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N. 5 - Ottobre 2005

BEZ SLOV

La Russia ricorda Beslan un anno dopo

di Leila Tavi

 

Il 1° settembre di un anno fa, in occasione della festa d’inizio anno che si svolge, per tradizione, ogni anno in tutte le scuole della Federazione russa, un commando di guerriglieri indipendenti ceceni e inguscezi si è introdotto nella scuola, approfittando della confusione del primo giorno e ha preso in ostaggio 1.100 persone tra bambini, insegnanti e genitori.

Il sequestro si è trasformato in una tragedia.

 

Alle 13 in punto del 3 settembre scorso dal canale Griboedov una folla silenziosa si è riversata sul Nevskij prospekt, il corso principale di San Pietroburgo. Il corteo ha sfilato per commemorare le vittime di Beslan, i 331 morti, tra cui 186 bambini, nella scuola “numero 1” della città del Nord dell’Ossezia.

 

In tutta la Federazione sono state organizzate manifestazioni: a Mosca 25.000 persone hanno sfilato, come a Pietroburgo, bez slov, “senza parole”; sul palco in piazza della Lubjanka i manifestanti hanno appeso degli striscioni con gli slogan: “Beslan: non ci faranno tacere”, “Il Cremlino e i terroristi sono colpevoli allo stesso modo” e ancora “Perché i carri armati hanno sparato?”. Alle 13.00 è stato osservato dappertutto un minuto di silenzio; le bandiere degli edifici di Stato sono state innalzate a mezz’asta; nelle moschee e nelle chiese si è pregato; dal 1. al 3. settembre le radio e le televisioni hanno mandato ininterrottamente in onda interviste ai parenti delle vittime, reportage, commenti di politici, tanto da far passare in secondo piano l’uragano Katrina.

 

A Pietroburgo quest’anno i festeggiamenti per l’inizio dell’anno scolastico il 1. settembre si sono svolti in tutte le scuole di quartiere tra le polemiche e con “cordoni di sicurezza” della polizia, che per la prima volta da quando esiste questa tradizione, ha pattugliato i luoghi in cui alunni e insegnanti hanno allestito palchi per presentare ai nuovi scolari e ai loro genitori saggi di danza e performance di ogni genere. Davanti alla Biblioteca nazionale nel Moskovskij rajon per una folla di meno di 100 persone erano schierati più di 40 agenti tra soldati e poliziotti.

 

Più di 1.000 agenti davanti alle scuole di Pietroburgo, senza contare i sorveglianti armati privati che le scuole, sia pubbliche che private, hanno ingaggiato per sorvegliare l’accesso alle scuole. Il responsabile dell’Agenzia federale per l’istruzione, Grigori Balychin, durante una conferenza stampa ha dichiarato che non avrebbe dovuto esserci motivo di timore per attentati o sequestri, considerato il numero di agenti schierati per la sicurezza nelle scuole. Ma si è trattato del primo giorno e durante l’anno? Il 1. settembre i bambini e i ragazzi di Pietroburgo hanno girato per le strade vestiti eleganti, “armati” di fiori per le insegnanti; due di loro sono stati scelti per parlare davanti alle telecamere in occasione della grande manifestazione che ha avuto luogo davanti all’Hermitage per ricordare le vittime.

 

Due artisti locali hanno presentato un quadro in memoria di tutti i bambini morti nella strage. Il Presidente del Consiglio della Federazione russa Sergej Mironov ha dichiarato: “Nonostante le cerimonie di commemorazione il 1. settembre rimane per tutti gli alunni russi un giorno di festa e tale deve rimanere”. A Beslan le madri delle vittime si sono riunite tra le macerie della palestra della scuola e per tre giorni, dal 1. al 3 settembre, il periodo in cui un anno fa la scuola è stata occupata dai guerriglieri, e hanno digiunato.

 

Nella scuola distrutta è stato eretto un “muro delle lacrime”: due rigoli d’acqua scendono lungo il muro per ricordare come i bambini hanno sofferto la sete durante l’occupazione. Marianna Kokayeva ha dieci anni ed è sopravvissuta al massacro; sua madre, Lazi Dzubayeva, è stata intervistata da Francesca Mereu del St. Petersburg Times. Marianna ha problemi di udito causati dalla detonazione delle bombe nella scuola, ormai parla pochissimo, ogni notte si sveglia in preda agli incubi ed è ossessionata dalla paura di morire di sete. Anche i fratelli Alan e Vladimir Yesiyev, di undici e dodici anni, sono sopravvissuti, ma non dimenticheranno mai quell’inferno. Alan si reca ancora in un ospedale di Mosca per curare le ustioni che ricoprono il 45% del suo corpo.

 

Al cimitero di Beslan in ricordo delle vittime si trova adesso una scultura, “l’albero del dolore”, in memoria di tutte le vittime della strage. Il rancore della gente di Beslan non è solo verso il commando separatista che ha organizzato l’azione ma anche verso il governo, che viene accusato di avere gestito male la situazione.  Obiettivo principale delle forze dell’ordine non è stato salvare la vita degli ostaggi, ma annientare il commando. Al governo viene rimproverato anche di non avere fatto chiarezza sui fatti dopo l’accaduto.

 

Sopra a tutto pesa la censura nei confronti della stampa russa: ai giornalisti russi non è stato permesso di circolare nei pressi della scuola durante i tre giorni d’occupazione (vedi il caso Anna Politkovskaja, reporter del quotidiano indipendente Novaja Gazeta, e il caso Andrei Babinsky, di Radio Free Europe). Mentre le televisioni di tutto il mondo trasmettevano la diretta da Beslan, le emittenti russe mandavano in onda ameni programmi d’intrattenimento. La giornalista del quotidiano Isvetija Irina Petrowskaja ha dichiarato che si è trattato di una “Vergogna nazionale e che l’unica cosa che il governo ha imparato dalla strage dell’ottobre 2002 nel teatro Nord-Ost di Mosca è di tenere i giornalisti alla larga”. Addirittura sul numero degli attentatori, che fonti ufficiali dichiarano essere stati 32, di cui 31 morti sul posto e uno, Nur-Pashi Kulayev, un carpentiere ceceno di 24 anni, sotto processo a Vladikavkaz, la capitale dell’Ossezia del Nord.

 

Durante il processo a Kulayev uno degli ostaggi, Inga Kharebova, ha dichiarato davanti al giudice che, appena uscita dalla scuola, ancora sotto shock, le ha dato un passaggio in macchina un uomo vestito con un uniforme da poliziotto ma senza distintivi, che sembrava non conoscere le strade della città. Una commissione d’inchiesta indipendente presieduta dal parlamentare osseto Stanislav Kesoyev, non riconosciuta dal governo russo, ha potuto constatare, anche grazie a foto amatoriali e a testimonianze dirette, che all’interno della scuola sono state ritrovate delle uniformi false. Il presunto numero di 32 terroristi dichiarato dalle autorità lascia dubbiosi i parlamentari della commissione. Nel processo Kulayev ha confermato la versione dei fatti indicando Ruslan Khuchbarov, già ricercato dalla polizia russa in Inguscezia. dopo l’insurrezione armata del 21-22 giugno 2005 (vedi bollettino di “Memorial” di luglio 2004), come mente del gruppo.

 

Una rivendicazione è stata fatta successivamente da Shamil Salmanovich Basaïev, che secondo fonti indipendenti di notizie sarebbe effettivamente l’ideatore del sequestro; l’ex-mercenario senza sostenitori tra i militanti ceceni, secondo la stampa indipendente, avrebbe addirittura assoldato tossicodipendenti addestrati da alcuni suoi combattenti ricompensandoli con della droga. Sempre secondo tali fonti tra i «Ceceni moderati» di Aslan Maskhadov e Basaïev ci sarebbe una fitta rete di comunicazione; il tutto finalizzato, strage compresa, all’instaurazione di un califfato per il controllo del Caucaso.

 

Un consigliere di Putin, Aslanbek Aslachanov, ha dichiarato che si è trattato di un “commando internazionale” con commistioni arabe. Gli ispettori incaricati dal Governo, coordinati da Konstantin Krivorotov e incaricati dalla Commissione parlamentare della Federazione presieduta dal senatore Alexander Torshin, sembrerebbero aver accertato la presenza tra i corpi degli attentatori esaminati di arabi. I testimoni e i sopravvissuti sostengono però che nessuno degli attentatori aveva sembianze arabe.

 

Il viceprocuratore generale russo Nikolai Shepel e il capo investigatore Konstantin Krivorotov hanno affermato che sarebbe stato un emissario di Al Qaeda, nel Caucaso russo, a fornire l'esplosivo usato nella scuola: il kuwaitiano Abu Dzeit, militante islamico fondamentalista, che è rimasto ucciso in un'operazione di polizia. Il suo coinvolgimento risulta da alcuni documenti rinvenuti in un covo in Inguscenzia. Al presidente della commissione d’inchiesta osseta Kesayev le dichiarazioni di Kulayev:“Eravamo 32, forti, partimmo alla volta di Beslan” suonano artificiali, montate. Come avrebbero potuto 32 uomini tenere a bada 1.100 ostaggi e poi quale via di fuga con un solo pulmino parcheggiato fuori la scuola?

 

La commissione parlamentare indipendente trova strano che l’area non sia stata transennata nei giorni successivi alla strage: come è stato possibile svolgere un’inchiesta seria se è stato permesso a chiunque di accedere liberamente, prelevare prove, confondere tracce? Addirittura subito dopo la strage sono state effettuate macabre visite guidate nella scuola. Dopo l’intervista rilasciata da Kesayev al settimanale Kommersant-Vlast a giugno di quest’anno il procuratore generale Vladimir Kolesnikov, incaricato di indagare sui fatti, ha giudicato le dichiarazioni del parlamentare osseto “superficiali e prive di senso civico”.

 

Le indagini della commissione osseta sono state dichiarate “illegali” dalla magistratura russa. Ma l’opinione pubblica russa non si accontenta di avere in Kulayev un capro espiatorio, si esige ormai da più parti una giustificazione da parte del governo russo sull’accaduto. Le madri di Beslan si sono costituite in un comitato e chiedono giustizia. Il comitato ha chiesto ripetute volte di avere un’udienza con Putin fino a che, durante una conferenza stampa in occasione della visita di Silvio Berlusconi, il presidente russo ha comunicato di essere disposto ad accogliere le richieste delle madri di Beslan.

 

L’incontro si è svolto il 2 settembre, Putin ha deciso di non essere a Beslan per le commemorazioni; ha inviato in sua vece Dimitri Kozak, rappresentante plenipotenziario per la Russia meridionale. La scelta di convocare le madri proprio nei tre giorni di lutto ha suscitato lo sdegno di molti e ha creato contrasti all’interno del comitato di madri; la maggior parte delle madri ha declinato l’invito e come rappresentanza sono arrivate a Mosca solo 4 madri delle 200 madri, capeggiate da Susanna Dudijeva.

 

Nonostante le rassicurazioni avute dal presidente russo che sarà aperta una nuova indagine con esperti e collaboratori degli organi centrali, le madri del comitato hanno presentato una petizione ad alcuni governi occidentali per chiedere asilo politico. Una delle madri che sono rimaste a casa ha dichiarato durante un’intervista con la giornalista di Liberation Lorraine Millot che quello del governo è un tentativo deliberato di dividere la gente di Beslan, affinché non si unisca per reclamare giustizia. L’operazione di salvataggio è stata condotta dalla truppe russe di Leonid Roshal con freddezza e all’insegna della linea dura e si è conclusa con un’incursione nella scuola che ha provocato una carneficina. Le truppe speciali russe sono intervenute con carri armati T-72 che hanno sparato granate al napalm e lanciafiamme termobarici Shmel (vietati dalle convenzioni internazionali).

 

Nessun tipo di trattativa è stata tentata dal governo. Putin si è limitato a investire della questione l’Assemblea delle Nazioni Unite, che si è rifiutata di trattare un progetto di risoluzione. Solo l’ex-presidente dell’Inguscezia, Ruslan Aushev, si è offerto per una mediazione ottenendo alcune liberazioni il 2 settembre 2004, nel secondo giorno di sequestro. Certo è che l’azione terroristica è stata condannata dal portavoce del governo ceceno in esilio a Londra, Ahmed Zakaïev. Il Presidente dell’Ossezia del Nord, Taimuraz Dzambekovich Mamsurov, ha dichiarato alla stampa estera che le forze speciali russe hanno agito “in modo abominevole”.

 

Le gravissime responsabilità russe sono emerse nonostante la censura. L’intervento delle forze armate russe è stato avventato e ha causato terribili conseguenze, che si sarebbero potute evitare senza l’utilizzo di armi di distruzione di massa. Il tetto della palestra della scuola è crollato forse per la detonazione di uno degli ordigni preparati dai ribelli, ma potrebbe essere caduto anche per l’attacco dei carri armati; sotto alle macerie del tetto sono morte 160 persone. Per mettere a tacere le polemiche dal Cremlino sono arrivati in fretta e furia fondi per costruire due nuove scuole dotate di palestre, con attrezzature moderne, piscina e computer di ultima generazione; ai parenti delle vittime è stato accordata un’indennità pari a 28.600 euro.

 

Una cifra consistente, se si considera che per i 90 morti dei due aerei esplosi in volo il 24 agosto 2004, pochi giorni prima della strage di Beslan, il governo di Mosca ha versato solo 2.860 euro a persona e che, in Ossezia un stipendio mensile si aggira sui 2.000 rubli, circa 57 euro.

 

Quest’anno il Ministero delle Finanze russo ha stanziato circa 4,2 milioni di dollari per le vittime di Beslan prelevati dai fondi di riserva, come confermato dal documento consuntivo presentato dal primo Ministro Michail Fradkov e dalle dichiarazioni del Ministro della Sanità e della Solidarietà sociale Michail Surabov. Anche se il governo tenta di “comprare” il silenzio delle famiglie delle vittime e di isolarle dal resto della città, di poco più di 30.000 abitanti, la richiesta di chiarimenti sulle responsabilità governative rispetto ai 331 morti e ai 700 feriti viene da più parti.

Non solo dalla stampa e dal parlamento osseto; i parenti stessi delle vittime e i testimoni oculari che sono sopravvissuti al massacro non si lasciano convincere facilmente dalla versione dei fatti delle autorità, che fa acqua da tutte le parti. Riguardo all’indennizzo versato ai familiari delle vittime una psicologa della Croce rossa, Yelena Rubayeva, durante un’intervista per il quotidiano francese Liberation ha dichiarato che questo arricchimento improvviso ha creato dei dissapori e che, comunque, i soldi non hanno portato la pace nelle famiglie sconvolte dal massacro.

 

Molte delle coppie che hanno perso i loro figli si sono separate o stanno per farlo, gli uomini sono diventati alcolizzati per il sentimento di impotenza e di colpa, le donne hanno crisi di nervi frequenti. Aslan un taxista di Beslan ha dichiarato che le indennità sono state distribuite commettendo ingiustizie; le auto fiammanti e costose che girano per la città vengono chiamate mashiny terakta, le auto dell’attacco terroristico.

 

Mzia Kokoïti, una madre che ha perso la figlia di dodici anni, chiama con disprezzo l’intera operazione governativa pokazuka, un’operazione di “camouflage”. Vladimir Shavlokhov abita davanti alla scuola e ha perso la sua famiglia; adesso ha i soldi, ma che farne senza i suoi cari? Inoltre è venuto alla luce anche il controsequestro di civili ceceni da parte delle forze armate russe, che la mattina del 3 settembre hanno prelevato con la forza per ordine del Cremlino centinaia di civili ceceni tenuti in ostaggio a Khankala, una base militare vicino Grozny.

 

Gli ostaggi avrebbero dovuto servire come eventuale merce di scambio durante le trattative con i ribelli. Gli ostaggi sono stati malmenati, lasciati senz’acqua e senza cibo; secondo le testimonianze i soldati russi hanno agito come veri e propri sequestratori. Il mese prossimo analizzeremo i legami geo-politici tra l’Ossezia, divisa tra il Nord, appartenente alla Federazione russa e il Sud, de jure parte della Georgia; analizzeremo poi la sua posizione all’interno della regione caucasica.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Francesca Mereu, Grief, anger in air as Beslan mourns dead in The St. Petersburg Times, n. 67 (1101) del 2.09.2005

http://www.abc.net.au

http://news.bbc.co.uk

http://www.cbsnews.com

http://cnn.com

http://www.corriere.it

http://www.memo.ru/eng

http://liberation.fr

http://mosnews.com

http://www.peacereporter.net

http://russland.ru

http://www.spiegel.de

http://www.tagesschau.de

http://www.welt.de

 

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