N. 4 - Settembre 2005
LA
BATTAGLIA DI POITIERS TRA MITO E REALTA'
Carlo
Martello e gli inizi della reconquista
di
Stefano De Luca
La
reconqista fu un evento lento e dall’andamento
scostante, che aveva lo scopo di riportare al
cristianesimo le terre iberiche occupate dalla
dinastia omayyde a partire dal 711. In quell’anno il
condottiero berbero Tariq ibn Ziyad, sorretto
dall'esarca bizantino Giuliano, sbarco’ infatti dal
Marocco con 11.000 uomini nel luogo che ancora oggi ne
conserva il nome, il Jabal Tariq (Gibilterra), del
quale comprese subito l’importanza strategica
utilizzandolo come testa di ponte per l’espansione
musulmana sul continente europeo.
Tariq caccio’ i
Visigoti di Roderico, costretti a riparare nelle
Asturie, e diede inizio ad una civilta’ tra le più
evolute in Europa che sopravvisse fino al 1492, anno
nel quale i Re Cattolici Isabella di Castiglia e
Ferdinando d’Aragona sconfissero il loro ultimo
baluardo costituito da Granada.
I
governanti di Al Andalus (cosi’ vennero battezzate le
terre in mano ai musulmani nella penisola)
proseguirono nella loro avanzata spingendosi
rapidamente oltre i Pirenei, e raggiungendo con Abd
al-Rahman nel 732 la città di Poitiers. Dirette
in realtà verso il santuario di San Martino di Tours,
luogo prescelto per il saccheggio, vennero
intercettate nei pressi della cittadina aquitana dalle
truppe franche di Carlo Martello, prefetto di palazzo
merovingio, vale a dire una specie di primo ministro
regio, con un potere effettivo superiore a quello del
monarca. Basti pensare che gli ultimi sovrani
Merovingi sono passati alla storia come “re
fannulloni”, a dimostrazione del loro disinteresse per
la vita dello Stato che ricadeva ormai pressoché
completamente nelle mani dei prefetti.
I
Franchi erano intenti ad assicurarsi il controllo
diretto dell’Aquitania e della Linguadoca, per dare
continuità politica al regno e diffondervi l’unificate
religione cattolica. Nel corso dei secoli non si può
negare un’enfasi sproporzionata data all’aspetto
religioso della battaglia tra l’esercito musulmano e
quello franco a Poitiers, trascurandone gli interessi
politici che pur sono innegabili. Nonostante
l’esercito di Abd al-Rahman si stesse espandendo ad
est del confine pirenaico, i Franchi intervennero
solamente quando questo, sconfitta la resistenza
aquitana, minacciava direttamente il confine
merovingio.
Quindi il calcolo “politico” di Carlo, da
allora detto il Martello, fu semplice ed efficace:
vista l’autonomia politica della regione, lasciò che i
musulmani la indebolissero prima di intervenire ed
acquisirne il controllo. Da parte sua Abd al-Rahman,
consapevole che l’Aquitania fosse una zona
difficilmente difendibile, stava cercando di
approfittare della situazione per fare razzia di tutto
ciò fosse possibile.
La
battaglia di Poitiers, che secondo alcune cronache
dell’epoca causò la morte di 300.000 soldati, fu in
realtà meno intensa e meno cruenta, e cominciò dopo
sette giorni nei quali i due schieramenti rimasero lì
a studiarsi. Abd al-Rahman, a causa di una manovra
incauta verso le prime linee del proprio esercito,
venne ucciso dai franchi sul finire della prima
giornata di battaglia, in modo così accidentale che
questi da principio non si accorsero dell’entità
della perdita nemica.
Gli eserciti si ritirarono nei
rispettivi accampamenti per trascorrervi la notte, e
all’alba di quello musulmano non c’era più traccia:
morto il condottiero, unico elemento di unità delle
truppe di mercenari berberi, queste ruppero le righe
facendo una precipitosa marcia indietro, soddisfatte
del bottino che avevano raccolto.
Molto è stato detto sulle conseguenze della battaglia,
e soprattutto molto discusso è stato il punto relativo
all’importanza storica della vittoria delle truppe
franche, senza le quali forse l’islam avrebbe potuto
realmente espandersi ad est della catena pirenaica,
con conseguenze incalcolabili.
La vittoria di certo
diede a Carlo Martello un prestigio enorme, tanto che
alla sua morte venne nominato prefetto di palazzo suo
figlio Pipino il Breve, capace a sua volta di
sottrarre ai Merovingi, con il placet di Papa
Zaccaria, l’ereditarietà regia appropriandosene per la
sua dinastia, detta Carolingia dal nome del di lui
figlio Carlo Magno.
Il
fondatore del Sacro Romano Impero divenne il paladino
del cattolicesimo, cui convertì tutte le popolazioni
che assoggettò durante il suo regno (Longobardi,
Sassoni, Avari), e tentò di penetrare nel territorio
di Al Andalus, ribattezzato nel 752 Emirato di
Cordoba, per farlo diventare parte del suo Imperium
Christianum. Riuscì però ad annettere solamente la
Marca Ispanica, una striscia di terra che comprendeva
i Pirenei e terminava poco oltre Barcellona, anche a
causa della sconfitta subita a Roncisvalle, lasciando
così aperto per secoli il nodo della reconquista.
Truppe musulmane non riuscirono più a tornare in
posizione tanto avanzata quanto quella raggiunta
Poitiers, ma sul territorio spagnolo di Al Andalus
nacque una società capace per i primi secoli della sua
esistenza, quando minore era la minaccia della
reconquista, di vedere la pacifica convivenza di
musulmani, cristiani ed ebrei.
L’elevato livello di
civiltà raggiunto nella regione fu pari a quello
dell’arte che, in questo clima multiculturale, ha
lasciato alla storia città capolavoro quali Cordoba,
Siviglia e Granada, le tre capitali espugnate una alla
volta dalla forza riconquistatrice.
Riferimenti bibliografici:
Riche, Pierre, I Carolingi: una famiglia che ha fatto
l'Europa, Sansoni, Firenze 1988
http://it.wikipedia.org/wiki/Carlo_Martello
http://www.andalucia.com/history/home.htm |