[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

N° 159 / MARZO 2021 (CXC)


contemporanea

SULL'ARMISTIZIO DELL'8 SETTEMBRE 1943

UNA STORIA ITALIANA / Parte III

di Stelvio Garasi

 

Le trattative di resa

 

Il Generale Ambrosio, decide di inviare a Lisbona il Generale Giuseppe Castellano per prendere contatti con la diplomazia delle Nazioni Unite approfittando della partenza di una delegazione italiana che parte per la capitale portoghese il 12 agosto. Il generale è privo di credenziali per evitare che i documenti compromettenti possono cadere in mano nemica, ma anche per avere la possibilità di sconfessare l’azione qualora ciò fosse ritenuto utile. I primi cauti passi per giungere a un armistizio con le potenze anglo-americane sono compiuti sin dalla fine di luglio. Ma il governo italiano preferisce compierli lungo una strada tortuosa e senza sbocchi, non prende in considerazione la via più breve che è quella di proclamare, come conseguenza logica dopo il crollo del regime, la fine dello stato di guerra che aveva dichiarato e incitare la popolazione per fronteggiare l’inevitabile reazione tedesca. Questo percorso è l’unica alternativa che possa eludere il principio della resa incondizionata, proclamato nella conferenza tenutasi a Casablanca dal 14-26 gennaio 1943.

 

Nel consesso fu pianificata la strategia europea degli Alleati che stabilisce, dopo aver concluso vittoriosamente la campagna del Nordafrica, l’attacco all’Italia, considerata un obbiettivo facile, definita da Churchil “il ventre molle dell’Asse”, sia per la vicinanza alle basi aereonavali alleate in Tunisia, sia per il suo stato di crisi politico-militare interna. All’incontro dei due statisti Churchil e Roosevelt partecipa anche il generale De Gaulle come rappresentante del Governo francese in esilio e si gettano le basi per l’Operazione Husky per l’invasione della Sicilia. Il senso di resa incondizionata consiste nella garanzia che si vuole offrire ai popoli oppressi, che mai gli alleati avrebbero concessori trattare con i governi oppressori.

 

A Casablanca, viene anche presa in considerazione l’ipotesi che un paese nemico, affrancandosi dal regime fascista con decisione propria senza trattative preliminari per cessare le ostilità contro le Nazioni Unite e impegnandosi con le armi contro i tedeschi, avrebbe ridimensionato la validità dell’accordo, sino a ridurlo alla meschinità di umiliare il vinto. Il governo italiano è stretto in una morsa dal duplice timore: teme la reazione tedesca, non meno dell’intervento popolare sotto la spinta dei comitati politici che si sono costituiti dopo il 25 luglio. Crede di poter sventare entrambi i pericoli con il soccorso degli angloamericani. Decide la via delle trattative non tanto per alleviare le dure condizioni di una resa incondizionata quanto per sollecitare gli Alleati ad accorrere in Italia con forze sufficienti a scacciare i tedeschi almeno dalle regioni meridionali e centrali. Il 1° agosto viene inviato a Lisbona il marchese Blanco Lanza d’Aieta, consigliere all’ambasciata italiana presso la Santa Sede; l’ambasciatore britannico presso il Vaticano, Sir D’Arcys Osborne, gli ha rilasciato una lettera per il suo collega accreditato a Lisbona, Sir Ronald Campbel.

 

Durante l’incontro con l’emissario inglese D’Aieta non accennato minimamente al termine di pace, ma si è limitato a invocare gli Alleati per salvare l’Italia dai tedeschi. Ma il rappresentante delle Nazioni Unite ribadisce la formula di resa incondizionata. Altro tentativo da parte del console Alberto Berio a Tangeri ottiene lo stesso risultato. Constatato l’esito negativo dei due sondaggi si decide per la partenza del generale Castellano, che riceve dal suo superiore diretto, il generale Ambrosio, l’ordine della missione presso gli angloamericani, con le seguenti direttive: esporre la situazione militare italiana, sentire quali sono le loro intenzioni, ed evidenziare che l’Italia non può sganciarsi dall’alleato germanico senza l’aiuto delle Nazioni Unite; consigliando uno sbarco a nord di Roma e un’altro in Adriatico, i tedeschi, sentendosi minacciati sarebbero costretti a ripiegare dall’Italia centrale a difesa dei passi alpini.

 

Il Generale Castellano, partito da Roma in treno il 12 agosto, giunge a Lisbona il 16 agosto, il giorno seguente incontra l’ambasciatore Campbel. Il 18 agosto arrivano a Lisbona gli emissari angloamericani che incontrano in serata Castellano, al quale presentano il testo compilato dal generale Eisenhower, Castellano ribadisce che è lì solo per discutere le modalità del passaggio dell’Italia al campo alleato e del sostegno necessario per scacciare le forze tedesche dal territorio nazionale.

 

Il generale Bedel Smith, assicura l’assistenza necessaria al popolo italiano e all’esercito, ribadisce che una eventuale guerra contro la Germania è una questione di competenza dei capi di governo delle Nazioni Unite. Consegna al generale italiano il testo del documento discusso nell’incontro di Quebec, avvenuto tra il 17-24 agosto, nel quale si apre la strada della cobelligeranza. Il 24 agosto in un contesto di sospetti e di divisioni all’interno delle Forze Armate, il generale Roatta e il generale Carboni (comandante del S.I.M. e del corpo motocorazzato posto in difesa di Roma), decidono di inviare il Generale Zanussi a Lisbona per equilibrare e controllare il lavoro di Castellano, con l’effetto di rendere ancor più sospettosi, in quanto vedono nella nuova delegazione un’ulteriore complicazione in una situazione delicatissima.

 

Il generale Zanussi viene trattenuto dagli angloamericani e l’ambasciatore Campbel, su istruzioni del foreign office, gli consegna copia del testo dell’armistizio lungo approvato dai governi statunitense e britannico, l’intento è di sostituire il testo dell’armistizio breve con quello lungo. Il comando di Algeri, ha timore che le pesanti clausole in esso contenute possono essere motivo da parte di Badoglio per non firmare la resa, chiede di essere autorizzato a far firmare le clausole militari con l’impegno di consegnare al governo italiano il testo aggiuntivo dopo la firma dell’armistizio.

 

Castellano torna a Roma e riferisce a Badoglio l’intransigenza degli angloamericani sulla questione della resa incondizionata e il rigetto delle proposte del governo italiano. Badoglio decide di non sconfessare l’iniziativa di Castellano, conferendogli il mandato di presentare le controproposte. I colloqui continuano a Cassibile (Siracusa) dove è presente anche il generale Zanussi, che non rivela a Castellano di essere a conoscenza del dell’armistizio lungo. Castellano è tornato in Sicilia il 2 settembre per siglare l’armistizio, ma al momento della firma si scopre che non ha la delega che gli assegni i pieni poteri, gli emissari italiani vengono relegati in una tenda da campo in attesa che arrivi da Roma il mandato. L’autorizzazione arriva nel pomeriggio del giorno 3 e un’ora dopo viene siglato l’armistizio da Castellano e Bedell Smith a nome rispettivamente di Badoglio e del generale Eisenhower. Subito dopo la firma a Castellano viene consegnato il testo dell’armistizio lungo, consegnato precedentemente a Lisbona al generale Zanussi e poi ritirato dagli angloamericani.

 

Il Generale Castellano si trattiene a Cassibile per perfezionare i piani di collaborazione tra l’esercito italiano e le forze alleate. Nel frattempo ad Algeri si sta pianificando l’Operazione Giant nome in codice del’aviosbarco di una divisione di paracadutisti nella periferia a nord di Roma. Durante le trattative con gli emissari angloamericani Castellano non nasconde lo stato di debolezza delle Forze Armate italiane. Il Governo Badoglio il 5 settembre riceve i documenti con le clausole dell’armistizio e nei vertici militari si diffonde la preoccupazione per il precipitare degli eventi.

 

Lo stato di ansia e l’incertezza regnano sovrane. Vengono diffuse disposizioni generiche con documenti siglati. «Promemoria n.1, Memoria 45 OP e Promemoria 45 OP». Il generale Ambrosio spedisce il documento «Promemoria n. 1» ai comandi delle tre Forze armate che contiene le disposizioni da impartire alle unità dislocate in Italia, Francia e Croazia. Il «Promemoria n. 2» contiene un primo accenno all’armistizio imminente. Per l’esercito, costituisce un complemento della «Memoria 44 OP» già diffusa.

 

Il 7 settembre arriva a Roma la missione americana composta dal generale Maxwel Taylor chiede immediatamente un incontro con il maresciallo Badoglio, che lo riceve nella sua abitazione privata. Il capo del governo viene svegliato poiché dorme tranquillamente e accoglie il generale americano in vestaglia, (l’anziano maresciallo anche la notte di Caporetto era a letto che dormiva tranquillamente). Badoglio tenta di procrastinare l’annuncio dell’armistizio, il generale Taylor prova a far comprendere le gravi conseguenze della decisione di tirarsi indietro all’ultimo minuto, costringendolo a inviare una richiesta di annullare l’operazione al Generale Eisenhower, in queste circostanze agli americani non resta che annullare l’Operazione Giant poche ore prima del suo avvio.

 

L’8 settembre e la fuga del re

 

Il giorno 8 settembre alle ore 12 il re riceve l’ambasciatore tedesco Rudolf Rahnn il quale, durante il colloquio gli assicura che «L’Italia non capitolerà mai, condurrà la lotta sino alla fine a fianco della Germania». Una volta congedato l’ambasciatore chiama un dignitario di corte di sua fiducia a cui affida dei beni della corona: arazzi, quadri, argenteria e altri beni di valore per metterli in salvo che vengono trasferiti in Svizzera su un treno speciale composto da 40 vagoni merci. Per le 18,15 è convocato il Consiglio della Corona, a cui partecipano il re, Badoglio, il ministro della Real Casa Acquarone, il Ministro degli Esteri Guarriglia, e i Ministri della Guerra delle tre armi, Ambrosio, Roatta, Carboni, Castellano e il maggiore Marchesi che in un primo momento non prende parte alla seduta.

 

Il consiglio si svolge in un clima di ansie e di incertezze, alle 18,30 il Maggiore Marchesi entra nella sala dove si svolge la riunione e comunica che da Radio Algeri il Generale Einsenhower ha comunicato che le Forze Armate italiane si sono arrese incondizionatamente. Il generale Carboni propone di sconfessare l’armistizio, il Maggiore Marchesi sostiene con forza di procedere con quanto è previsto dalla firma, sostenuto anche dal Generale Castellano.

 

Il re scioglie la seduta, poco dopo Badoglio si reca negli studi dell’E.I.A.R. (Ente Italiano Audizioni Radiofoniche) in via Asiago dove incide su un disco l’annuncio al Paese che l’Italia ha concluso un armistizio con la Gran Bretagna e gli Stati Uniti e che pertanto ogni atto di ostilità verso gli anglo-americani deve cessare in ogni luogo. Dal canto loro, le Forze Armate Italiane «reagiranno a eventuali attacchi da qualsiasi altra provenienza». Il riferimento agli ex alleati tedeschi è trasparente, ma non prevede alcun ordine operativo.

 

L’annuncio viene trasmesso, alle 19,45 mentre è in onda un programma di musica leggera in quel momento il cantante Alberto Rabbagliati sta cantando il motivo La strada nel bosco. Motivo musicale tratto dal film Fuga a due voci di Ludovigo Bragaglia con Gino Bechi e Irasema Diliàn del 1942, in una Italia sotto le bombe in un Paese stremato dalla miseria e dalla fame, il ritornello recita «Vieni c’è una strada nel bosco, il suo nome conosco vuoi conoscerlo tu» la trasmissione viene sospesa per il proclama dell’avvenuto armistizio con gli Alleati che poi nelle ore che conseguono sarà ripetuto a intervalli. Il motivo musicale ha l’aria di un invito al Paese a ritrovare la via del riscatto Nazionale in quelle tragiche ore. Appare importante ricordare questi piccoli e significativi particolari per calarsi nel contesto degli avvenimenti.

 

Quando la sera dell’8 settembre si diffonde la notizia della capitolazione italiana, i soldati reagiscono con gioia ed entusiasmo, convinti che la guerra sia ormai finita. Gli ufficiali al contrario non nascondono il loro disorientamento e sgomento anche perché continuano ad arrivare direttive spesso contraddittorie o inattuabili. Ufficiali e soldati vivono e percepiscono in modo diverso il periodo di tempo compreso tra la caduta di Mussolini e l’armistizio, come anche le circostanze del disarmo e del trasferimento nei luoghi di prigionia. Non v’è dubbio che le avvisaglie di un imminente armistizio vengono colte prima e più chiaramente dagli ufficiali. Questa percezione si fonda solo in minima parte nel peggioramento dei rapporti italo-tedeschi al fronte dal momento che i cambiamenti operativi delle unità tedesche non passano inosservati e i rapporti sono abbastanza buoni e camerateschi.

 

Disposizioni di massima sono state diramate nei giorni precedenti. I comandi d’armata e di corpo d’armata che la sera dell’8 e nella notte del 9 settembre chiedono direttive al comando supremo ottengono, quando le ricevono risposte interlocutorie e dilatorie; e negli stessi termini rispondono ai comandi sottoposti. Un quadro di queste ore concitate bene le rappresenta nel 1960 il regista Luigi Comencini nel film Tutti a casa interpretato da Alberto Sordi. Prevalgono gli interessi personali, le rivalità dei comandi e, come conseguenza l’immobilismo nella Capitale è totale per il timore della reazione tedesca.

 

Venendo meno la speranza di un intervento militare degli Alleati a Roma conseguente all’annuncio dell’armistizio, il re e Badoglio insieme alla famiglia reale trasferitasi la sera dell’8 settembre al Ministero della Guerra, all’alba del 9 settembre assieme con gli alti gradi abbandonano la Capitale per raggiungere Ortona dove proseguono via mare a bordo della corvetta “Baionetta” della Regia Marina, sino a Brindisi dove sbarcano nel pomeriggio del 10 settembre, precedendo di un giorno l’arrivo degli angloamericani.

 

La reazione violenta tedesca non si fa attendere: le truppe tedesche attaccano la sera stessa i reparti italiani posti in difesa di Roma, la città viene occupata nel giro di poche ore. Mentre sono in corso violenti combattimenti a fianco dei reparti italiani partecipano alla battaglia molti cittadini che sono stati armati dai rappresentanti del popolo; armi ricevute dal generale Carboni, in seguito a una decisione maturata e concordata diversi giorni prima tra il generale e alcuni rappresentanti del fronte d’azione antifascista: Giuseppe Di Vittorio, Luigi Longo e Antonello Trombatori.

 

La decisione del governo Badoglio e dei comandi italiani di mantenere un atteggiamento passivo nei confronti della violenta reazione delle forze germaniche, anziché passare all’offensiva o difendersi come prevede la circolare OP 44 secondo gli impegni presi nelle trattative per l’armistizio, provoca la dissoluzione delle unità italiane, e la prova più evidente è la mancata difesa di Roma. Quindi in queste circostanze le massime autorità dello Stato, del governo e le alte gerarchie militari, antepongono i loro destini personali, al senso di responsabilità e di dovere verso la Nazione.

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

E. Aga Rossi, Una Nazione Allo Sbando, Il Mulino, Bologna 1993.

G. Screiber, I Militari Italiani Internati Nei Campi Di Concentramento Del Terzo Reich, Stato Maggiore Dell’Esercito U.S., Roma 1997

D. Rodogno, Il Nuovo Ordine Mediterraneo,Bollati Beringhier, Torino 2003.

R. De Felice, Mussolini l’Alleato, Einaudi, Torino 1990.

G. Rochat, Le Guerre Italiane 1935/1943, Dall’Impero D’ Etiopia Alla Disfatta, Einaudi, Torino 2005.

U. Gentiloni Silveri, M.Carli, Bombardare Roma. Gli Alleati. La Città Aperta, Il Mulino, Bologna 2007.

P. Puntoni, Parla Vittorio Emanuele III, Il Mulino, Bologna 1993.

G. Castellano, Come Firmai L’Armistizio, Mondatori, Milano 1945. 

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]