N. 5 - Ottobre 2005
LE
FORZE MILITARI DELLA REPUBBLICA VENETA IN ETA'
MODERNA
(1700)
di
Mirko Corarze
Le forze militari della Repubblica Veneta, nel
corso del Settecento, andarono progressivamente
decadendo, a causa soprattutto delle ristrettezze
economiche e finanziarie in cui versava la
Repubblica, ma anche per la scarsa considerazione
ed interesse che di esse aveva la classe politica.
Precedentemente, i due principali interventi
militari in cui era stata impegnata la Repubblica
di Venezia erano state le guerre combattute in
Italia, con particolare riferimento alla guerra di
successione di Mantova e la guerra di Castro,
durante la quale si era coalizzata col Granducato
di Toscana ed il Ducato di Modena contro il Papa
(1641-1644).
In quel periodo, la Repubblica aveva concentrato
le sue forze militari per difendere il proprio
dominio adriatico, sostenendo tre durissime guerre
contro la potenza ottomana:
1. Guerra di Candia (1645-1669);
2. Conquista della Morea (1645-1699);
3. Perdita della Morea (1714-1718);
e due campagne navali contro gli Uscocchi (1613) e
i pirati barbareschi (1784-1786).
Circa il ruolo politico-militare che rivestì in
occasione delle guerre di successione spagnola,
polacca e austriaca, Venezia, nel 1701, 1735 e
1743, non potè far altro che proclamare la sua
“neutralità armata”, misura a cui ricorrerà ancora
nel 1793, nella speranza di riuscire a salvare
così la propria indipendenza.
Scoppiata la guerra che, col trattato di
Passarowitz, avrebbe causato la perdita, per
Venezia, di tutte le conquiste del Morosini, la
Serenissima, come sua abitudine, dovette
utilizzare mercenari stranieri.
Oltre che ai tedeschi, si era rivolta pure agli
esperti svizzeri, ingaggiando i tre reggimenti dei
colonnelli Salis, Muller e Stockar (siamo intorno
al 1716).
Circa le uniformi di questi tre reggimenti, esse
erano identiche nei colori; le differenze
risiedevano nei particolari:
-
Il Reggimento
Salis
nell’uniforme non portava il colletto e aveva
paramani all’inglese;
-
Il Reggimento
Muller
aveva il colletto di forma particolare ed i
paramani aperti posteriormente;
-
Il Reggimento
Stockar
aveva il colletto ed i suoi paramani erano “en
bottes”.
I granatieri dei tre reggimenti, in luogo dei
tricorni, indossavano berrettoni a pelo.
Differenze esistevano anche circa i distintivi di
grado.
Una prima differenza stava nel colore delle
mostre, che erano rosse per la truppa, in “panno
mezzo scarlatto” per i sottufficiali ed in panno
“scarlatto” per gli ufficiali.
Gli ufficiali superiori avevano, poi, il cappello
bordato di un gallone d’argento a festoni ed
ornato da un piumetto nero; gli ufficiali
inferiori avevano il cappello senza piumetto e con
bordo liscio, sempre in argento, largo 2 pollici;
per i sottufficiali si dimezzava il gallone, che
diventava di ottone argentato per la truppa.
Gli ufficiali si distinguevano, inoltre, per la
gorgiera, in acciaio, e per la sciarpa bleu ed
oro, i tradizionali colori di San Marco.
Altro elemento di distinzione era dato dalle armi:
ufficiali superiori e capitani erano armati con
spuntoni e spada; gli ufficiali subalterni di
fucile e spada con guardamano alla “svedese” in
argento; i sottufficiali di alabarda e spada, pure
con guardamano alla svedese, ma in metallo bianco;
i soldati, infine, di fucile con baionetta e
sciabola.
Ufficiali e sottufficiali delle compagnie
granatieri avevano, invece, fucile e sciabola, ed
erano, inoltre, dotati di una gibernetta di pelle
rossiccia che portavano in vita su un cinturone di
cuoio giallo.
Le forze della Repubblica di Venezia nel
Settecento si possono sintetizzare in una tabella:
Truppe permanenti:
STATO |
Fanteria |
Cavalleria |
Artiglieria |
Totale |
Venezia |
16.586 |
2.234 |
- |
18.820 |
Bombardieri e milizie (escluse le Milizie urbane e
l’Ordinanza da Mar veneziana):
STATO |
Bombardieri |
Cavalieri |
Fanti |
Totale |
Venezia |
3.000 |
- |
60.000 |
63.000 |
I reggimenti svizzeri passarono al servizio degli
spagnoli nel 1719, all’atto della stipulazione del
trattato di Passarowitz.
Dopo tale trattato, Venezia si rinchiuse in se
stessa, praticando una politica di stretta
neutralità, che alla lunga le risultò fatale.
Naturalmente, l’esercito risentì molto delle
conseguenze di questa politica.
Formalmente, l’organizzazione militare stabilita
dal Morosini restò invariata; l’esercito della
Repubblica di Venezia risultava composto da:
- Fanteria nazionale;
- Fanteria oltremarina (i famosi Schiavoni);
- Cavalleria;
- Milizie “Cernide” in Italia;
- Milizie “Cranide” (o Crainich) nelle
province d’oltremare;
-
Arsenalotti;
-
Fraglia
(o Confraternita dei Bombardieri).
Quello che, però, cambiò fu la forza di questi
reparti e, soprattutto, la loro efficienza; a
somiglianza della Repubblica, anche l’esercito
arrestò la sua evoluzione praticamente nel 1719.
Basti pensare che le ordinanze del Welt-Mareschal
Matthias Schulembourgh, emanate nel 1724, si
manterranno inalterate sino alla caduta della
Serenissima. Queste ordinanze, intitolate “Esercizio
militare e regola militare della fanteria della
Serenissima Repubblica di Venezia”, oltre ad
indicarci importanti sviluppi dell’esercito quanto
a uomini, equipaggiamento ed armi, ci forniscono,
nel dettaglio, altre curiose informazioni, tra
cui alcune, ad esempio, inerenti ai distintivi di
grado degli ufficiali e alle armi in loro
possesso.
Il 24 febbraio 1724, con decreto del Senato
veneziano, veniva fissato il color cremisi per il
vestiario degli oltremarini, i fedelissimi soldati
di San Marco.
Questi, che formavano undici reggimenti di
fanteria, ciascuno su otto compagnie, erano
reclutati tra gli abitanti della Dalmazia e
dell’Albania, soggette al dominio veneto, ed erano
comandati da ufficiali della loro stessa origine.
L’“illirico” era la lingua ufficiale di
questi reparti che erano stati costituiti in
origine per servire in qualità di truppe di
fanteria di Marina.
La loro uniforme era assai simile al loro costume
nazionale: giacca cremisi con alamari, panciotto
(sempre con alamari), pantaloni attillatissimi,
scarpe di feltro, berrettone di pelo e fascia
colorata intorno alla vita da cui pendeva la “schiavona”,
un temibile spadone con elsa a canestro, simile
alla “claymore” scozzesi.
Gli ufficiali si distinguevano dalla truppa per la
maggiore ricchezza di ornamenti e per il bastone,
simbolo di grado e comando, che portavano sempre
con loro.
Insieme agli Schiavoni, Venezia aveva diciotto
reggimenti di fanteria formati da personale
arruolato tra i sudditi di terraferma e tra gli
italiani di altre regioni, considerati milizia
fondamentale della Repubblica di Venezia.
Nel 1770, venne costituito il “Reggimento
Veneto dell’Artiglieria”, prima truppa
regolare di quest’Arma, che veniva ad affiancarsi
ed a sostituirsi alla confraternita dei
bombardieri, che fino ad allora aveva provveduto
ai bisogni della Serenissima in materia.
Nel 1788, allo scopo di distinguere tra loro i
vari reggimenti e per farlo nella maniera meno
dispendiosa possibile, si stabilì di incidere il
numero distintivo dei reggimenti sui bottoni di
ottone, cosicché, da allora in poi, ogni
reggimento era contraddistinto, oltre che dal nome
del colonnello, anche da tale numero, di cui
facevano eccezione il primo reggimento, detto “Veneto
Real”, e gli ultimi quattro, denominati
rispettivamente “della città di Rovigo, di
Treviso, Padova e Verona”, in relazione alla
loro zona di reclutamento.
Riferimenti bibliografici:
E. CONCINA, Le trionfanti et invittissime
armate venete:le milizie della Serenissima dal XVI
al XVIII sec., Venezia, Filippi, 1972
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Milano, Electa, 1984.
P.CROCIANI - M. BRANDANI - M. FIORENTINO, Le
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Rivista Militare, 1986.
S.E. FINER, La formazione dello stato e della
nazione in Europa: la funzione del militare, in
“La formazione degli Stati nazionali nell’Europa
Occidentale”, a cura di C. Tilly, Bologna, Mulino,
1984.
V. ILARI, Storia del servizio militare in Italia
(1506-1870), Roma, CeMiSS, Rivista Militare, 1989.
C. MONTU’, Storia dell’Artiglieria Italiana,
parte I, Roma, edito a cura della “Rivista di
Artiglieria e Genio”, 1934.
E. SCALA, Storia delle fanterie italiane, vol. III,
Roma, SME, Tipografia regionale, 1951.
F. TUROTTI, Storia delle armi italiane dal 1796 al
1814, Milano, Boniotti, 1856 |