N. 141 - Settembre 2019
(CLXXII)
come il xx settembre divenne festa nazionale
solennità
civile
dal
1895
al
1930
di
Giorgio
Giannini
La
prima
proposta
di
legge
per
celebrare
il
20
settembre,
anniversario
della
breccia
Porta
Pia
e
della
liberazione
di
Roma,
con
la
fine
del
potere
temporale
del
papa,
è
presentata
alla
Camera
dei
deputati
dall’onorevole
Niccolò
Gallo
nel
maggio
1889.
La
proposta
di
legge,
annunciata
in
Aula
dal
presidente
della
Camera
dei
Deputati,
on.
Biancheri
nella
seduta
del
16
maggio
1889,
consta
di
tre
articoli:
con
il
primo
si
dichiara
il
XX
settembre
“Festa
Nazionale
per
celebrare
l’Unità
d’Italia”,
con
il
secondo
si
dispone
la
celebrazione
della
festa
in
tutti
i
municipi,
“d’accordo
con
le
autorità
governative”;
con
il
terzo
articolo
si
modifica
l’art.
1
della
legge
5
maggio
1861
n.
7,
stabilendo
che
la
prima
domenica
del
mese
di
giugno
si
continua
a
celebrare
la
Festa
Nazionale
per
lo
Statuto
del
Regno
mentre
la
Festa
per
l’Unità
d’Italia
è
spostata
al
20
settembre.
L’esame
della
proposta
è
rinviato
a un
giorno
da
stabilire
in
accordo
con
il
Ministro
dell’Interno.
Però
non
se
ne
fa
nulla
e la
proposta
non
è
mai
esaminata
dagli
uffici
della
Camera
(per
questo
motivo
non
ha
avuto
neppure
un
numero
negli
atti
della
Camera).
La
seconda
proposta
di
legge
del
1891
La
seconda
proposta
di
legge
è
presentata
il 3
dicembre
1891
alla
Camera
dall’on.
Nicola
Vischi.
È
presa
in
considerazione
il 3
dicembre
e
riceve
il
n.
265
negli
atti.
Consta
di
un
solo
articolo,
di
modifica
dell’art.
1
della
legge
5
maggio
1861
n.
7,
con
il
quale
si
dichiara
il
20
settembre
“Festa
Nazionale
per
celebrare
l’Unità
d‘Italia
e lo
Statuto
del
Regno
“.
In
pratica
si
sposta
al
20
settembre
la
Festa
Nazionale
già
prevista
per
la
prima
domenica
di
giugno
dalla
Legge
7
del
1861.
L’esame
della
proposta
è
affidato
a
una
commissione
composta
dagli
onorevoli
Ferrari
(presidente),
Sella
(segretario),
D’Andrea,
Daneo,
Levi,
Marinuzzi,
Tasca-Lanza,
Vollaro,
Vischi
(relatore).
L’on
Vischi
presenta
nella
seduta
del
10
febbraio
1892
la
relazione,
nella
quale
afferma
che
“la
data
del
XX
settembre,
appunto
perché
ricorda
il
riscatto
della
nostra
Roma
capitale
e la
caduta
del
potere
temporale
dei
papi,
sarebbe
la
più
degna
di
essere
prescelta
per
le
celebrazioni
della
festa
della
unità
e
della
libertà
della
patria”.
Però,
“se
si
elevasse
alla
dignità
di
festa
nazionale
il
XX
settembre,
pur
mantenendosi
l’altra
convenzionale
della
prima
domenica
di
giugno
(cioè
la
festa
dello
Statuto),
si
duplicherebbero
tali
celebrazioni,
che
per
poter
addivenire
solenni
devono
essere
uniche,
e si
creerebbe
una
possibilità
di
gare”.
Per
questo
motivo
la
sua
proposta
destina
il
20
settembre
come
unica
festa
dell’Unità
nazionale
e
dello
Statuto.
Ricorda
inoltre
che
due
Deputati
della
commissione
parlamentare
avevano
osservato
che
era
più
opportuno
continuare
a
celebrare
la
festa
dello
Statuto
la
prima
domenica
di
giugno,
limitando
così
l’effetto
della
proposta
di
legge
solo
a
dichiarare
“giorno
festivo”
l’anniversario
della
breccia
di
Porta
Pia
“per
calmare
le
apprensioni
di
coloro,
i
quali
danno
alla
ricorrenza
della
prima
domenica
di
giugno
una
importanza
quasi
statutaria”.
Ricorda
infine
che
la
commissione
aveva
accolto
questa
osservazione
ritenendo
che
“il
XX
settembre
non
ha
bisogno
di
essere
legislativamente
dichiarato
festa
nazionale,
essendo
già
tale
nei
cuori
degli
italiani”;
aveva
però
riconosciuto
la
“necessità
di
carattere
politico”
che
il
XX
settembre
diventasse
“giorno
festivo
agli
effetti
civili”,
aggiungendolo
all’elenco
di
quelli
previsti
dalla
legge
23
giugno
1874
n.1968.
L’on.
Vischi
accetta
il
significato
“più
modesto”,
dato
alla
sua
proposta
dalla
commissione
(cioè
di
riconoscere
il
XX
settembre
non
come
“festa
nazionale”
celebrativa
dell’Unità
Nazionale,
ma
solo
come
“giorno
festivo”)
perché
la
data
‘è
stata
inserita,
come
unica
ricorrenza
civile,
nel
calendario
delle
festività
religiose
stabilito
con
il
regio
decreto
6
settembre
1853
e
recepito
dalla
legge
n.
1968
del
1874,
rendendolo
così
più
conforme
al
vero
spirito
dell’art.
1
dello
Statuto.
La
proposta
di
legge,
pur
così
emendata
dalla
commissione,
non
è
esaminata
dalla
Camera.
La
terza
proposta
di
legge
del
1895
Tenendo
conto
del
testo
elaborato
dalla
commissione
parlamentare
nel
1892,
l’on.
Vischi
ripresenta
all’inizio
di
luglio
1895
la
proposta
di
legge
per
dichiarare
il
XX
settembre
“giorno
festivo
per
gli
effetti
civili”.
La
proposta
è
annunciata
in
aula,
alla
Camera,
nella
seduta
del
4
luglio
ed è
illustrata
dall’on.
Vischi
nella
seduta
dell’8
luglio,
nella
quale,
dopo
aver
ricordato
le
vicende
dell’altra
sua
proposta
presentata
il 3
dicembre
1891,
ne
auspica
l’approvazione
per
celebrare
solennemente
“la
ricorrenza
del
venticinquesimo
anniversario
del
glorioso
avvenimento”
(della
breccia
di
Porta
Pia),
che
è
anche
“la
più
grande
vittoria
del
secolo
decimonono”.
L’on.
Vischi
ricorda
anche
che
il
re
Umberto
I,
nel
suo
‘discorso
della
Corona’,
all’inaugurazione
della
legislatura,
aveva
fatto
cenno
al
primo
giubileo
dell’unione
di
Roma
allo
Stato.
L’on.
Galli,
sottosegretario
al
Ministero
dell’Interno,
annuncia
che
il
Governo
non
si
oppone
all’approvazione
della
proposta,
che
pertanto
è
‘presa
in
considerazione’
e
riceve
il
n.
102
degli
atti
parlamentari
della
Camera.
Gli
onorevoli
Casale
e
Elia
propongono
di
deferire
al
presidente
della
Camera,
e
non
agli
uffici,
la
nomina
della
commissione
incaricata
di
esaminare
la
proposta
di
legge
allo
scopo
di
riferire
in
aula
“con
la
maggiore
sollecitudine”.
La
Camera
approva
la
proposta
e
alcune
ore
dopo
il
Presidente,
on.
Villa,
comunica
che
la
commissione
è
composta
dagli
onorevoli
Bianchieri
(presidente),
Luzzatto
(segretario),
Caetani,
Di
Rudinì,
Ercole,
Fortis,
Garibaldi,
Miceli,
Vischi
(relatore).
Il
giorno
seguente,
9
luglio
1895,
l’on.
Vischi
presenta,
a
nome
della
commissione,
una
breve
Relazione,
nella
quale
sollecita
l’approvazione
della
proposta
per
dichiarare
il
XX
settembre
“giorno
festivo”
al
fine
di
“celebrare
degnamente
il
venticinquesimo
anniversario
della
breccia
di
Porta
Pia”
che
è
“la
più
grande
vittoria
ottenuta
dall’Italia
a
beneficio
di
tutto
il
mondo
civile”.
L’esame
della
proposta
di
legge
alla
Camera
La
proposta
è
esaminata
dalla
Camera
nella
seduta
pomeridiana
dell’11
luglio
1895,
con
la
presidenza
del
presidente
on.
Villa.
Il
dibattito
in
aula
è
molto
acceso.
Intervengono
a
favore
gli
onorevoli
Bonardi,
Andrea
Costa,
Imbriani,
Mazza
e il
presidente
del
Consiglio
Crispi;
dichiarano
di
essere
contrari
alla
proposta
gli
onorevoli
Colajanni,
De
Nicolò,
Macola,
Prinetti.
In
particolare
l’on.
Mazza
dichiara
che
la
proposta
“non
si
discute”
perché
il
XX
settembre
“è
data
non
solamente
italiana,
ma
universale”
perché
segna
la
“caduta
del
potere
temporale”
della
Chiesa
e
quindi
la
“chiusa
di
un’era”.
Pertanto,
non
si
può
“non
elevare
a
festa
quel
giorno”.
L’on.
Colajanni,
invece,
pur
appartenendo
alla
Sinistra,
dichiara
di
non
essere
favorevole
alla
proposta
perché
il
“momento
è
inopportuno”
essendoci
un
governo
che
pratica
una
“politica
a
partita
doppia”,
che
“oggi
esalta
Giordano
Bruno,
domani
mette
a
disposizione
guardie,
delegati,
prefetti,
autorità
d’ogni
genere
per
far
trionfare
i
clericali”.
L’on.
Andrea
Costa
afferma
di
essere
“disorientato”
perché
la
borghesia
dimostra
di
non
avere
più
“il
culto
della
patria
e
del
libero
pensiero”
e
quindi
“non
ha
più
ideali”.
Dichiara
comunque
il
voto
favorevole
dei
socialisti
affinché
il
XX
settembre
sia
festa
nazionale
“per
tutti
i
cittadini
italiani,
anche
per
quelli
i
quali
giacciono
al
domicilio
coatto,
nelle
carceri,
nelle
galere”.
Infatti
“tutti
in
quel
giorno
devono
essere
liberi
e
salutare
il
XX
settembre
come
il
principio
di
un’era
nuova,
che,
liberando
le
coscienze,
liberi
altresì
il
lavoro
e
faccia
realmente
dell’umanità
una
società
di
liberi
e di
uguali”.
L’on.
Torraca
invece
non
approva
la
proposta
perché
ritiene
che,
quando
la
festa
del
20
settembre,
che
ora
è
celebrata
dal
popolo
spontaneamente,
“per
impulso
dell’anima”,
e
quindi
è
“espressione
del
sentimento
popolare”
e ha
“un
valore
alto,
un
alto
significato
di
fronte
al
Vaticano”,
sarà
stabilita
con
legge,
perderà
questo
suo
valore
e
significato.
L’on.
De
Nicolò,
contrario
alla
proposta,
presenta
un
ordine
del
giorno
per
sospenderne
la
discussione.
Il
presidente
del
Consiglio
Crispi
lamenta
il
“deplorevole
dissidio
che
si è
manifestato
tanto
da
un
lato
quanto
dall’altro
della
Camera”;
anch’egli
ritiene
che
poiché
il
20
settembre
“è
sempre
stato
festeggiato
dal
popolo
una
prescrizione,
un
ordine
a
festeggiarlo
non
sarebbero
necessari”,
anzi
sembrerebbe
così
che
si
voglia
imporre
“quello
che
è
nella
coscienza
di
tutti”.
Ritiene
però
che
la
non
approvazione
della
legge
“sarebbe
un’offesa
alla
coscienza
nazionale”
e
produrrebbe
una
“triste
impressione”
sia
in
Italia
che
all’estero.
Invita
quindi
ad
approvare
subito
la
legge,
proponendo
di
chiudere
la
discussione
generale.
La
proposta
di
Crispi
è
messa
ai
voti
dal
Presidente
della
Camera
on.
Villa
ed è
approvata
“tra
rumori
vivissimi”,
tanto
che
viene
sospesa
la
seduta
per
cinque
minuti,
dalle
ore
15,45
alle
ore
15,50.
Il
presidente
on.
Villa
mette
quindi
in
votazione
l’ordine
del
giorno
De
Nicolò
(firmato
anche
da
altri
11
Deputati),
al
quale
il
relatore
Vischi
si
dichiara
contrario,
come
pure
il
presidente
del
Consiglio
Crispi
a
nome
del
governo.
L’on.
Salaris
propone
la
votazione
per
‘divisione’
sull’ordine
del
giorno,
ma
la
proposta
è
respinta
dal
Presidente
on.
Villa
perché
il
regolamento
prevede
la
votazione
per
appello
nominale.
Prima
di
procedere
al
voto
dell’ordine
del
giorno
De
Nicolò,
si
procede
alle
dichiarazioni
di
voto
sulla
proposta
di
legge;
intervengono
gli
onorevoli
Canzi,
Mussi,
Berenini,
Taroni,
Di
Lenna,
tutti
a
favore.
Il
presidente
on.
Villa
pone
quindi
ai
voti,
per
appello
nominale,
l’ordine
del
giorno
De
Nicolò.
Durante
la
chiamata
per
il
voto,
l’on.
Imbriani
invece
di
rispondere
si o
no
urla:
”Voto
per
Mentana!”
e il
presidente
Villa
lo
richiama
all’ordine.
L’ordine
del
giorno
De
Nicolò
è
respinto
con
26 a
favore,
249
contrari
e 3
astensioni.
Si
procede
quindi
alla
votazione,
a
scrutinio
segreto,
della
proposta
di
legge,
che
è
approvata
a
larghissima
maggioranza:
204
a
favore
e 62
contrari.
L’approvazione
definitiva
al
Senato
La
proposta
è
trasmessa
dal
presidente
della
Camera
Villa
al
Senato,
dove
il
presidente
sen.
Farini
ne
dà
notizia
nella
seduta
del
13
luglio,
durante
la
quale
il
sen.
Cancellieri
propone
di
affidare
al
Presidente,
come
era
stato
fatto
alla
Camera,
la
nomina
di
una
commissione
di
cinque
membri
per
esaminare
il
progetto
di
legge
e
riferire
al
Senato
“d’urgenza
“.
La
proposta
è
approvata
e il
presidente
Farini
annuncia
che
il
giorno
seguente
avrebbe
comunicato
i
nomi
dei
cinque
componenti.
Così
l’indomani,
14
luglio,
il
sen.
Farini
annuncia
che
la
commissione
è
composta
dai
senatori
Cancellieri
(presidente),
Cavalletto,
Cosenz,
Finali
(relatore),
Sforza
Cesarini.
Il
sen.
Finali
presenta
nella
seduta
del
16
luglio
1895
la
relazione,
nella
quale
sostiene
l’approvazione
della
proposta
con
il
fatto
che
“il
sentimento
popolare
celebra
già
l’annuale
ricorrenza
del
XX
settembre
come
giorno
di
festa
nazionale”,
per
cui
l’approvazione
della
legge
per
dichiararla
festiva
agli
effetti
civili“
permetterà
a
tutti
di
parteciparvi
più
liberamente”.
La
proposta
di
legge
è
discussa
in
sula
nella
seduta
pomeridiana
del
17
luglio
1895,
con
la
Presidenza
del
Presidente
Sen.
Farini.
Nella
discussione
generale
intervengono
a
favore
i
senatori
Del
Zio,
Pierantoni,
Mariotti,
Carducci,
Gadda,
Finali
e il
Presidente
del
Consiglio
Crispi.
Dichiarano
invece
di
essere
contrari
alla
proposta
i
senatori
Negri
e
Lampertico.
In
particolare,
il
sen.
Del
Zio
si
dichiara
a
favore
della
legge
ed
espone
una
dotta
relazione
sull’origine
delle
feste
nazionali
durante
la
Rivoluzione
Francese.
Il
sen.
Negri
dichiara
di
essere
contrario
alla
legge
perché
gli
sembra
“completamente
superflua
e
quindi
inopportuna”
dal
punto
di
vista
del
diritto
nazionale
perché
si
mette
in
dubbio
quello
di
cui
non
si
può
dubitare
(cioè
l’unione
di
Roma
all’Italia),
mentre
dal
punto
di
vista
del
problema
religioso
la
legge
gli
appare
addirittura
“pericolosa
perché
essa
raggiunge
il
risultato
di
rendere
più
forte,
perché
più
rispettato
dai
credenti,
quel
potere
(il
Papa)
che
oggi
ci è
terribile
nemico”.
Presenta
quindi
una
mozione
con
la
quale
chiede
di
sospendere
la
discussione
della
proposta
perché
“superflua
e
inopportuna”.
Il
sen.
Pierantoni,
intervenendo
a
favore
della
proposta,
ricorda
che
dopo
la
battaglia
di
Legnano,
che
“fu
il
più
grande
avvenimento
dell’Europa
del
Medio
evo
e la
prima
grande
vittoria
di
un
popolo
contro
lo
straniero”,
il
20
settembre
è la
data
storica
più
importante
perché
“l’Italia
piantò
sopra
le
eterne
mura
di
Roma
il
vessillo
della
nazionalità
recante
il
trionfo
della
libertà
civile,
politica
e
religiosa”.
Il
sen.
Mariotti,
dopo
aver
ricordato
che
ogni
popolo
civile
ha
la
festa
della
sua
indipendenza,
afferma
che
anche
l’Italia
deve
celebrare
la
sua
unità
nazionale,
raggiunta
il
20
settembre
1870,
anniversario
che
“ogni
anno
si
celebra
fastosamente
dal
popolo
italiano”,
ormai
da
25
anni,
tanto
che
nessun
altra
legge
ha
avuto
dal
popolo
una
“approvazione
anticipata".
Ricordando
quindi
il
principio
cavouriano
della
‘libera
Chiesa
in
libero
Stato’,
fa
presente
che
“alla
libertà
della
Chiesa
deve
sempre
corrispondere
la
libertà
dello
Stato”.
Pertanto,
come
sono
liberi
i
giubilei
“oltre
Tevere”
(cioè
nel
Vaticano)
così
nessuno
“ha
il
diritto
di
vietare
a
noi
di
fare
il
giubileo
nostro,
celebrando
il
giorno
che
diede
compimento
alla
patria”.
Il
sen.
Carducci
dichiara
di
aver
nutrito
“la
fiducia
che
l’alto
Consesso
(il
Senato)
accogliesse
unanime
la
proposta
obbedendo
alla
coerenza
storica
del
nostro
risorgimento”.
Afferma
quindi
che
“l’Italia
ha
il
dovere
di
celebrare
il
XX
settembre,
non
per
affermare
un
diritto,
ma
per
riaffermare
l’alleanza
fra
la
rivoluzione
e la
tradizione,
fra
la
democrazia
e la
monarchia”
e
per
commemorare
perennemente
“quel
giorno
in
cui
l’Italia
poté
riabbracciarsi
alla
sua
alma
Roma,
non
imperiale,
non
papale
Roma
italiana,
Roma
intangibile;
intangibile
in
nome
dell’Italia,
della
libertà,
della
scienza”.
Il
suo
discorso
riceve
moltissimi
applausi.
Il
sen.
Gadda
ritiene
che
la
proposta
é
inopportuna,
ma
afferma
che
sarebbe
“maggiormente
inopportuno,
una
volta
prodotta,
il
respingerla
perché
all’estero
la
reiezione
della
legge
potrebbe
credersi
un
affievolimento
nella
nostra
fede
di
Roma
capitale”.
Interviene
il
presidente
del
Consiglio
Crispi
che
riconferma
quanto
detto
alla
Camera
nella
seduta
del
11
luglio
e
cioè
che,
una
volta
che
la
proposta
era
stata
presentata
“non
si
poteva
né
si
doveva
votarvi
contro”
perché
il
voto
contrario
avrebbe
il
significato
che
“noi
retrocediamo,
o
per
lo
meno
che
abbiamo
paura
di
mantenere
lo
stato
attuale
delle
cose”.
Confida
pertanto
che
il
Senato
”corpo
eminentemente
conservatore”
voterà
a
favore
della
legge.
Il
presidente
del
Senato
Farini
pone
quindi
in
votazione
la
mozione
del
sen.
Negri,
che
non
è
accettata
né
dal
Relatore
sen.
Finali,
né
dal
governo,
per
dichiarazione
del
presidente
del
Consiglio
Crispi,
il
quale
ribadisce
che
un
voto
contrario
alla
legge
può
essere
interpretato
“come
un
atto
di
debolezza
“,
che
invece
non
si
deve
avere.
L’ordine
del
giorno
Negri
è
posto
in
votazione
per
alzata
e
seduta
e
non
è
approvato.
Si
procede
quindi
alla
votazione
a
scrutinio
segreto
della
proposta
di
legge
che
viene
approvata
a
grande
maggioranza:
87
voti
favorevoli
e 28
contrari.
La
legge
è
promulgata
dal
re
Umberto
I il
19
luglio
con
il
n.
401
ed è
pubblicata
lo
stesso
giorno
sulla
Gazzetta
Ufficiale
del
Regno.
Da
quell’anno,
la
ricorrenza
del
XX
settembre
è
festeggiata
solennemente
in
tutto
il
Paese,
con
grandi
manifestazioni
popolari
e
anche
con
l’inaugurazione
di
lapidi
e di
monumenti
celebrativi.
Particolari
festeggiamenti
si
tengono
in
tutto
il
Paese
nel
settembre
1895,
per
festeggiare
il
25°
anniversario
dell’unificazione
di
Roma
all’Italia.
In
particolare,
a
Roma,
il
20
settembre,
per
la
celebrazione
della
ricorrenza,
si
tiene
una
imponente
manifestazione
in
via
XX
Settembre
(che
inizia
da
Porta
Pia),
e il
22
settembre
è
solennemente
inaugurata,
con
grande
partecipazione
di
popolo,
nel
Piazzale
di
Porta
Pia
una
colonna
commemorativa
della
‘breccia’,
costituita
da
un
fusto
antico
e da
una
statua
in
bronzo
dorato,
che
rappresenta
una
‘Vittoria
alata’
opera
dello
scultore
Giuseppe
Guastalla.
Altre
imponenti
manifestazioni
si
tengono
il
20
settembre
dell’anno
1900.
Nel
1920,
al
tratto
ricostruito
delle
mura
cittadine
è
addossata
una
mostra
di
marmo,
realizzata
su
disegno
di
Adolfo
Apolloni,
con
un’epigrafe
scritta
da
Giovanni
Bovio
celebrativa
del
XX
settembre.
Nel
1932,
al
centro
del
piazzale
di
Porta
Pia
è
eretto
il
Monumento
al
bersagliere,
opera
dell’architetto
Italo
Mancini,
che
rappresenta
un
bersagliere
nel
momento
in
cui
va
all’assalto.
La
statua
in
bronzo
è
opera
dello
scultore
Publio
Morbiducci.
Nel
piedistallo
della
statua
ci
sono
sei
altorilievi
in
bronzo,
realizzati
sempre
da
Morbiducci,
che
rievocano
i
più
significativi
episodi
bellici
del
Corpo
dei
Bersaglieri:
Ponte
di
Goito
(1848),
Luciano
Manara
(1849),
Porta
Pia
(1870),
Sciara
Sciat
(1911),
Enrico
Toti
(1916)
e
Riva
di
Villasanta
(1918).
L’abrogazione
della
legge
durante
il
regime
fascista
Durante
il
regime
fascista
l’elenco
delle
‘feste
nazionali’,
dei
‘giorni
festivi
a
tutti
gli
effetti
civili’
e
delle
‘solennità
civili’,
stabilito
con
il
regio
decreto
legge
30
dicembre
1923
n.
2859,
subisce
varie
modifiche
con
provvedimenti
che
introducono
nuove
feste
celebrative
del
regime.
Per
riordinare
la
materia
in
un
Testo
Unico,
Mussolini
presenta
alla
Camera
il
24
novembre
1930
il
disegno
di
legge
n.
717.
Le
innovazioni
più
importanti
riguardano:
- -
il
riconoscimento
del
28
ottobre,
anniversario
della
‘marcia
su
Roma’,
come
festa
nazionale;
-
il
riconoscimento
del
23
marzo,
anniversario
della
fondazione
dei
Fasci
di
combattimento,
come
solennità
civile;
-
la
soppressione
del
20
settembre
come
‘giorno
festivo
a
tutti
gli
effetti
civil’i;
-
la
previsione
dell’11
febbraio,
data
della
firma
del
Trattato
del
Laterano,
come
solennità
civile.
Nella
brevissima
relazione
illustrativa
della
proposta,
Mussolini
giustifica
la
soppressione
del
XX
settembre
come
giorno
festivo
con
il
fatto
che
“con
il
Trattato
Lateranense
è
stata
definitivamente
chiusa
la
questione
romana”.
Pertanto
questa
data
“è
venuta
necessariamente
a
perdere
la
sua
giustificazione
di
riconsacrazione
annuale
del
diritto
dell’Italia
alla
sua
capitale”.
In
sostituzione
di
questa
festa
è
riconosciuto
come
solennità
civile,
il
giorno
11
febbraio,
data
della
stipulazione
del
Trattato
del
Laterano.
La
proposta
viene
esaminata
da
una
commissione
composta
dagli
onorevoli
Chiarelli
(presidente),
Giunti
(segretario),
Bagnasco
(relatore),
Garagiola,
Ferracini,
Maresca,
Miori,
Mottola,
Severini.
L’on.
Bagnasco
presenta
una
brevissima
relazione
il
10
dicembre
1930.
La
proposta
è
esaminata
in
aula
dalla
Camera
il
12
dicembre
1930.
Interviene
l’on.
Ezio
Garibaldi
che
sostiene
che
“il
20
settembre
è
una
grande
data,
non
solo
nella
storia
d’Italia,
ma
in
quella
del
mondo”.
Infatti,
“la
data
del
20
settembre
supera
di
molto
la
sua
significazione
di
riconsacrazione
annuale
del
diritto
d’Italia
su
Roma…è
la
data
che
ricorda
la
fine
del
potere
temporale
e
rimane
uno
dei
luminosi
fari
della
nostra
storia
civile”.
Sostiene
comunque
che
“pur
dichiarando
l’undici
febbraio
solennità
civile,
si
sarebbe
potuto
lasciare
nell’elenco
il
20
settembre
“.
Il
suo
discorso
riceve
molti
applausi.
Interviene
quindi
Mussolini
che
giustifica
la
soppressione
del
20
settembre
come
giorno
festivo
con
il
fatto
che
la
celebrazione
era
diventata
negli
ultimi
tempi
“una
parata
massonica,inutile
e
malinconica”;
invece
l’11
febbraio
è il
giorno
in
cui
il
Papa
ha
riconosciuto
all’Italia
il
“legittimo
e
pacifico
possesso
di
Roma”,
per
la
prima
volta
e
con
rinuncia
definitiva
e
irrevocabile.
Ritiene
pertanto
che,
se
si
continuasse
a
festeggiare
il
20
settembre,
si
attuerebbe
un
comportamento
illogico.
Afferma
comunque
che
“il
20
settembre
è
una
data
che
nessuno
cancella
e
nessuno
può
cancellare,
perché
il
fatto
è là
delineato…
legato
a un
evento,
a
una
cronologia,
a un
periodo
storico”.
Auspica
infine
che
“dopo
queste
dichiarazioni
la
Camera
possa
con
tranquilla,
con
italiana,
con
fascista
coscienza
dare
il
proprio
suffragio
al
disegno
di
legge”.
Alla
fine
del
suo
intervento
tutti
si
alzano
in
piedi
e
applaudono
a
lungo.
Il
presidente
della
Camera
on.
Giuriati
annuncia
che
gli
onorevoli
Fera
e
Basile
hanno
rinunciato
a
intervenire
e
chiude
la
discussione
generale.
Si
procede
quindi
all’esame
dei
singoli
articoli
che
sono
approvati
senza
modifiche.
Poi
è
messo
in
votazione,
a
scrutinio
segreto,
il
testo
del
disegno
di
legge,
che
ottiene
l’unanimità
dei
consensi:
271
voti
favorevoli
su
271
presenti
e
votanti.
La
proposta
è
trasmessa
il
14
dicembre
1930
al
Senato,
dove
riceve
il
n.
710
degli
atti
parlamentari,
ed è
inviata
per
l’esame
all’ufficio
centrale
composto
dai
senatori
Paulucci
di
Calboli
(presidente),
Quartieri
(segretario),
Fedele
(relatore),
Bonin
Longare,
Colonna,
Dallolio,
Sanjust.
Il
18
dicembre
il
sen.
Fedele
presenta
la
Relazione
nella
quale
giustifica
la
soppressione
della
festività
del
20
settembre
con
il
fatto
che
in
quel
giorno
“non
si
celebrava
più
il
ricongiungimento
di
Roma
con
l’Italia
ma
la
pretesa
vittoria
della
massoneria
sul
papato”.
Ritiene
inoltre
che,
essendo
stata
“chiusa
la
Questione
romana
con
i
Patti
del
Laterano,
la
celebrazione
del
20
settembre
non
ha
più
ragione
di
essere.
Ed è
giusto
che
essa
sia
sostituita
nell’elenco
delle
solennità
civili
col
giorno
dell’11
febbraio
nel
quale
si
compì
uno
dei
più
grandi
avvenimenti
della
storia
contemporanea”
poiché
“l’11
febbraio
significa
veramente
per
l’Italia
il
pieno,
assoluto
inviolabile
possesso
della
sua
capitale
Roma”.
Invita
quindi
i
Senatori
a
votare
a
favore
della
proposta
per
incidere
“la
data
dell’11
febbraio
del
1929
fra
le
più
memorabili
degli
annali
della
storia
d’Italia”.
La
proposta
è
esaminata
in
aula,
al
Senato,
nella
seduta
del
20
dicembre
1930.
Poiché
nella
discussione
generale
non
ha
chiesto
di
intervenire
nessun
senatore,
il
presidente
sen.
Federzoni
la
dichiara
chiusa;
si
passa
quindi
all’esame
dei
singoli
articoli,
che
sono
tutti
approvati
senza
alcuna
modifica
rispetto
al
testo
approvato
dalla
Camera.
Viene
quindi
approvato,
a
scrutinio
segreto,
l’intero
disegno
di
legge,
che
ottiene
una
larghissima
maggioranza:
144
voti
favorevoli
e 15
contrari.
La
legge
è
promulgata
dal
re
Vittorio
Emanuele
III
il
27
dicembre
1930
con
il
n.
1726.
è
pubblicata
sulla
Gazzetta
Ufficiale
il
13
gennaio
1931
ed
entra
in
vigore
lo
stesso
giorno.
La
proposta
di
legge
del
2002
per
celebrare
il
XX
settembre
come
‘solennità
civile’
L’Associazione
nazionale
per
il
libero
pensiero
Giordano
Bruno
diffonde
nella
primavera
2002
un
appello
affinché
il
XX
settembre
sia
di
nuovo
‘Festa’.
Però,
ben
consapevole
dell’estrema
difficoltà
di
far
approvare
una
legge
del
genere,
sia
perché
nell’attuale
periodo
storico
politico
le
forze
clericali
stanno
riprendendo
con
forza
il
sopravvento,
sia
perché
nell’attuale
normativa
(la
legge
27
maggio
1949
n.
260)
esiste
una
sola
Festa
Nazionale,
il 2
giugno,
Festa
della
Repubblica
(che
dopo
essere
stata
spostata
alla
prima
domenica
di
giugno
con
la
legge
5
marzo
1977
n.
54 è
stata
ripristinata,
nel
giorno
del
2
giugno,
con
la
legge
20
novembre
2000
n.
336),
l’Associazione
auspica
che
il
XX
settembre
sia
riconosciuto
come
‘solennità
civile’
e
afferma
che
l’approvazione
della
legge
rappresenterebbe
una
grande
vittoria
laica.
Il
18
settembre
2002,
l’on.
Pierpaolo
CENTO
(Verdi)
presenta
alla
Camera
dei
Deputati
la
proposta
di
legge
n.
3162,
elaborata
dal
prof.
Giorgio
Giannini,
segretario
della
sezione
romana
dell’Associazione
nazionale
del
libero
pensiero
Giordano
Bruno,
per
riconoscere
solennità
civile
il
XX
settembre,
“anniversario
dell’unificazione
di
Roma
allo
Stato
Italiano”.
La
proposta
di
legge
consta
di
un
solo
articolo,
con
il
quale
si
inserisce
nell’elenco
delle
solennità
civili,
previste
dagli
articoli
2 e
3
della
legge
27
maggio
1949
n.
260,
il
XX
settembre.
Ai
sensi
della
legge
260
del
1949
sono
‘solennità
civili’
il
28
settembre,
anniversario
delle
Cinque
Giornate
di
Napoli
del
23-28
settembre
1943
con
le
quali
la
popolazione
napoletana
cacciò
l’invasore
nazifascista,
e il
4
ottobre,
festa
di
San
Francesco,
patrono
d’Italia.
La
‘solennità
civile’,
ai
sensi
della
legge
54
del
1977,
non
comporta
la
riduzione
dell’orario
di
lavoro
negli
uffici
pubblici
(come
invece
era
ai
sensi
della
legge
260
del
1949),
non
costituisce
giorno
di
vacanza
né
comporta
riduzione
di
orario
per
le
scuole
di
ogni
ordine
e
grado;
c’è
solo
la
esposizione
della
bandiera
nazionale
negli
edifici
pubblici.
Lo
scopo
della
proposta
di
legge
è
quello
di
affermare
il
principio
della
“laicità
dello
Stato”,
che
è
l’elemento
fondante
di
ogni
Stato
democratico,
multietnico
e
multireligioso.
La
proposta
di
legge
non
è
esaminata
e
decade,
come
tutte
le
altre
proposte
di
legge
simili
presentate
nelle
Legislature
seguenti.