N. 5 - Ottobre 2005
PROCESSO A SADDAM HUSSEIN
L'ex Rais rischia la condanna a morte
di
Stefano De Luca
La
parabola del pastorello di al-Auja assurto al rango di
dittatore senza scrupoli sta volgendo al termine.
Il
19 ottobre il Tribunale Speciale iracheno, che
sta esaminando il ruolo avuto da Saddam Hussein
nel massacro di 143 shiiti di Dujail nel 1982,
potrebbe infatti pronunciarsi per una condanna a morte
dell’imputato, senza attendere gli altri processi a
suo carico relativi all’assassinio con il gas di
migliaia di civili curdi ad Halabja nel 1988, ed alla
sanguinosa repressione della rivolta shiita nel sud
del paese nel 1991.
La
strage di Dujail, cittadina a nord di Baghdad,
sarebbe stata compiuta da unita’ speciali della
Guardia repubblicana e, oltre ai morti, avrebbe
distrutto centinaia di abitazioni e campi coltivati
dei curdi.
Inoltre, recita l’accusa, circa 600 persone
sarebbero state deportate nella capitale irachena e
poi rinchiuse nel carcere segreto disposto all’interno
del vecchio aeroporto di Muthanna.
Dal giorno della sua cattura, avvenuta nel dicembre
del 2003, l’ex presidente si trova in stato di
detenzione in una prigione segreta di Baghdad, sotto
lo stretto controllo delle forze armate statunitensi.
Uno dei suoi legali, Abdel Haq Alani, si e’ detto
contrario alla data stabilita per l’inizio del
processo in quanto il tempo per presentare una difesa
adeguata sarebbe a suo avviso insufficiente.
Di
parere diverso l’attuale presidente iracheno, Jalal
Talabani, per il quale Saddam Hussein “merita
di essere condannato a morte 20 volte al giorno in
quanto ha tentato di uccidermi per 20 volte”.
Il
tema della liceita’ della condanna alla pena capitale
e’ oggi molto attuale e sentito in tutto il mondo.
Essa e’ tuttora in vigore in numerosi Paesi che vanno
dalla Cina, che detiene il primato mondiale delle
esecuzioni, a molti stati islamici fino agli Stati
Uniti d’America.
Nonostante Talabani si sia sempre
detto contrario alla pena di morte, ha
affermato che questa volta non blocchera’ una
probabile pronunziazione del Tribunale Speciale in tal
senso. “Se mi rifiuto di firmare, non significa che
blocchero’ la decisione della corte”, ha infatti
precisato Talabani, lasciando trasparire la
convinzione che il principio dell’intangibilita’
fisica dei prigionieri possa essere accantonato, in
via speciale, di fronte alla figura ingombrante
dell’ex rais.
In
verita’ in Iraq sono gia’ state eseguite delle
condanne a morte, le prime dalla caduta del regime
baathista. Il 1 settembre sono state infatti impiccate
tre persone a Baghdad, vale a dire Byan Ahmad al Jaf,
Oudai Dawud al Dulaimi e Taher Jassem Abbas, tutti
appartenenti al gruppo islamico Ansar al Sunna,
legato ad Al Qaeda. I tre, ritenuti colpevoli di aver
ucciso nel mese di maggio alcuni agenti di polizia,
sono stati giustiziati per fungere da deterrente nei
confronti delle molte bande di criminali che operano
in Iraq.
Il
7 settembre le Agenzie di tutto il mondo avevano
lanciato una notizia per molti aspetti sensazionale: “Saddam
Hussein ha confessato i suoi crimini”. Lo stesso
presidente Talabani aveva affermato che “uno dei
giudici e’ stato capace di strappargli la confessione”,
lasciando presagire un cambiamento di rotta nella
condotta difensiva dell’imputato.
Pronta e’ arrivata pero’ la smentita del capo del
collegio di avvocati di Saddam Hussein, Khalil
Dulaimi, il quale ha replicato che “non c’e’
stata alcuna confessione da parte del presidente e
tutte le indagini su questo caso non lo implicano
affatto”.
Il
botta e risposta e’ terminato li’, ma siamo certi che
si e’ trattato solamente delle prime schermaglie prima
del processo ufficiale. L’ex dittatore, catturato
dalle forze armate statunitensi grazie al tradimento
delle sue guardie del corpo, allettate dai 20 milioni
di dollari di taglia che pendevano sul suo capo,
appare sempre piu’ solo.
La sua posizione, francamente
indifendibile, e’ pero’ mitigata dal rischio di una
condanna a morte che in molti vedono come una barbarie
che si aggiunge alla barbarie da lui causata.
Per chi non crede nella bonta’à del postulato
occhio per occhio, dente per dente, ma giudica
comunque Saddam Hussein un criminale nei confronti
dell’umanità, il dilemma di coscienza sull’opportunita’
di condannarlo a morte si farà fortissimo.
Nessuno tocchi Caino,
recita la Bibbia: questo principio vale per Saddam
Hussein? Ognuno trovi la risposta dentro se stesso.
Nell’attesa di un verdetto del Tribunale Speciale che,
in verità, sembra già scritto. |