N. 31 - Dicembre 2007
SERVIO TULLIO
Macstarna - Parte III
di
Antonio Montesanti
Studi sulla sua figura e funzione nell’affresco della
Tomba François.
La
tomba François è forse l’unico elemento portatore di
storia nel complesso mondo artistico antico. Nel mondo
antico etrusco e greco, fino all’avvento dei romani,
vi sono elementi storici all’interno dell’arte con una
cadenza che si avvicina molto più all’unicità
piuttosto che alla rarità.
Abbiamo notizie di testimonianze storiche all’interno
di contesti artistici per eventi di enorme portata
storica, come fu per i greci dopo le Guerre Persiane,
ma realmente, le uniche attestazioni che possediamo
sono quelle storiche in un passato relativamente
recente e che si diffondono solo sotto un profilo
letterario, cosa che accade nella Ionia (Asia Minore)
con i Logografi, studiosi che avevano il compito di
riportare quello che accadeva in base a notizie spesso
di tipo geografico e poi favolistico-annalistico,
prendendo corpo come Historia, solamente con
Erodoto, primo vero storico, definito a ragione “Padre
della Storia”.
La
tomba François è nel suo genere qualcosa di unico,
poiché era intrinseco, all’interno dell’arte che mai,
in nessun caso dovessero essere rappresentati fatti
storici come erano avvenuti.
Si
potevano riprodurre campi storici talmente antichi da
essere considerati mitici, o miti veri e propri come
fatti a se stanti o come richiami ad eventi od
elementi realmente accaduti.
Ma
la difficoltà del mondo occidentale fino alla fusione
con elementi del mediterraneo orientale, nel
riprodurre, ripetiamo, anche solo a livello
letterario, fatti accaduti è una questione successiva,
postuma, che invece nell’area anatolica e
mediorientale era abbondantemente già presente e
praticata.
Gli Assiri e gli Egiziani, mutuandosi forse
vicendevolmente, usavano raffigurare fatti di
un’importanza rilevante assoluta, totale, definitiva.
Non a caso la storia nacque proprio in Asia Minore,
laddove Oriente ed Occidente si fronteggiano.
Allo stesso modo si fronteggiano i due pannelli
giganti che ricoprono le pareti di quella che viene
definita camera verticale della Tomba François. Allo
stesso modo si trovano Oriente ed Occidente, lo
scontro e l’incontro delle culture, la sfida, la
tensione la scintilla generatrice della cultura.
Incredibili appaiono le mescolanze di eventi che
coinvolgono i mondi, che in questo punto si
sconvolgono, si mescolano, si scindono, diversificano
e si creano.
Da
quest’area, secondo la tradizione
annalistico-letteraria ed epica romana, sarebbero
giunti i padri fondatori di Roma, dopo l’invasione e
l’occupazione Achea di Ilio guidata da Agamennone,
Achille ed Ulisse che insieme a molti altri condivise
il destino essere terra progenitrice di fondazioni in
nuovi mondi nel mediterraneo occidentale. Da li
proprio secondo Erodoto sarebbero giunti gli Etruschi
o i Tyrrenoi, i Tirreni…
L’interpretazione che si vuole dare agli affreschi
della Tomba François ed in particolare delle due scene
che si fronteggiano nelle pareti lunghe, che sono
anche quelle più complesse, è quella che vede
fondamentalmente una contrapposizione di Vulci a Roma,
con un momento in cui la lega etrusca, o quello che ne
rimane riesce in un qualche modo a sopraffare o a
controllare gli affari di Roma o che almeno ancora
riesce a godere di una certa indipendaza da essa.
Tutt’oggi si definisce storia quella parte cronologica
del mondo ed in particolare dell’umanità in quanto
genere umano, che è narrata, descritta, riportata
ereditata definita, accennata dalla tradizione scritta
e che riporta elementi reali, cioè fatti avvenuti
realmente. Abbiamo anche dei limitati eventi posti in
una cronologia che non deve essere necessariamente
anteriore, che non hanno per i motivi sopra descritti,
fattezze di questo tipo e che per questo non vengono
definiti eventi storici o storia in generale.
Ci
sono vere e proprie “sezioni” temporali che prendono
il nome di miti, favole, racconti, e che in ambito
scientifico, proprio perché mancanti di uno o più
peculiarità di cui sopra, si vengono a definire con i
sostantivi di pre- o protostoria.
Ancora oggi, alcuni studiosi tendono a considerare
alcuni eventi, alcuni personaggi, alcuni elementi come
mitici, seppur vi siano le prove che quegli eventi
siano accaduti per davvero e non è una casualità se
due eventi, la guerra di Troia e il regno di Servio
Tullio vengano definiti “mitici”.
Noi, in quanto studiosi dell’antico, abbiamo il dovere
di considerare come “storia” tutto quello che ha un
fondamento di realtà, magari non nelle singole
sfumature, ma per lo meno nelle linee generali e
cercare d’interpretarne la simbologia e gli eventi
realmente mitici in chiave storica, almeno fino alla
loro risoluzione scientifica.
Per questo il connubio, almeno per quanto concerne la
storia antica, tra le fonti, l’archeologia, l’arte e
tutte le discipline riconducibili ad una testimonianza
del passato possono condurre ad una soluzione storica:
ad uno sciogliersi di quei nodi interpretativi che
lasciano spesso un punto, una questione, un evento,
insoluto.
L’ultimo elemento, l’interpretazione della tomba
François, già trattato altrove (s.v. Instoria, n. 5:
LA TOMBA FRANÇOIS. UNA GUIDA. VI – Il grande affresco
storico) in corrispondenza con la documentazione
storica concernente Mastarna-Servio Tullio può
comunque aprire ipotesi che potrebbero rivelare nuovi
elementi e uno scioglimento di alcuni nodi.
Da
un’analisi delle fonti e delle immagini della tomba
François proviamo a trarre un ragionevole confronto
che ci conduca ad una decifrazione del messaggio che
come scopo abbia quello di ricostruire le parti
mancanti di una storia compromessa e travisata in
chiave romana.
Sappiamo, evidentemente, di trovarci di fronte ad una
mistificazione storica: nel momento in cui alcune
fonti ci dicono una cosa, ci danno una versione e
altre fonti, archeologiche, epigrafiche e
iconografiche ce ne presentano una nuova.
I
pannelli rappresentano due scene, una epico-mitica ed
un’altra storica, almeno con la presenza di alcuni
personaggi che solo da un secolo a questa parte
possiamo definire realmente storici.
Come abbiamo visto l’intero ciclo pittorico della
tomba ad ogni pannello epico si raffronta, rispecchia
e si lega con quello ad esso prospiciente. Come
abbiamo visto la parte focale della tomba François si
basa sul lungo dromos conducente all’ultima
porta in fondo in cui vennero dipinti i due pannelli
principali del sacrificio dei prigionieri troiani da
parte di Achille in onore del cugino Patroclo.
Dall’altra invece, abbiamo all’interno di un unico ‘cartone’:
quattro scene tenute insieme da un filo comune, ma tra
di loro totalmente separate, della liberazione di Aule
Vipienas da parte di Macstarna seguita dalle uccisioni
violente di 3 personaggi da parte di altrettanti
“eroi” etruschi armati.
Abbiamo visto che la scena di sinistra per chi entra
rappresenta il sacrificio dei prigionieri troiani da
parte di Achille, dopo aver ucciso Ettore, durante i
giochi in onore di Patroclo, per vendicarne la morte
dell’amico e cugino.
La
scena proviene da quattro versi, simili a due a due,
dell’Iliade (Il. XXIII, 175-176; 181-182), in cui
Achille sacrifica, dopo averli uccisi, 12 prigionieri
sulla pira sulla quale sta bruciando la salma di
Patroclo.
La
maggior parte degli studiosi ricollegano il ciclo del
cartone epico di Achille con il c.d. ‘eccidio di
Tarquinia’ avvenuto nel foro della città nel 358 a.C.,
dove furono condannati e massacrati trecentosette
prigionieri romani, durante la guerra tra Roma e
Tarquinia.
L’ipotesi che si è affermata, in base alla connessione
tarquiniese è che sarebbe opportuno identificare
analogicamente la sorte troiana con quella dei
Romani,che li vedrebbe come loro discendenti,secondo
una corrente che però si manifesterà almeno due secoli
dopo, così come gli Etruschi, secondo questa
significativa ipotesi, si identificavano con i Greci,
loro progenitori culturali.
Da
quell’episodio nel foro di Tarquinia, sarebbe dunque
nata una tradizione iconografica a scopo
propagandistico in Etruria, poi riproposta in varie
tipologie stilistiche e in vari ambiti artistici con
una esemplificazione grafica in un cartone destinato a
segnare un lungo periodo di lotte tra romani ed
etruschi ed in particolar modo tra Roma e Vulci, con
quest’ultima impegnata a dimostrare un suo personale
orgoglio nelle questioni di Roma con una sua
un’intromissione nella serie regia regia capitolina.
Dopotutto se Vulci mette un suo rappresentante,
Mastarna al potere a Roma, come potrebbe glorificarne
una sconfitta?
Il
significato della scena della liberazione di Caele non
ha un significato chiaro. Macstarna si ritrova nel
momento in cui taglia i lacci del compagno. Inoltre
subito dopo segue la scena in cui Aulo, fratello di
Celio uccide qualcuno. Tutti coloro che uccidono sono
nudi eccetto Larth Ulthes.
Il
riscontro più evidente è che la nudità dei personaggi
ha fatto pensare, in relazione con il pannello ad esso
speculare, che siano prigionieri tutti coloro i quali
sono nudi, e l’ipotesi più plausibile sembra quella
che vede Larth Ulthes come fuggitivo,
tornato indietro e venuto a liberare i suoi compagni e
che dopo fu preso e attaccato dai guardiani dei
prigionieri stessi. In questo caso Mastarna sarebbe
stato mandato per primo da Caeles per liberare
il fratello.
Nel pannello più piccolo e contiguo abbiamo qualcuno,
secondo alcuni con un nome romano, nell’atto di
uccidere Tarquinius di Roma. Sappiamo che i re
tarquini di Roma sono conosciuti nelle fonti storiche
con il nome di Lucius.
Potrebbe, secondo alcune ipotesi, che il nome di Lucio
sia giunto a Roma dalla confusione del nome del titolo
dato dagli Etruschi al proprio re che era chiamato
appunto Lucmo e potrebbe essere che il vero
nome di Tarquinio sarebbe stato Cneve (Gneus).
Questa serie di congetture in realtà molto
interessanti non fanno comunque luce sull’intera
questione, anche perché le sub-ipotesi si moltiplicano
esponenzialmente per ogni ipotesi partorita: un romano
di nome Camillo avrebbe ucciso un re romano chiamato
Gnaeus Tarquinius e solo allora Ma starna
sarebbe divenuto re a Roma, il Tarquinio in questa
immagine sarebbe dunque allora Prisco o Superbo? O
sarebbe forse un terzo Tarquinio della dinastia che
non conosciamo?
Secondo alcuni la relazione con il discorso di Claudio
è da vedersi in parallelo con l’episodio iliaco di
Achille. La storia quindi non corrisponderebbe a come
la narrava Claudio, Macstarna giunse a Roma
dopo il disastro della sconfitta dell’esercito di
Caelius Vibenna e Celio non sarebbe sopravvissuto a
lungo. Qui, in questo caso, sia Celio che suo fratello
Aulo sono vivi. Probabilmente egli morì dopo, forse
durante la sua liberazione e Mastarna andò a Roma dopo
aver assunto il comando di quello che era rimasto
dell’armata di Celio.
Vi
sono autori che riunendo in maniera ‘ascientifica’ le
varie informazioni, hanno redatto ipotesi più
complesse che semplici domande. Secondo alcuni
eminenti studiosi i fratelli Vibenna sarebbero stati
esponenti aristocratici o detentori del potere
monarchico o militare di Veio che all’epoca (VI sec.
a.C.) si sarebbero uniti agli alleati vulcenti per
combattere l’usurpatore romano voluto e collocato sul
trono dai tarquinesi e Mastarna sarebbe stato il capo
di un esercito di mercenari che avrebbe abbandonato i
Vibenna per allearsi con Roma, con Tarquinio e
sconfiggere i Latini.
La
“storia riscritta” prosegue: “Mentre egli combatteva
contro i latini, il re Tarquinio venne alle mani coi
veienti e ne fece prigioniero il lucumone Celio
Vibenna. Mastarna, rientrato a Roma dopo la cattura di
Celio e visto costui in pericolo di morte, si dimise
dall’incarico ed anzi, inopinatamente, congiunse le
sue truppe con quelle dei veienti, riuscendo a
cogliere di sorpresa Tarquinio.
Mastarna diventa Servio Tullio (il servo emancipato),
i fratelli Vibenna diventarono i due figli di Anco
Marzio che volevano recuperare il trono ed i loro
alleati assunsero la parvenza di feroci sicari” (Lopes
Pegna).
Altre ipotesi più semplici e più dirette, prive di
connotazioni romanzate, ricostruiscono il racconto in
maniera più semplice e forse più accettabile:
“Mastarna e i fratelli Vibenna - giovani nobili di
Vulci - si erano prefissi la caduta di una monarchia
assoluta ed ereditiera, proponendo la creazione di un
ordine nuovo e più libero. Erano cose da lungo
nell’aria; ad Atene il potere di pochi aveva già
trovato un limite nella legislazione soloniana del 594
a.C. La nuova idea aveva trovato appassionati in
Etruria i giovani rivoluzionari s’erano uniti a
schiere e i loro gruppi armati cominciarono a
scatenare i primi disordini all’interno della lega
delle città etrusche.
La
reazione, la quale vedeva minacciata di rivolta il suo
mondo che riposava tranquillo su una tradizione
consacrata, non tardò a difendersi. Tarquinio Prisco a
Roma, in alleanza con le città-stato amiche, allestì
un esercito e scese in campo contro i rivoltosi. Sulla
condotta della guerra tutte le fonti tacciono; si sa
soltanto che Tarquinio e gli alleati ne uscirono
sconfitti, battuti in una leggendaria «battaglia dei
re» da Ma starna e Aulo Vibenna. La vittoria portò
alla caduta dei Tarquini e il movimento prese il
potere” (Werner Keller).
Le
avventure dei fratelli Vibenna e di Mastarna ed in
particolare quelle della tomba François sarebbero
“un’azione militare o un complesso di azioni militari,
presumibilmente tendenti al formarsi di una grossa
«signoria» nel cuore dell’Etruria meridionale e su
roma stessa, condotta dal «nobile duce» (Varrone)
Celio Vibella con il fratello Aulo, ambedue originari
di Vulci (Festo, anobio), e con il «fedelissimo
compagno» (Claudio) Ma starna, oltre che con vari
camerati di varia estrazione…, forse di condizione
servile (Tomba François). È dubbio se questa
sconvolgente iniziativa sia partita da un tentativo
ufficiale di affermazione egemonica della città di
Vulci…; in ogni caso s’incontrò l’opposizione di altre
città tra cui Volsinii e Roma, i cui capi coalizzati…,
furono a loro volta sconfitti e a quanto sembra
massacrati. Ne conseguì la mano libera su roma, con il
presumibile abbattimento del potere dei tarquini…” (Pallottino).
Per tutti, in qualsiasi caso il sacrificio dei
prigionieri troiani rimane un simbolo del della
sconfitta e della caduta di Ilio, e tutti vedono una
trasposizione, in un auspicio etrusco verso la storia
futura.
Solo un fattore rimane comune e al di fuori di
qualsiasi ipotesi: la storia etrusca, o per lo meno la
storia degli Etruschi, narrata e raccontata da loro
dei fratelli Vibenna era e fu ben altro di quella
raccontata dalle fonti romane. |