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N. 31 - Dicembre 2007

UN'AMBASCIATA SULLE ROTAIE

L’incontro tra Konrad Adenauer e Nikita Chrušëv nel 1955

di Leila Tavi

 

Il 12 settembre del 1955 rappresentò per la Repubblica federale tedesca e per l’URSS il giorno della normalizzazione dei rapporti diplomatici tra i due paesi dalla fine della guerra. Più che di una normalizzazione si trattò dell’inizio delle relazioni tra i due stati, considerato che, dopo la capitolazione della Germania dell’8 maggio 1945, il territorio tedesco venne diviso nella zona d’influenza anglo-franco-americana, e in quella d’influenza russa, trasformate successivamente in BDR e DDR.

 

La possibilità di una ripresa dei rapporti diplomatici tra la BDR e l’URSS cominciò a concretizzarsi proprio nel 1955: il cancelliere tedesco ricevette il 7 giugno una lettera Mosca con l’invito per una visita di Stato. Adenauer, che durante tutto il suo lungo Kanzleramt (premierato) dal 1949 al 1963 fu considerato per la sua formazione culturale e le idee un Westpolitiker, un fedele agli Alleati, fu costretto suo malgrado ad aprire dopo il 1953 la fase della Ostpolitik. Una Ostpolitik che non aveva lo spirito di quella successiva del cancelliere Willy Brandt e che potremmo definire con due parole: strumentale e di convenienza.

 

Adenauer voleva a tutti i costi già dalla fine del 1949 il riarmo tedesco e nell’ottobre 1952 dichiarò che era giunto il momento di “diventare forti” (uns stark zu machen). La morte di Stalin nel 1953 fu l’occasione per tornare alla carica con una questione che non gli era riuscito di risolvere nel 1949: il rimpatrio degli ultimi prigionieri di guerra tedeschi in territorio russo, l’unico vero motivo personale che spinse il cancelliere ad accettare il 30 giugno del 1955 l’invito di Mosca. Durante il discorso pubblico tenuto a Mürren pochi giorni dopo promise davanti ai presenti e alle telecamere che sarebbe rientrato in patria soltanto con gli ex-combattenti prigionieri in Russia.

 

Da parte russa c’era invece il desiderio di allacciare presto rapporti commerciali con la BDR; a muovere i fili della delicata operazione diplomatica fu Nicolaj Alexandrovič Bulganin, allora Presidente del Consiglio dei Ministri sovietico. Egli condusse magistralmente l’intera operazione, lasciando Chrušëv sempre in secondo piano. D’altra parte con Gheorgij Malenkov fuori gioco Chrušëv si sentiva sicuro della sua leadership, nulla lasciava presagire nei rapporti tra Chrušëv e Bulganin il tentativo di Putsch del 1957. Secondo la testimonianza di Peter Limbourg, consigliere personale del Ministro degli esteri dell’epoca, Henrich von Brentano, i preparativi per la partenza della delegazione tedesca alla volta di Mosca vennero discussi dal cancelliere con Brentano in montagna, meta preferita da Adenuaer per le vacanze estive; fu proprio durante le ferie che venne presa la decisione di allestire una rollende Botschaft, una sorta di ambasciata temporanea su un treno che avrebbe raggiunto il cancelliere a Mosca e su cui si sarebbe svolta la trattativa.

 

La diplomazia tedesca aveva concepito il treno per avere la sicurezza che i Russi non avrebbero in nessun modo avuto la possibilità di spiare la delegazione partita da Bonn. In realtà i vagoni era tutt’altro che a prova di spia, se i Russi avessero voluto avrebbero potuto facilmente ascoltare i discorsi all’interno del treno, secondo il parere di Alexander Scholkwer, giornalista di Radio Moskau in quegli anni, e del consigliere Klaus Otto Skibowski. Il treno partì comunque da Bonn con una parte dei diplomatici tedeschi, 59 per l’esattezza, secondo la ricostruzione del corrispondente da Mosca Max Schulze Vorberg, per giungere il 9 settembre del 1955 a Mosca. Il giorno prima il resto della delegazione era partito dall’aeroporto di Bonn insieme ad Adenauer: in totole 100 persone tra cui H. von Brentano, il suo consigliere P. Limbourg, Claire Schild, Carlo Schmid della SPD e il traduttore Rolf-Dietrich Keil.

 

All’aeroporto di Mosca la delegazione sovietica e un centinaio di giornalisti ad accogliere i tedeschi; Keil ricorda che alla vista dei giornalisti Adenauer si avvicinò a Bulganin per dirgli: “Das sind die heutige Diktatoren” (Questi sono i dittatori di oggi); per la prima volta l’inno tedesco venne suonato a Mosca. Nel frattempo il treno con il resto della delegazione tedesca ripercorreva lo stesso cammino delle truppe tedesche nel 1941; dopo 14 anni nessun aveva ancora dimenticato, soprattutto i Russi vedevano con sospetto i Tedeschi, che la propaganda sovietica aveva descritto nei primi anni del dopoguerra come “revanchisti”. All’inizio della trattativa gli animi erano tesi, Chrušëv era scettico circa l’esito della missione diplomatica, secondo la testimonianza dell’allora Ministro degli esteri russo Valentin Falin.

 

Gerard Ruge del Rundfunk Moskau ricorda ancora che Adenauer rimase colpito, come qualsiasi europeo occidentale in visita per la prima volta in Russia, dalle larghe e lunghe strade sempre dritte. I Russi avevano organizzato il programma delle giornate nei minimi dettagli, come da migliore tradizione, ma i Tedeschi non volevano essere da meno, addirittura i due chef, il russo del hotel “ Gostiniza Sovetskaja” , dove la delegazione tedesca alloggiava, e il tedesco sul treno, si contendevano il primato della cucina migliore. Limbourg ricorda che all’esterno l’albergo era pattugliato da soldati russi e all’interno da tedeschi; l’atmosfera e gli animi erano tesi, si scattava per un nonnulla. La versione della traduttrice Katja Nortmann-Mörike conferma la versione del consigliere personale del Ministro degli esteri tedesco. Venerdì 9 settembre, primo giorno della visita, si aprì con la conferenza di Adenauer e Bulganin.

 

La descrizione degli animi dei due politici fatta dai due traduttori ufficiali, Keil per i tedeschi e R. Sergeev per i russi, è la stessa,  i due erano radiosi, sereni e soprattutto sicuri di sé: Adenauer di riportare a casa i compatrioti e Bulganin di normalizzare i rapporti con la BRD; alla conferenza seguì un pranzo lungo tre ore. Le trattative continuarono il giorno successivo, sabato 10, con la ripresa del dialogo tra Adenauer e Bulganin; in quell’occasione si entrò nel vivo della discussione, alla domanda diretta del cancelliere riguardo la restituzione dei prigionieri di guerra tedeschi Bulganin precisò che nelle carceri russe erano detenuti solo criminali di guerra e non prigionieri di guerra. La risposta di Adenauer fu pronta: anche l’Armata Rossa si era macchiata di crimini.

 

La reazione di Chrušëv alle parole di Adenauer fu uno improvviso scatto d’ira, considerò le parole del cancelliere offensive per tutto il popolo russo e giustificò il comportamento dei soldati russi in marcia verso ovest come una umana reazione agli orrori commessi dalle milizie nazionalsocialiste. Dall’incidente diplomatico si uscì considerando tutto l’accaduto un fraintendimento dovuto a un errore di traduzione dell’interprete russo delle parole di Adenauer. Immediatamente dopo ci fu un colloquio a porte chiuse tra Adenauer e Brentano da una parte e Chrušëv e Molotov dall’altra. Dopo l’incontro a quattro la situazione migliorò notevolmente. Per la sera il programma prevedeva il balletto “Romeo e Giulietta” di Sergeij Prokofiev  al Bolshoi che anche nella versione del compositore russo si conclude, come nel dramma di Shakespeare, con i due conti che incrociano le loro mani sulle tombe dei figli morti, a significare la riconciliazione.

 

Lo stesso gesto fu ripetuto quella sera da Adenauer e Bulganin dal palco d’onore del teatro, l’acme di quella che può essere considerata la più importante visita di Stato per la diplomazia tedesca nel primo periodo di vita della BDR. La foto scattata dal reporter Czepuck dei due politici occupò la prima pagina di quasi tutti i giornali. In Germania però l’opinione pubblica non era interessata alla possibilità di una ripresa dei rapporti commerciali e diplomatici con l’URSS, l’interesse era per la riuscita della missione di Adenauer, riportare a casa gli ultimi di quei 9626 prigionieri di guerra che ancora si trovavano in territorio sovietico (la maggior parte dei prigionieri tedeschi tornò in patria appena un anno dopo la fine della guerra); si trattava in realtà di soldati e ufficiali della Wehrmacht, criminali di guerra (dobbiamo dare ragione a Bulganin), gente catturata dai russi nei campi di concentramento nazisti e che la propaganda in patria aveva fatto passare agli occhi dei Tedeschi come vittime di Stalin (Opfer Stalins).

 

Nonostante la buona riuscita della serata a teatro l’incontro successivo della domenica fu caratterizzato da incomprensioni tra le due parti; Adenauer voleva a tutti i costi strappare ai russi un impegno ufficiale e per iscritto del rilascio dei prigionieri, ma da parte russa si rassicurò gli ospiti che dovevano fidarsi sulla parola, mettere il tutto per iscritto non era intenzione della diplomazia russa, non ne vedeva al necessità, perché considerava la trattativa sui prigionieri tedeschi cosa secondaria rispetto agli accordi commerciali tra i due paesi, una gesto amichevole nel caso di buona riuscita della trattativa. Per la sera era previsto un gala che distese gli animi di tutti, anche grazie alla vokda e alla profonda conoscenza di Schmid della le Chrušëv Chrušëv tteratura russa; famosa anche la foto scattata nella Georgievskij Saal che vede Schmid, Pervuchin, Chrušëv, Adenauer, Bulganin, Brentano, Braun e Keil brindare alla riuscita dell’accordo.

 

Al ritorno sul treno Brentano espresse ad Adenauer nella notte il suo scetticismo riguardo all’intera faccenda, come fidarsi dei Russi solo sulla parola? La risoluzione arrivò nel terzo giorno della trattativa, lunedì 13, che dopo un avvio difficile dopo l’incontro tra i due Ministri degli esteri ebbe il momento risolutivo durante la visita del Cremino nel pomeriggio che si concluse con un rinfresco: una stretta di mano tra Adenauer e Bulganin e l’accordo che come controparte alla ripresa delle relazioni diplomatiche tra i due paesi i tedeschi avrebbero ricevuto in cambio gli ultimi prigionieri. Il giorno successivo Adenauer riuscì a strappare a Bulganin una dichiarazione di quanto concordato al Cremino nella conferenza stampa che chiudeva la visita di Stato.

 

Effettivamente il 7 ottobre un convoglio proveniente dalla Russia raggiunse Friedland, un lager di confine nei pressi di Hannover, il primo di una serie che riportava gli Spätheimkehrende (coloro che rimpatriano tardi) in Germania. Circa due settimane prima, il 20 settembre, effetto tangibile della riuscita della missione a Mosca fu il riconoscimento ufficiale della DDR da parte dell’URSS come stato sovrano. Il documentario di Thomas Fischer Heimkehr aus dem Osten. Die Rückkehr der Zehntausend sul viaggio della delegazione tedesca a Mosca nel settembre 1955 si conclude con le parole di uno dei prigionieri che narra il giorno della partenza dall’URSS dopo dieci anni di prigionia in un lager nel Kazan, Heinrich Huhnen: “ Ad un certo punto si avvicinò a me una donna russa alla stazione che mi disse con il volto pieno di speranza che anche suo figlio doveva ritornare, lo stava ancora aspettando”. Nel 1994 Heinrich Hunhnen e gli altri ex prigionieri tedeschi  sono stati riabilitati in Russia.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

Werner Kilian, Adenauers Reise nach Moskau, Konrad-Adenauer-Stiftung, 2005

 Sven Felix Kellerhoff, „Versöhnung im Bolschoi“, in Die Welt, 24.08.2005

Heimkehr aus dem Osten. Die Rückkehr der Zehntausend, regia di Thomas Fischer, Germania, 2005

 



 

 

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