N. 11 - Aprile 2006
GLI
SLAVI NELLA PIANURA RUSSA
Le radici della
multinazionalità russa
di Aldo
Marturano
Può darsi che Erodoto nei suoi viaggi nella Scizia
(più o meno il sud della Pianura Russa d’oggi) e in
Tauride (la Crimea odierna) intorno al V sec. a.C.
abbia sentito parlare degli Slavi (o meglio di
Proto-slavi) e, chissà!, ne abbia anche incontrati, ma
purtroppo i suoi scritti non riescono a svelarcelo e
non c’è alcuna gente da lui visitata nella Scizia o
nella Sarmatia che sia da lui chiamata con qualche
nome vagamente rassomigliante alla radice *SLAV-
diffusasi, appunto!, molti secoli dopo (nel V-VII sec.
d.C.). Dalle sue Storie dunque non possiamo mai
partire perché sarebbe inutile ipotizzare quali tribù
scitica da lui elencata possa essere stata antenata
degli Slavi.
Avvertiamo il lettore che non siamo particolarmente
affezionati a questo antico storico greco, ma siccome
una delle fonti sulla storia russa è la letteratura
bizantina non si può evitare di incontrare spesso le
classifiche etniche che furono introdotte proprio da
Erodoto.
D’altro canto l’Impero Romano aveva creato un quadro
storico talmente artificiale delle regioni più
periferiche dell’Europa che, quando le migrazioni che
ebbero luogo nel secoli IV-V proprio dal nord d’Europa
verso il sud, questa “geografia” ne fu talmente
sconvolta da non lasciare più alcuna possibilità di
ricostruire con sicurezza quale fosse la sede degli
Slavi o degli altri popoli che immigrarono nella
Pianura Russa (ivi compresi i Baltici). E tuttavia è
consolante che non sia così importante andare troppo
indietro nel tempo giacché, per quanto ci riguarda, la
storia russa comincia solo intorno alla prima decade
del IX sec. d.C.
Per curiosità però vediamo di orientarci meglio ancora
raccogliendo le notizie che antichi geografi e storici
ci forniscono sulla situazione delle aree del Nordest
europeo.
Altri autori classici si interessarono di queste aree
ed è Plinio il Vecchio che parla dei Veneti o Venedi a
nord dei Carpazi, sebbene molti secoli dopo Erodoto.
Se i Venedi sono appunto i primi slavi della storia,
come cercheremo di capire più avanti, vediamo se di
essi ne parlano altri autori. Tacito ne parla fra i
popoli del Baltico a contatto coi Germani ed infine
Claudio Tolomeo nel II sec. a.C. li assimila alle
grandi tribù Sarmatiche.
Ci
sono alcune teorie riguardo all’origine del nome
Venedi o Veneti.
Innanzitutto ci colpisce l’assonanza di questo nome
con le popolazioni dell’Italia nord-orientale e
balcaniche. Queste genti però sono molto antiche
rispetto all’apparizione degli Slavi Vendi e quindi
non dovrebbero avere alcuna relazione con questi
ultimi.
Sicché, quando qualche secolo dopo una grande
confederazione di popoli si stanziò nelle zone della
Polonia e della Germania del nord fino ai Carpazi e
alle Alpi, quasi logicamente i vicini Germani
affibbiarono loro l’appellativo Wenden in
quanto non-germanici, ma probabilmente si riferivano
alla popolazione illirica, i Veneti balcanico-italici,
che già i Germani avevano incontrato sebbene quella
fosse ormai scomparsa e che gli Slavi ne avessero
preso il posto. Sarà lo storico dei Goti, Jordane, che
fisserà tale appellativo e lascerà che si diffonda
d’ora in poi.
Ciò però non spiega poi il mistero come mai nel nostro
Veneto già nel I sec. d.C. Plinio nomini una
città di Tergeste (oggi Trieste) con una denominazione
slava “moderna”, (lo slavo *T’rghešte significa
infatti Mercato), ammenocché non si ammetta
un’esistenza slava più antica!
Nella famosa Tavola Peutingeriana del XIII sec. d.C.
copiata da antichi documenti (fra cui sicuramente
anche la Geografia di Claudio Tolomeo) appaiono ancora
questi Venedi e il Periplus Marciani (più o
meno stessa epoca) li trova ormai localizzati sulle
rive meridionali del Baltico dove il mare stesso è
chiamato Golfo Venedico mentre i Carpazi sono
denominati addirittura Monti Venedici! Questi
dati però sono già molto posteriori…
Tutto quanto sopra detto già ci avverte che gli Slavi
della Mitteleuropa non si davano un etnonimo proprio,
ma tante e diverse denominazioni e che Venedi/Veneti
si riferisce propriamente ad una confederazione di
tribù, più che ad una sola grande nazione.
Una fonte primaria, sebbene non sempre affidabile con
sicurezza, è il goto Jordanes che scrisse De
origine actibusque Getarum ossia Origine e
Imprese dei Goti nel VI sec. d.C., benché
anch’egli si basasse su documenti anteriori ed è
questo autore a fornirci molto materiale “accettabile”
sugli Slavi.
Ad
esempio, vi si parla del famoso idromele, il
liquore alcolico fatto dalla fermentazione del miele
(chiamato medos o miod), bevuto in un
famoso banchetto funebre per la morte di Attila.
Addirittura la stessa veglia è detta con parola slava
strava!
Più avanti Jordanes parla delle conquiste di
Ermanarico, re dei Goti, e dice:
“Fra
questi due fiumi (Danubio superiore e Istro ossia
Danubio Inferiore) si trova la Dacia che quasi come
una corona circonda le rocciose Alpi. Sulla zona
pedemontana di sinistra (dei Carpazi) che
declina verso nord, cominciando dalla zona dove ci
sono le sorgenti della Vistola, su una regione immensa
si è insediata la numerosissima tribù dei Venedi (Venethae)
e, benché la loro denominazione va cambiando ai nostri
giorni a causa delle diverse genti che la compongano e
delle diverse regioni che queste vanno ad abitare,
tuttavia prevalentemente hanno i nomi di Sclavini (Sclaveni)
ed Anti (Antae). Gli Sclaveni abitano ad
una certa distanza dalla città di Novietunum
(probabilmente Noviodunum o Isaccea in Romania) e
dal lago chiamato di Mursia (??) fino al fiume
Danastrum (Dnestr) e a nord fino alla Viscla
(Vistola). Paludi e foreste circondano le loro
città. Gli Anti sono i più potenti, specie dove il
Ponto (Mar Nero) fa una curva, allargandosi
fino al Danaprum (Dnepr)… ”
E
non è il solo. Anche Procopio di Cesarea nella sua
Guerra contro i Goti e lo Strategikon,
attribuibile all’Imperatore Maurizio (fra gli altri),
parlano dei Venedi che premono sul confine
settentrionale dell’Impero e informano che questi si
divisero in Sclavini che occuparono la regione della
riva destra del Dnepr e in Anti che si distribuirono
lungo il corso medio del Dnepr e del Dnestr,
concordando quindi in linea di massima, con le
informazioni date da Jordanes. Alcuni nomi di persona
ricordati da questi ultimi autori sono poi
indubbiamente slavi ed in particolare molto vicini nel
suono e nell’etimo quelli che successivamente appaiono
nei diversi documenti in cui sono coinvolti personaggi
slavi orientali!
Ciò vuol dire che fra il V e il VI sec. delle tribù
slave si stavano già movendo in direzione dell’Impero
Romano d’Oriente e che esse si scontrarono con i suoi
eserciti durante tutti gli anni seguenti, a poco a
poco riuscendo ad accaparrarsi i territori della
Penisola Balcanica e giungendo fino al Peloponneso in
cui si stabilirono definitivamente.
Naturalmente non fu l’unica migrazione slava perché se
ne innestarono altre in altre direzioni probabilmente
sollecitate dai loro dominatori Avari che mantennero
uno stato “confederale” fino all’VIII sec. d.C., prima
di scomparire. Le migrazioni che a noi interessano
sono proprio gli spostamenti verso nordest poiché fu
in questo modo che i gruppi, ormai divisi per sempre,
si differenziarono fra di loro, almeno e soltanto
nella lingua, in Slavi Occidentali e Slavi Orientali.
Notiamo qui per chiarifica al lettore che, se la
dicitura SKLAVENOS è un adattamento greco della parola
SLOVENE o SLAVENE dell’antico-russo o paleo-bulgaro,
abbastanza presente nei toponimi in tutta l’area, il
nome ANTI invece è completamente sparito!
Innanzitutto per l’assonanza non slava di questa
parola (persiana, secondo alcuni linguisti) gli
Anti potrebbero essere collegati con gli Alani dell’Anticaucaso
più che con gli Slavi, veri e propri. E questo sembra
confermarlo Procopio di Cesarea quando dice che gli
Anti si trovavano ai suoi tempi (VI sec. d.C.), non
soltanto fra la riva sinistra del Danubio e il Dnepr,
ma anche oltre: fino al Don e al Mar d’Azov! Vuol
forse dire che gli Anti in posizione così lontana
erano ancora vicino alle loro terre d’origine e che si
sarebbero spostate col tempo verso occidente e poi
verso nord o, al contrario, che erano arrivati là
dalla lontana Mitteleuropa?
Il
problema dunque rimane aperto. Esso sarebbe di minor
importanza se non fosse stato caldeggiato dal prof.
B.A. Rybakov che vede negli Anti gli antenati dei
popoli russi che oggi si trovano nella Grande Pianura
Russa.
La
domanda è: Come mai quell’etnonimo è sparito?
I
reperti archeologici non ci permettono di scegliere
una risposta sicura in questo caso. L’unica cosa che
possiamo constatare è che gli Anti, se mai sono
esistiti come popolo a sé già nella Mitteleuropa,
movendosi verso nordest, trovarono davanti a loro le
Paludi del Pripjat e dovettero o aggirarle da nord,
passando dall’odierna Bielorussia, o da sud
spingendosi ed inerpicandosi sui rilievi della Podolia
e della Volynia per poi stabilirsi intorno alle alture
dove oggi si trova Kiev.
Jordanes, a questo riguardo, menziona tutta una serie
di popoli che, secondo lui, erano stati assoggettati
da Ermanarico quando questo re goto aveva fondato un
grande regno nel sud della Pianura Russa. Descrivendo
così l’itinerario del re e dei suoi uomini lungo le
correnti d’acqua oggi russe e indicando le aree da lui
toccate (era partito dal Baltico ed era giunto fino
al Mar d’Azov e in Crimea), già si riconoscono molte
tribù baltiche fra i popoli che lì abitavano.
Dunque gli Anti, se furono proprio essi a penetrare
per la prima volta nella Pianura Russa, incontrarono
quelle genti giunte qui in precedenza, ma non vi
furono grandi o soventi scontri, visto che… c’era
spazio per tutti!
L’archeologia ci dà la prova di una situazione
“abbastanza pacifica” poiché gli oggetti portati alla
luce negli scavi delle famose tombe a tumulo (kurgany
e sopki) comuni nell’area slava-orientale o dei
“santuari” pagani sono abbastanza mescolati nei loro
caratteri distintivi e non sono facilmente
attribuibili ad una cultura “slava” piuttosto che ad
una “baltica” o “finnica”o addirittura “nomadica”.
Essi indicano una promiscuità abbastanza avanzata
probabilmente costruitasi attraverso matrimoni misti e
cerimonie religiose a volte comuni!
Oppure ha ragione Procopio ad essere convinto che Anti
e Sclavini non fossero poi genti tanto bellicose?
Costui scrive:
“…poiché quelle tribù, degli Anti e degli Sclavini non
hanno un unico governante, ma dai tempi più remoti
vivono in “democrazia”. Per questi motivi gli eventi
favorevoli o sfavorevoli della vita, il riuscire o il
fallire nelle cose, sono sempre questioni di interesse
comune. E in tutti gli altri campi le leggi e la vita
di queste due tribù barbare sono identiche. Hanno un
solo dio, creatore del fulmine che essi ritengono come
il signore di ogni cosa e gli portano sacrifici di
buoi ed hanno altri rituali sacri. Non riconoscono che
ci sia un fato prestabilito o un potere che possa
decidere del destino dell’uomo e quando la malattia o
la morte impende o quando si trovano in pericolo in
una guerra essi promettono al loro dio che gli faranno
sacrifici (eccezionali) se ne verranno fuori incolumi.
Adorano i fiumi e le ninfe ed altri dèi, fanno loro
sacrifici e prevedono il futuro col loro aiuto. Vivono
in povere capanne, sparse e lontane l’una dall’altra e
spesso cambiano di sede. In guerra scendono a piedi
contro il nemico con scudo e lancia nella mano, mai
con un’armatura. Alcuni di loro non hanno né camicie
né mantelli. Qualcuno ha dei pantaloni tenuti insieme
da una alta cintura stretta sulle anche e vanno
incontro al nemico vestiti così. Parlano tutti la
stessa lingua, una lingua non raffinata, ma barbara.
Né si differenziano fra di loro (nelle forme del corpo
e nei tratti del viso). Si distinguono dagli altri
(popoli barbari) per l’altezza e per la grande forza
(delle membra), la loro pelle non è troppo bianca né
troppo rosea, ma neppure troppo scura, solo un po’
abbronzata. Il modo di vita è simile a quello dei
Massageti, rude, senza comodità, sempre coperti di
porcherie, colpiti dalla povertà ma non dal male e
tengono la morale semplice degli Unni…”
Maurizio ricevé un’impressione analoga:
“(Gli Sclavini e gli Anti) hanno modi molto simili di
vita e di costumi e sono molto liberi, non
sottostarebbero a qualsiasi schiavitù, almeno non
nella loro terra. Sono molto numerosi e resistenti
alle fatiche, sopportano senza problemi il caldo e il
freddo, la pioggia anche quando manca loro il vestito
o il cibo. Sono molto accoglienti verso gli ospiti e
li accompagnano ovunque l’ospite chieda di andare, per
proteggerlo, e quando l’ospite a causa di una loro
svista soffre per qualche disgrazia ecco che colui che
aveva affidato l’ospite ad un altro litigherà
aspramente con chi lo ha trascurato perché si ritiene
che l’ospite debba essere vendicato dell’offesa
subita. Gli uomini che (questi barbari) hanno in
cattività, non li detengono a lungo come fanno altre
genti, ma solo per un certo tempo stipulato
previamente. Dopodiché lo rilasciano e costui è libero
o di rimanere dov’è, da libero, oppure di tornarsene
al suo paese. In quest’ultimo caso è obbligato a
pagare un certo indennizzo…”
Tuttavia non doveva essere tutto rose e fiori poiché
da altre fonti sappiamo che gli Avari, dominatori di
quel territorio occupato dalla “marea” slava
impiegavano queste genti proprio per contrastare
l’Impero Romano con le loro scorrerie. Abbiamo una
testimonianza (fine del VI sec. d.C.) in cui un
avamposto imperiale aveva catturato una missione
composta di slavi del Baltico che riferì che il loro
popolo era stato spinto a scontrarsi con i Romani
dagli Avari, ma di aver rifiutato “perché erano gente
pacifica”! Certamente un’esagerazione…
Se
questa allora è la situazione degli Anti, per quanto
riguarda gli Sclavini riusciamo invece a trovare
tracce della loro migrazione nella Pianura Russa
allorché nella tradizione sulla fondazione di
Novgorod-la-Grande sono implicati appunto gli Sloveni
o Slaveni. Dunque una tribù di Sclavini aveva risalito
i fiumi fino al limite dell’agricoltura praticabile e
si era stabilita intorno al Lago Ilmen nel grande nord
prima del IX sec. d.C.
E’
certo, e pure logico, che i primi migranti slavi a
spingersi quanto più lontano possibile dal luogo
d’origine dal lato sud delle Paludi del Pripjat furono
i Vjatici e i Radimici i quali raggiunsero l’alto
Volga e vennero a stretto contatto coi Bulgari e i
Magiari dell’Okà (affluente del Volga superiore). Per
di più all’analisi glottologica la parola Vjatici
corrisponde bene a discendenti dei Vendi (*Vend-ic’)
e i Vendi/Venedi li abbiamo già incontrati.
Oltre a questo, enumerando le tribù slave della
Pianura Russa è facile accorgersi che alcune di esse
avessero “parenti” anche lontanissimi nella Slavia
Occidentale e ciò non si può spiegare soltanto col
fatto che i nomi di queste tribù fossero dati da altri
estranei che si riferivano esclusivamente alle loro
attività commerciali…
Dunque non solo gli Anti concorsero al popolamento
slavo della Pianura Russa!
Concludendo, il quadro che si delinea è una serie di
migrazioni a raggiera che partono più o meno dall’area
fra l’Elba e l’Oder e si dirigono principalmente verso
sud e verso nordest, nell’ambito delle grandi
migrazioni dei popoli del nord meglio note nella
storiografia tedesca col nome collettivo di
Völkerwanderung e in quella russo-sovietica con
Pereselènie Naròdov (Переселение Народов).
L’unica questione rimane la datazione e la giusta
sequenza di quegli spostamenti…
Alla ricerca di altre fonti più precise che ci
permettano grosso modo di fissare dei limiti
cronologici, non possiamo che rivolgerci, in primo
luogo, alle Cronache Russe (una raccolta
impressionante di pagine di scritto) compilate da
monaci amanuensi…
In
questa fonte “classica” il racconto, ahimè!, si
riferisce esclusivamente alla vita e alle imprese
delle élites al potere e pochissimo ci vien
detto sulla gente comune, sulla sua eterogeneità e
sulla consistenza numerica dei popoli slavi e non
slavi e lascia che tutto vada interpretato “scavando”
fra gli accenni e i doppi sensi innumerevoli. Data la
loro specificità tuttavia, avvisiamo subito il nostro
lettore, che le Cronache Russe saranno sempre la fonte
principale alla quale attingeremo per le nostre tesi,
non appena se ne presenta l’occasione, sebbene al
momento le tralasciamo perché abbiamo scelto altre
fonti “più laiche”.
Queste sono relazioni scritte da viaggiatori del IX-XI
sec. provenienti dal mondo islamico, i quali,
interessati al commercio con le Terre Russe, ci hanno
lasciato molte pagine notevoli proprio sul popolo più
che sull’élite al potere. L’unica cosa che
speriamo è che queste fonti siano state ormai “tutte”
individuate e tradotte!
Senza entrare nelle questioni che competono alla loro
veridicità e affidabilità, che diamo per accettate,
cominciamo subito da un geografo del X sec.
al-Istakhri (traduciamo dal russo dai lavori di A. P.
Novoselzev) che scrive nel suo Libro delle Vie e
degli Stati il brano seguente da noi stralciato:
“I
Russi. Di questi se ne conoscono tre raggruppamenti.
Uno è vicinissimo ai Bulgari (ormai già mossisi
dalla loro antica sede sul Volga e in movimento verso
il sud della Pianura Russa, acm) e il loro re si
trova nella città chiamata Kujaba (Kiev), più
grande di Bolghar (la capitale bulgara del
Volga). Il raggruppamento più lontano è as-Slauija
(la zona di Novgorod la Grande nel lontano nord,
nota di ACM) e il terzo si chiama al-Arsanija, il cui
re si trova nella (città di) Arsa
(probabilmente è Rjazan’, città non lontana dal corso
medio del Volga, acm). E la gente per commerciare
viene a Kujaba. Per quanto riguarda Arsa non se ne sa
molto perché tutti quelli che l’hanno raggiunta
sicuramente sono stati uccisi dagli abitanti di quella
regione che sono solite eliminare ogni straniero.
Soltanto essi stessi scendono lungo il fiume per
trafficare, ma non svelano a nessuno da dove vengono,
delle loro merci e di dove le prelevano, né permettono
ad alcuno di accompagnarli nella loro terra. Da Arsa
esportano lo zibellino nero e il minerale di piombo. I
Russi sono un popolo che bruciano i loro morti (…) e
il loro vestito è una giacca corta (…) e questi russi
trafficano con i Cazari, con l’Impero Romano e con i
Bulgari (del Volga)…”
Qui (e così in altri testi di simile origine e
contenuto) si possono individuare tre zone
culturalmente importanti abitate dalle tribù
slavo-russe e noi le sceglieremo per la nostra
indagine.
Notiamo subito che nel I Confini del Mondo, una
specie di enciclopedia geografica persiana con notizie
risalenti al IX sec., i Rus’ sono tenuti a parte e
vengono additati per la loro brutalità e per il loro
modo di vivere selvaggio (almeno a parere dell’anonimo
autore persiano).
Il
fatto che questi Rus’, secondo lui (ma anche secondo
altri), vivessero separati dalle tribù slave e
addirittura sembra che non fossero neppure slavi, per
noi è confortante poiché la nostra tesi è proprio che
costoro fossero degli stranieri, solo successivamente
slavizzatisi, quando negarono persino le loro origini!
Secondo noi, i Rus’ erano Variaghi e, se teniamo
presente che già in quest’epoca (VIII-IX sec. d.C.)
bande variaghe frequentano le vie d’acqua russe, i
conti tornano…
Andiamo però avanti e leggiamo quanto un altro
“osservatore” musulmano, il geografo Ibn Rusté che
scrive un po’ più tardi, intorno al 930, racconta
degli as-Saqalibat (intendendo con questo nome
- sicuramente molto generico – la zona dove si
riforniva il traffico degli schiavi) ossia degli
Slavi.
“Il
paese degli Slavi è piano e pieno di foreste ed essi
vivono lì. Ed hanno delle specie di botti nei quali
mettono il miele. Non coltivano la vite né coltivano i
campi (come li coltiviamo noi, acm). Hanno
delle specie di botti fatte di legno nelle quali
pongono i favi e il miele. Loro li chiamano ulig’ (è
chiaramente il russo ulei che significa arnia,
acm) e da una botte di queste tirano fuori fino a 10
boccali di miele. Allevano i porci come noi alleviamo
le pecore …. Gran parte delle loro coltivazioni sono
miglio (Panicum sp.). Al tempo del raccolto
prendono un secchio di miglio, lo elevano al cielo e
dicono: O signore! Tu che ci hai dato finora il cibo,
daccene ancora e in grande quantità! Hanno una loro
bevanda inebriante ricavata dal miele!”
E
a questo punto rifacciamoci finalmente alle Cronache
Russe.
Le
Cronache partono dal IX sec. d.C. e in esse si legge
che in tempi molto antichi abitavano la Pianura Russa
(ossia le terre Russe) i seguenti popoli slavi: “…Queste
sono le genti slave della Rus’ (questo è il nome
dello stato di Kiev nel XII sec. dove le Cronache
cominciarono ad essere compilate), i Poljani, i
Drevljani, gli Slavi di Polozk, i Dregovici, i
Severiani, quelli del Bug, e infine i Volyniani…”
Qui mancano i novgorodesi, ma probabilmente
l’amanuense ha giudicato inutile nominare questi
Sloveni/Slaveni per ragioni particolari a noi ignote.
Successivamente leggiamo che Igor di Kiev nella sua
campagna militare del 944 d.C. ingaggiò “…i
Variaghi, i Rus, i Poliani, gli Sloveni, e i Krivici,
i Tiverzi, e i Peceneghi…” E qui già vediamo che i
Rus si trovano accanto ai Variaghi, denunciando così
che alcune bande variaghe sono ormai slavizzate!
Nel 965 per opera di Svjatoslav di Kiev cade l’Impero
Cazaro! Questa potenza aveva dominato gran parte dei
traffici fra nord e sud e addirittura aveva
assoggettato Kiev e tutte le tribù slave fino al Volga
(compresi Radimici e Vjatici). Una parte degli uomini
che avevano accompagnato Svjatoslav nell’impresa
decise di stabilirsi a Tmutarakan sul Mar d’Azov (più
nota col nome moderno di Taman’) dove si formò così un
quarto centro variago-russo intorno alla foce del
fiume Kuban. Anche questa zona è riconosciuta nelle
fonti arabe come slava…
Alla fine del X sec. la situazione del popolamento
slavo è il seguente:
A
Kiev ci sono i Poljani dominati militarmente dai Rus
(ex variaghi), verso i Carpazi ci sono i Volyniani (Volynia
e Podolia) e i Buzhani (lungo il Bug bielorusso). A
sud di Kiev ci sono i resti dei Tiverzi e degli Ulici.
Intono alle Paludi del Pripjat ci sono i Drevljani
lungo il fiume Uzh (affluente di destra del Dnepr), a
nord ci sono i Dregovici e i Krivici (bacino della
Dvina Occidentale) e gli Smoljani. A nordest ci sono
gli Slaveni intorno a Novgorod. Lungo il Volga ci sono
poi i Radimici e i Vjatici.
Ed
ancora, ma queste righe sono state probabilmente
interpolate tardivamente, nelle Cronache si legge: “E
queste sono le altre tribù che sono soggette alla Rus’
(che pagano tributo e non sono di etnia slava)
Ciud’, i Merija, i Ves, i Muroma, i Ceremis’, i M’rdva,
i Perm’, i Pecera, i Jam, , i Litvà, i Semigola, i
Kors, i Noroma, i Lib…”
Fra la Pianura Russa e il Mar Nero poi, ce n’è
un’altra area abbastanza particolare da menzionare a
parte: La steppa ucraina.
Questa ampia fascia di terra a sud di Kiev era abitata
anche da popolazioni slave (la Cronaca Russa nomina i
Tiverzi e gli Ulici), ma queste poi,
sotto le spinte di Magiari e Bulgari provenienti
dall’alto Volga si concentrarono o sulle alture
pre-carpatiche o oltre (i cosiddetti Croati Bianchi)
nel bacino inferiore del Danubio. Ai Magiari e ai
Bulgari succedettero poi altre popolazioni di diversa
provenienza (dal Caucaso e fin dalla lontana Asia
Centrale). Sicuramente molti usi e costumi nuovi
entrarono di qui in area slava e, sebbene solo molto
più tardi, essi influirono sulla cultura delle
popolazioni fin su nel nord e dovremo tenerne conto. |