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N. 31 - Dicembre 2007

LA CRISI ENERGETICA DEL 1973

In lotta per il petrolio

di Matteo Liberti

 

Il petrolio. Quel che oggi determina le guerre e le scelte di politica internazionale, il prezioso greggio che si teme verrà un giorno meno, conquistò fama e copertine dei giornali di mezzo mondo, come un protagonista attivo degli eventi mondiali, nell’anno 1973.

 

Vi fu, allora, un’improvvisa ed inattesa interruzione nel consueto flusso di approvvigionamento.

Ma non si trattava di scarsità di greggio, o non solo: semplicemente, quelli che più di tutti ne disponevano, avevano deciso di non essere pagati abbastanza bene.

 

Quel che successe fu che i governi dei paesi maggiori produttori di petrolio, tutti membri dell'OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries), decisero di prendere il controllo della produzione del greggio e, cosa più importante, della gestione dei  prezzi per le esportazioni dai loro paesi.

 

In effetti, fino a quel momento il petrolio era prodotto ed immesso sul mercato da società petrolifere sotto il controllo occidentale, le quali, riducendone gradualmente il prezzo, avevano lentamente reso di nessun valore le azioni che i governi arabi avevano precedentemente acquistato.

 

Un incentivo ulteriore all’offensiva commerciale anti-occidentale fu offerto dalla guerra arabo-israeliana di quello stesso anno, la cosiddetta guerra dello Yom Kippur, giorno sacro per gli Ebrei, iniziata il 6 ottobre.

La maggior parte degli Arabi e dei paesi musulmani appartenenti all’OPEC erano fermamente intenzionati a ridimensionare la politica occidentale in medio oriente.

 

E così i prezzi del petrolio iniziarono a crescere fino a quadruplicarsi: negli stati uniti il prezzo a gallone passò dai 30 centesimi ad un dollaro, ma gli aumenti corrispondenti negli altri paesi furono anche più alti. Peraltro il rialzo dei prezzi fu portato avanti dai paesi arabi con l’acquiescenza dei grandi interessi petroliferi americani (le famose sette sorelle) e probabilmente dello stesso governo statunitense, assai probabilmente interessato a rendere economicamente competitive alcune risorse energetiche da lui controllate, come il petrolio dell’Alaska, il carbone indigeno e l’energia nucleare.

Si sarebbe inoltre tratto vantaggio dalla difficoltà che avrebbero incontrato gli altri paesi occidentali, assai più dipendenti dai rifornimenti OPEC.

 

Da parte loro, le nazioni appartenenti all’OPEC sperimentarono un improvviso e massiccio afflusso di soldi che fu poi ri-utilizzato in varie maniere: fu di volta in volta e di caso in caso investito per sviluppare l'industria nazionale (ad esempio in Iraq) piuttosto che ambiziosi progetti di armamento (Libia ed Iraq) o progetti agricoli volti a trasformare il deserto in un terreno coltivabile intensamente (Libia).

 

Una parte del reddito complessivo fu investita in alcune industrie occidentali, ad esempio l’Iran acquistò il 5% delle azione della Krupp, la storica industria dell’acciaio.

 

Cosa successe in questi paesi?

 

Dopo al primo drammatico allarme, con i cittadini improvvisamente impossibilitati a guidare le proprie automobili e spettatori di lunghissime file alle pompe di rifornimento, il mondo occidentale reagì, o tentò di farlo, con modalità diversa tra paesi europei e Stati Uniti.

 

Gli Stati Uniti, come si diceva, avevano a disposizione sul loro territorio significative risorse di petrolio, e nuove centrali estrattive furono inaugurate in Alaska e lungo tutta la costa della Louisiana. Si riuscì così a mantenere il prezzo della benzina ad un livello abbastanza basso.

 

In Europa, invece, i governi intrapresero alcuni primi passi per ridurre sia il consumo di petrolio, sia la dipendenza dal petrolio dell’OPEC.

L’attenzione si spostò sull’energia nucleare e si costruirono pure nuove stazioni petrolifere nel mar del nord, con il primo beneficio delle economie della Scozia e della Norvegia.

 

Nel frattempo accadeva che, durante molte domeniche del 1973, le autostrade tedesche restassero deserte: l’uso della machina era stato proibito. Si sostennero così investimenti per il risparmio di energia, con la costruzione di case isolanti, l’installazione di finestre con il doppio vetro o di catalizzatori nelle automobili.

 

A ciò si aggiunse la nuova tassazione sulla vendita della benzina,voluta dai governi europei. La percentuale si assestò sul 75%, riuscendo così a creare una situazione di profitto pur di fronte alla crisi.

Le misure anti-spreco ebbero comunque il successo sperato: il consumo del petrolio decrebbe notevolmente, ed il consumo pro-capite in Europa occidentale si registrò su posizioni notevolmente più basse che negli Stati Uniti.

 

La crisi di petrolio e l'afflusso di grandi capitali nelle casse dei paesi dell’OPEC segnarono in ogni caso la fine della rapida crescita economica degli anni ‘50 e ’60.

L'economia continuò si a crescere, ma con percentuali notevolmente inferiori rispetto al florido, recente passato, mentre la piena occupazione restava una questione del passato e l’inflazione saliva lenta.

 

E nei paesi dell'est?

 

I paesi socialisti dell'Europa Centrale ed Orientale furono altrettanto colpiti dalla crisi: molti governi si ridussero ad una politica che prevedeva la vendita di tutto ciò che fosse possibile sui mercati dell’occidente, anche a prezzi stracciati, pur di ottenere valuta occidentale, mentre gli approvvigionamenti nei loro mercati nazionali si ridussero velocemente.

 

In questi paesi non c’erano assolutamente i fondi per poter modernizzare le installazioni industriali e le infrastrutture, come accadeva invece nei paesi dell'occidente, e le economie iniziarono a deteriorarsi ad un ritmo preoccupante, forse ponendo le basi per il tracollo del decennio successivo.

 

Quel che fece cambiare il corso degli eventi, era il 1980, fu la decisione del dittatore irakeno Saddam Hussein di dichiarare guerra al vicino Iran (che aveva appena vissuto la sua rivoluzione islamica sotto la guida di Kohmeini e con il quale si era in disputa sul possesso di alcuni terreni petroliferi), dando il via alla prima Guerra del Golfo.

 

La guerra tra questi due membri dell’OPEC causò presto divisioni all’interno dell'organizzazione: i membri moderati, guidati dall’Arabia Saudita, si accordarono per aumentare la produzione totale di petrolio, al fine di colmare la mancata vendita del petrolio di Iraq ed Iran, occupate nella battaglia, e per avere comunque più greggio a disposizione, potendone così abbassare il prezzo. La crisi di petrolio poteva dirsi finita.

 

La maggior parte delle persone percepì l'embargo petrolifero del 1973 con una coscienza nuova della realtà e delle energie naturali a sua disposizione.

Il petrolio iniziò ad esser visto non più come l'unica fonte di energia, bensì una di molte, probabilmente nemmeno la più importante.

Stava nascendo un nuovo concetto: l'abbandono del petrolio, tuttora incompreso alla maggior parte di noi...

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

http://www.zum.de/whkmla/period/latecoldwar/oilcrisis.html

http://www.nettally.com/palmk/nrgopec.html

 



 

 

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