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> Storia e ambiente

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N. 26 - Luglio 2007

INQUINAMENTO ATMOSFERICO

Cause e conseguenze

di Matteo Liberti

 

L’inquinamento atmosferico è probabilmente la forma di contaminazione della natura che viene meglio percepita dalla maggioranza degli essere umani, particolarmente dagli abitanti dei paesi maggiormente industrializzati e delle grandi aree urbane. Ogni giorno sono ne sono ben visibili ed esperibili alcuni sgradevoli effetti.

Il mondo, per così dire, si è però iniziato ad occupare seriamente dell'inquinamento atmosferico solo negli ultimi trenta anni del secolo scorso.

 

Dagli anni '70 si è iniziato ad adottare delle politiche per la riduzione degli agenti chimici e di numerose altre sostanze particolari presenti nell'aria. Queste politiche per una maggior salvaguardia dell'ambiente hanno dato dei risultati per alcuni inquinanti come ad esempio il biossido di zolfo, il piombo e il monossido di carbonio; per altri, come il biossido di azoto e l’ozono, non hanno invece portato i risultati sperati…

 

Tra le tantissime fonti di inquinamento dell’aria, le più comuni sono certamente rappresentate dalle emissioni provocate dalla combustione degli idrocarburi e dei combustibili fossili, e proprio su questi si basano le economie della maggior parte dei paesi industrializzati.

All’avvelenamento atmosferico contribuiscono principalmente cinque sostanze:

- anidride solforosa;

- ossidi di azoto;

- monossido di carbonio;

- sostanze organiche volatili (idrocarburi);

- particelle sospese e polvere.

A queste si aggiungono poi il piombo, l’ozono, il fluoro, l’acido cloridrico e l’idrogeno solforato.

 

Oggi praticamente ogni settore dell’attività umana incide sull’inquinamento dell’aria, secondo modalità, intensità ed effetti differenti. Dalle automobili e dagli impianti di riscaldamento provengono ad esempio le emissioni di ossido di carbonio, di composti organici volatili, di ossidi di azoto e particelle sospese. Dai grandi centri industriali arrivano invece, in pericolosa quantità, le emissioni di anidride solforosa.

 

Un particolare tipo di inquinamento dell’aria è costituito dalle piogge acide.

Accade, semplicemente, che i veleni si depositino nei corsi d’acqua e nel terreno, provocando danni enormi per animali e piante. Il fenomeno è principalmente provocato dall’immissione nell’atmosfera di ingenti quantità di anidride solforosa e di ossidi di azoto. Secondo un’indagine ONU, nei primi anni novanta i boschi europei più colpiti erano quelli inglesi (danneggiati per il 67 %) e quelli tedeschi (53%). Per l’Italia le stime oscillavano intorno al 16%.

 

Se le piogge acide si manifestano come un fenomeno già di dimensioni sub-continentali, con la questione dell’ozono si entra nel merito dei problemi di dimensioni planetarie.

 

L’emissione nell’atmosfera di particolari composti, clorofluorocarburi (CFC), impiegati come fluidi refrigeranti nei frigoriferi e nei condizionatori piuttosto che nei processi di produzione di poliuretano o nella pulizia di componenti elettronici, provoca un assottigliamento dello strato di ossigeno triatomico che avvolge la terra, fino a produrre delle discontinuità al di sopra dei poli. L’ozonosfera assolve un compito importante nell’economia dell’ecosistema terrestre facendo da schermo all’afflusso della radiazione ultravioletta dannosa per le cellule viventi.

 

Si suppone che, per ogni punto percentuale in meno di ozono nella stratosfera, la percentuale dei tumori umani della pelle cresca di ben cinque punti...

I CFC non esistevano in natura fino al 1930, quando furono prodotti per la prima volta nel laboratori della General Motors.

Da allora ne sono stati immessi nell’atmosfera circa 16 milioni di tonnellate.

 

Ma il pericolo maggiore derivante dall’inquinamento dell’aria è senz’altro rappresentato dal famigerato effetto serra, provocato dall’immissione di ingenti quantitativi di determinati gas.

 

L’anidride carbonica, il metano, i CFC e gli ossidi di azoto si comportano verso il flusso di energia proveniente dal sole allo stesso modo dei vetri di una serra. L’energia radiante così intrappolata tende a riscaldare la superficie terrestre, alterandone sensibilmente il clima.

 

Il gas che più contribuisce all’effetto serra è senza dubbio l’anidride carbonica, la cui presenza nell’atmosfera è cresciuta notevolmente, dall’inizio dell’età industriale ad oggi, a causa delle enormi quantità di combustibili fossili bruciati ogni anno: si calcola che solo dal 1960 in poi l’uomo abbia immesso nell’atmosfera circa 200 miliardi di tonnellate di CO2, buona parte delle quali dopo la seconda guerra mondiale, e che attualmente continui ad accrescere tale presenza al ritmo di oltre 8 miliardi di tonnellate all’anno…

L’anidride carbonica non è però l’unico gas a produrre l’effetto serra.

 

Notevolmente pericolosi sono gli stessi CFC, una loro molecola riesce a trattenere fino a 20.000 volte più calore di una molecola di CO2, che negli anni ottanta hanno contribuito per circa un quarto all’incremento dell’effetto serra. C’è poi li metano, proveniente dalla decomposizione di depositi organici, fughe di gas da pozzi petroliferi, reti di distribuzione, impianti di trasformazione, emissioni poco controllabili che si prevede porteranno entro il 2040 al raddoppio della concentrazione di questo gas nell’atmosfera.

I danni derivanti dall’effetto serra potrebbero quindi essere enormi.

 

Esistono ovviamente margini di incertezza, ma in ogni caso, anche se ci si muove più sul terreno della possibilità che su quello della certezza, il rischio (che si usa calcolare moltiplicando l’entità del danno per la probabilità che accada) è realmente molto grave.

 

Una tendenza all’aumento della temperatura media globale della superficie terrestre, ad esempio, sembra ormai innegabile. Se la tendenza si mantenesse questa, entro il 2050 la temperatura media potrebbe essere da 2 a 5 gradi maggiore di quella degli ultimi anni, con un riscaldamento da 5 a 10 volte più rapido di quello dell’ultimo secolo, toccando così la temperatura dei livelli mai raggiunti negli ultimi 2 milioni di anni.

 

Il riscaldamento della superficie terrestre, oltre a influire negativamente sulla produzione cerealicola e sulla sopravvivenza di boschi e foreste e di numerose specie viventi, avrebbe come conseguenza più spettacolare e drammatica un innalzamento dei mari, innalzamento che potrebbe superare i 2 metri già entro il 2100, quale conseguenza dello scioglimento delle calotte polari, dove la temperatura potrebbe aumentare anche di 6 gradi. Ciò potrebbe portare alla sommersione di vaste zone di terraferma e di città altamente popolate...

 

Gli effetti dell'inquinamento dell'aria dovrebbero oggi essere misurati costantemente e con estrema attenzione, perché l'accumulo di determinate particelle dipende dalle condizioni atmosferiche e dal livello di emissione di una specifica area, di modo che, una volta che le sostanze inquinanti vengono rilasciate nell'atmosfera, l'azione del vento rende impossibile il loro contenimento in una particolare regione.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Giuliano Martinetti, La questione ecologica, in La storia. L’età contemporanea, indici, Garzanti, Milano 2001

Clive Ponting, Storia verde del mondo, SEI, Torino 1992

 



 

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