N. 2 - Luglio 2005
L’OCCIDENTE HA PERSO IL SUO SPIRITO?
Parla il Premio Nobel James M. Buchanan
di Leila Tavi
Il
14 febbraio il Prof. James M. Buchanan, premio
Nobel per l’Economia nel 1986 e ideatore
insieme a Gordon Tullock della public choice
(economia delle scelte pubbliche), ha tenuto un
seminario nella Facoltà di Scienze politiche
dell’Università degli studi Roma Tre dal titolo
“Has the West losts its spirit?”.
L’aula era gremita di studenti che hanno seguito in
silenzio il discorso di Buchanan aiutandosi con una
versione cartacea della relazione tradotta in
italiano. L’economista neoliberale americano,
un distinto ed elegante signore dai toni pacati, ha
esposto la sua tesi sulla superiorità dei valori
occidentali rispetto alla cultura islamica.
Forse
se quello stesso discorso fosse stato letto da un
politico in cerca di consensi a qualche mese dalle
prossime elezioni ci sarebbe stata un’accesa polemica,
ma stranamente anche i pochi dei collettivi sociali
presenti hanno taciuto. E’ stato come ascoltare un
racconto di tempi lontani, quasi una trasmissione
radiofonica del dopoguerra.
La
democrazia, la proprietà privata, lo Stato di diritto,
le libertà personali, la crescita economica sono stati
definiti da Buchanan i valori dell’Occidente, valori
che, secondo l’economista, andrebbero difesi a spada
tratta e che invece noi Europei rinneghiamo. Gli
studenti hanno ascoltano, nessuno ha commentato, gli
sguardi erano fissi, sembrava quasi di guardare un
documentario storico.
Ma siamo proprio sicuri che il
gap sia tra gli Stati Uniti e l’Europa? Dove
sono da noi le certezze dei valori richiamati da
Buchanan?
Sono veramente i Talebani dal loro
covo, come ha sostenuto l’economista, a minacciare
questi valori?
Non è piuttosto la nostra società
occidentale che ce ne ha già privato? In aula neanche
un conservatore a battersi il petto, né un
non-global stizzito. Tutti hanno ascoltano
composti. I giovani non hanno queste certezze che
Buchanan vorrebbe farci credere degli “assoluti
relativamente assoluti”.
Il
gap è generazionale e non
geopolitico e le crociate del XXI secolo sono fatte di
war sale e di giovani come Silvia, 24 anni, VFA
alla Cecchignola. Nel suo paese in Calabria il lavoro
non c’è e in caserma, anche se le camerata sono umide
e il latte è zuccherato per non far sentire che è
allungato con acqua, si guadagna qualcosa.
Un
soldato negli USA si arruola per ottenere la
cittadinanza americana, in Italia l’arma è uno dei
pochi settori oggi dove non c’è il blocco delle
assunzioni.
Le
parole di monito di Buchanan verso “ciò che resta del
pacifismo della sinistra” sono superflue. Negli anni
’70 ai valori di Buchanan, che una certa parte della
sinistra definiva “borghesi”, ci si opponeva
fermamente, adesso nonostante i movimenti imperversa
l’anomia sociale. L’unica legge riconosciuta e
rispettata adesso in Occidente è quella del mercato,
ed è spietata.
Ha
ragione l’economista Giulio Sapelli a dire che “il
mercato da solo non può reggere, il mercato
deve avere una morale di sostegno perché
altrimenti venderemmo anche i bambini”. In questa
logica di commercio chi non ha niente mette in campo
l’unica cosa che gli resta: la propria vita.
Come
paragonare la società islamica attuale a quella del
ex-blocco sovietico durante la guerra fredda?
La gente
dell’Est durante gli anni duri di regime tra le tante
privazioni ha imparato un grande valore che Buchanan
non ha menzionato: l’umiltà. Lì dove i nostri
cosiddetti “sacrosanti” valori hanno attecchito vige
oggi la legge del “pretendo perché pago”.
Ci
fa inorridire la rabbia del mondo islamico. Non
l’abbiamo forse fomentata noi con il sistema della
privazione relativa che scambia manodopera in cambio
di povertà?
Ma l’America della città soleggiata sulla
collina, l’America con Reagan dietro le quinte,
va avanti per la sua strada nel giorno dopo Kyoto
nella sua crociata contro il tempo e contro la storia. |