N. 2 - Luglio 2005
ANTONIO RUSSO
Una vittima italiana nella tragedia del Caucaso
di
Valerio Tomassini
Antonio Russo fu trovato morto il 17 ottobre 2000, sul
ciglio di una strada di montagna a 40 km a nord-est da
Tblisi, Georgia. Sul suo corpo non vi era alcun segno
di violenza e solo l’autopsia ha rivelato che sulla
cassa toracica era stata fatta una pressione così
forte da rompergli lo sterno e quattro costole che gli
hanno perforato un polmone, causandogli un’emorragia
interna mortale. “La forte pressione potrebbe essere
stata esercitata da un oggetto contundente oppure da
mani esperte” – dice il referto dell’autopsia.
Purtroppo la regione pullula di mani esperte in questo
tipo di esecuzioni, e sono quelle dei servizi segreti
russi, l’ex-KGB insomma. E diversi colleghi di
Antonio, conoscitori dell’area, non hanno tardato
molto ad addossare proprio ai russi la colpa di questo
assurdo omicidio.
Contemporaneamente qualcuno si introduceva
nell’appartamento di Antonio e ne sottraeva tutta la
attrezzatura e il materiale che aveva raccolto durante
la sua permanenza in Georgia, ponte per la Cecenia,
riguardante appunto i crimini che i russi stavano
compiendo nel Caucaso. Il 25‑26 settembre aveva
partecipato ad un convegno, tenutosi in Georgia, sui
danni ambientali che l’attività bellica stava causando
nella regione, pronunciando uno dei discorsi più duri
nel quale adombrò la possibilità che i russi stessero
usando anche armi contenenti uranio impoverito e che
stessero avvelenando le falde acquifere dell’area
gettandovi cadaveri e carcasse di animali
“contaminati”.
D’altronde doveva aver raccolto altre importanti
informazioni da esporre all’opinione pubblica
internazionale, infatti alla madre, annunciandole che
sarebbe tornato il giorno 18, accennò che aveva
raccolto del materiale tanto importante quanto
sconvolgente. Purtroppo i servizi russi hanno svolto
fino in fondo la propria missione e a noi non rimane
altro che formulare ipotesi su cosa avesse potuto
scoprire Antonio di così importante da farlo
assassinare in quel modo così brutale.
Alcuni conoscenti di Antonio dicono che dovesse
riguardare gli effetti che le armi non convenzionali
russe avevano sui bambini ceceni. Mentre altre voci
affermerebbero che il motivo dell’uccisione di Antonio
sia lo stesso che ha portato alla scomparsa di altri
suoi colleghi, vale a dire che Russo avesse per le
mani un’intervista ad una signora georgiana che si
sarebbe rivelata essere la vera madre di Vladimir
Putin, sbugiardando così la biografia ufficiale del
leader russo secondo la quale la madre di Putin era
una russa deceduta nel 1998. Ovviamente nessuna delle
due versioni trova un riscontro ufficiale così come, a
quasi cinque anni dalla tragica fine di Antonio, non
solo nessuno è stato condannato ma neanche messo sotto
accusa per la sua palese uccisione.
Il
caso è ancora più interessante se si pensa che
all’epoca soltanto in pochi si erano accorti di che
cosa stesse succedendo in Cecenia e dintorni. Non era
così per Antonio ed il Partito Radicale (per il quale
Antonio appunto lavorava) che facevano già di tutto
perché il mondo sapesse gli orribili crimini che
avvenivano da quelle parti. Antonio è stato ucciso con
estrema facilità, a quanto sembra, mentre con il
Partito Radicale la lotta fu più dura e fortunatamente
ha avuto un diverso esito. Infatti proprio in quel
periodo la Russia in seguito alle denunce dei Radicali
chiedeva che venisse tolto il riconoscimento al
Partito Radicale Transnazionale come organizzazione
non governativa (ONG) del Consiglio Economico e
Sociale (ECOSOC) delle Nazioni Unite (ONU) accusandolo
di narcotraffico, terrorismo e addirittura di
pedofilia. Ma il buon senso volle che il Consiglio
rigettasse la mozione russa e che anzi cominciasse a
preoccuparsi più seriamente delle questione cecena.
Del resto però i fatti del 11 settembre 2001 hanno
mischiato di nuovo le carte offrendo la possibilità
alla Russia di inserire il conflitto ceceno nella più
globale guerra al terrorismo di matrice islamica,
trovando così nuovi e fortissimi alleati. Anche se
inizialmente il movimento d’indipendenza ceceno avesse
ben poco da spartire con il terrorismo islamico.
Antonio Russo era un esperto di zone di guerra. Aveva
fatto l’inviato dall’Algeria alla Bosnia sempre come
freelance per Rado Radicale. In Kossovo nel 1999 aveva
perfino conosciuto gli onori della celebrità quando
durante il bombardamento della NATO su Pristina non
rientrò, come gli altri suoi colleghi, e fu dato per
disperso per due giorni fino a quando non riapparve,
miracolosamente, in mezzo ad una colonna di rifugiati
kossovari.
In
quel momento “il mondo” si accorgeva di quel
giornalista sui generis. Amico dei bambini , con quel
fare così poco da intellettuale e così pronto a
sacrificarsi nella ricerca della verità. Sembra
retorica ma è tutto assolutamente vero. Infatti quanto
mi è capitato di leggere su Antonio corrisponde al
ricordo che ho conservato di lui.
Ho
passato due settimane con Antonio Russo nel reparto di
malattie respiratorie del Forlanini di Roma. Io avevo
14 anni ed ho potuto avvertire personalmente il suo
amore per il prossimo ed in special modo per i
bambini. Mi piaceva parlare con lui e a lui con me,
così ne nacque una breve ma indimenticabile amicizia.
Ci rivedemmo ancora un paio di volte fuori
dall’ospedale, poi purtroppo i casi della vita fecero
si che non avessi più sue notizie fino al giorno in
cui ho saputo della sua scomparsa.
Quel giorno provai un grande dolore ed una profonda
indignazione nel pensare che qualcuno avesse avuto il
coraggio di uccidere, a sangue freddo, una persona
buona come Antonio Russo. Ed è l’indignazione che
ancora provo che mi ha spinto a scrivere questo
articolo.La stessa che, probabilmente, spingeva
Antonio in mezzo alle guerre, a denunciarne le
assurdità che vi si commettono, anziché starsene beato
a casa ad invecchiare tranquillo.
Purtroppo le cose in Cecenia dal duemila ad oggi sono
solo peggiorate. E anche se se ne parla certamente
molto più di prima le informazioni che ci arrivano
sono filtrate a dovere dai servizi segreti e come
abbiamo visto non è molto sano spingersi troppo in là
nel tentativo di scoprire che cosa realmente stia
bollendo nel pentolone caucasico.
Foto gentilmente
concessa da:
www.radioradicale.it
Riferimenti bibliografici:
http://www.radioradicale.it
http://www.radicalparty.org
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