[ISSN 1974-028X]

[REGISTRAZIONE AL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N° 577/2007 DEL 21 DICEMBRE] *

 

187 / LUGLIO 2023 (CCXVIII)


contemporanea

UN ANNO ECCEZIONALE

IL 1905 DI EINSTEIN, FREUD E DELL’ARTE

di Francesco Cappellani

 

Il 1905 fu denominato “annus mirabilis” riferendosi ad Albert Einstein, perché in quell’anno l’allora oscuro impiegato ventiseienne dell’ufficio brevetti di Berna, presenta un gruppo di lavori scientifici che avrebbero rivoluzionato la fisica del Novecento. Ma è interessante notare che il 1905 è stato un anno molto importante anche per ciò che avviene in due campi ben diversi: la psicanalisi e l’arte.

 

Einstein pubblica nell’arco di sette mesi, sugli “Annalen der Physik” del 1905, sei articoli che riguardano tre temi principali: la natura della radiazione elettromagnetica, il moto browniano e l’elettrodinamica dei corpi in movimento. Nella prima memoria generalizza l’ipotesi quantistica di Planck che metteva in discussione la natura ondulatoria e continua della luce, cardine della fisica “classica”. Einstein spiega che la luce, la radiazione elettromagnetica, è composta da un insieme discreto di elementi di energia che chiama “quanti di luce”, denominati vent’anni dopo “fotoni”, e in tal modo chiarisce i fenomeni fisici che presiedono all’effetto fotoelettrico, cioè il fenomeno per cui un materiale colpito da un fascio di luce, emette elettroni secondo determinate condizioni. Questo lavoro gli varrà il premio Nobel nel 1921 e sarà di importanza basilare per la difficile soluzione del problema del dualismo onda-corpuscolo che sarà risolto solo nel 1927 a seguito dello sviluppo della meccanica quantistica.

 

Tre articoli comprendono la sua tesi di dottorato al Politecnico di Zurigo, il primo sulla “Nuova determinazione delle dimensioni molecolari“, dove affronta matematicamente il problema del moto disordinato di particelle di dimensioni micrometriche sospese in fluidi in quiete, i cosiddetti “moti Browniani”, e alcuni sviluppi successivi sullo stesso argomento. Segue la memoria “Sull’elettrodinamica dei corpi in movimento” che contiene la formulazione di quella che sarà poi chiamata “relatività ristretta”, la teoria che cambierà definitivamente la visione della fisica precedente con una nuova concezione dello spazio e del tempo e il postulato della costanza della velocità della luce c nel vuoto, indipendentemente dallo stato di moto della sorgente. Infine l’articolo “L’inerzia di un corpo dipende dal suo contenuto di energia?”, riguarda ancora la relatività ristretta e contiene la celeberrima e rivoluzionaria formula E=mc² che sancisce l’equivalenza concettuale tra la massa ‘m’ di un corpo e l’energia ‘E’ che esso contiene o è in grado di emettere.

 

Nei suoi lavori del 1905 Einstein riflette sulla necessità di ridefinire, analizzando in profondità e con una acutezza incomparabile i risultati della fisica del suo tempo, i principi e i concetti fondamentali della termodinamica, della meccanica e dell’elettromagnetismo. I suoi lavori segnano il discrimine tra la fisica “classica” dell’Ottocento e la fisica moderna del XX secolo.

 

Nel 1905 un neurologo austriaco, Sigmund (Sigismund Schlomo) Freud pubblica un libretto di circa ottanta pagine intitolato Drei Abhandlungen zur Sexualtheorie  (Tre saggi sulla teoria della sessualità). A differenza di Einstein, Freud, che all’epoca ha quarantanove anni, è già uno scienziato famoso: circa dieci anni prima aveva fondato quella branca della psicologia per la quale aveva coniato nel 1896 il nome di psicanalisi.

 

Il libro del 1905 è ritenuto uno dei lavori fondamentali di Freud: le sue teorie sulla sessualità, in particolare in relazione all’infanzia, avrebbero avuto un’influenza straordinaria non solo sulla scienza psicologica, ma sulla cultura in generale. Nel primo saggio Freud affronta il tema delle aberrazioni e delle perversioni o deviazioni sessuali che includono l’omosessualità, nel secondo parla della sessualità infantile descrivendone in successioni le varie fasi e nel terzo, intitolato “Le trasformazioni della pubertà” formalizza la distinzione fra la sessualità autoerotica infantile e il rapporto di coppia.

 

Freud rivedrà il testo e lo correggerà con ampie aggiunte e modifiche nelle successive edizioni che si susseguiranno per oltre vent’anni; vi inserirà tra l’altro i concetti di “invidia penis”, di “ansietà di castrazione” e del “complesso di Edipo”. Il libro suscitò molte critiche e anche indignazione perché non veniva accettata dalla comunità scientifica la teoria della sessualità infantile, ma il merito di Freud consisteva nell’avere raccolto un insieme di dati in parte già noti, averli rielaborati e organizzati con la finalità di servirsene per le applicazioni in psicoterapia.

 

In realtà tutta la psicanalisi, che nel tempo è stata sottoposta a varie revisioni e si è andata arricchendo e articolando in diverse correnti, è stata oggetto di critiche spesso feroci e distruttive, in alcuni casi delegittimata a pseudoscienza da parte di intellettuali come il filosofo Karl Popper e l’epistemologo Alfred Grünbaum, in quanto priva della capacità predittiva della scienza deterministica moderna.

 

Nel 1926, in occasione del compimento dei settanta anni, Freud ebbe l’occasione di incontrare a Berlino Einstein, che non conosceva, per un lungo colloquio di due ore. Freud raccontò che Einstein «È vivace, sicuro di sé, piacevole. Di psicologia ne capisce quanto me di fisica, tanto che abbiamo avuto una conversazione molto scherzosa» (Volpi 2005). Einstein, a sua volta, invitato a sottoporsi a psicoanalisi, declinò con garbo: «Preferisco rimanere nell’ignoranza e non essere analizzato». Come dice Franco Volpi: «Un rapporto mancato, visto che le loro ricerche si svolsero in parallelo, e proprio mentre Freud incominciava a esplorare l’inconscio, Einstein formulava la teoria della relatività» (Volpi 2005).

 

Sembra però che Einstein avesse un’opinione critica sulle opere di Freud ritenendo, come risulterebbe da una sua lettera a un figlio, i suoi metodi dubbi se non fraudolenti (Highfield, Carter 1994); è certo che si oppose alla candidatura di Freud al premio Nobel del 1928 per la Medicina, premio che Freud non ottenne mai. Le loro idee sarebbero state divergenti anche su un altro argomento quando, interpellati nel 1932 dalla Società delle Nazioni sul tema “Perché la guerra”, Freud contraddisse Einstein sostenendo l’impossibilità della fine delle guerre in quanto dovute alle pulsioni aggressive e distruttive connaturate alla natura umana. E che Freud avesse decisamente ragione è stato purtroppo confermato dagli avvenimenti bellici successivi fino a quelli più recenti e contemporanei.

 

La psicanalisi di Freud, che lui stesso aveva definito la terza rivoluzione (dopo quella di Copernico e di Darwin), per la formulazione rivoluzionaria del concetto di “inconscio” quale elemento predominante sulla coscienza dell’uomo e movente fondamentale del suo comportamento, che all’inizio riguardava solo la psichiatria, ha pervaso poi capillarmente tutta la cultura del Novecento, dalla filosofia alla letteratura, alla critica d’arte, alla sociologia, alle arti figurative.

 

Il 7 Giugno 1905 a Dresda un gruppo di quattro studenti di architettura non ancora venticinquenni, Erich Heckel, Ernst Ludwig Kirchner, Karl Schmidt-Rottluff e, nel 1906, Max Pechstein, fondano un sodalizio artistico che chiamano “Die Brücke” (Il Ponte). A questo gruppo parteciperà anche, per un paio di anni, Emil Nolde. I giovani avevano deciso di abbandonare gli studi e di dedicarsi, da autodidatti, esclusivamente alla pittura, dando luogo a quella corrente artistica che sarà chiamata in seguito Espressionismo e accoglierà una serie di movimenti che si svilupperanno in Germania dal 1905 a circa il 1925, includendo anche il “Blaue Reiter” (Cavaliere azzurro) sviluppatosi a Monaco nel 1911 e, in modo parziale, artisti come George Grosz, Otto Dix, Max Beckmann, e gli austriaci Egon Schiele e Oskar Kokoschka. Gli influssi iniziali sono da ricollegarsi alla mostra di cinquanta opere di Van Gogh tenuta a Dresda nel 1905, seguita da mostre di opere di Gauguin e di Edvard Munch.

 

È interessante notare che proprio a Dresda, nel 1905, Gustav Mahler dirige, con grande successo e scandalo per la musica e per la crudezza del soggetto di Oscar Wilde, la Salomè di Richard Strauss dove il compositore “compiva un salto di tecnica compositiva e di estetica vertiginoso” (Salvetti 1977).

 

Analogamente all’impressionismo, l’espressionismo si riallaccia ai temi della vita quotidiana, paesaggi, ritratti, figure umane, nature morte, ma rinuncia alla rappresentazione puramente imitativa della realtà, indagando in profondità su ciò che non appare perché nascosto da una sorta di “strato” protettivo esterno, mettendo in luce l’alienazione e la solitudine dell’individuo, la sua difficoltà esistenziale, la denuncia politica e sociale. La forza cromatica delle pennellate, il colore denso e raggrumato, il segno essenziale, violento e strutturale della linea, la deformazione delle figure e delle prospettive, la rinuncia a ogni plasticità dei soggetti, generano quasi un senso di disagio.

 

L’occhio dello spettatore e la sua sensibilità sono trascinati a scoprire un’interiorità più profonda, volta all’essenza di uomini e cose, emozioni ben diverse da quelle causate dalle vibrazioni di luce-colore degli impressionisti e dalla immediata piacevolezza di quella pittura luminosa e gioiosa. Queste le parole della storica dell’arte Mercedes Garberi: «L’importante è denudare l’occhio e la mano, ricostruire un’arcaica e nuovissima ingenuità sapiente, minare le presunzioni della retorica per ritrovare i ritmi dell’intensità». E ancora: «La linea di frontiera tra razionale e irrazionale si sposta, prende corpo il tema dell’irriducibile individualità del singolo (…). Il mondo sotterraneo di Freud e i concetti nietzschiani permeano insistentemente l’aria» (Garberi 1984).

 

Contemporaneamente alla nascita di “Die Brücke” si tiene al Salon d’Automne di Parigi, nell’autunno del 1905, la mostra di un gruppo di artisti che il critico d’arte Louis Vauxcelles, che aveva definito la sala d’esposizione la “cage aux fauves” (gabbia delle belve), battezzerà appunto con l’appellativo di “fauves”, per la violenza dei colori stesi in tonalità pure, in una pittura fortemente emozionale. Le affinità tra i due movimenti sono evidenti nelle tendenze coloristiche accese come nella consistenza materica degli oggetti dalle forme geometrizzate ispirate all’amato Cézanne.

 

Qualche anno dopo si verificheranno due avvenimenti che imprimeranno una svolta impensabile all’arte del Novecento: nel 1907, Picasso, interrompendo bruscamente la pittura un po’ mielosa dei periodi blu e rosa, dipinge Les demoiselles d’Avignon, che segna l’inizio del cubismo e, nel 1910, Vassilij Kandinskij esegue il primo acquarello astratto. Nasce l’arte moderna.

 

C’è un legame che raccorda le diverse esperienze intellettuali e artistiche che hanno avuto inizio nel 1905: la volontà di andare oltre le apparenze, di scrutare in modo profondo e tentare di comprendere, di spiegare o mostrare che l’apparenza è spesso lontana dalla vera essenza delle cose. Einstein aveva tentato di interpretare e di correlare, nei suoi lavori, alcuni meccanismi allora indecifrabili della fisica, di capire quali sono le leggi che governano l’universo: dirà che aveva tentato di sbirciare le carte di Dio.

 

Freud a sua volta fisserà il suo sguardo “lungo” nell’abisso dell’inconscio e del subconscio dell’individuo per esplorare il comportamento della psiche umana ed elaborare i metodi terapeutici per curare la sofferenza psichica.

 

Die Brücke” sposterà la pittura verso la ricerca della natura profonda di ciò che si rappresenta: nella sua visione utopica, c’è l’entusiastico avvio al nuovo sullo sfondo di una incipiente civiltà meccanizzata, ma anche la profetica espressione delle sensazioni di angoscia che definiranno la condizione umana in Europa nella transizione al mondo moderno.

 

L’inizio del Novecento, il “secolo breve”, segna la fine della cultura borghese del secolo XIX, del romanticismo, della bella époque, del post-romanticismo e del raffinato decadentismo artistico e letterario europeo di “fin de siècle”. La scienza, nelle sue varie declinazioni, fisica, chimica, biologia, psicanalisi, etc., entra progressivamente e in modo determinante, nella vita e nella cultura del Novecento.

 

Ne resterà marginalizzata la religione: Freud, analizzando nel 1927 l’avvenire della religione e la sua origine psicologica, che considera dovuta soltanto a nostri bisogni e desideri istintivi, dirà: «La nostra scienza non è un’illusione, ma sarebbe invece un’illusione supporre che ciò che la scienza non può darci, lo possiamo ottenere altrove» (Freud 1927).

 

 

Riferimenti bibliografici:

 

F. Volpi, Il secolo di Einstein e Freud, in “La Repubblica”, 3 settembre 2005.

R. Highfield, P. Carter, The private lives of Albert Einstein, St Martin’s Griffin, New York 1994.

G. Salvetti, Storia della Musica: il Novecento, I, EDT, Torino 1977.

M. Garberi, Espressionisti dal museo Sprengel di Hannover, Catalogo della mostra al Palazzo Reale di Milano, Mazzotta, Milano 1984.

S.Freud, Die Zukunft einer Illusion, Internationaler Psychoanalytischer Verlag, Leipzig-Wien-Zürich 1927.

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[ iscrizione originaria (aggiornata 2007) al tribunale di Roma (editore eOs): n° 215/2005 del 31 maggio ]