
Napoleone,
ritenuto
un
fanatico
degli
scritti
dell’abate,
pare
avesse
portato
con
sé
l’Histoire
nella
campagna
d’Egitto
come
talismano
portafortuna.