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N. 6 - Novembre 2005

MAROCCO, IL PURGATORIO DELL'EUROPA

I profughi africani e la loro fuga verso l'europa

di Leila Tavi

 

Ogni giorno decine di africani cercano di entrare nell’Unione europea arrampicandosi per la recinzione alta 3 metri che segna il confine delle enclave spagnole di Cueta e di Melilla in Marocco.

 

Chi riesce nell’impresa potrà sperare di consegnare la sua richiesta di asilo politico prima che la Guardia Civil riesca ad arrestarli. Una volta ottenuto l’asilo tutte le porte dell’Unione europea saranno loro aperte. Nella maggior parte dei casi però il prezzo da pagare è troppo alto: racket, violenze, soprusi, pericolose traversate del deserto, estenuanti fughe dall’esercito nella foresta marocchina, che è diventata per gli Africani il purgatorio dell’Europa.

 

Chi viene preso, spesso maltrattato dalla polizia spagnola e la gendarmeria marocchina, viene rinviato alla frontiera algerina.

 

I profughi, a cui vengono sottratti gli effetti personali, sono caricati su autobus poche ore dopo la cattura e rispediti nel deserto, che hanno già attraversato a piedi e tra gli stenti per raggiungere il Marocco. Sono lasciati lì, disorientati e sfiniti, senza acqua e viveri, a cercare di ritornare verso i luoghi da cui sono scappati; alcuni di loro muoiono là, abbandonati nella sabbia come carcasse. Si stima che fino ad oggi siano stati lasciati dai soldati marocchini nel deserto circa 400 profughi.

 

L’8 settembre 2004 ha avuto luogo uno dei più grossi raid in un campo profughi  marocchino, dove si trovavano migranti provenienti dalle zone subsahariane. Una truppa di 800 unità (militari e polizia) si è presentata alle 6 di mattina. “Era impossibile fuggire, specialmente per le donne con bambini” ha testimoniato un immigrato dalla Guinea. Le truppe hanno battuto per 6 ore la foresta con cani, cercando i migranti in fuga. Come sempre i profughi sono stati derubati del denaro e dei loro pochi averi, poi si è dato fuoco alle capanne del campo.

 

Le fonti ufficiali parlano di 150 fermati, i migranti di 115. Molti i feriti, i traumatizzati. I fermati sono stati portati al commissariato di Frideq, che confina con Ceuta, e tenuti in una cella comune;­ tra questi anche due donne in cinta, una molto anziana, e un bambino di nove anni. E’ stata negata loro assistenza medica. Hanno ricevuto solo acqua e pane secco. Tutti sono stati deportati a Oujda, al confine algerino, senza un regolare processo.

 

Il confine di Oujda è chiuso dal 1994 a causa di divergenze diplomatiche tra i due stati; lì i profughi vengono lasciati alla mercé dei soldati marocchini e spagnoli. Nel lager di Ceuta, dalla capienza di 420 persone, sono rinchiusi 900 profughi africani. Questa è la testimonianza di un migrante congolese presa dal sito web Melting pot.org: “L’ultimo mese è stato un inferno. Ci picchiavano, distruggevano i nostri documenti e ci rubavano i soldi; tutto questo sotto gli occhi della Guardia Civil che assisteva divertita. È indifferente se stiamo alla frontiera o in città, loro ci attaccano dove e quando vogliono. Ci picchiano sempre, spronandosi a vicenda (si parla della Guardia Civil)”.

 

L'Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) ha espresso martedì 11 ottobre una dura condanna del dramma dei profughi africani in Marocco. Il portavoce della sezione austriaca dell'organizzazione, Ronald Schönbauer, ha ribadito la necessità di garantire protezione a tutti i profughi e alle persone in cerca d'asilo, qualunque sia la loro provenienza o il motivo della loro fuga.

 

Il Marocco è diventato una terra di transito per quelli che hanno nel cuore il sogno europeo del benessere economico. L’Europa ne ha fatto perciò il suo poliziotto di frontiera; con metodi limitati e poco ortodossi i gendarmi marocchini sono stati investiti del difficile compito di contenere l’immigrazione africana entro le quote annue stabilite.

 

In molti casi una volta giunti in Marocco i profughi che provengono dall’Africa subsahariana non tentano neanche la fuga verso l’Europa, troppo rischiosa; si fermano negli slumb di Tangeri o di Rabat, la capitale, dove finiscono per vivere di espedienti nella clandestinità, con il rischio di far esplodere la tensione tra Marocchini e Africani neri.

 

Il 4, 5 e 6 novembre prossimi partirà verso Ceuta una carovana europea per protestare contro “i muri della morte”, per ricordare a noi Europei che tutti indistintamente abbiamo diritto a un trattamento nel rispetto dei diritti umani; ancora una volta per dire basta agli assassini nei campi profughi, basta alle deportazioni omicide e soprattutto basta alla militarizzazione delle frontiere europee.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

« Carovana europea a Ceuta: un’intervista”, in Progetto Melting Pot Europa, 29.10.2005, http://www.meltingpot.org/articolo6195.html

Nicolas Jaillard, Maroc: la frontière honteuse de l’Europe, documentario, Francia 2005

« No al muro della morte: nessuna persona è illegale. Carovana europea per i diritti umani”, in Progetto Melting Pot Europa, 28.10.2005, http://www.meltingpot.org/articolo6188.html

« Spagna – Immigrazione ai confini meridionali dell’Europa”, in Progetto Melting Pot Europa, 8.10.2005, http://www.meltingpot.org/articolo3700.html

« 621 immigrés arrêté en une semaine in Maroc », in Redasociativa.org, 8.10.2005, http://www.redasociativa.org/dosorillas/?q=node/view/775

 “Zapateros, Unhcr condanna trattamento profughi Marocco”, in Anarcotico.net, 11.10.2005, http://www.anarcotico.net/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=5470

 

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