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> Storia Antica

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N. 9 - Febbraio 2006

ATENE E L'OCCIDENTE

Relazioni con le città siceliote ed italiote in funzione della spedizione in Sicilia (415-413 a.C.) - Parte III

di Antonio Montesanti

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La Prima Spedizione (427-424 a.C.)

 

La situazione alla vigilia della guerra del Peloponneso era la seguente:

 

“Gli Ateniesi si stabilirono nelle città ionie nella maggior parte delle isole; i Peloponnesi nella maggior parte delle colonie d’Italia e Sicilia…” (Thuc. I 12, 4).

 

Nel 427 a.C. Atene chiamata in Occidente da Leontini, manda Lachete e Careade. “In Occidente, - dice Tucidide -, le città doriche erano alleate di Sparta, ma non avevano mai partecipato alla guerra” (Thuc. III 86). Lo storico ci spiega anche l’interessante gioco di alleanze che si viene a porre nello schema del contrasto tra Leontini e Siracusa: quest’ultima infatti aveva interdetto lo spazio terreno e quello navale a Leontini che si rivolge ad Atene in base all’antica alleanza ed all’origine comune, mandando il retore Gorgia come ambasciatore. Ma gli Ateniesi concessero l’aiuto solo per la comune origine e non per l’antica alleanza.

 

Dalla parte di Siracusa si trovavano tutte le città doriche di Sicilia esclusa Camarina, che in quel periodo aveva probabilmente qualche problema di interessi legati al territorio con la stessa Siracusa, e Locri in Italia. Tucidide fa menzione di altre 3 notizie importanti:

 

“Gli Ateniesi si spinsero in Sicilia su invito dei loro consanguinei, perché non volevano più comprare il grano dai peloponnesiaci, e volevano vedere se la suddetta situazione fosse cambiata e se fossero riusciti a sottomettere la Sicilia” (Thuc. III 86):

 

per la prima volta si rende evidente il motivo e le intenzioni della politica attica e che ritroveremo anche dopo: lo scopo principale è la sottomissione, o il controllo delle riserve granarie della Sicilia.

 

Il problema economico del grano non é da sotto valutate, è evidentemente la questione principale poiché Atene aveva già tentato un attacco ad uno dei due granai del Mediterraneo, l’Egitto che però era fallito miseramente con il tentativo di costituire una colonia “armata” a Naucrati lungo il delta del Nilo.

Oltre ai fatti “siciliani” sono essenziali i ruoli delle 2 città italiote Regio e Locri, per tutta la durata della prima spedizione di Sicilia, ambedue partecipano attivamente alla guerra.

 

“Gli Ateniesi si stabilirono a Regio e fecero la guerra contro i loro alleati”, quindi Regio é molto più di un’alleata: é una base.

Gli Ateniesi non sembrano avere intenzione di rivolgersi contro Siracusa, ma la loro sfera d’azione viene di fatto limitata ad un settore preciso: lo stretto e le zone limitrofe. Ovviamente, nel gioco dello stretto rientrano regioni e città ben definite: la Locride, le Eolie, la costa ionica e tirrenica della Sicilia, nonché ovviamente Messana. Gli Ateniesi ottengono, con una serie consecutiva di vittorie la defezione di Messana dalla parte dorica, un forte locrese sull’Alessi (fiume di confine tra i territori di Locri e Regio), sottomettono i Siculi che diventano loro alleati, assaltano e prendono Myle, danno l’assalto alle Lipari e ad Inessa, ma falliscono. Inoltre sbarcano ancora in territorio locrese presso il Caicino (Amendolara?). Attaccano Imera ed ancora le Eolie.

 

Questi furono una serie di successi seguiti dagli insuccessi del nuovo comandante Pitodoro che fu sconfitto in territorio locrese dopo aver sostituito Lachete. Questa sconfitta rappresenta una svolta perché, oltre a dimostrare il fatto che l’obbiettivo di Atene era in gran parte il territorio di Locri e lo stretto, i Locresi tornano al contrattacco per rioccupare Messana, agiscono su due fronti: sul territorio reggino da una parte e mentre sull’altro fronte, con Siracusa, attaccano Messana.

 

Locri tende a 2 scopi finalizzati alla conquista o allo sfruttamento dello stretto: se da una parte vuole evitare che Regio porti aiuto a Messana dall’altra spera che in quella stessa città prevalga il partito filo-dorico. Infatti:

 

“Così i Locresi nello stesso tempo lanciarono in massa una invasione nel territorio reggino per impedire che questa città (Regio) portasse aiuto a Messana. Questa fu una manovra per far in modo che a Regio prevalesse il partito filo dorico. In effetti questa città era stata per lungo tempo divisa ed era impossibile per essa resistere ai Locresi” (Thuc. IV 1).

 

Tucidide dice anche che furono i Locresi a volere lo scontro con gli Ateniesi poiché Siracusa sembrava accontentarsi di avere Messana:

 

“…guidarono la guerra da Messana (infatti coloro che premettero di più furono i Locresi per l’odio verso i Reggini…)” (Thuc. IV 24)

 

l’interesse per lo stretto c’é anche da parte di Siracusa, ma soprattutto per Locri. Ma perché? Locri necessita dello stretto, per i sui scopi politici e commerciali. Nel corso del VII sec. a.C. le città principali della Magna Grecia, fondano due colonie per una sul versante tirrenico, vista la chiusura dello stretto da parte calcidese, e per far passare le merci provenienti dall’Oriente, sfruttano non più lo stretto ma queste colonie, Locri ha un interesse che Atene non lo occupi perché deve necessariamente usare lo stretto, visto che in questo momento é in guerra con le sue due colonie Medma ed Ipponion (Thuc. V, 5, 5).

 

Ma i sogni locresi si perdono quando, volendo assolutamente attaccar battaglia vengono sconfitti dagli Ateniesi, pur essendo in superiorità navale. Dopo ciò i Locresi ed i Messani guidati dai Siracusani, provano a cambiare strategia e ad attaccare le colonie calcidesi di Sicilia. Gli Ateniesi però sconfiggono nuovamente la coalizione dorica, ed avrebbero avuto il controllo dell’Italia e di buona parte della Sicilia, tra alleati ed occupazioni, se il genio di Ermocrate, stratega siracusano, non avesse prodotto uno degli eventi più risolutivi di tutta la storia antica: la pace di Gela (424 a.C.).

 

In poche parole, con questa si stabilivano accordi che azzeravano la situazione in tutta la Sicilia, in particolar modo a favore di Siracusa. Tutte le città si pacificavano e raggiungevano degli accordi. E siccome il motivo primario per il quale gli Ateniesi erano venuti nel Sud Italia era quello di risolvere i problemi per Leontini, i generali ritornarono ad Atene , vedendo che non c’era più nulla da fare.

Ancora una volta Tucidide ribadisce il concetto della conquista siciliana:

 

“ Ma al loro ritorno gli strateghi furono puniti dagli Ateniesi, due, Pitodoro e Sofocle, furono condannati all’esilio ed uno, Eurimedonte, ad una multa: il motivo fu che loro dovevano sottomettere il mondo siciliano, come si auguravano, e ciò fu fatto loro pagare con la partenza”. (Thuc IV 65)

 

La spedizione di Feace o seconda spedizione (422 a.C.)

 

Ancora una volta nel 422 a.C. Atene viene chiamata dalla parte popolare di Leontini ancora in lotta contro Siracusa caposaldo dei dunatoi siciliani.

Una serie di scontri provocarono l’invio di Feace; anche qui Tucidide parla del vero motivo che animava gli Ateniesi e per la prima volta si pirofila il progetto antisiracusano non rivelato nelle precedenti “campagne”.

 

“......loro volevano tentare di portare a se i loro alleati e se possibile gli altri Siciliani, per una spedizione comune contro Siracusa” (Thuc. V 4).

 

Le tappe di Feace sono: Agrigento, Camarina e Catane, e mentre non riuscì a persuadere le prime due per gli accordi della pace di Gela, sulla terza Tucidide non dice nulla ma, dato importante, sottolinea che si fermò nella città; dobbiamo pensare che instaurò buoni rapporti con essa.

 

Secondo l’ordine delle città datoci dallo storico, Feace fece un giro antiorario della Sicilia, eventualità alquanto strana. Non dimentichiamoci che lo scopo era quello di accaparrarsi più città alleate possibili. Tucidide ancora parla che nell’andare e tornare dal suo viaggio negoziò con alcune città dell’Italia; dobbiamo pensare a Metaponto, Caulonia, Scillezio, Crotone, ovviamente Turi e Regio e forse dobbiamo anche pensare alle città della costa tirrenica. Questo dubbio é scaturito dal passo successivo di Tucidide in cui parla di alcuni accordi tra Locri e Atene.

 

Infatti Atene punta decisamente a trovare un accordo con la potentissima città di Locri, che si era dimostrata pericolosissima per le operazioni in Sicilia. Locri, aveva la possibilità d’intervento in territorio reggino e quindi la potenzialità di far cambiare opinione alla città, poiché Regio era divisa tra filo-dorici e filo-Ateniesi, possedeva a quel tempo la città di Messana, dunque aveva parte del dominio sullo Stretto, inoltre non aveva aderito alla pace di Gela, quindi sarebbe stata la prima ad attaccare Atene in caso questa fosse intervenuta in Occidente.

 

La spedizione di Feace si risolse con grandi successi, poiché gli abitanti locresi di Messana furono considerati come nuovi coloni e Messana ritornò ad essere libera, poi fece aderire Locri alla pace di Gela, o meglio ad un patto di reciproca non-belligeranza come dice Tucidide ciò non sarebbe stato possibile se:

 

“.....quelli (i Locresi) non stessero facendo una guerra contro Ipponion e Medma, città confinanti e sue colonie” ( Thuc.V 5, 5).

 

Una delle cose più importanti da notare é che non figura neanche in questo caso mai il nome di Segesta in queste due spedizioni, che invece risulta essere il motivo scatenante della seconda spedizione.

 

Terza Spedizione o Grande Spedizione (415-413 a.C.)

 

La seconda spedizione del 415 a.C., costituita da due contingenti, ci da sicuramente il quadro più chiaro (forse più nel secondo contingente) dei rapporti che intercorsero nell’ambito della guerra del Peloponneso tra Atene e le città d’Italia.

 

Nel primo contingente, il più grande, Tucidide si sofferma soprattutto sulla sua descrizione e dice comunque due o tre cose di assoluta importanza:

 

1 - La flotta si ferma a capo Japigio (Isola Capo Rizzuto) nell’attuale Calabria dove, in tutta la regione, ebbero tutti buona accoglienza.

 

2 - La spedizione segue tutta la costa dell’Italia e di tutte le città che incontra nessuna concede l’accesso al centro della città ma tutte permettono l’attracco e l’acqua, da ciò si deduce una comune condotta di tutte le città Italiote, tranne di Taranto e Locri che furono coerenti con se stesse non concedendo neanche l’avvicinamento alla costa.

 

3 - L’arrivo e l’assembramento della spedizione fu ancora una volta a Regio, dove c’era la sicurezza di poter contare su questa città.

 

L’accoglienza non fu delle migliori poiché gli fu concesso mercato e la possibilità di costituire un campo presso il tempio di Artemide fuori le mura ma non gli fu concessa l’ingresso in città. Gli ateniesi tentarono un’opera di convincimento perché i Reggini partecipassero attivamente alla guerra come alleati, in quanto consanguinei dei Leontinoi.

Ma essi risposero:

 

“....che si sarebbero rimasti neutrali e si sarebbero conformati alle decisioni degli altri Italioti” (Thuc VI 42).

 

Ma quando le navi mandate dagli Ateniesi di Regio a Segesta, tornarono ed i messi dissero che non vi era tutto quell’oro che i Segestani avevano detto, giunse contemporaneamente il rifiuto di Regio a collaborare.

 

Nella città dello Stretto, i tre strateghi tennero consiglio e si decise di scegliere la strategia di Alcibiade, il quale propose di negoziare con tutte le città della Sicilia escluse Selinunte e Siracusa.

 

Alcibiade iniziò così la sua opera di convincimento verso tutte le città, iniziando proprio da Messana, ma vedendo che non c’era nulla da fare probabilmente perché prevalse il partito locrese-filodorico, proseguì verso Nasso dove fu accolto molto bene, mentre ai dubbi di Catane risposero con la forza, prendendo la città con l’appoggio dei filoateniesi.

 

Con l’arrivo in Italia di Gilippo, stratega spartano, abbiamo delle informazioni più sicure e più precise riguardo le città. Sappiamo infatti, che Sparta manda un aiuto che é in pratica soltanto simbolico. In questo intervento fu spinta da Alcibiade, dopo la fuga da Turi, che con un imponente discorso la invita, e convince a mandare queste navi.

 

É ovvio che a Taranto e Locri Gilippo abbia trovato una grande accoglienza mentre a Turi, non fu accolto, pur avendo invocato il diritto di cittadinanza, accordato al padre, Cleandrida. A questo punto Tucidide fa un racconto piuttosto strano, riguardo Gilippo:

 

“Ma non riuscì a convincerli (i Turii), e costeggiò l’Italia. Giunse poi nel golfo di Terina, per il vento che in quelle zone soffia regolarmente verso nord con forza dopo aver preso il largo. Poi di nuovo una tempesta di grande violenza lo riportò nei pressi di Taranto” (Thuc. VI 104).

 

Effettivamente può sembrare strano che Gilippo per mezzo dei soli venti si sia trovato dalla parte opposta dell’Italia andando a finire proprio dalle parti di Medma e Ipponion che otto anni prima aveva dette Tucidide stare in guerra con Locri. Possiamo dedurre che tentò o un’opera di convinzione, affinché partecipassero con Locri oppure provò a trovare alleati ovunque.

 

Sembra ancora una volta strano che anche che sia tornato a Taranto e che solo più tardi si sia recato a Locri, é evidente che la rotta per andare nel Terineus sinus passa necessariamente per Locri. “The simplest explanation is that Thucydides had Skylleton in mind but mistakenly thought of to it under the name Terina”- Gommme A. W.- Andrews A.- Dover K. J.

 

Giunto a Locri, dopo esser tornato a Taranto, riceve la notizia sicura che Siracusa non era ancora caduta in mano agli Ateniesi, dunque solo a Locri ha notizie precise e questo conferma che benché Locri, secondo i patti con Feace non abbia partecipato alla guerra attivamente, fosse sempre in stretto contatto con la “capitale “siceliota. Da qui si dirige verso Imera facendo il giro più lungo per giungere a Siracusa, quel giro che già aveva fatto Feace e che gli avrebbe fruttato tutti gli aiuti necessari per battere gli Ateniesi, a cominciare proprio da Imera. Giunto in questa città passerà per via di terra per prendere alle spalle gli Ateniesi che assediavano Siracusa.

 

Atene, intanto, visto il peggioramento improvviso degli eventi manda verso Siracusa, un’altra spedizione che parte come al solito da Corcira ed arriva a capo Japigio e da lì alle isole Coriadi che pur trovandosi di fronte a Taranto appartengono agli Japigi e qui rinnovano quella che Tucidide chiama, “un’antica alleanza” con Arta re dei Messapi che gli fornisce un buon numero dei famosi arcieri. Poi giunge a Metaponto la quale, stretta fra Taranto ed Eraclea, su richiesta fornisce un misero contingente; naturalmente la spedizione prosegue verso Turi. Dove, come già anticipato, era divisa in due fazioni (forse per l’intervento di Dorieo di Rodi) e all’arrivo degli Ateniesi fu fatto in modo che prevalesse quella filo-ionica.

 

I generali, Demostene ed Eurimedonte, mentre convincono gli abitanti di Turi a schierarsi totalmente a favore di Atene, schierano così nella vasta piana di Sibari, l’intero esercito. Turi, cede alle richieste degli strateghi. Ma nel proseguire verso la Sicilia, i due generali intendono adottare uno strano cammino: vogliono passare attraverso il territorio di Crotone a piedi dopo aver lasciato le navi sul fiume Hylias (Fiumenica), ma i Crotoniati non concedono il permesso di procedere attraverso il loro paese (Thuc. VII 33, 85).

 

Qui torna utile un passo di Diodoro Siculo, riguardo Crotone, che dice che la città italiota aprì loro il mercato, sembra stano che i generali non abbiano chiesto il permesso a Crotone se questa fosse stata ostile agli Ateniesi, i Crotoniati, avrebbero appoggiato sempre gli Ateniesi come farà Caulonia, concedendo del legname (proveniente dalle montagne delle Serre e molto rinomato) per riparare le navi (Thuc. VII 25, 2), con la quale aveva costituito una lega, intorno al santuario di Zeus Homarios; ma quello che é difficile capire é cosa abbia indotto tutte queste città ad un mutamento di idee, Metaponto e Turi a schierarsi, e Crotone a contrastare l’opera degli Ateniesi, questo é probabilmente da ricercarsi nei rapporti interni di una ‘ipotetica’ Lega Italiota.

 

Essendo questa lega fondata da Crotone, Caulonia e Sibari sul Traente. Avendo concesso solo acqua e ormeggio tutte le città escluse Locri e Taranto e Regio che offrirà solo il mercato, possiamo solo ipotizzare il perché di questo atteggiamento.

 

Taranto non era entrata direttamente in guerra, poiché con Turi dopo la fondazione di Eraclea deve avere stretto rapporti d’amicizia o di non appoggio reciproco nella guerra del Peloponneso, oppure deve aver avuto una politica di non interessamento perché poteva avere problemi con le popolazioni Japigie, alleate e fomentate da Atene stessa contro di essa. Metaponto e Turi decidono di entrare al fianco di Atene solo nel secondo intervento; quando forse la pressione di Taranto si allenta su ambedue le città uscendo dalla ipotetica lega in cui alcuni autori hanno visto nel riferimento di Tucidide, sulla questione di Regio e degli Italiotoi.

 

 Crotone dovrebbe aver cambiato totalmente idea e per lo meno dal confronto di Diodoro con Tucidide, non avrebbe più favorito Atene. Locri tiene la sua condotta secondo gli accordi presi con Feace, aiutando però Gilippo. Regio é forse stanca ed innervosita dagli accordi fatti tra Locri e Atene e per questo motivo rimane neutrale. Proprio in questo periodo nacquero le leggende riguardo le fondazioni Spartane o Ateniesi di cui si foggiavano alcune città italiote o siceliote.

 

Come ad esempio Nasso, in Sicilia, da parte ateniese ed in Italia la piccola città di Scillezio che trovandosi soffocata tra Crotone e Caulonia fu sicuramente amica di Atene, anche Locri sarebbe stata fondata da Sparta (Paus. III 3), cosa che sappiamo essere non vera, ma di queste leggende possiamo ben intuirne i motivi. Le comunanze che nascono in questo periodo sono molteplici,dalla relazione tra Licurgo e Zaleuco ed il loro sistema di leggi, alla similitudine tra le due scuole musicali, all’importazione del culto di Demetra da Sparta.

 

Ma ci sono ancora due notizie, anzi una notizia ed un passo importante di Tucidide che ricordano le implicazioni tra Atene e le città italiote ad essa ostili.

 

“Navi tarentine e locresi si videro combattere al fianco di Sparta, nella sua flotta di fronte alle coste della Laconia, due anni dopo che era finita la guerra tra Ateniesi e Siracusani” (Thuc. VIII 91).

 

La partecipazione di navi di Taranto e Locri é importantissima perché indica che con la fine dell’ingerenza di Atene in Occidente le città avrebbero ripreso il loro corso e le due potenze italiote sarebbero ritornate a dominare sulle città di loro competenza. Taranto ovviamente su Eraclea, Metaponto e Turi, senza più l’eventuale problema “Japigio” e Locri ad influenzare Regio e a tornare in possesso delle sue colonie oppure le abbandonò totalmente a loro stesse avendo forse di nuovo ottenuto il lasciapassare per lo stretto, essendo ormai Messana e Regio sotto l’egida dorica. Quindi avendo queste città risolto i loro problemi di “politica interna” si possono anche concentrare verso l’aiuto a Sparta.

 

Ancora da tener presente per concludere il lavoro, é ancora una volta un passo di Tucidide sull’imperialismo ateniese tenuto da Alcibiade di fronte agli Spartani dopo la fuga da Turi:

 

“Noi siamo partiti per la Sicilia, innanzitutto, potendolo, per sottomettere i Sicelioti, e dopo di loro a loro volta, gli Italioti; in seguito per fare un tentativo anche contro l’impero cartaginese e Cartagine stessa. Una volta che questi obiettivi si fossero realizzati, o tutti o per la maggior parte, noi eravamo già pronti ad attaccare il Peloponneso, conducendo nella loro totalità le forze greche che noi ci saremmo assicurati in quelle regioni, e molti barbari alleati come mercenari, Iberi ed altri, quelli che sono riconosciuti tra i barbari di quelle parti come i più bellicosi, infine delle triremi, che ci saremo costruiti in gran numero, oltre alle nostre, grazie all’inesauribile quantità di legname che possiede l’Italia.

 

Con queste triremi avremmo poi dovuto assediare il Peloponneso da tutte le parti, e al contempo con la fanteria mediante incursioni di terra, dovevamo prendere alcune città con la forza, altre dopo averle bloccate con fortificazioni; e così speravamo di costringerlo alla resa con facilità, e di seguito a ciò di estendere il nostro impero su tutta la Grecia. Quanto ai denari e ai viveri, per facilitare in qualche modo l’attuazione di questi progetti, i territori che noi ci saremmo annessi in quelle regioni avrebbero dovuto fornirceli in maniera sufficiente, senza che noi dovessimo attingere ai proventi di qui” (Thuc. VI 90).

 

Da questo discorso é evidente il ruolo essenziale che abbiano ricoperto la Sicilia e l’Italia nei piani ateniesi, e che intenzioni di portata colossale dovessero avere Atene, se questa non é una montatura di Tucidide; mire imperialistiche che pochi altri stati ebbero ed in futuro avranno, e che solo una grande potenza poterà a termine. Il nostro discorso, iniziato con la volontà di imperialismo di Atene, termina con lo svanire di questo sogno, che non sarà mai abbandonato fino alla totale sottomissione romana.

 

“Alcuni sognavano anche l’Etruria e Cartagine, e non senza una certa speranza, data la grandezza dell’impero di allora ed il prospero corso degli affari ateniesi” (Plut. Per. 20, 4).

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

E. Ciaceri, Storia della Magna Grecia (II 303)

V. Ehremberg, The foundation of Thurii: AJPh, LXIX, 1948, p. 149

T.E. Wick, The Date of Athenian-Egestan Alliance: JHS 95 1975 pp. 168-188

Beloch, Hermes XXVIII, 630sgg

S. Accame, Note storiche su epigrafi attiche del V sec.: RIV. FILOL., XXX, 1952, pp. 129

B.V. Head- Historia Nummorum. Spink & Son LTD. LONDON 1963 p. 38

S. Accame - La fondazione di Turi: RIV. FILOL., XXXIII, 1955, p. 164.

E. Manni, Sicilia e Magna Grecia nel V sec., KOKALOS, XIV-XV, 1968-1969, p. 95

S. Accame, L´alleanza di Atene con Leontini e Regio, RIV.FILOL., XIII, 1935, p.73    

Meritt -“Classical Quaterly” XL, 1946, p. 85

Gommme A. W.- Andrews A.- Dover K. J - A historical Commentary on Thucydides, OXFORD, 1970.

Benton-JHS LXXXI 1961 47



 

 

 

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