N. 5 - Ottobre 2005
I TRIUMVIRI
MONETALI
Magistratura e
moneta - Parte I
di
Sabrina Corarze
La moneta come mezzo maneggevole, prodotta e
garantita da un’entità politica internazionalmente
riconosciuta, per assicurare in modo rapido
l’acquisizione di beni e la fruizione di servizi
all’interno del proprio territorio, fu adottata da
Roma piuttosto tardi in confronto alle altre
popolazioni del bacino del Mediterraneo. Fu solo
nella seconda metà del IV sec. a.C., infatti, che
essa, denominata aes grave o asse librale, andò a
sostituire nelle transazioni commerciali lo
scomodo aes signatum (lingotti rettangoloidi di
metallo marcato).
Possiamo perciò affermare che con la fase
ellenistica della produzione monetale coincide, in
Occidente, l’inizio e la grande affermazione della
monetazione romana, caratterizzata
dall’introduzione di elementi nuovi, tra cui
grande interesse, da parte degli studiosi,
suscitano i triumviri monetali .
Tresviri
o Triumviri erano definiti i membri di
magistrature collegiali costituite da tre membri e
poste all’inizio del cursus honorum, motivo per
cui erano ricoperte da coloro che aspiravano ad
intraprendere la carriera politica.
Tali magistrature potevano essere straordinarie od
ordinarie.
I magistrati straordinari erano, ad esempio, i
tresviri mensori, incaricati in periodi
finanziariamente critici di dare degli anticipi
sul fondo pubblico ai debitori per pagare i
creditori; i triumviri sacris perquirendis
donisque persignandis, incaricati dell’inventario
degli oggetti sacri che potevano essere fusi; i
triumviri agris dandis adsignandis e coloniae
deducendae, per la deduzione di nuove colonie, per
la distribuzione delle terre, etc. Più noti
risultano forse essere i triumviri rei publicae
constituendae ovvero i membri del primo
triumvirato costituitosi nel 60 a.C. (Cesare,
Pompeo e Crasso). Cicerone, con un arguto gioco di
parole, nell’epistola a Trebazio (Ad Fam. VII,13),
li mette proprio in relazione con i magistrati
monetali, affermando:
Treviros vite cense; audio capitale
esse;
mallem auro, aeri, argento essent
(...).
“Stà in guardia dai Treviri:
pericolo di morte, a quello che sento;
preferirei avere a che fare con i
Tre-viri dell’oro, dell’ argento, del bronzo
(...).”
(Cicerone oltre a far leva sull’omonimia tra
triumviri republicae constituendae e monetales,
crea un ulteriore riferimento a Treviri, zona
della Gallia in cui si trovava proprio Caius
Trebatius Testa, cui la lettera era indirizzata).
In un altro passo (Ad Att. X, 5) Cicerone torna a
“giocare“ con il nome dei monetali, appellando
appunto Monetale un suo amico, Vettieno, il quale
a sua volta lo aveva definito con il titolo, ben
poco lusinghiero per l’Arpinate, di proconsole.
“ Monetali“ autem adscripsi, quod
ille ad me “ pro cos“
Ordinali invece erano i triumviri capitales o
nocturni che assistevano i magistrati nelle
funzioni giudiziarie (pene di morte), ed appunto i
triumviri monetales.
I consoli e la coniazione
.
Il popolo riunito nei comitia decretava tutte le
caratteristiche della moneta, stabiliva di quale
metallo dovesse essere costituita, ne decretava
tipologia e peso. Toccava poi al Senato
accertarsi che quei decreti venissero eseguiti
debitamente e assegnare particolari funzionari a
tal fine.
Non c’è testimonianza su chi fossero all’inizio i
funzionari addetti alle citate mansioni, ma esse
risultano chiare con i magistrati più importanti,
i consoli, che, in virtù del loro imperium,
esercitavano la loro autorità sull’esecuzione.
Essi avrebbero esercitato il controllo generale,
il tempo di emissione, il peso, la grandezze e il
valore delle monete. La loro autorità, di
carattere pubblico, non assunse mai sembianze di
natura privata; per questo motivo c’è una completa
assenza di segni privati nella coniazione di
questo periodo iniziale, e pertanto sulle prime
emissioni di bronzo si incontrano solo
rappresentazioni di divinità tutelari di Roma sul
D/ e la prua di nave al R/.
I magistrati minori
Nello sviluppo delle loro libertà i Romani
lottarono per limitare l’eccessivo potere dei
magistrati più importanti, soprattutto per ciò che
riguardava le finanze dello stato. Per questa
ragione qualche loro funzione fu assegnata a vari
componenti del ceto umile; questi ultimi divennero
i diretti responsabili dell’amministrazione di
alcune sezioni del governo.
In questo modo l’amministrazione era suddivisa in
livelli cui appartenevano differenti funzionari,
che erano direttamente responsabili verso il
Senato e questo, a sua volta, risultava
responsabile verso il popolo. Così avvenne, ad un
certo punto, che le funzioni connesse con la
battitura e l’inizio della coniazione non furono
più affidate ai consoli ma a speciali magistrati,
che esercitarono i loro poteri sotto il diretto
mandato del Senato.
Classi di zecche
I magistrati che esercirarono queste mansioni in
vari periodi delle Repubblica, possono essere
divisi in tre classi:
1.
I “monetali ordinari“, che ebbero l’incarico della
zecca a Roma, o furono delegati soprattutto dal
Senato a esercitare simili funzioni fuori Roma in
vari centri, o in alcuni distretti, ma comunque
dentro il confine dell’Italia;
2.I
“monetali speciali“: investiti dal Senato,
mediante speciali provvedimenti, dell’autorità di
dar corso ad emissioni straordinarie.
Questo incarico poteva essere affidato agli stessi
monetali o a magistrati diversi (questori urbani,
edili, il prefectus urbi, il pretore) in rapporto
alle cause per cui l’emissione veniva effettuata.
Le emissioni di questi “monetali speciali”si
distinguono dalle emissioni ordinarie o attraverso
la presenza di particolari sigle (per esempio S.C.,
giacchè l’autorizzazione era spesso fornita da un
senatus consulto) o per il titolo
differente del magistrato, o per le due
indicazioni combinate.
3.I
“monetali militari“: al seguito dell’esercito
soprattutto nelle province. Questi potevano essere
questori, legati e prefetti agli ordini dei
generali in comando.
Magistrati monetali
Furono quelli che, nella tarda Repubblica, vennero
indicati, nelle coniazioni di cui erano
responsabili, con il titolo ufficiale di “tresviri
aere, argento, auro, flando, feriundo“, forma
che risulta abbreviata sui coni e sulle iscrizioni
in III VIRI A.A.A.F., o nella forma più
familiare, “tresviri monetales “.
Così chiamati dal tempio di Giunone Moneta
(cioè “ammonitrice“, Figura 1), il più
importante tempio che sorgeva sull’Arx e che
sembra essere stato fondato solo nel 343 a.C. Il
culto è però certamente più antico, come si ricava
tra l’altro dalle terracotte architettoniche
arcaiche scoperte nel giardino dell’ Aracoeli.
Esso è attribuito dalla tradizione al figlio di
Camillo, che lo avrebbe costruito dopo una
vittoria sugli Aurunci. Qui vicino sorse in
seguito la zecca di Roma. Si narra infatti che i
Romani ripetutamente battuti da Pirro, invocassero
l’intervento di Giunone Moneta e che, in seguito
all’esito vittorioso della guerra, installassero
nel tempio della dea, secondo il loro voto, la
zecca .
Tali magistrati erano eletti annualmente e
normalmente non erano riconfermabili; se uno di
essi moriva, o era rimosso dalla carica, veniva
nell’anno stesso sostituito. Ebbero struttura
colleggiale, ma pare che fra loro vi fosse un capo
- almeno così risulterebbe da una iscrizione
monetaria in cui si legge: L. Flaminius IIIVIR
PRI(mus) FL(avit).
Il verbo flare (fondere) è relativo alla
preparazione e alla fabbricazione del disco
metallico per la moneta, la quale era fusa in uno
stampo e adattata a prestabiliti valori di
grandezza e peso, essendo prima sottoposta
all’operazione delle matrici.
Il verbo ferire (coniare) dimostrerebbe che
la carica non fu creata prima che le matrici
fossero introdotte per la fabbricazione delle
monete.
Quando la moneta era battuta, era compito del
magistrato monetale consegnarla ai questori della
città i quali, nelle loro particolari mansioni di
magistrati addetti alla finanza e custodi dell’aerarium,
avevano i tresviri monetales alle proprie
dipendenze.
I questori l’avrebbero poi utilizzata per scopi
politici, per il pagamento dell’esercito, dei
funzionari dello stato, dei contratti. In casi
eccezionali le decisioni inerenti alle monete
erano invece prese nei “comizia tributa”.
Rientravano nei compiti dei tresviri:
a) la cura del reperimento e della fusione dei
lingotti da cui ricavare i tondelli per le
b) il controllo della lega e del peso delle monete
che venivano battute e dell’incisione
dei conii;
c) la verifica dei conti della zecca.
Figura 1
Potevano contrassegnare le emissioni da loro
stessi emesse: singolarmente, in gruppi di due o
tutti e tre congiuntamente. Per tutta la durata
della carica potevano però parimenti non emettere
moneta (ciò vale specialmente per un periodo più
antico, quando l’esistenza di valuta era minore e
le emissioni erano decretate in rapporto alla
necessità).
Tipologia e tematica
Le monete romane sono caratterizzate dall’enorme
numero di soggetti e di tematiche che vi sono
rappresentate. Le motivazioni sono di carattere
politico : Roma era uno stato unitario ed
imperialistico, dunque era lei che imponeva alle
regioni soggette la propia produzione monetaria.
Le più antiche rappresentazioni che compaiono
sulle monete hanno carattere religioso ed
ufficiale e restano per lungo tempo costanti ed
uniformi. Nella seconda metà del II sec., a causa
delle lotte politiche interne fra le varie gentes
patrizie e plebee, la moneta diventò un veicolo di
propaganda e di esaltazione dei vari membri dei
clan. Con l’autorizzazione data ai Tresviri
Monetales, di poter riprodurre le effigi degli
antenati meritori verso lo stato o, anche le
rappresentazioni degli eventi per i quali si erano
resi illustri, ecco che le monete della tarda
repubblica ci permettono di cogliere molti momenti
della storia di Roma. Con l’avvento di Giulio
Cesare si intensificano gli eventi bellici, di
conseguenza il carattere propagandistico delle
monete si accentua a tal punto che finisce per
avere come soggetto non più la gens o il partito
politico, ma i personaggi viventi che ne guidano
le sorti.
Il primo esemplare del genere a noi giunto è
costituito dal denario dei questori urbani Pisone
e Cepione, della fine del II sec. a.C., nel quale
i due sono rappresentati intenti a comprare grano
in virtù della “lex frumentaria” di L.
Saturninus. |