N. 15 - Agosto 2006
OSHO
RAJNEESH
Mai nato, mai morto
di
Matteo Liberti
Rajneesh Chandra Moha, successivamente chiamato
Bhagwan Shree Rajneesh ed infine diventato noto col
nome di Osho Rajneesh o più semplicemente Osho,
nacque, nel senso tecnico del termine, l’11 dicembre
del
1931 a Kuchwada, una paese al centro della penisola
indiana.
Fin da giovanissimo quel che di se mostrò al mondo
fu un atteggiamento spiccatamente indipendente, una
natura libera e particolarmente insofferente ad ogni
forma di regola e di norma; questo atteggiamento si
trasformerà presto in un radicale rifiuto di ogni tipo
di fede e di potere costituito, accompagnato dalla
costante messa in dubbio di ogni forma di conoscenza pre-acquisita.
Ogni individuo, affermava Osho, è vero
come essere vivente unico, non come frutto di una
struttura sociale artificiosa e neanche come
espressione delle relazioni con gli altri, dell’altrui
considerazione.
Ogni ideologia, ogni condizionamento,
generava il falso.
La sola cosa vera poteva essere
l’esperienza individuale.
La sua personale ricerca spirituale si legò per sempre
ad un episodio che gli capitò di vivere il 21 marzo
del 1953: in quel giorno, come afferma lui stesso,
egli visse all’interno del proprio essere la vetta più
alta e luminosa che ci possa essere sul cammino della
consapevolezza: l'illuminazione.
Questa esperienza è descritta da Osho come
l'istante in cui la goccia si fonde nell'oceano, e
l'oceano si riversa nella goccia.
A questa esperienza oceanica è anche collegato
lo stesso nome Osho.
Dopo l’illuminazione, Rajneesh cominciò ad elaborare (per poi diffonderle)
alcune personali tecniche di meditazione utili ed
accessibili a
tutti, nel raggiungimento del risveglio, della
consapevolezza piena del proprio essere.
Desideroso di invitare altri a quella medesima
esperienza di trasformazione personale, Osho iniziò a
viaggiare attraverso tutta l’India, spostandosi come
un profeta da un villaggio ad un altro, eppoi dalle
piazze alle sale-conferenza e alle arene, fino agli
stadi, oratore di fronte a platee anche di decine di
migliaia di persone.
Da queste esperienze nacque
l’Osho Rajneesh movement, un nuovo movimento di stampo
filosofico al seguito di questo carismatico, barbuto
oratore
del vero.
Osho aveva nel frattempo terminato gli studi in
filosofia ed intrapreso la carriera universitaria in
qualità professore ordinario presso il Sanskrit
College di Rajpur, arrivando poi ad essere
nominato rettore della cattedra di filosofia presso
l'università di Jabalpur.
La vita universitaria, però, non gli si addiceva affatto. La
interromperà presto, per amore della divulgazione
diretta, senza filtri, a contatto con le persone e col
mondo.
Insegnare ciò che non si poteva insegnare.
Questo quel che l’attendeva fuori dalle aule.
Numerose persone, folle intere, continuarono a
seguirlo nelle sue conferenze, durante
l’organizzazione delle quali emersero i primi
suoi discepoli, uniti intorno al Maestro sulla base di
un’unica, paradossale, certezza: l’illuminazione non
può essere insegnata.
Dal 1964 Osho iniziò ad organizzare grandi campi di
meditazione nei quali venivano utilizzate nuove
tecniche in grado di aiutare nella ricerca di quel
silenzio in cui la nostra vera natura si manifesta…
Ben consapevole della struttura mentale e psicofisica
dell'uomo contemporaneo, Osho ideò alcune forme di
meditazione ad hoc, facendo un largo uso delle
scoperte e delle intuizioni specifiche della moderna
psicoterapia.
Quel che accadde però, a opinione dello stesso
Osho, fu che coloro che frequentavano le sue orazioni
non andassero oltre il semplice ascolto, senza
intraprendere così quel processo di trasformazione che
tanto anelavano. Il maestro decise così di cambiare
qualcosa, orientandosi verso un lavoro dinamico con un
singolo gruppo di discepoli praticanti. Alla fine
degli anni Sessanta, a Bombay, nacque un Ashram,
o comunità spirituale, dove iniziarono
ad arrivare, ad allargare il gruppo originale,
discepoli da tutto il mondo.
Era nato il Shree Rajneesh Ashram, che si
trasferì poi a Puna, il 21 marzo del 1974, nel
ventunesimo anniversario della personale
illuminazione.
Per Osho venne poi, improvvisa, durante il periodo di
sua maggior fama, l’esperienza americana, conclusasi
però tragicamente, con l’arresto ed un avvelenamento
che venne scoperto attraverso analisi mediche svolte
nel 1987.
In America Osho voleva tentare il suo più grande esperimento: Rajneeshpuram, una città
eretta nel deserto dell’Oregon, la città della
meditazione e della ricerca spirituale, estesa su un terreno
di decine di migliaia di acri.
Dopo un inizio passionale e
travolgente, l'intolleranza culturale dei residenti
locali, ma più di tutto una serie di scandali
costruiti a tavolino intorno alla sua scomoda figura,
gli costarono il carcere, dove trascorse qualche buona decina
di giorni senza la possibilità di comunicare con
persona alcuna.
Infine arrivò l’avvelenamento con il Tallio,
un metallo pesante con una tossicità mortale ed a
rilascio lento.
Tornato a Puna, dopo essere stato interdetto (su
pressioni americane) dall’ingresso in ben ventuno
paesi, Osho creò un laboratorio di crescita,
che ancora oggi richiama da ogni parte del mondo
ricercatori del vero, fedeli alla professione dei
suoi insegnamenti e speranzosi di trovare in questo
habitat immerso nella meditazione quello stimolo
essenziale per rivoluzionare il proprio equilibrio
interiore, in cerca dell’amore ed in fuga
dall’ipocrisia così tanto osteggiata dal Maestro,
insieme a ogni tipo di gerarchia psicologica e
sociale.
Comprensibile, in chiave strettamente
politica, l’atteggiamento del governo americano,
spaventato anche dal numero cospicuo e crescente dei
suoi discepoli...
Osho Rajneesh abbandonò il suo corpo il 19 gennaio del
1990, l’ultimo tra i suoi gesti terreni.
Nell’ultimo anno di vita aveva pesantemente
accusato gli effetti dell’avvelenamento, pur non
facendone mostra con nessuno fino alla fine, quando
affermò che la sua morte era stata un deliberato
omicidio a sfondo politico e sociale, per evitare, in
ultimo, che troppa gente potesse aderire al suo
rifiuto per le posizioni ideologiche frutto del potere
politico.
La sorpresa della sua morte suscitò clamori e
disperazione, con migliaia di discepoli che ballarono
come mai prima intorno al suo corpo che bruciava e poi
intorno alle sue ceneri.
I suoi libri, o meglio le trascrizioni dei suoi
discorsi, sono oggi centinaia, tradotti e leggibili in
decine di lingue, spesso disponibili anche in versione
audio e video. In questi discorsi, la mente umana
viene analizzata come forse mai prima, esplorata
nelle sue più sottili pieghe, attraverso lo studio
della
psicologia, delle emozioni, del corpo, della morale e
della storia, passando dalle religioni alla politica e
alla società moderna.
Elemento di marcata originalità nelle opere di Osho è il
suo interesse per la tradizioni spirituali
orientali e la sua capacità di adattare alcuni concetti
millenari, nonché pratiche meditative che vengono da
lontano, al moderno uomo
occidentale.
Si può riconoscere tra le
sue idee una vera e propria mistura di aspetti propri
delle filosofie orientali come Buddismo,
Induismo,
Taoismo,
e di alcuni tratti del pensiero occidentale, dalla psicologia
junghiana all'antica filosofia greca.
Elemento fondamentale della sua filosofia fu in fondo l'amore, inteso
come supremo ponte verso il
divino.
Mai nato, mai morto, ha solo visitato il pianeta Terra
tra l'11 dicembre 1931 e il 19 gennaio 1990.
Con queste parole Osho dettò il suo epitaffio. |