N. 11 - Aprile 2006
LAURENTINA - ACQUA
ACETOSA
L'abitato e la necropoli - Parte
III
di Leonardo Schifi
*su gentile concessione
dell’autore
Tenuta di Mostacciano
Mostacciano non doveva essere il nome di una tenuta,
ma piuttosto il termine con cui si indicava una
località compresa tra le tenute di Acqua Acetosa ad
est, Casal Brunori a sud, di Spinaceto e del Torrino
ad ovest.
Probabilmente il nome della zona fa riferimento alla
produzione di mosto che, già verso la fine del XII
secolo d.C., si sarebbe ricavato dalla vigne di
proprietà ecclesiastica.
Le
strutture di una torre, databili al XIII secolo d.C.,
si trovano interrate su una collinetta a circa 300
metri a nord ovest del moderno Casale di Mostacciano,
nei pressi dell'incrocio tra la Via Cristoforo Colombo
e il Grande Raccordo Anulare.
Questa vedetta, insieme alle torri dell'Arnaro e
Brunori, assicurava un controllo sul territorio
delimitato dalle antiche Vie Ostiense e Laurentina e
dai fossi di Spinaceto e Vallerano.
I
resti di un antico tracciato stradale, ricalcante
grossomodo l'attuale Via di Decima, sono stati
individuati, in diversi tratti, lungo il confine nord
orientale del comprensorio di Mostacciano.
Questa strada, probabilmente già in uso a partire
dalla media età repubblicana (IV-III secolo a.C.), si
staccava dal chilometro 9,700 dell'antica Via Ostiense
e, dopo aver costeggiato il quartiere di Decima,
correva per un lungo tratto parallela al fosso di
Vallerano, per poi deviare, superata la Via Cristoforo
Colombo, verso sud, fino ad incrociare, su una collina
posta a 500 metri a nord della Via Pontina e del
Grande Raccordo Anulare, l'asse stradale dell'antica
Via Laurentina (attuale Via Pontina).
Recentemente, nei pressi di questo incrocio, sono
stati individuati i resti dell'antico tracciato di
questa strada realizzati con una massicciata in
scaglie di basalto all'interno di un taglio operato
nel sottostante banco tufaceo; nelle immediate
vicinanze, infine, sono state messe in luce alcune
sepolture a fossa con copertura di tegole e una
probabile tomba a camera.
Il
percorso viario dell'antica Via Laurentina, prima di
giungere in questa zona, aveva inizio staccandosi al
chilometro 6,500 della Via Ostiense e, dopo aver
tagliato in senso nord sud il comprensorio occidentale
dell'Eur, si raccordava, lasciandosi sulla sinistra il
Castellaccio di Casa Ferrata (IX-X secolo d.C.), con
l'attuale tracciato della Via Pontina.
A
meno di un chilometro a sud da quest'area,
all'incrocio tra la Via Pontina e Via di Valleranello,
durante la costruzione di un edificio della Telecom
Italia è stato messo in luce un diverticolo stradale e
i resti di una necropoli databile alla prima età
imperiale, con tombe a fossa e copertura di tegole
alla cappuccina; probabilmente questo percorso, con
andamento verso nord est, si dirigeva verso le alture
di Casal dell'Ara, nella tenuta dell'Acqua Acetosa.
Nel
comprensorio di Mostacciano, lungo Via Domenico
Jachino, sono visibili, in sezione, le murature in
opera reticolata di tufo di una cisterna appartenente
ad una vicina villa rustica, databile alla tarda età
repubblicana (fine II-I secolo a.C.); nelle immediate
vicinanze si conservano, all'interno di un giardino
condominiale, i resti di una strada basolata.
Altre strutture, attualmente non più visibili,
localizzate in Contrada Monti della Creta, si
riferiscono probabilmente ad un insediamento rustico
di epoca romana.
Tenuta di
Casal Brunori
La
tenuta di Casal Brunori, subito fuori il Grande
Raccordo Anulare, si estende a sud del quartiere di
Mostacciano ed è stretta fra la Via Pontina ad est e
la Via Cristoforo Colombo a ovest, mentre a sud
confina con il quartiere di Spinaceto.
I
resti di una torre medioevale d'avvistamento, noti con
il nome di Torre Brunori, si trovano nel quartiere di
Spinaceto, sulla sinistra di Via Caduti per la
Resistenza, presso il palazzo dell'Enasarco.
L'antica vedetta, costruita sui resti di una cisterna
romana, prende il nome da Brunoro di Gambara,
proprietario di alcune terre in questa zona a partire
dalla seconda metà del '500; la torre, per la sua
particolare posizione, costituiva uno dei posti di
guardia lungo l'antica Via Laurentina e controllava
anche la via trasversale che univa la costa ai Colli
Albani.
Le
recenti indagini archeologiche, svolte nel
comprensorio di Casal Brunori, sono state condotte su
di una superficie di circa 10 ettari, costituita da
una propaggine collinare del complesso sedimentario
vulcanico della Campagna Romana.
Lo
scavo sistematico della zona ha evidenziato i resti di
otto strutture riferibili al periodo arcaico (VI-V
secolo a.C.), costituite da piccoli edifici con pianta
leggermente rettangolare ad unico ambiente; la
presenza di alcune tombe infantili conferma l'uso ad
abitazione di tali strutture, organizzate come un
piccolo villaggio anche per la presenza di due pozzi,
forse di uso comune. E' certo che l'area di queste
strutture sia stata rioccupata successivamente,
durante l'epoca medio repubblicana (IV-III secolo a.C.),
da un vasto complesso di cui si conservano, oltre a
varie fosse con materiale di scarico, anche un
basamento per il torchio con attigua vaschetta e
numerosi pozzi e cunicoli sotterranei collegati fra
loro.
A
meno di 400 metri a nord est di questo insediamento
rustico è stato individuato, al confine con il
comprensorio di Mostacciano, una tomba ipogea a
colombario risalente alla prima età imperiale (inizi
del I secolo d.C.); il sepolcro, non ancora scavato,
presenta una scala di accesso ad un vano sotterraneo,
con paramento interno in muratura di opera reticolata
in tufo.
Un
tracciato stradale di epoca romana, con pavimentazione
realizzata a scaglie di basalto, attraversava l'area
del comprensorio da nord ovest a sud est e collegava
la Via Ostiense alla Via Laurentina (odierna Via
Pontina).
Verso il limite nord della zona sono state individuate
alcune aree di cava probabilmente in uso fino ad epoca
imperiale, con lo sfruttamento tramite scavo in grotta
e cunicoli.
Nel
settore nord nord ovest del comprensorio, infine, in
prossimità di una strada di epoca arcaica tagliata nel
banco di tufo, sono state rinvenute cinque tombe a
camera databili al IV-III secolo a.C.; probabilmente
quest'asse stradale, oltre a collegare l'area delle
strutture arcaiche, proseguiva a est verso la tenuta
di Vallerano, dove il recente scavo di un analogo
tracciato viario, presentante una biforcazione, ha
rilevato la presenza puntuale di tombe a camera dello
stesso tipo e periodo.
Tenuta di Mezzocammino
La
tenuta di Mezzocammino, subito fuori il Grande
Raccordo Anulare, è compresa tra l'antica Via Ostiense,
la Via Cristoforo Colombo, mentre a sud confina con il
fosso di Spinaceto.
Il
nome della zona deriva dal fatto che questa località
si trovava a metà strada tra Roma e la foce del
Tevere.
La
tradizione vuole che in questo luogo fu martirizzato,
sotto l'Imperatore Massimiano (286-310 d.C.), insieme
con altri compagni (Largo, Crescenziano, Smaragdo,
Memmia e Giuliana), San Ciriaco primo vescovo di
Ostia.
Successivamente in questa zona fu fondata, ad opera di
Papa Onorio I° (626-630 d.C.), una chiesa, con annesso
cimitero, dove furono tumulati i resti del Santo e dei
compagni.
Tra
la seconda metà dell'VIII secolo e la metà del X
secolo d.C. sono ricordate tre traslazioni di reliquie
relative a tutti e sei i martiri.
Le
tracce di questo sepolcreto cristiano, cercate invano
per diverso tempo, vennero messe in luce, a partire
dal 1913, durante i lavori di allargamento e rettifica
del tracciato stradale della Via Ostiense.
A
questi rinvenimenti occasionali fece seguito, tra la
fine del 1915 e i primi mesi del 1916, una campagna di
scavi archeologici svolta durante la costruzione della
linea ferroviaria Roma-Ostia; in quell'occasione gran
parte delle testimonianze rinvenute furono
completamente distrutte per la realizzazione della
strada ferrata.
Gli
scavi portarono in luce, di fronte al Casale di
Mezzocamino, alcune strutture murarie absidate
relative a mausolei pagani risalenti alla seconda metà
del IV secolo d.C., tracce di una vasta necropoli in
uso fra il IV e primi decenni del VI secolo d.C. e i
resti della basilica costruita da Papa Onorio I° sulle
murature di una cisterna romana, a circa cento metri
ad est del moderno Casale.
Tra
i due nuclei di strutture fu individuato, per circa 36
metri di lunghezza, un diverticolo stradale basolato
con andamento est ovest; questo tracciato viario
probabilmente si staccava a sinistra del VII° miglio
dell'antica Via Ostiense.
Particolarmente interessante fu il rinvenimento, in un
piccolo settore di scavo, in parte disturbato da
successive costruzioni romane, di uno strato di
materiali fittili (frammenti d'impasto, bucchero e
ceramica attica a vernice nera) databili ad epoca
arcaica (VI-V secolo a.C.); è presumibile che, come
nella tenuta del Torrino, tale insediamento arcaico di
VI secolo a.C. risalisse ad epoca ben più antica.
Probabilmente il cimitero di San Ciriaco si sviluppò a
partire dalla metà del IV secolo d.C., anche se non si
può escludere l'esistenza di sepolture più antiche,
forse risalenti ad epoca precostantiniana.
Nel
XIII secolo d.C. il toponimo di San Ciriaco risulta
erroneamente legato ad una torretta d'avvistamento
posta a 250 metri a sinistra del chilometro 13,300
della Via Ostiense, nella Tenuta del Risaro.
Per
la sua particolare posizione, su un'alta collina,
questa vedetta era in contatto visivo con altre due
torri, ora purtroppo distrutte: la prima, detta
Torricella, situata su un'altura di fronte al Casale
di Spinaceto, a sinistra dell'omonimo fosso; la
seconda, chiamata Trefusa, era costruita su resti di
una cisterna romana a circa 500 metri a est di Casale
Ruffo, in località Riserva Quartaccio.
Il
recente progetto di urbanizzazione nel comprensorio di
Mezzocammino è stato preceduto da un'accurata campagna
di indagini archeologiche preventive, tuttora in
corso, estese su una superficie di circa 150 ettari.
La
zona è costituita da una vasto pianoro del complesso
sedimentario vulcanico della Campagna Romana ed è
protesa, verso la riva sinistra del Tevere, con una
serie di propaggini collinari
di terreno
argilloso calcareo separate da profondi canali
di compluvio naturale.
Un
antico tracciato stradale, con pavimentazione
realizzata a blocchi di basalto, forse già in uso a
partire dalla media età repubblicana, si staccava a
sinistra del tredicesimo chilometro dell'antica Via
Ostiense e, dopo aver attraversato il pianoro della
tenuta, grossomodo in senso est ovest, si dirigeva
verso l'area di Casal Brunori per raccordarsi con
l'antica Via Laurentina (odierna Via Pontina).
Quest'asse stradale di lunga percorrenza,
probabilmente un raccordo tra le antiche Vie Ostiense
e Appia, proseguiva, dopo aver attraversato le tenute
di Vallerano e della Selcetta, verso la biforcazione,
detta di "Pizzo Prete", tra Via di Trigoria e la
moderna Via Laurentina (in quest'area alcune recenti
indagini, durante i lavori di raddoppio dell'attuale
asse stradale, hanno messo in luce una serie di
mausolei funerari, tombe a camera e nuclei di
sepolture a fossa con copertura di tegole alla
cappuccina); successivamente questa strada tagliava,
dopo aver ricalcato per circa due chilometri la
moderna Via Laurentina, la tenuta di Porta Medaglia in
direzione dell'attuale Via Ardeatina: da qui il
tracciato antico è, in parte, ricalcato da Via della
Falcognana, fino al sito dell'antica Bovillae
sull'Appia.
All'interno della tenuta di Mezzocammino, lungo questo
percorso viario, le recenti indagini archeologiche
hanno rilevato un'occupazione stabile del territorio a
partire dalla tarda età arcaica (VI-V secolo a.C.)
fino ad epoca tardo repubblicana (II-I secolo a.C.).
La
presenza di macine in pietra lavica, pozzi idrici,
resti di fosse e canalizzazioni confermano anche per
questa zona l'uso di tali strutture per scopi
abitativi.
Sul
limite ovest e nord del comprensorio sono state
individuate alcune aree di cava prolungatesi fino ad
epoca romano imperiale.
Tenuta di Vallerano
La
tenuta di Vallerano è situata fra le attuali Vie
Laurentina e Pontina, subito all'esterno del Grande
Raccordo Anulare.
L'area potrebbe coincidere con quella di un'antica
tenuta di epoca romana ed il nome richiama quello dei
primi proprietari appartenenti alla famiglia dei
Valerii, da cui il nome "valerianum".
La
recente urbanizzazione del sito è stata preceduta da
un'approfondita ricerca archeologica, che ha
evidenziato la presenza di una organizzazione del
territorio a partire dal periodo arcaico fino ad epoca
imperiale. Tracce di una occupazione del territorio in
età preistorica, riferibili ad uno stanziamento
abitativo di epoca Neolitica (fine del IV millennio
a.C.), sono state scavate su un pianoro a circa 300
metri a sud est del Casale di Valleranello.
Le
indagini sistematiche hanno messo in luce i resti, su
almeno dieci aree distanti in media 150 metri una
dall'altra, di un articolato sistema di canalizzazioni
per uso agricolo, databili probabilmente al periodo
medio repubblicano (dal IV-III secolo a.C. fino al
II-I secolo a.C.). Tali strutture, individuate sotto
lo strato superficiale di humus, interessano l'area di
un pianoro solcato in antico da un canale naturale
confluente a nord verso il fosso di Vallerano.
Oltre a questo complesso sistema di drenaggi agricoli,
il comprensorio è caratterizzato da un esteso e
articolato reticolo viario, forse risalente già al
periodo arcaico.
Due
di questi percorsi (strada 1 e 2), individuati
ciascuno per una lunghezza complessiva di 500 metri,
sono collegati e dividono il pianoro in tre settori; è
ipotizzabile che la strada 2, dopo la biforcazione in
un secondo tracciato (strada 1), proseguiva verso nord
ovest in direzione della tenuta di Casal Brunori.
All'incrocio di questi due assi stradali sono state
rinvenute, scavate sulla parete di un fossato di
erosione delle acque, quattro tombe a camera che hanno
restituito corredi databili al IV-III secolo a.C.; una
quinta tomba a camera, coeva alle precedenti, è stata
trovata lungo la strada 2 a circa 350 metri a sud est
di questo incrocio.
Alcune recenti indagini, tuttora in corso, lungo
quest'ultimo tracciato stradale, hanno permesso di
mettere in luce i resti di un'altra biforcazione con
un nuovo percorso viario proveniente da est;
all'incrocio dei due assi stradali è puntuale, anche
in questo nuovo settore di scavo, la presenza di una
tomba a camera. A nord ovest di quest'area sono stati
rinvenuti, infine, alcuni pozzi, fosse e resti di una
cisterna scavata nel banco di tufo.
E'
probabile che la strada 1, una volta attraversato il
fosso di compluvio naturale del pianoro, avesse una
diramazione a nord ovest verso un tracciato stradale
d'accesso, individuato sul lato ovest di un
insediamento databile tra la tarda età repubblicana e
quella imperiale (fine II secolo a.C. - inizio I
secolo d.C.).
Lo
scavo di questo complesso ha messo in luce una vasta
area rettangolare in cui sono state individuate vasche
di lavorazione rivestite in cocciopesto, canalette di
scolo, fosse, cisterne, pozzi e cunicoli sotterranei
collegati fra loro; quest'area, infine, era racchiusa
su tre lati da un canale a cielo aperto scavato nel
banco di tufo, collegato ad una pozzo con cunicolo di
scarico. Sul quarto lato sud è stata messa in luce una
struttura di forma rettangolare allungata, forse
identificabile come sterquilinium (letamaio),
che presenta una rampa di entrata a scivolo lastricata
con blocchi di basalto; accanto a queste strutture,
oltre a tracce di alcune sepolture, si ha un ambiente
semipogeo con resti di dolia.
A
circa 500 metri ad ovest di questo insediamento, è
stata parzialmente indagata l'area di una villa di
epoca imperiale con impianto di forma rettangolare
allungata; del complesso si conservano le strutture di
una cisterna su due piani, resti di un probabile
dolietum e poco distante, all'interno di una
piccola cava di tufo ad uso locale, un'area sepolcrale
con tombe a cappuccina.
Un
terzo tracciato (strada 3), grosso modo parallelo a
Via di Vallerano, è stato rinvenuto, con andamento non
rettilineo, ma leggermente sinuoso, nella parte sud
del pianoro; molto probabilmente le prosecuzioni di
questa strada, a sud est e a nord est, si raccordano
con analoghi tracciati individuati rispettivamente
nelle tenute della Perna e di Tor Pagnotta.
Questa strada di lunga percorrenza, probabilmente
collegata con la strada 2, rimase in uso fino ad epoca
imperiale avanzata come dimostrano i resti di una
rampa di accesso ad una villa databile alla tarda età
repubblicana (II-I secolo a.C.).
Lo
scavo lungo il pendio ovest dell'altura, su cui sorge
l'insediamento, ha messo in luce alcune strutture a
blocchi di tufo e un vasto sepolcreto con oltre cento
tombe databili nell'arco del II-III secolo d.C.;
probabilmente al servizio di quest'area doveva essere
destinata una fornace rinvenuta lungo la scarpata nord
ovest della strada 3.
Accanto alle semplici sepolture a fossa, con la
copertura di tegole alla cappuccina o all'interno di
anfore, ne sono state trovate alcune di un tipo più
elaborato e di maggiori dimensioni, che presupponevano
una sistemazione esterna con monumento a vista, forse
un piccolo basamento sostenente un'ara con iscrizione,
di cui purtroppo non è rimasto alcun elemento. Fra
queste la Tomba n.° 2 comprendeva una sepoltura
femminile di una giovane donna all'interno di un
sarcofago in marmo con ricco corredo databile
all'epoca degli imperatori Antonini.
A
circa 250 metri nord ovest di quest'area, lungo un
tracciato stradale con pavimentazione realizzata a
scaglie di basalto, è stata messa in luce una piccola
necropoli posta lungo questo percorso viario
proveniente dalla biforcazione con le strade 1 e 2.
Sul
limite settentrionale del comprensorio, infine, lungo
Via di Valleranello, sorgono i resti di una torretta
medioevale di vedetta.
La
struttura, di forma quadrata, è costruita in
blocchetti di tufo misti a scaglie di selce e mattoni;
la torre, più volte restaurata e notevolmente
trasformata all'interno, conserva un finestra
rettangolare ed una feritoia su ogni lato. La sua
particolare posizione intermedia assicurava le
segnalazioni tra l'antica e la moderna Via Laurentina.
Tenuta di Tor Pagnotta
I
recenti lavori di urbanizzazione di una parte del
settore meridionale della tenuta, situata tra il
Grande Raccordo Anulare a nord, Via Castel di Leva a
sud e la Via Laurentina e Via della Cecchignola
rispettivamente a ovest e ad est, hanno permesso di
eseguire un'accurata campagna d'indagine archeologica
preventiva su una vasta superficie di circa 40 ettari
d'estensione, protesa verso il lato nord, con una
dorsale tufacea separata su ambo i lati da zone di
compluvio naturale.
Il
nome della tenuta è una deformazione moderna dei nomi
medievali Piliocti e Piliocta che
compaiono in documenti del XIII secolo d.C.; anche
questa proprietà, come la vicina tenuta della
Cecchignola, è appartenuta, fino ai primi del '900, ai
principi Torlonia.
Della torre medioevale, situata su un'alta collina a
circa 1200 metri a sinistra del chilometro 8,500 della
moderna Via Laurentina, notevolmente rovinata, si
conservano i resti della base, di forma quadrata,
realizzata in scaglie di selce e l'alzato costruito in
frammenti di tufo, selci e scaglie marmoree. Sul lato
sud si accedeva, tramite una scaletta esterna in
mattoni, all'ingresso della vedetta.
La
torre, posta a metà strada tra le Vie Laurentina e
Ardeatina, era al centro di un luogo strategico,
venendosi a trovare circondata da una serie di vedette
di guardia dislocate nelle vicinanze.
Le
ricerche nel comprensorio di Tor Pagnotta hanno
evidenziato, al centro del pianoro, le tracce di un
articolato sistema di canalizzazioni scavate nel banco
di tufo con probabile destinazione per uso agricolo,
forse per l'impianto di un frutteto di meli o per un
vigneto.
Queste strutture, insieme a resti di fosse e pozzi
idrici, sono databili probabilmente al periodo medio
repubblicano (IV-III secolo a.C.); altri resti,
riferibili a stanziamenti di tipo rustico, sono stati
individuati a circa 1200 metri ad est della torre di
Tor Pagnotta (presso il 10° Casale di Bonifica) e a
circa 400 metri ad est dal 7° Casale di Bonifica.
Alla
stessa epoca deve risalire un nucleo di sei tombe a "pseudo-camera",
situato su un pianoro di fronte al complesso
medioevale di Tor Chiesaccia (XII-XIII secolo d.C.).
Le
sepolture, scavate nel banco di tufo, si distribuivano
in modo casuale nell'ambito dell'area indagata; la
loro caratteristica riguardava la presenza di
un'anticamera che precedeva la stanza di deposizione
dell'inumato, disposto su una banchina realizzata in
fondo alla cella o sui lati lunghi.
Le
caratteristiche formali e tecniche di queste tombe,
che richiamano tipi diffusi sul territorio durante il
periodo dell'orientalizzante recente, non escludono
un'origine più antica per la frequentazione di tali
sepolcri.
E'
interessante notare che questi gruppi di tombe a
camera, sparsi nel territorio, presentano una
distanza, in linea d'aria, misurabile in media intorno
ai due chilometri, come se le aree fossero ripartite
in precise sfere d'influenza.
All'estremità occidentale della tenuta, lungo la
moderna Via Laurentina, nei pressi di ponte della
Chiesaccia, sono stati rinvenuti i resti di un
tracciato stradale che, già individuato nell'area di
Vallerano (strada 3), risaliva, dopo aver attraversato
il fosso omonimo, lungo un compluvio naturale, verso
il pianoro del comprensorio di Tor Pagnotta;
probabilmente questa strada, dopo aver attraversato la
tenuta, si dirigeva, con andamento grossomodo nord
nord ovest, verso l'abitato protostorico della
Laurentina Acqua Acetosa.
Recentemente, a sud di questa zona, durante i lavori
di raddoppio dell'attuale Via Laurentina, all'incrocio
con Via di Castel di Leva, è stato rinvenuto un altro
tratto di strada, probabilmente risalente già ad epoca
arcaica, che si raccordava, verso nord ovest, con il
tracciato stradale sopra menzionato; sul lato opposto,
questo diverticolo, doveva proseguire, con andamento
grossomodo sud est, verso la moderna lottizzazione di
Casal Fattoria nella tenuta di Valleranello.
Durante indagini tuttora in corso, sul limite sud
ovest del comprensorio, sono state individuate alcune
aree di cava prolungatesi fino ad epoca tardo
imperiale.
Tenuta della Cecchignola
La
tenuta della Cecchignola, stretta fra i moderni
tracciati delle Vie Ardeatina e Laurentina, si estende
a sud dell'omonimo fosso, di fronte all'odierno
quartiere di Fonte Meravigliosa.
Il
comprensorio confina ad est con la tenuta di San
Cesareo, ad ovest con il quartiere di Colle di Mezzo e
la Città Militare, mentre a sud con Via di Tor
Pagnotta.
Il
nome più antico con cui veniva identificata questa
tenuta era "Cicomola" che, insieme al termine
"Piliocti" (odierna Tor Pagnotta), compare in
una bolla di papa Onorio III° (1216-1227 d.C.) con
riferimento al monastero di San Alessio.
Anche questa proprietà, come la vicina tenuta di Tor
Pagnotta, fu un possedimento, fino ai primi del '900,
dei principi Torlonia.
A
500 metri a destra del primo chilometro di Via della
Cecchignola, dopo l'incrocio con la moderna Via
Ardeatina, si conservano i resti, parzialmente
ricostruiti, di un'altissima torre e di un Casale
circondati da un recinto merlato.
La
torre, conservata per circa due terzi dell'altezza
originaria, è costruita con la caratteristica tecnica
del XIII secolo d.C.: presenta un paramento murario di
tufelli regolari ed munita di finestre rettangolari
con stipiti marmorei.
La
parte superiore della vedetta, con merlatura, è stata
completamente ricostruita, mentre la base è stata
rinforzata da un alto sperone, probabilmente
contemporaneo ai primi rifacimenti del complesso.
La
torre e il Casale costituivano un importante
fortilizio che dominava tutta la tenuta della
Cecchignola.
Il
complesso fortificato era difeso da alcune torrette di
vedetta poste sulle alture circostanti, purtroppo oggi
in gran parte abbattute; i resti attualmente visibili
di una di queste, a circa 250 metri a nord ovest della
torre, si riferiscono ad una costruzione completamente
romana riutilizzata certamente durante il medioevo.
Le
ricognizioni superficiali svolte nell'area del
comprensorio, in occasione della creazione di nuovi
quartieri residenziali, hanno permesso di individuare,
lungo il fosso della Cecchignola, resti di
stanziamenti abitativi, strutture di servizio e tracce
di un'interessante sistema di drenaggio dell'acqua
scavato nel banco di tufo; altri resti, forse relativi
ad impianti di tipo rustico, probabilmente risalenti
tra il tardo periodo arcaico e la media età
repubblicana (V secolo a.C. - metà del III secolo a.C.),
sono stati scoperti presso Via della Cecchignoletta,
Casale di Cecchignola Vecchia e Casale Zola.
Nella metà degli anni '80, durante alcuni sondaggi
preventivi per l'allargamento di Via della Cecchignola,
sono stati messi in luce, nella zona compresa tra
Vicolo della Cecchignoletta e Via tenuta della
Cecchignola, le tracce dall'antico percorso della Via
Ardeatina. Questa strada, dopo aver incrociato Via di
Vigna Murata, ricalcava, per circa un chilometro,
l'attuale tracciato di Via della Cecchignola per poi
deviare verso sud; la via, dopo aver attraversato
l'area dei Casali Romagnoli, proseguiva lungo il
Vicolo del Bel Poggio fino oltre il Grande Raccordo
Anulare.
Nel
tratto indagato lungo l'antico tracciato stradale sono
stati evidenziati, anche in tempi recentissimi, nuclei
di tombe a fossa con copertura di tegole alla
cappuccina e tracce di mausolei funerari di epoca
imperiale.
Resti di un interessante sepolcro romano realizzato in
opera laterizia, probabilmente risalente al II secolo
d.C., si trovavo a circa 150 metri a destra
dell'incrocio tra Via di Tor Pagnotta e Vicolo del Bel
Poggio; la struttura, riutilizzata nel corso del XIII
e XIV secolo d.C. come torre d'avvistamento (Tor
Chiesaccio), fiancheggia un sentiero che ricalca il
tracciato dell'antica Via Ardeatina.
La
vedetta, fabbricata con scaglie di selce, tufelli e
frammenti di marmo, presenta due costruzione
addossate: la principale, la torre vera e propria, di
cui si conservano due piani e tracce di finestre
quadrate, e un altro ambiente, alquanto più basso,
unito alla struttura da un grande arco, probabilmente
costruito durante la trasformazione del complesso in
Casale-torre.
Lungo Via di Tor Pagnotta, a circa 150 metri a sud
ovest del Casale delle Genzole, si trova un'altra
torretta di guardia; la struttura, costruita sui resti
di una cisterna romana in laterizio, è composta da
tufelli frammisti a marmo e mattoni.
La
stretta vicinanza di questo complesso con Tor
Chiesaccio permetteva un controllo del primo tratto
della viabilità per Ardea.
A
circa 60 metri prima del Vicolo della Cecchignoletta i
sondaggi preventivi hanno permesso di riconoscere,
sull'antico tracciato dell'Ardeatina, le tracce di una
biforcazione verso sud ovest; questo diverticolo,
costituito da una profonda tagliata stradale,
probabilmente già in uso tra il tardo periodo arcaico
e la prima età repubblicana (fine V secolo a.C. -
inizi del IV secolo a.C.), attraversava la città
militare della Cecchignola e proseguiva verso la
moderna Via Laurentina.
Nel
1934 nei pressi del bivio fra quest'ultima e Via
dell'Acqua Acetosa Ostiense, durante la costruzione di
una scuola elementare, sono riemersi i resti di questa
strada basolata, probabilmente rimasta in uso fino ad
epoca imperiale.
Un
altro percorso viario, proveniente dalla tenuta delle
Tre Fontane, tagliava il comprensorio da ovest; questa
strada, riemersa agli inizi degli anni '90 durante la
costruzione dei serbatoi idrici ad est del quartiere
Colle di Mezzo, si dirigeva, una volta superata la
cisterna romana di torre d'Archetta all'interno della
città militare, verso l'attuale percorso di Via
Laurentina, nei pressi dell'area di Casale Massima.
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