N. 99 - Marzo 2016
(CXXX)
LE
SINFONIE DI SCHUBERT
LA
TRANSIZIONE DAL CLASSICISMO AL ROMANTICISMO
di
Alessandro
Di
Meo
Le
sinfonie
composte
da
Franz
Schubert
non
ebbero
nel
corso
dell’Ottocento
della
stessa
attenzione
riservata
ai
lieder
e
alla
produzione
cameristica,
in
particolare
le
sonate
per
pianoforte
e i
quartetti
per
archi;
solo
negli
ultimi
anni
del
Novecento
le
sinfonie
di
Schubert
–
compresi
i
frammenti
e
gli
abbozzi
–
sono
state
oggetto
di
studi
critici,
che
hanno
portato
alla
rivalutazione
delle
sinfonie
giovanili,
fino
ad
allora
qualificate
soltanto
come
lavori
di
formazione,
ma
in
realtà
già
segnate
da
una
tendenza
alla
ricerca
di
sonorità
e di
stili
più
liberi
dalle
strutture
tipiche
della
forma
sonata.
A
differenza
di
Beethoven,
Schubert
non
pubblicò
in
vita
nessuna
sinfonia
e
per
questo
motivo
il
catalogo
delle
sue
composizioni
è
oggetto
di
discussioni,
a
partire
dal
numero;
nove
secondo
il
catalogo
ufficiale,
considerando
la
Settima
sinfonia,
che
in
realtà,
seppur
orchestrata
è
rimasta
allo
stato
preparatorio.
Alcuni
editori
hanno
proposto
di
portare
il
numero
delle
sinfonie
a
otto,
mentre
il
musicologo
Brian
Newbold,
tra
i
massimi
studiosi
delle
composizioni
di
Schubert,
ha
elaborato
un
catalogo
comprendente
le
sinfonie
complete
più
tutti
i
frammenti,
in
totale
tredici
lavori.
Le
prime
sei
sinfonie
furono
composte
tra
il
1813
e il
1818
e
risalgono
agli
anni
di
formazione
di
Schubert,
per
questo
motivo
sono
state
considerate
a
torto
come
composizioni
minori,
trascurando
completamente
tutte
le
innovazioni
tecniche
introdotte
dal
compositore
austriaco
e
riprese
successivamente
nelle
ultime
sinfonie;
Schubert
le
scrisse
prendendo
come
modello
i
compositori
del
Classicismo
viennese,
in
particolare
Haydn
e
Mozart
per
le
prime
tre
sinfonie
e
per
la
quinta,
Beethoven
per
la
quarta,
mentre
la
sesta
risente
dell’influenza
di
Rossini,
le
cui
opere
erano
allestite
con
successo
in
tutta
Europa
e in
particolare
a
Vienna.
Le
prime
tre
sinfonie
presentano
molte
affinità
con
le
composizioni
di
Mozart
e
con
le
prime
due
sinfonie
di
Beethoven,
come
la
divisione
del
primo
movimento
in
un
tempo
lento
introduttivo
e un
secondo
tempo
veloce;
la
Sinfonia
n.4
in
do
minore
‘La
Tragica’,
composta
nel
1816,
segnò
invece
una
svolta
nell’attività
compositiva
e
nella
vita
di
Schubert,
che
qualche
mese
dopo
aver
completato
la
composizione
lasciò
definitivamente
l’incarico
di
maestro
elementare
e si
dedicò
esclusivamente
alla
musica.
Questo
lavoro
risente
dell’influenza
di
Beethoven,
in
particolare
per
le
alternanze
tra
le
tonalità
minori
e
maggiori
e
per
l’organico
orchestrale,
più
ampio
di
quello
impiegato
nelle
precedenti
sinfonie;
il
titolo
fu
l’unico
attribuito
da
Schubert
a
una
sua
sinfonia.
Con
la
Quinta
Sinfonia
Schubert
tornò
a un
organico
orchestrale
più
ridotto,
ma
nel
complesso
questa
composizione
è
stata
unanimemente
indicata
come
la
migliore
tra
le
sinfonie
giovanili
per
l’atmosfera
serena
e
gioiosa
e
per
l’equilibrio
fra
i
quattro
movimenti.
Il
compositore
la
scrisse
nell’autunno
del
1816
e vi
introdusse
alcune
novità
rispetto
alle
sinfonie
precedenti,
come
l’assenza
dell’introduzione
lenta
all’inizio
del
primo
movimento.
La
Sinfonia
n.6
in
do
maggiore,
conosciuta
come
“La
Piccola”
per
distinguerla
dalla
nona
sinfonia,
anch’essa
in
do
maggiore
e
intitolata
“La
Grande”,
risente
dell’influenza
musicale
di
Rossini,
riscontrabile
anche
in
un’altra
composizione
di
Schubert,
l’Ouverture
nello
stile
italiano,
composta
negli
stessi
anni;
quest’opera,
che
chiude
il
ciclo
delle
sinfonie
giovanili,
condivide
con
la
Quinta
Sinfonia
la
ricerca
di
un
proprio
stile
da
parte
di
Schubert,
meno
legato
agli
schemi
classici.
Gli
anni
dal
1818
al
1822
furono
per
Schubert
anni
di
crisi
esistenziale
e
artistica,
segnati
da
una
continua
ricerca
di
nuove
forme
stilistiche
sia
nella
musica
orchestrale
sia
nella
produzione
cameristica;
per
quanto
riguarda
le
sinfonie,
il
compositore
ne
iniziò
tre,
ma
le
lasciò
allo
stato
frammentario,
le
prime
due
non
furono
neppure
orchestrate.
Nell’agosto
del
1821
Schubert
preparò
un
abbozzo
per
una
nuova
sinfonia
e la
compose
per
un
organico
di
soli
ottoni,
ma
in
seguito
la
abbandonò;
diversi
compositori
e
direttori
d’orchestra
tentarono
di
orchestrarla,
da
Mendelssohn
a
Brahms
a
Weingartner,
che
la
pubblicò
a
Vienna
nel
1934,
con
il
titolo
di
Sinfonia
n.7
in
mi
maggiore
D
729.
Nel
1822
Schubert
iniziò
la
composizione
di
una
sinfonia
che,
seppur
anch’essa
lasciata
incompleta,
diventò
la
sua
opera
più
celebre,
la
Sinfonia
n.8
in
si
minore
D
759
‘Incompiuta’;
questa
composizione,
rimasta
inedita
fino
al
1865,
segnò
un
autentico
spartiacque
nel
genere
della
musica
sinfonica
perché,
anche
se
Schubert
mantenne
la
struttura
classica
nei
due
movimenti
orchestrati,
il
clima
cupo
e
tragico,
la
contrapposizione
tra
temi
lirici
e
temi
contrastanti
anticiparono
gli
esiti
più
compiuti
della
musica
romantica.
La
tonalità,
in
si
minore,
fino
ad
allora
impiegata
molto
raramente
nella
musica
sinfonica,
l’aggiunta
dei
tromboni
nell’organico
e il
ruolo
predominante
dei
violoncelli
e
dei
contrabbassi
conferiscono
all’Incompiuta
un
clima
drammatico,
accentuato
anche
dalla
mancanza
di
un’elaborazione
vera
e
propria
dei
temi,
forse
l’aspetto
più
innovativo
di
questa
sinfonia.
Sembra
che
Schubert
non
abbia
mai
attribuito
una
grande
importanza
a
questa
sua
composizione,
che,
dopo
averla
interrotta,
consegnò
il
manoscritto
a un
suo
amico,
Josef
Huttenbrenner,
per
farne
dono
al
fratello
Anselm
che
lo
conservò
fino
al
1865,
quando
lo
affidò
al
direttore
d’orchestra
Johann
Herbeck
che
la
diresse
per
la
prima
volta
nel
dicembre
di
quell’anno.
Schubert
compose
anche
il
terzo
movimento
nella
versione
per
pianoforte,
ma
non
portò
a
termine
l’orchestrazione
del
brano
e
non
preparò
nessun
abbozzo
per
il
finale;
nel
corso
del
novecento
alcuni
musicologi
cercarono
di
completare
la
sinfonia,
in
particolare
Newbold
che
terminò
il
terzo
movimento
e
aggiunse
come
finale
il
Balletto
I
da
Rosamunda,
ma
non
è
accertata
una
correlazione
originaria
tra
le
due
composizioni.
Nel
1825
Schubert
iniziò
a
comporre
una
nuova
sinfonia,
che
portò
a
termine
l’anno
successivo,
la
Sinfonia
n.9
in
do
maggiore
D
944,
conosciuta
come
‘La
Grande’.
La
Nona
Sinfonia
è un
lavoro
dalle
dimensioni
monumentali,
ma
non
per
questo
privo
di
alcune
caratteristiche
tipiche
dello
stile
di
Schubert,
come
la
contrapposizione
tra
i
due
movimenti
iniziali,
ricco
di
contrasti
il
primo,
lirico
e
sereno
il
secondo,
mentre
il
movimento
finale
è il
brano
orchestrale
più
ampio
composto
da
Schubert;
tra
le
innovazioni
tecniche
introdotte
dal
compositore
austriaco
in
quest’opera,
la
più
evidente
è
l’elaborazione
del
tema
esposto
all’inizio
della
sinfonia
in
tutti
i
quattro
movimenti.
Nel
1828
il
compositore
propose
alla
Società
degli
Amici
della
Musica
di
Vienna
la
prima
esecuzione
dell’opera,
ma
fu
rifiutata
perché
ritenuta
troppo
complessa
da
eseguire
e fu
sostituita
dalla
Sesta
sinfonia,
presentata
al
pubblico
nel
dicembre
di
quell’anno,
un
mese
dopo
la
morte
del
compositore;
il
manoscritto
originale
fu
ritrovato
da
Schumann
nel
1839,
che
riuscì
a
far
eseguire
la
sinfonia
per
la
prima
volta
nella
primavera
di
quello
stesso
anno.
Nel
1828,
infine,
Schubert
lavorò
a un
nuovo
progetto
musicale,
una
Sinfonia
in
re
maggiore
di
cui
ci
sono
giunti
tre
movimenti
composti
per
pianoforte
in
forma
frammentaria,
inserita
nel
catalogo
delle
composizioni
di
Schubert
con
il
numero
d’opera
D
936a,
ma
rimasta
incompiuta
per
la
morte
dell’autore.
Le
sinfonie
di
Schubert
costituiscono
un
corpus
di
composizioni
che
anticiparono
stili
e
tendenze
musicali
tipici
del
periodo
romantico,
ispirando
compositori
come
Mendelssohn,
Schumann,
Brahms
e
Bruckner;
la
fama
della
Nona
sinfonia
oscurò
le
composizioni
giovanili,
che
sono
state
oggetto
di
studi
e di
esecuzioni
pubbliche
sempre
più
frequenti
soltanto
nella
seconda
metà
del
Novecento.
Negli
ultimi
anni,
le
sinfonie
di
Schubert
sono
state
rivalutate,
così
come
i
frammenti
orchestrali,
favorendo
una
più
ampia
diffusione
pubblica
di
questi
capolavori.