contemporanea
UN ANNO ECCEZIONALE
IL 1905 DI EINSTEIN, FREUD E DELL’ARTE
di Francesco Cappellani
Il 1905 fu denominato “annus mirabilis”
riferendosi ad Albert Einstein, perché in quell’anno
l’allora oscuro impiegato ventiseienne dell’ufficio
brevetti di Berna, presenta un gruppo di lavori
scientifici che avrebbero rivoluzionato la fisica
del Novecento. Ma è interessante notare che il 1905
è stato un anno molto importante anche per ciò
che avviene in due campi ben diversi: la psicanalisi
e l’arte.
Einstein pubblica nell’arco di sette mesi, sugli
“Annalen der Physik” del 1905, sei articoli che
riguardano tre temi principali: la natura della
radiazione elettromagnetica, il moto browniano e
l’elettrodinamica dei corpi in movimento. Nella
prima memoria generalizza l’ipotesi quantistica di
Planck che metteva in discussione la natura
ondulatoria e continua della luce, cardine della
fisica “classica”. Einstein spiega che la luce, la
radiazione elettromagnetica, è composta da un
insieme discreto di elementi di energia che chiama
“quanti di luce”, denominati vent’anni dopo
“fotoni”, e in tal modo chiarisce i fenomeni fisici
che presiedono all’effetto fotoelettrico, cioè il
fenomeno per cui un materiale colpito da un fascio
di luce, emette elettroni secondo determinate
condizioni. Questo lavoro gli varrà il premio Nobel
nel 1921 e sarà di importanza basilare per la
difficile soluzione del problema del dualismo
onda-corpuscolo che sarà risolto solo nel 1927 a
seguito dello sviluppo della meccanica quantistica.
Tre articoli comprendono la sua tesi di dottorato al
Politecnico di Zurigo, il primo sulla “Nuova
determinazione delle dimensioni molecolari“,
dove affronta matematicamente il problema del moto
disordinato di particelle di dimensioni
micrometriche sospese in fluidi in quiete, i
cosiddetti “moti Browniani”, e alcuni
sviluppi successivi sullo stesso argomento. Segue la
memoria “Sull’elettrodinamica dei corpi in
movimento” che contiene la formulazione di
quella che sarà poi chiamata “relatività
ristretta”, la teoria che cambierà
definitivamente la visione della fisica precedente
con una nuova concezione dello spazio e del tempo e
il postulato della costanza della velocità della
luce c nel vuoto, indipendentemente dallo stato di
moto della sorgente. Infine l’articolo “L’inerzia
di un corpo dipende dal suo contenuto di energia?”,
riguarda ancora la relatività ristretta e contiene
la celeberrima e rivoluzionaria formula E=mc² che
sancisce l’equivalenza concettuale tra la massa ‘m’
di un corpo e l’energia ‘E’ che esso contiene o è in
grado di emettere.
Nei suoi lavori del 1905 Einstein riflette sulla
necessità di ridefinire, analizzando in profondità e
con una acutezza incomparabile i risultati della
fisica del suo tempo, i principi e i concetti
fondamentali della termodinamica, della meccanica e
dell’elettromagnetismo. I suoi lavori segnano il
discrimine tra la fisica “classica” dell’Ottocento e
la fisica moderna del XX secolo.
Nel 1905 un neurologo austriaco, Sigmund (Sigismund
Schlomo) Freud pubblica un libretto di circa ottanta
pagine intitolato Drei Abhandlungen zur
Sexualtheorie (Tre saggi sulla teoria della
sessualità). A differenza di Einstein, Freud,
che all’epoca ha quarantanove anni, è già uno
scienziato famoso: circa dieci anni prima aveva
fondato quella branca della psicologia per la quale
aveva coniato nel 1896 il nome di psicanalisi.
Il libro del 1905 è ritenuto uno dei lavori
fondamentali di Freud: le sue teorie sulla
sessualità, in particolare in relazione
all’infanzia, avrebbero avuto un’influenza
straordinaria non solo sulla scienza psicologica, ma
sulla cultura in generale. Nel primo saggio Freud
affronta il tema delle aberrazioni e delle
perversioni o deviazioni sessuali che includono
l’omosessualità, nel secondo parla della sessualità
infantile descrivendone in successioni le varie fasi
e nel terzo, intitolato “Le trasformazioni della
pubertà” formalizza la distinzione fra la
sessualità autoerotica infantile e il rapporto di
coppia.
Freud rivedrà il testo e lo correggerà con ampie
aggiunte e modifiche nelle successive edizioni che
si susseguiranno per oltre vent’anni; vi inserirà
tra l’altro i concetti di “invidia penis”, di
“ansietà di castrazione” e del “complesso
di Edipo”. Il libro suscitò molte critiche e
anche indignazione perché non veniva accettata dalla
comunità scientifica la teoria della sessualità
infantile, ma il merito di Freud consisteva
nell’avere raccolto un insieme di dati in parte già
noti, averli rielaborati e organizzati con la
finalità di servirsene per le applicazioni in
psicoterapia.
In realtà tutta la psicanalisi, che nel tempo è
stata sottoposta a varie revisioni e si è andata
arricchendo e articolando in diverse correnti, è
stata oggetto di critiche spesso feroci e
distruttive, in alcuni casi delegittimata a
pseudoscienza da parte di intellettuali come il
filosofo Karl Popper e l’epistemologo Alfred
Grünbaum, in quanto priva della capacità predittiva
della scienza deterministica moderna.
Nel 1926, in occasione del compimento dei settanta
anni, Freud ebbe l’occasione di incontrare a Berlino
Einstein, che non conosceva, per un lungo colloquio
di due ore. Freud raccontò che Einstein «È
vivace, sicuro di sé, piacevole. Di psicologia ne
capisce quanto me di fisica, tanto che abbiamo avuto
una conversazione molto scherzosa» (Volpi
2005). Einstein, a sua volta, invitato a sottoporsi
a psicoanalisi, declinò con garbo: «Preferisco
rimanere nell’ignoranza e non essere analizzato».
Come dice Franco Volpi: «Un rapporto mancato,
visto che le loro ricerche si svolsero in parallelo,
e proprio mentre Freud incominciava a esplorare
l’inconscio, Einstein formulava la teoria della
relatività» (Volpi
2005).
Sembra però che Einstein avesse un’opinione critica
sulle opere di Freud ritenendo, come risulterebbe da
una sua lettera a un figlio, i suoi metodi dubbi se
non fraudolenti (Highfield,
Carter
1994); è certo che si oppose alla candidatura di
Freud al premio Nobel del 1928 per la Medicina,
premio che Freud non ottenne mai. Le loro idee
sarebbero state divergenti anche su un altro
argomento quando, interpellati nel 1932 dalla
Società delle Nazioni sul tema “Perché la guerra”,
Freud contraddisse Einstein sostenendo
l’impossibilità della fine delle guerre in quanto
dovute alle pulsioni aggressive e distruttive
connaturate alla natura umana. E che Freud avesse
decisamente ragione è stato purtroppo confermato
dagli avvenimenti bellici successivi fino a quelli
più recenti e contemporanei.
La psicanalisi di Freud, che lui stesso aveva
definito la terza rivoluzione (dopo quella di
Copernico e di Darwin), per la formulazione
rivoluzionaria del concetto di “inconscio”
quale elemento predominante sulla coscienza
dell’uomo e movente fondamentale del suo
comportamento, che all’inizio riguardava solo la
psichiatria, ha pervaso poi capillarmente tutta la
cultura del Novecento, dalla filosofia alla
letteratura, alla critica d’arte, alla sociologia,
alle arti figurative.
Il 7 Giugno 1905 a Dresda un gruppo di quattro
studenti di architettura non ancora venticinquenni,
Erich Heckel, Ernst Ludwig Kirchner, Karl
Schmidt-Rottluff e, nel 1906, Max Pechstein, fondano
un sodalizio artistico che chiamano “Die Brücke”
(Il Ponte). A questo gruppo parteciperà anche, per
un paio di anni, Emil Nolde. I giovani avevano
deciso di abbandonare gli studi e di dedicarsi, da
autodidatti, esclusivamente alla pittura, dando
luogo a quella corrente artistica che sarà chiamata
in seguito Espressionismo e accoglierà una serie di
movimenti che si svilupperanno in Germania dal 1905
a circa il 1925, includendo anche il “Blaue
Reiter” (Cavaliere azzurro) sviluppatosi a
Monaco nel 1911 e, in modo parziale, artisti come
George Grosz, Otto Dix, Max Beckmann, e gli
austriaci Egon Schiele e Oskar Kokoschka. Gli
influssi iniziali sono da ricollegarsi alla mostra
di cinquanta opere di Van Gogh tenuta a Dresda nel
1905, seguita da mostre di opere di Gauguin e di
Edvard Munch.
È interessante notare che proprio a Dresda, nel
1905, Gustav Mahler dirige, con grande successo e
scandalo per la musica e per la crudezza del
soggetto di Oscar Wilde, la Salomè di Richard
Strauss dove il compositore “compiva un salto di
tecnica compositiva e di estetica vertiginoso” (Salvetti
1977).
Analogamente all’impressionismo, l’espressionismo si
riallaccia ai temi della vita quotidiana, paesaggi,
ritratti, figure umane, nature morte, ma rinuncia
alla rappresentazione puramente imitativa della
realtà, indagando in profondità su ciò che non
appare perché nascosto da una sorta di “strato”
protettivo esterno, mettendo in luce l’alienazione e
la solitudine dell’individuo, la sua difficoltà
esistenziale, la denuncia politica e sociale. La
forza cromatica delle pennellate, il colore denso e
raggrumato, il segno essenziale, violento e
strutturale della linea, la deformazione delle
figure e delle prospettive, la rinuncia a ogni
plasticità dei soggetti, generano quasi un senso di
disagio.
L’occhio dello spettatore e la sua sensibilità sono
trascinati a scoprire un’interiorità più profonda,
volta all’essenza di uomini e cose, emozioni ben
diverse da quelle causate dalle vibrazioni di
luce-colore degli impressionisti e dalla immediata
piacevolezza di quella pittura luminosa e gioiosa.
Queste le parole della storica dell’arte Mercedes
Garberi: «L’importante è denudare l’occhio e la
mano, ricostruire un’arcaica e nuovissima ingenuità
sapiente, minare le presunzioni della retorica per
ritrovare i ritmi dell’intensità». E ancora: «La
linea di frontiera tra razionale e irrazionale si
sposta, prende corpo il tema dell’irriducibile
individualità del singolo (…). Il mondo
sotterraneo di Freud e i concetti nietzschiani
permeano insistentemente l’aria» (Garberi
1984).
Contemporaneamente alla nascita di “Die Brücke”
si tiene al Salon d’Automne di Parigi,
nell’autunno del 1905, la mostra di un gruppo di
artisti che il critico d’arte Louis Vauxcelles, che
aveva definito la sala d’esposizione la “cage aux
fauves” (gabbia delle belve), battezzerà appunto
con l’appellativo di “fauves”, per la
violenza dei colori stesi in tonalità pure, in una
pittura fortemente emozionale. Le affinità tra i due
movimenti sono evidenti nelle tendenze coloristiche
accese come nella consistenza materica degli oggetti
dalle forme geometrizzate ispirate all’amato
Cézanne.
Qualche anno dopo si verificheranno due avvenimenti
che imprimeranno una svolta impensabile all’arte del
Novecento: nel 1907, Picasso, interrompendo
bruscamente la pittura un po’ mielosa dei periodi
blu e rosa, dipinge Les demoiselles d’Avignon,
che segna l’inizio del cubismo e, nel 1910, Vassilij
Kandinskij esegue il primo acquarello astratto.
Nasce l’arte moderna.
C’è un legame che raccorda le diverse esperienze
intellettuali e artistiche che hanno avuto inizio
nel 1905: la volontà di andare oltre le apparenze,
di scrutare in modo profondo e tentare di
comprendere, di spiegare o mostrare che l’apparenza
è spesso lontana dalla vera essenza delle cose.
Einstein aveva tentato di interpretare e di
correlare, nei suoi lavori, alcuni meccanismi allora
indecifrabili della fisica, di capire quali sono le
leggi che governano l’universo: dirà che aveva
tentato di sbirciare le carte di Dio.
Freud a sua volta fisserà il suo sguardo “lungo”
nell’abisso dell’inconscio e del subconscio
dell’individuo per esplorare il comportamento della
psiche umana ed elaborare i metodi terapeutici per
curare la sofferenza psichica.
“Die Brücke” sposterà la pittura verso la
ricerca della natura profonda di ciò che si
rappresenta: nella sua visione utopica, c’è
l’entusiastico avvio al nuovo sullo sfondo di una
incipiente civiltà meccanizzata, ma anche la
profetica espressione delle sensazioni di angoscia
che definiranno la condizione umana in Europa nella
transizione al mondo moderno.
L’inizio del Novecento, il “secolo breve”,
segna la fine della cultura borghese del secolo XIX,
del romanticismo, della bella époque, del
post-romanticismo e del raffinato decadentismo
artistico e letterario europeo di “fin de siècle”.
La scienza, nelle sue varie declinazioni, fisica,
chimica, biologia, psicanalisi, etc., entra
progressivamente e in modo determinante, nella vita
e nella cultura del Novecento.
Ne resterà marginalizzata la religione: Freud,
analizzando nel 1927 l’avvenire della religione e la
sua origine psicologica, che considera dovuta
soltanto a nostri bisogni e desideri istintivi,
dirà: «La nostra scienza non è un’illusione, ma
sarebbe invece un’illusione supporre che ciò che la
scienza non può darci, lo possiamo ottenere altrove»
(Freud
1927).
Riferimenti bibliografici:
F. Volpi, Il secolo di Einstein e Freud, in
“La Repubblica”, 3 settembre 2005.
R. Highfield, P. Carter, The private lives of
Albert Einstein, St Martin’s Griffin, New York
1994.
G. Salvetti, Storia della Musica: il Novecento,
I, EDT, Torino 1977.
M. Garberi, Espressionisti dal museo Sprengel di
Hannover, Catalogo della mostra al Palazzo Reale
di Milano, Mazzotta, Milano 1984.
S.Freud,
Die Zukunft einer Illusion, Internationaler
Psychoanalytischer Verlag, Leipzig-Wien-Zürich 1927. |