N. 6 - Novembre 2005
IL THESEION SIVE
HEPHAISTEION
Spunti per un’interpretazione – II
parte
di
Francesco Cristiano
L’arco di tempo in cui il Theseion venne
realizzato coincise con un certo ripiegamento
dell’imperialismo ateniese dal punto di vista
politico-internazionale. Sono gli anni in cui Atene,
raggiunto il più alto vertice della sua potenza,
cominciò immediatamente a discenderne, gli anni in cui
Pericle, riprendendo il disegno di Temistocle, riaprì
il fronte spartano nel tentativo di ridimensionare la
potenza della rivale nella penisola greca.
Mentre si protraeva la campagna d’Egitto, al fine di
estendere la supremazia ateniese verso Oriente, Atene
intervenne militarmente anche negli affari delle
città greche d’occidente. Alla lunga però lo sforzo
su tanti fronti così distanti comportò un costo troppo
alto in termini di risorse e di vite umane. La
spedizione egiziana terminò con una disfatta e Pericle
giudicò prudente addivenire a una pace con i Persiani.
Una missione ateniese, presieduta da un tal Callia, il
più ricco cittadino di Atene, ierofante eleusino, si
recò a Susa e trovò la Corte persiana incline
anch’essa alla pace. Fu concordato, più che un vero
trattato di pace, un modus vivendi (la
cosiddetta “pace di Callia”), forse neppure scritto,
da valere per trent’anni (dal 449 a.C.), a queste
condizioni: Atene rinunziava ad intervenire negli
affari di Cipro e dell’Egitto; a sua volta il re di
Persia s’impegnava a non far navigare navi da guerra
nell’Egeo e a non assalire le città alleate di Atene
nelle isole egee e sulle coste dell’Asia Minore; il re
di Persia manteneva la sua sovranità nominale sulle
città greche d’Asia, ma rinunziava ad esigere da esse
il tributo. Era così chiuso il tentativo di espansione
greca in Oriente. La pace di Callia, chiudendo la
partita con la Persia, aveva fatto venir meno i
presupposti della Lega di Delo. Non per questo Atene
pensò di scioglierla. Al contrario, considerò sempre
più apertamente i suoi alleati alla stregua di
sudditi. I contributi (ma ormai si trattava di veri e
propri tributi) vennero richiesti con fiscalità e
Pericle si ritenne libero di impiegarli come meglio
credeva per abbellire Atene. La città campione della
democrazia si comportava con brutale cinismo: le città
che tentavano di uscire dalla lega erano duramente
castigate. Certo, Atene garantiva alle poleis
confederate la salvaguardia dei loro regimi
democratici, la sicurezza dei mari, la protezione dei
commerci. Ma ciò non compensava la perdita
dell’indipendenza. Quelle città che avevano combattuto
per scrollarsi il giogo persiano mal si adattavano al
soffocante abbraccio del fratello ateniese. Il
malcontento era diffuso, e su questo non mancavano di
far leva gli Spartani.
Fidando sull’appoggio spartano, gli oligarchi tebani
rialzarono la testa e si misero all’opera per
sottrarre la Beozia all’egemonia Ateniese. Si riformò
così la Lega oligarchica beotica sotto la presidenza
di Tebe. In conseguenza di ciò, anche la Locride e la
Focide andarono perdute per Atene e Delfi proclamò la
sua indipendenza. Anche l’Eubea allora insorse, e
mentre Pericle sbarcava nell’isola alla testa di un
esercito, insorgeva alle sue spalle Megara, dove il
presidio ateniese, sopraffatto, dovette abbandonare la
città e rafforzarsi nei due porti di Nisea e di Parge.
Dall’Istmo la via dell’Attica era di nuovo aperta ai
Peloponnesiaci. Ritornato dall’Eubea, Pericle pose il
campo di fronte ai nemici: ma un accordo preliminare
intervenuto fra i due comandanti evitò la battaglia e
permise a Pericle di far ritorno nella Eubea, per
compiere la sottomissione, mentre anche l’esercito
peloponnesiaco faceva ritorno nel suo territorio.
Fra
Sparta ed Atene fu conclusa una pace di trent’anni
(inverno 446-445 a.C.) in base alla quale Atene doveva
rinunziare a tutte le sue posizioni nel Peloponeso,
riconoscendo l’indipendenza di Megara, di Trezene e
ell’Acaia e ritirando le sue guarnigioni da Nisea e da
Parge: veniva per altro riconosciuta l’appartenenza di
Egina alla Lega delio-attica e quindi indirettamente
confermata l’egemonia marittima ateniese mentre a
Sparta restava il predominio sulla terraferma.
Il
Theseion potrebbe essere il modo di
rappresentare mirabilmente tale binomio: i rapporti
diplomatici intercorrenti in questo arco di tempo tra
Atene e Sparta. Imperialismo pericleo, velleità di
evitare spaccature nette politiche ed economiche
all’interno del mondo greco, sforzo di assolvere un
ruolo ideologico rispetto al patrimonio religioso
tradizionale e alle nuove esigenze e possibilità
(anche d’ordine materiale) che il mondo greco
esprimeva, si fondono in quest’opera architettonica.
L’edificio templare, però, noto come Theseion,
viene anche meglio inteso come Hephasteion,
cioè tempio dedicato ad Atena ed Efesto. Pausania (Perieg.
I, 14, 6) dice, infatti, che nella cella del tempio
erano venerati due simulacri bronzei: quello di Atena
Efestia e quello di Efesto. Il simulacro di Efesto
sarebbe stato opera di Alcamene, discepolo di Fidia.
Entrambe le statue insistevano sulla medesima base,
che era una grande base a pianta rettangolare in marmo
scuro di Eleusi. Su questa base sono applicati dei
rilievi in marmo pentelico, cioè marmo bianco con un
effetto coloristico addirittura pittorico determinato
dal contrasto fra il fondo scuro e questi rilievi.
Theseion
(interno: ricostruzione dei simulacri di Atena ed
Efesto)
Dice
Pausania che i rilievi rappresentavano il mito di
Erittonio, cioè il serpente figlio di Atena e di
Efesto.
Si
ritiene che questi simulacri vennero collocati nel
tempio non prima del 421 a.C. Evidentemente tutto
l’allestimento del tempio subì un’interruzione a causa
della guerra del Peloponneso. Appena fu possibile
riprendere i lavori, il che dovette avvenire
probabilmente dopo la pace di Nicia (421 a.C.),
avvenne anche la dedica dei simulacri. Forse
contemporaneamente si procedette anche ad una
ristrutturazione della cella, dal momento che la cella
propriamente detta è divisa in tre navate da due file
di 7 colonne e la navata centrale, la più ampia, è
chiusa in fondo da una fila di 4 colonne.
Theseion
(pianta della cella)
La
medesima tecnica ritroviamo nel Partenone dove abbiamo
due file di 10 colonne e la navata centrale chiusa da
una fila di 5 colonne. Come nel Partenone anche questo
colonnato era a due piani. Il problema è il seguente:
questa divisione interna della cella in navate era
presente nel progetto originale del Theseion o
è dovuta ad una ristrutturazione della cella avvenuta
al tempo della dedica dei simulacri, cioè dopo la pace
di Nicia?
Partenone (pianta della cella)
Più
logica sembrerebbe l’ipotesi del colonnato interno
aggiunto in seguito alla ristrutturazione della cella
perché esso è troppo simile a quello del Partenone e
forse è stato introdotto per influenza
dell’architettura del Partenone stesso. La costruzione
del Theseion avrebbe perciò avuto due fasi: una
prima fra il 449 ed il 445, poi una ripresa dei lavori
contemporanea alla dedica dei simulacri dopo il 421
a.C.
L’insistenza su Efesto ed Atena ben si spiega: il
tempio sorgeva nel quartiere dei fabbri e dei calderai
(Kolonos agoraios) da tempo
antichissimo. Efesto è il dio dei fabbri e della
metallurgia, dio fabbro egli stesso. Così come Atena è
ad un tempo guerriera e protettrice dei falegnami,
patrona dei tessitori e dei vasai. Nella storia della
mitologia della Grecia antica l'artigiano si trova ad
essere spesso confuso con altre funzioni sociali o
professionali: medico, ambasciatore, assistente
religioso, mediatore, indovino... che potevano far
capo a una funzione onnicomprensiva: quella del
demiurgo. Ed è probabile che anche nella vita reale in
parte fosse così. Tra gli dèi dell'Olimpo Efesto
appare come un demiurgo, in quanto loro coppiere,
signore dei metalli e dei talismani, nonché del fuoco,
con cui appunto si forgiavano i metalli. Il demiurgo
va considerato senza dubbio come un soggetto
mitologico che rispecchiava una dimensione del lavoro
sociale molto meno frantumata di oggi nelle varie
specializzazioni, un soggetto dotato di abilità
manuale e di intelligenza pratica, una sorta di
"tuttofare", di plasmatore capace di districarsi nelle
situazioni più difficili o impreviste, in cui veniva
richiesta una competenza a 360 gradi.
La
presenza di Efesto all’interno del Theseion
sarebbe quindi l’espediente, la mediazione
sufficiente, ovvero la tecnologia, atta ad eliminare
l’attrito derivato dalla compresenza dei due eroi,
Teseo ed Eracle, rinsaldando i rapporti sociali e
politici costituiti. La techne che il dio
impersona è tuttavia la stessa di quelle maestranze
che tra il 450 e il 430 a.C. realizzarono in Atene e
in Attica edifici grandiosi non solo per l’imponenza e
il numero, ma per la qualità della realizzazione.
Acquisendo nuove e più approfondite tecnologie
lavoravano per squadre sottomettendosi a piani precisi
ed organici, così da articolarsi in un modo di
produzione non solo impeccabile per quanto concerne i
risultati, ma estremamente rapido e sostanzialmente
poco costoso.
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