N. 42 - Giugno 2011
(LXXIII)
75 anni fa, la proclamazione dell’impero
Italia fascista e guerre coloniali
di Marco Siddi
Il 9
maggio
del
1936,
Benito
Mussolini
proclamava
la
sovranità
italiana
sull’Etiopia
con
queste
parole:
"Ufficiali,
sottufficiali,
gregari
di
tutte
le
forze
armate
dello
Stato
in
Africa
e in
Italia,
camicie
nere
della
rivoluzione,
italiani
e
italiane
in
patria
e
nel
mondo,
ascoltate!
Con
le
decisioni
che
fra
pochi
istanti
conoscerete
e
che
furono
acclamate
dal
Gran
Consiglio
del
Fascismo,
un
grande
evento
si
compie:
viene
suggellato
il
destino
dell’Etiopia
oggi,
9
maggio,
XIV
anno
dell’era
fascista.
Tutti
i
nodi
furono
tagliati
dalla
nostra
spada
lucente
e la
vittoria
africana
resta
nella
storia
della
patria
integra
e
pura
come
i
legionari,
caduti
e
superstiti,
la
sognavano
e la
volevano.
L’Italia
ha
finalmente
il
suo
impero!".
L’Italia
aveva
dunque
il
suo
impero:
l’Etiopia
andava
ad
aggiungersi
ai
possedimenti
coloniali
conquistati
in
precedenza,
ovvero
i
territori
corrispondenti
alle
attuali
Libia,
Somalia
ed
Eritrea.
Si
trattava
di
un’enorme
estensione
di
territori,
ma
di
scarso
valore
economico
e
acquisiti
a
caro
prezzo.
In
particolare
la
conquista
dell’Etiopia
costo’
all’Italia
le
sanzioni
economiche
decretate
dalla
Società
delle
Nazioni
ed
un
quasi
totale
isolamento
sullo
scenario
internazionale,
che
spinse
il
regime
fascista
verso
la
rovinosa
alleanza
con
la
Germania
nazista.
L’impero
si
rivelo’
inoltre
di
effimera
durata.
L’Africa
Orientale
Italiana
(AOI,
essa
includeva
Etiopia,
Eritrea
e
Somalia)
fu
persa
già
nel
1941,
5
anni
dopo
la
conquista
dell’Etiopia,
in
seguito
all’offensiva
delle
forze
britanniche
e
del
Commonwealth.
Con
l’
entrata
in
guerra
dell’Italia,
i
collegamenti
tra
l’AOI
e la
madrepatria
erano
stati
completamente
tagliati,
poiché
le
forze
alleate
avevano
bloccato
l’accesso
al
canale
di
Suez
alle
navi
italiane.
Di
conseguenza,
la
capitolazione
dei
circa
90.000
soldati
italiani
isolati
nell’
AOI
fu
solo
questione
di
pochi
mesi.
Le
armate
impegnate
in
Libia
non
ebbero
sorte
migliore.
Dopo
essere
state
seriamente
sconfitte
nelle
campagne
del
1940-1941,
esse
furono
tenute
in
vita
fino
al
1943
solo
dal
sostegno
dell’Afrikakorps
tedesca
di
Erwin
Rommel,
grazie
alla
quale
venne
occupata
per
breve
tempo
anche
la
Tunisia.
Nel
maggio
del
1943
le
forze
dell’Asse
in
Africa
si
arresero
e
gli
angloamericani
catturarono
230.000
prigionieri.
Dalle
coste
tunisine
sarebbe
poi
partita
l’invasione
della
Sicilia
che,
nel
luglio
del
1943,
porto’
alla
crisi
finale
del
fascismo
e
alla
destituzione
di
Mussolini.
Ma
torniamo
brevemente
alla
sopra
citata
proclamazione
di
Mussolini.
Due
frasi
tratte
dal
discorso
del
Duce
inducono
ad
una
riflessione
riguardante
la
natura
del
dominio
coloniale
italiano
in
Africa.
Secondo
Mussolini,
l’impero
italiano
era
un
"(...)
Impero
di
pace,
perché
l’Italia
vuole
la
pace
per
sé e
per
tutti,
e si
decide
alla
guerra
soltanto
quando
vi è
forzata
da
imperiose
incoercibili
necessità
di
vita.
Impero
di
civiltà
e di
umanità
per
tutte
le
popolazioni
dell’Etiopia.
Questo
era
nella
tradizione
di
Roma,
che,
dopo
aver
vinto,
associava
i
popoli
al
suo
destino".
In
realtà,
l’impero
italiano
si
fondava
su
guerre
e
crimini
contro
l’umanità.
Il
regime
fascista
cerco’
dapprima
di
consolidare
il
controllo
italiano
sulla
Libia,
già
conquistata
nel
1911-1912
dall’Italia
liberale
dopo
una
guerra
contro
l’Impero
Ottomano.
La
“pacificazione”
della
Libia,
dove
era
sorto
un
movimento
di
resistenza
anti-italiano,
venne
affidata
al
governatore
Pietro
Badoglio
e al
generale
Rodolfo
Graziani.
Per
sradicare
la
resistenza,
questi
ultimi
ordinarono
la
deportazione
di
massa
di
circa
metà
della
popolazione
residente
in
Cirenaica.
Fu
cosi’
che
100.000
libici
vennero
deportati
in
campi
di
concentramento
creati
dagli
Italiani
intorno
a
Bengasi
e
Sirte;
10.000
morirono
per
le
conseguenze
della
deportazione,
le
violenze
degli
italiani
e le
malattie
contratte
durante
le
lunghe
marce
verso
i
campi
di
concentramento.
Il
bilancio
dell’occupazione
fascista
dell’
Etiopia
fu
ancora
più
tragico.
La
guerra
contro
l’impero
etiopico
guidato
da
Haile
Selassie
fu
condotta
in
violazione
dei
più
basilari
principi
di
diritto
internazionale
e
bellico.
L’aviazione
italiana
fece
ampio
uso
di
gas
asfissianti
contro
l’esercito
etiope
e
sganciò
tonnellate
di
iprite
sui
guadi
dei
fiumi
attraverso
i
quali
l’esercito
nemico
si
ritirava.
Numerosissimi
civili
e
capi
di
bestiame
che
si
abbeverarono
in
questi
fiumi,
o
che
si
trovavano
nelle
zone
dove
gli
italiani
sganciarono
i
gas,
morirono
dopo
atroci
sofferenze.
Penetrando
in
profondità
nel
tessuto
cutaneo,
anche
attraverso
abiti,
cuoio
e
gomma,
l’iprite
causa
in
poche
ore
l’apertura
di
grosse
piaghe
nella
pelle,
oltre
che
gravissimi
danni
agli
apparati
respiratorio
ed
ematopoietico.
La
contaminazione
da
iprite
é
particolarmente
insidiosa
in
quanto
non
si
avverte
dolore
al
contatto
immediato.
La
morte
puo’
sopraggiungere
anche
dopo
giorni
o
settimane
per
il
collasso
delle
difese
immunitarie
o a
causa
delle
lesioni
cutanee,
che
producono
infezioni
diffuse.
Il
regime
fascista
tento’
di
nascondere
al
resto
del
mondo
l’uso
di
queste
armi
nella
campagna
d’Etiopia.
Quando
la
Croce
Rossa
Internazionale
ne
denuncio’
l’impiego
massiccio,
le
forze
italiane
al
comando
dei
sopra
citati
Badoglio
e
Graziani
bombardarono
gli
ospedali
da
campo
dei
medici
internazionali.
Alla
data
del
crollo
dell’AOI,
le
vittime
etiopi
dell’occupazione
italiana
(1936-1941)
erano
più
di
750.000,
tra
cui
275.000
soldati,
circa
100.000
membri
delle
forze
di
resistenza
che
si
costituirono
dopo
il
termine
delle
ostilità,
350.000
civili
morti
durante
o
per
le
conseguenze
del
conflitto
e
35.000
persone
decedute
nei
campi
di
concentramento
italiani.
A
queste
statistiche
terrificanti
bisogna
poi
aggiungere
quelle
riguardanti
le
immense
perdite
materiali
e
culturali.
Stando
ai
dati
forniti
dagli
etiopi,
numerosi
libri,
dipinti
e
abitazioni
private
furono
distrutti,
mentre
circa
2000
chiese
andarono
bruciate
-
una
terribile
ironia,
se
si
pensa
che
la
Chiesa
italiana
sostenne
in
modo
quasi
compatto
la
guerra,
anche
con
grosse
donazioni
fatte
da
vertici
ecclesiastici
per
sostenere
lo
sforzo
bellico.
Fonti
etiopi
parlano
inoltre
della
perdita
di 5
milioni
di
buoi,
7
milioni
di
ovini,
1
milione
di
cavalli
e
muli
e
700
mila
cammelli.
Il
raccapricciante
numero
di
vittime,
e
ancor
di
più
la
brutalità
dei
metodi
con
cui
esse
vennero
causate,
rivelano
l’assurdità
delle
affermazioni
fatte
da
Mussolini
quel
9
maggio
di
75
anni
fa.
Fatta
eccezione
per
Mussolini,
i
principali
responsabili
dei
crimini
italiani
nelle
colonie
africane
rimasero
impuniti.
Questo
fu
possibile
a
causa
della
protezione
degli
anglo-americani,
a
cui
premeva
garantire
il
ritorno
all’ordine
in
Italia
nel
nuovo
contesto
della
guerra
fredda,
del
Vaticano
e
del
partito
della
Democrazia
Cristiana,
che
assorbì
tra
le
sue
fila
alcuni
ex
militari
implicati
in
crimini
di
guerra.
Pietro
Badoglio
moriì
nel
suo
letto
nel
1956
ed
ebbe
un
funerale
con
onori
militari,
a
cui
parteciparono
rappresentanti
del
governo
postfascista
ed
altre
autorità.
Rodolfo
Graziani
fu
catturato
dagli
Alleati
al
termine
del
conflitto
e
tenuto
in
custodia
come
prigioniero
di
guerra
per
qualche
anno.
Condannato
a 19
anni
di
prigione
per
alto
tradimento
e
collaborazione
coi
nazisti
nel
1943-1945,
lasciò
il
carcere
dopo
pochi
mesi
e
divenne
presidente
onorario
del
Movimento
Sociale
Italiano.
Morì
in
libertà
a
Roma
nel
1955,
senza
essere
mai
stato
processato
per
crimini
di
guerra.
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